Challenge 1st April - sfida mensile - indetta dal gruppo FaceBook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”
6° entries
Genere: drammatico, introspettivo
Tipo: flash-fic
Coppia: yaoi
Personaggi: Keiji Akaashi, Osamu Miya
Rating: PG-13, giallo
Avvertimenti: slice of life, angst, tematiche delicate
PoV: prima persona
Spoiler: sì, post time skip
Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Haruichi Furudate. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
Solo poche pagine di diario
(6° pagina)
4 luglio 2023
È tutto finito, tutto quanto.
Non dovevo ascoltarlo, doveva fare di testa mia e tacere, continuare come se niente fosse. Andava tutto bene, no?
Perché complicarsi la vita, perché modificare qualcosa di così perfetto.
È colpa di Osamu che mi ha convinto a dirlo anche ai miei genitori, lui lo ha fatto, ma i suoi sono molto più aperti e meno bigotti dei miei.
Ho i brividi se ripenso a quello che mi ha detto mio padre, squadrandomi dall’alto in basso: - Ho sempre pensato che fossi strano -
I genitori amano i figli.
I miei no.
- Io non ho un figlio - queste sono state le sue parole, una sentenza, prima di invitarmi a lasciare la sua casa, mia madre non ha detto nulla, piangeva in silenzio.
Sono andato dall’unica persona che credevo mi avrebbe capito.
Osamu.
Ma era troppo impegnato con un evento nel suo ristorante - Ne parliamo quando chiudo il locale, adesso non riesco, mi dispiace -
Mi aveva promesso che per me ci sarebbe sempre stato.
Bugiardo, bugiardo, bugiardo!
Quando le giornate iniziano male finiscono anche peggio, appena arrivato a casa, ho ricevuto una telefonata che non avrei mai voluto sopportare, il mio capo ha visto una foto sui social, l’ha postata Atsumu, io e suo fratello ci stavamo scambiando un bacio a fior di labbra al matrimonio di Bokuto.
Ha parlato per dieci minuti per poi dirmi chiaro e tondo che quelli come me nella sua redazione non li vuole… quelli come me…
Di non presentarmi il giorno dopo, di riconsegnare il materiale, che a breve sarebbe seguita la lettera di licenziamento.
Licenziato.
In tronco.
Solo per la preferenza di chi mi porto a letto.
Non è giusto, non è giusto, non è giusto.
Miya mi ha raggiunto a notte inoltrata e abbiamo litigato… mi ha detto di calmarmi che tutto si sarebbe sistemato, che avremmo trovato una soluzione.
Che con un po’ di pazienza i miei avrebbero capito.
Non li conosce.
Che avrei trovato presto un altro lavoro, dove a nessuno importava il mio orientamento sessuale.
L’editoria è in crisi.
Non è vero, non c’è soluzione, ovunque io mi volti vengo etichettato per quello che sono, valutato per quello, denigrato e allontanato.
L’hanno fatto i miei amici, che non mi cercano più come una volta.
L’ha fatto il mio capo, che non ha esitato un momento a sbattermi fuori.
L’ha fatto la mia famiglia, che… che…
Intorno a me si è creato un vuoto che mi sta inghiottendo, si sta ampliando.
Gli ho detto di andarsene, che me la so cavare da solo, l’ho spinto fuori e lui si è arreso, - Ne parliamo quando sarai più calmo - ha tentato, ma io gli ho sbattuto la porta in faccia e nonostante abbia picchiato i pugni sulla porta per non so quanto tempo, non l’ho fatto entrare.
Mi sono semplicemente chiuso in camera, rifugiato su questo quaderno, anche se non ha senso continuare a scrivere, per cosa? per chi? Nessuno lo leggerà mai, potrei anche dargli fuoco… a nessuno importerebbe, nemmeno a me.
Non mi importa più di niente.
Non mi interessa più nulla.
Perché continuare a lottare?
Perché continuare soffrire?
Perché?
Sono stanco.
Sono vuoto
Sono solo.
Voglio solo un po’ di pace.
Di serenità.
Di silenzio.