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Autore: Jeremymarsh    13/04/2023    9 recensioni
[Modern!AU]
Dopo essere finiti a letto insieme senza averlo pianificato, Inuyasha e Kagome decidono di provare a vedere dove potrebbe portarli quell’improvvisa attrazione, ma tenendola nascosta.
Sarà così facile come credono o, piuttosto, i numerosi tentativi li metteranno nei guai?
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ayame, Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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N/A: Questa storia partecipa alla "To Be Writing Challenge" indetta sul Forum Ferisce La Penna da Bellaluna e per Aprile ho scelto la tematica "Secret Dating" (cosa che penso si fosse capita già dall'introduzione). Mi sono liberamente ispirata a una serie tv e già dal titolo, se siete ferrati in materia, avrete capito, in caso contrario ci saranno vari riferimenti che potrebbero aiutarvi. Se anche non ci arrivate - perché magari non l'avete vista o non vi piace - svelerò il segreto nelle note finali. (E non barate andando a leggere prima quelle che la storia 😜). 
Detto ciò, spero che le vostre vacanze pasquali siano andate bene e vi lascio alla lettura!
 

 

 


 

The One with All the Kissing


 


 

Il mezzo demone sbucò nel corridoio guardandosi furtivamente a destra e sinistra, come se si aspettasse di veder apparire qualcuno da un momento all’altro e di essere colto in fragrante. Accertatosi di essere solo, si chiuse la porta alle spalle e fissò quella di fronte con il numero 20.

In un solo secondo attraversò il pianerottolo, bussò ed entrò, il tutto continuando ad avere un’aria furtiva e un’espressione agitata in volto. Tirò un sospiro di sollievo quando sentì il rumore della serratura che scattava e solo allora si voltò verso l’unica occupante dell’appartamento.

“Ti ha visto qualcuno?” gli chiese, spaventata, come se avesse paura della risposta.

“Libero,” fu la risposta di lui, che nel frattempo si era avvicinato così tanto da non lasciare quasi spazio tra loro.

“Perfetto,” continuò allora Kagome, sostituendo all’ansia un sorriso birichino. A quel punto, dimentica di ogni paura che aveva avuto fino a quell’istante, si concentrò solo di lui. Appoggiò una mano sul suo petto e alzò il viso per incontrare i suoi occhi dorati.

“Perfetto,” le fece eco Inuyasha prima di catturarle le labbra in un bacio e condurla verso la camera da letto.

Per le successive ore, nessuno dei due pensò più a ciò che avevano dovuto fare per restare da soli o alle bugie che avevano detto. Finalmente erano insieme, ed era l’unica cosa che contava.


 

*

 

 

Finire a letto insieme non era ciò che Inuyasha e Kagome avevano mai creduto possibile. In passato, a nessuno dei due era capitato di considerare l’altro il proprio tipo e, anzi, ci avevano anche riso sopra, tanto lontana immaginavano quell’idea. Eppure, quel disastroso weekend a Hong Kong, durante il delirio dato dal matrimonio fallito di Miroku, aveva finito per unirli alla fine... sotto le coperte.

Non si erano aspettati di combaciare così bene insieme, non se, appunto, ricordavano quanto assurda era stata la possibilità solo fino a poco prima. E invece... invece avevano scoperto di piacersi davvero, di apprezzare il tempo insieme e, cosa più importante, quanto favoloso fosse il sesso. Come potevano dire di no, allora?

Ci avevano provato, all’inizio, di ritorno a Tokyo, ma vivendo così vicino, vedendosi ogni mattina, frequentando lo stesso gruppo affiatato, era stato troppo difficile ignorare la tensione tra loro e irrimediabilmente erano finiti al punto di partenza.

Tuttavia, anche se al momento tutto sembrava andare alla perfezione, in un angolo nascosto della mente restava il timore che ciò che stavano facendo avrebbe rovinato la loro solida amicizia quando si sarebbero separati, anche dolorosamente. Perché, d’altronde, ognuna delle loro relazioni precedenti si era conclusa in un disastro – non erano fortunati in amore, il passato lo dimostrava – e non c’era motivo per credere che questa volta sarebbe stato diverso. Per di più, non volevano essere la causa di discussioni all’interno del gruppo o, peggio ancora, essere colpevoli per l’allontanamento di uno di loro due. Non era corretto.

Così avevano deciso di mantenere la loro relazione – o qualunque cosa fosse – segreta per il momento, soprattutto perché erano sicuri che Miroku non avrebbe accettato di buon grado che il suo miglior amico se la spassasse con sua sorella, non in un periodo tanto stressante.

Era decisamente meglio tenerla insabbiata e continuare a comportarsi come amici quando erano tutti insieme – e divertirsi solo quando erano sicuri di essere lontani da occhi indiscreti.

E se qualcosa fosse andato storto infine, provando corrette le loro paure, non avrebbero dovuto dar conto a nessuno se non a loro due.

Almeno la teoria era quella. In pratica, non potevano trovarsi nella stessa stanza senza provare l’irrefrenabile desiderio di abbandonare i vestiti e rinchiudersi in camera da letto, cosa che solitamente era preceduta da un bel po’ di lingua e carezze insistenti in parti più private. Ne conseguì, quindi, che la teoria andò a farsi benedirsi presto.

“Che state facendo?” esclamò Sango allibita, una mattina, nell’entrare nel proprio appartamento e vedere Inuyasha e Kagome baciarsi. Koga e Ayame, dietro di lei, indossavano la sua stessa espressione esterrefatta.

I due si separarono immediatamente e cercarono di darsi un contegno, facendo finta che nulla di strano fosse accaduto. Ma anche quello era più facile a dirsi che a farsi.

“Ehm, ecco... allora io vado, eh,” farfugliò il mezzo demone, il viso tanto bianco quanto i capelli. Poi, travolto da un’idea, si avvicinò a Sango, abbassò il viso e la baciò con la stessa intensità con cui aveva baciato Kagome fino a un istante prima. Non contento, ripeté lo stesso con Ayame, la quale rimase lì immobile senza essere in grado di reagire.

Il tutto durò giusto una manciata di secondi e Inuyasha, dentro di sé, si sentì morire. Lasciato poi l’appartamento 20 e resosi davvero conto di ciò che era accaduto, pensò che quella fosse stata davvero l’idea peggiore mai avuta – e ne aveva fatte di cazzate in vita sua!

Quando Miroku rientrò, poco dopo di lui, e lo trovò ancora immobile in mezzo al salotto, non fu in grado di fornirgli una risposta adeguata. Le parole gli erano morte in gola quando era stato beccato da Sango a baciare Kagome e non gli erano più tornate.


 

*


 

“Che ti è saltato in mente?” bisbigliò quella sera Kagome dopo che si erano dati appuntamento nella lavanderia del palazzo con la scusa del bucato sporco. “Dovevi per forza baciarle entrambe?”

Per una volta il sesso era l’ultimo dei suoi pensieri; era troppo stupita da quel moto di gelosia che le era nato in petto nel vedere Inuyasha baciare le sue due migliori amiche e ne era stata spaventata.

Cosa significava? La loro era nata come semplice relazione fisica, non doveva provare gelosia. Eppure, eccola lì, a pretendere una spiegazione. E lui che faceva? Si comportava da colpevole, come se la spiegazione gliela dovesse per davvero!

“Non lo so, non lo so!” stava ripetendo, esasperato. “Sono andato nel panico, ok? Che altro avrei dovuto inventarmi? Non è che mi sia piaciuto così tanto baciarle, poi. E voglio bene ad Ayame, intendiamoci, ma, insomma, è una demone lupo. Ehw!”

Kagome sospirò, passandosi una mano tra i capelli. “Qualsiasi cosa tranne che... tranne che... quello!” ribadì prima di chiudere la bocca, scioccata. Ecco, ora stavano anche avendo la loro prima discussione.

“Non è che le bacerò ancora. L’importante è che sia filato tutto liscio; non sospettano nulla. È questo che conta.” Le si avvicinò, poggiandole una mano sulla spalla e alzandole il viso con l’altra. “No? Nessuno sospetta di nulla,” la consolò. Kagome annuì di conseguenza. “Non le ho baciate perché mi andava di farlo,” ripeté solo per confortarla, le labbra a un millimetro delle sue. “Lo sai, vero?”

Kagome annuì ancora, poi annullò del tutto la distanza e lo baciò, con una prepotenza tale da reclamarlo solo per sé; ancora non sopportava l’idea che qualcun altro oltre lei avesse potuto baciarlo. E non importava se prima di lei avesse avuto altre ragazze, che alcune le avesse addirittura conosciute e frequentate. Ora era suo ed era così che doveva rimanere.

“Facciamo solo in modo che non ricapiti, ok?” precisò quando si separarono. “Voglio dire, siamo stati un po’ incauti, dobbiamo stare più attenti.”

Inuyasha rise tenendole il viso a coppa e sporgendosi per incontrare ancora le sue labbra. “Ok, come vuoi. Non bacerò nessun’altra a parte te.”

“Promesso?”

“Promesso.”


 

*


 

Non erano, però, ancora fuori dai guai, anzi.

Sango e Ayame non erano disposte a dimenticare la cosa, a differenza di Koga, al quale, invece, interessava solo che Inuyasha tenesse la sua bocca il più lontano possibile da lui. Infatti, non ci teneva assolutamente a ritrovarsi il soggetto di quella stramba e mai sentita usanza che il mezzo demone aveva sviluppato da quando erano tornati dalla Cina. Anche se doveva ammettere che aveva fegato; era anche un po’ deluso per non essere stato il primo a pensarci.

Non doveva essere male poter baciare tutte e tre le ragazze senza alcuna conseguenza, stava pensando quel pomeriggio con un sorriso da ebete stampato in volto, mentre la tazza di tè che aveva in mano si raffreddava e, contemporaneamente, Sango e Ayame facevano il terzo grado a Inuyasha. Kagome, dal canto suo, tentò di salvarsi la faccia unendosi al coro, ignorando le occhiate che Inuyasha, in cerca di aiuto, le stava mandando. Infine, quando fece per alzarsi e andar via dal locale con la scusa più stupida del mondo, Sango lo fermò.

“Oh, no, signorino. Non te la cavi così facilmente. Credi che ci siamo dimenticati di questa tua nuova usanza? Credi che siamo stupide? Se questo è un altro dei piani architettati da quel pervertito del tuo coinquilino a cui non sai dire di no, sappi che pagherai anche al posto suo!” stava dicendo, tutta infervorata, mentre Ayame annuiva e Kagome assentiva con una smorfia che doveva essere un sorriso incoraggiante per l’amica.

Inuyasha le lanciò un’altra occhiataccia prima di rivolgersi a Sango. “Oi! E perché dovrei essere io a pagare per quel pervertito?”

“Qui l’unico ad averci baciate senza il nostro consenso sei tu, fino a prova contraria,” intervenne Ayame.

“Duh!” aggiunse Kagome.

Sango annuì. “Esatto. Poi dovresti avere un po’ di pietà per lui, dopo quello che sta passando.”

Inuyasha arcuò un sopracciglio. “Ah, sì? E questo non c’entra assolutamente con il fatto che è stato il tuo il nome che ha fatto all’altare al posto di quello della sposa, vero?”

Lei arrossì. “Sciocchezze! Non stiamo parlando di quello ora, ma di questo tuo nuovo saluto che, personalmente, mi mette molto in imbarazzo.”

Il mezzo demone sbuffò. “Volevo solo importare un po’ di cultura nel gruppo.”

“Beh, portala pure,” lo incoraggiò Ayame, braccia incrociate e sguardo fiammeggiante, “ma evita di farlo nella mia bocca, siamo intesi?” Poi, non contenta, come se il tono e l’espressione non fossero stati abbastanza per mostrare il suo disgusto, rabbrividì da capo a piedi.

A quel punto Sango e Ayame si voltarono verso Kagome, aspettando la sua risposta.

Lei guardò a turno le due amiche, poi il ragazzo che gli altri non sapevano fosse il suo ragazzo, deglutì e, infine, con una voce piccola piccola aggiunse: “Mi fai venire voglia di vomitare quando lo fai!”


 

*


 

“E così ti faccio venire voglia di vomitare quando ti bacio, eh?” le ripeté Inuyasha quella sera, a letto, mentre entrava in lei e si godeva i gemiti che le causava.

“Uh, uh,” fu la risposta incoerente di Kagome, la quale al momento pensava a tutto tranne che a ciò che era accaduto quel pomeriggio al bar. Inuyasha lo sapeva bene e, per questo, aveva intenzione di approfittarne un po’.

“Anche quando faccio così ti faccio venire la nausea, vero?” continuò dopo un’altra spinta di fianchi che la portò quasi sul precipizio.

“Ugh! Continua!” urlò lei che ormai non capiva più nulla ed era concentrata solo sulla marea che stava per travolgerla. Ma proprio quando era sicura che l’avrebbe sommersa, Inuyasha si fermò, tirandosi indietro. Prima che potesse separarsi da lei ancora di più, però, Kagome lo bloccò stringendogli le gambe in vita e capovolgendo le loro posizioni. Ora era lei a comandare ed era anche intenzionata a fargli sapere quanto la sua ultima mossa non fosse stata apprezzata. “Che diamine fai?” gli chiese ansimante, prima di riprendere il ritmo.

Inuyasha la guardo ammiccando, poi le mise le mani sui fianchi e la costrinse a ricominciare. Si perse guardando i suoi seni che sobbalzavano ogni volta che si muoveva, e per un attimo dimenticò le parole. “Hai detto che ciò che stavamo facendo ti nauseava,” le ricordò con tono beffardo.

“Quando lo avrei fatto?” ribatté lei mentre si spingeva in avanti, premeva i seni contro il petto di lui e reclamava le sue labbra.

“Proprio un secondo fa, come hai fatto anche oggi,” sospirò lui, dopo aver ripreso fiato.

“Non l’ho detto perché mi andava di farlo,” replicò ancora Kagome, rivolgendogli le stesse scuse che aveva usato lui qualche giorno prima. Ed era già tanto se era riuscita a ricordarsene; non le importavano nemmeno in quel momento. Piuttosto, le interessava riuscire a riportarsi in quella situazione di pura beatitudine che aveva sperimentato poco prima, sentire del tutto la marea che la travolgeva e le faceva dimenticare ogni cosa – tranne colui che la stringeva a sé e che era la causa di tale piacere.

“Sì,” concordò Inuyasha, il quale stava cominciando ad abbandonare qualsiasi proposito di vendetta. Che importava, d’altronde? Kagome lo aveva detto solo per levare entrambi dai guai, così come lui era stato costretto a baciare qualcuno che non desiderava nemmeno. Si era divertito abbastanza prima, e ora si sarebbe divertito ancora di più.

Premette una mano sul fianco di lei, mentre l’altra scendeva verso la natica, e la guidò con più insistenza verso di sé. Kagome aumentò il ritmo di conseguenza, instancabile, pronta ad accoglierlo meglio dentro di sé, insieme all’orgasmo che tanto desiderava e già manovrava i suoi movimenti.

Un attimo dopo inarcò la schiena, si morse le labbra per evitare di urlare e spalancò gli occhi, incapace di credere che tanto piacere fosse destinato proprio a lei. Contemporaneamente, Inuyasha si sentì stringere, quasi fino a soffocare, e spinse i loro corpi ancora più vicini, soffocando i gemiti nel petto di lei.

Quando rinvennero, sembravano aver dimenticato del tutto ciò che si erano detti.

Si trovano in quello stato di pura euforia e abbandono che alcuni passavano l’intera vita a ricercare, e se anche Miroku fosse entrato nella stanza in quell’istante, a loro non sarebbe importato nulla.

Avevano già tutto quel che desideravano.


 

*


 

Contro ogni aspettativa, fu Koga il primo a scoprirli.

Non si sa per quale motivo, ma i due neuroni che solitamente utilizzava per accalappiare una donna, ricordare a tutti il suo inutile e datato titolo di capo tribù o scappare dalle avance di Ayame, si accesero questa volta per collegare gli strani comportamenti che sia Inuyasha e Kagome avevano tenuto nell’ultimo mese.

Inuyasha maledisse la sua sfortuna mentre Kagome tentava di limitare quanto più i danni.

“Voi due?” esclamò il demone lupo, esterrefatto, quando lo allontanarono dagli altri. Poi si voltò verso Kagome. “Inuyasha? Sul serio? Un mezzo demone? Io è tutta la vita che provo a portarti a letto e poi la dai a lui?” Sembrava non voler accettare la sconfitta, ma soprattutto la sconfitta da parte di un mezzo demone.

Intanto il suddetto era indeciso tra il fare lo spaccone, e spiegargli nei minimi dettagli perché era migliore, o spaccargli la faccia per le insinuazioni. Ci pensò Kagome a risolvere il dilemma.

“Beh, tanto per cominciare, lui non vuole solo portarmi a letto,” gli rispose a braccia conserte e rivolgendogli un’espressione truce.

“In realtà è cominciata così,” si intromise Inuyasha con un sorriso beffardo, “e non sembrava ti dispiacesse.” Ammiccò, sotto lo sguardo schifato e allibito di Koga.

“Sul serio?” ripeté quest’ultimo, sempre rivolto a Kagome. “Lui?”

“Io,” sottolineò Inuyasha, gongolante, che proprio non poteva contenere la propria soddisfazione. Finora non si era soffermato sulla cosa – era stato troppo occupato a godere dei benefici, in realtà –, ma ora che glielo aveva fatto notare, gli era impossibile non ricordare tutti i due di picche che Koga aveva ricevuto da parte di Kagome nel corso degli anni. Ed era dannatamente divertente!

Kagome gli tirò un orecchio per farlo smettere. “Koga, non siamo qui per discutere della cosa.”

“Sì, invece,” ribatté lui. “Da quando va avanti? E per l’amore del cielo, perché proprio lui?”

Lei sospirò, chiedendosi perché mai si ritrovava ad avere a che fare con due demoni immaturi. Un demone e mezzo, avrebbe precisato il lupo. “Koga, per favore, non potremmo parlare normalmente? Non potresti, che ne so, accettare e basta la cosa?”

“Perché? Tu hai mai accettato un mio invito?”

“Oi,” si mise in mezzo Inuyasha che ora stava cominciando ad averne abbastanza. “Ti ha detto no: fa un favore alla tua dignità e fattelo andare bene.”

“Molto bene. Approverò la vostra relazione e andrò felicemente a rivelarla ai nostri amici. Dovrebbero festeggiare anche loro, no?” Il ghignò che riservò loro la diceva lunga su cosa pensasse veramente o di come avesse capito sin da subito che c’erano dei motivi per cui l’avevano tenuto nascosto.

“Un momento.” Kagome si fece avanti, ponendosi tra i due. “Koga, ti abbiamo portato qui proprio perché volevamo chiederti di tenere la cosa privata per un po’.” Fece attenzione a rivolgergli degli occhioni da cerbiatta, conoscendo l’effetto che avevano su di lui.

Koga la guardò per un attimo in più, poi sembrò riaversi e puntò il dito contro Inuyasha. “Perché dovrei fare un favore a lui? Soprattutto visto il modo in cui si sta comportando. Non è così che di solito si chiedono,” puntualizzò.

Kagome lanciò uno sguardo a Inuyasha, ammutolendolo sul posto, e poi tornò a rivolgersi all’amico. “Lo faresti per me, in nome della nostra amicizia.”

Il demone lupo sembrò pensarci un po’ e, dopo aver sfoggiato un sorriso sornione che rese Inuyasha immediatamente sospettoso, accettò. “Va bene.”

La ragazza esultò, tirando un sospiro di sollievo, e allungò le braccia come per abbracciare Koga, ma ci ripensò, constatando che forse era meglio non peggiorare la situazione già precaria tra gli altri due.

“A una condizione,” aggiunse poi, bloccando la sua danza euforica di festeggiamento.

“Lo sapevo,” ringhiò Inuyasha. “Altro che in nome della nostra amicizia. Questo qui ha sempre un secondo fine!”

L’interpellato scrollò le spalle. “Beh, non mi pare sia un comportamento scorretto. Dopo tutto, mi state chiedendo di tenere un segreto non indifferente, e lo sapete bene che non sono proprio bravo a mentire.” E anche se Inuyasha e Kagome – che appunto lo guardarono impassibili – non avessero già saputo che mentiva, il suo ghigno avrebbe smentito quelle parole.

“Allora?” lo pressò Inuyasha con un sopracciglio arcuato.

“Voglio sapere cosa si prova.”

“A fare cosa?”

Altro ghigno, più malefico. “Ovvio, visto che finora Kagome mi ha sempre rifiutato, voglio sapere anch’io com’è andarci a letto. E magari dopo, Inuyasha, potrei darti qualche consiglio su come soddisfarla... se vorrà tornare da te.” Ammiccò, ma fece giusto in tempo a fare un salto all’indietro per evitare un pugno del mezzo demone che lo avrebbe colpito in pieno volto se non si fosse mosso.

“Brutto bastardo! Certo che ne hai di coraggio.” Inuyasha si stava dimenando tra le braccia di Kagome che tentava di tenerlo fermo da dietro, anche se non era un compito semplice, data la differenza di stazza tra i due, e quindi riusciva solo a farsi trascinare.

“Inuyasha, ti prego,” lo implorò.

“Cosa?” le chiese, allibito, voltandosi verso di lei. “Non vorrai mica acconsentire? Preferisco essere io stesso ad andare da Miroku a dirglielo piuttosto che permettere a questo lupastro di sfiorarti con un solo dito.”

“Ehi! Ormai l’accordo è stato sigillato.”

“L’unica cosa che sarà sigillata quando avremo lasciato questa stanza sarà la tua bocca così che non potrai più avanzare richieste simili,” grugnì ancora il mezzo demone che, tra rabbia e gelosia, non riusciva a contenersi. Almeno, però, aveva smesso di trascinare Kagome con sé.

Quest’ultima gli mise una mano sul petto per spingerlo indietro e poi lo guardò dritto negli occhi per fargli intendere che aveva l’idea giusta per fermare Koga. Solo allora lui la lasciò fare; dopo tutto, aveva dimostrato in più occasioni di saperlo gestire. Non che ci volesse poi molto, rifletté Inuyasha, data la quantità ridotta di neuroni e la cotta per Kagome che lo mandava in tilt.

“Sicuro che ti conviene?” gli chiese infatti lei, mantenendo una dovuta distanza di sicurezza e la mano sul petto del fidanzato.

“E me lo chiedi pure?” Koga rise, immaginando già tutti i suoi sogni avverati. “Vedrai, Kagome, staremo così bene insieme che ti chiederai perché non hai colto la palla al balzo prima. E dimenticherai del tutto questa puzza di cane che ora ti avvolge.” Annusò l’aria e sembrò pensare a ciò che aveva detto. “Un momento, com’è che finora nessuno si è accorto di questa puzza?”

Kagome si unì alle risate. “Pare proprio che tu abbia dimenticato per cosa è famosa la mia famiglia, Koga. E dire che alle superiori ti sei sempre rifiutato di venire al tempio ogni volta che si organizzava il gruppo studio da noi. Per me non è difficile cancellare l’odore di Inuyasha o, almeno, quel tanto da non destare sospetti.”

Il lupo sbiancò.

“Ti rifaccio la domanda: nei sei proprio sicuro? Chissà cosa penserà Miroku quando scoprirà la nostra relazione e io sarò costretta a dirgli ogni cosa.”

Inuyasha, che aveva capito il gioco, decise bene di rincarare la dose. “Sai, in camera sua tiene sempre un mazzo di ofuda pronto. A detta sua, è sempre meglio essere preparati, soprattutto se qualche sporco demone osa mettere le manacce sulla sua adorata sorellina.” In realtà, gli unici ofuda che Miroku aveva attualmente in casa erano quelli che nonno Higurashi si ostinava a lasciargli nella speranza che il nipote si decidesse a prendere in gestione il tempio di famiglia. Ma questo Koga non doveva saperlo, né che da giovane Miroku era stato troppo occupato a fare il guardone con le vergini del tempio mentre si tenevano le lezioni spirituali e che quindi non era nemmeno in grado di prepararlo uno ofuda.

Koga deglutì, poi si rivolse all’amico. “E tu te la sei portata a letto nonostante sapessi tutto questo?”

“La smetti di sminuire la nostra relazione per una volta?” esclamò Kagome, la quale si era decisamente scocciata di essere considerata solo per ciò che avveniva – o poteva avvenire – sotto le coperte.

Entrambi la ignorarono; non era il momento. “Ah, ma io sono solo un mezzo demone,” ghignò Inuyasha. “In più, Miroku è il mio miglior amico ed è in cerca di pretesti per aggiungermi all’albero di famiglia da quando mia madre è morta e Sesshomaru è diventato il mio tutore. Così è molto più comodo, no?”

Il sorriso soddisfatto era sparito del tutto dal viso di Koga, che ora da bianco era diventato rosso. Non sapeva più come manovrare la situazione a suo favore. Quindi ci rinunciò e provò a fare ciò che gli riusciva sempre bene: mettere i bastoni tra le ruote all’amico. “Beh, allora, se non ho niente da guadagnare non devo per forza mantenere il segreto.” Scrollò le spalle e fece per andarsene.

Kagome lo bloccò con una mano sul braccio. “Koga, che ti costa? Per favore, non rovinare la nostra amicizia a causa di una stupida gelosia.” Lo sguardo che gli rivolse lo avrebbe tormentato per tutta la vita se si fosse rifiutato.

“E va bene,” acconsentì infine. “Ma dovete pagarmi il conto al bar fino a quando tutta questa storia non verrà fuori. È il minimo.”

“Oi!” rispose Inuyasha, nello stesso momento in cui Kagome urlava: “Assolutamente!”

L’importante era, almeno, essere riusciti a contenere i danni anche quel giorno.

E quella sera, se tutto fosse andato secondo i piani, sarebbero potuti rimanere da soli, indisturbati, senza dover pensare a quale impatto la loro nascente relazione avrebbe avuto sull’intero gruppo.

 

 

*


 

Qualche tempo dopo stavano facendo colazione nell’appartamento di Sango e Kagome, prendendosela comoda nonostante gli impegni e le scadenze. Non c’era spazio per tutti, eppure ormai erano così abituati a ritrovarsi lì che non ci facevano nemmeno caso.

Inuyasha era in piedi, appoggiato al bancone, che sorseggiava una tazza di tè fumante, gli occhi semi chiusi e le orecchie ripiegate sul capo, dando quasi l’idea che stesse ancora dormendo.

Miroku stava camminando avanti e indietro, iò telefono in mano, cercando di trovare una soluzione a tutti i mali che lo affliggevano ultimamente.

Ayame era seduta sul divano cercando chissà cosa all’interno di quella borsa enorme che portava sempre con sé e ricordava a tutti quella di Mary Poppins. Era in grado di cacciare fuori di tutto, infatti, e gli amici avevano da tempo rinunciato a capire come diamine riuscisse a infilare suddetto tutto al suo interno.

Sango e Kagome occupavano due delle quattro sedie attorno al tavolino rotondo ricolmo delle ciambelle e del caffè che Koga aveva comprato alla caffetteria all’angolo e del riso e del pesce che, invece, era stato cucinato da Sango prima di accomodarsi. Accanto a loro, incurante del mondo e troppo occupato a riempirsi la bocca di pietanze dolci e salate, sedeva appunto il demone lupo.

Le dinamiche non erano sempre le stesse ogni mattina, eppure i sei erano sempre riusciti ad adattarsi a quello spazio ristretto senza risentirne.

All’improvviso, in quel silenzio rotto occasionalmente dal rumore dei passi o delle stoviglie si sentì Ayame urlare vittoria. Tutti si voltarono verso di lei.

“Ehi,” esclamò ancora, alzato il volto dalla borsa e ricordatasi di non essere sola. A quel punto solo le due amiche erano rimaste a guardarla, gli altri erano tornati ai loro impegni, ma a lei andava bene così. “Avete qualcosa da fare stasera?”

“No, perché?” rispose Sango per entrambe, mentre Kagome si irrigidiva sul posto pensando a una plausibile scusa, lanciando un’occhiata a Inuyasha con la coda dell’occhio.

La rossa sventolò davanti a sé tre biglietti. “Oggi c’è l’apertura di un nuovo locale a Shibuja, il proprietario è un mio cliente e mi ha dato questi.” Sorrise. “Che ne dite di andare a fare serata solo noi tre per festeggiare la fine di questa tremenda settimana lavorativa? Ikeda-kun mi ha anche promesso di presentarci dei suoi amici.” Ammiccò e poi lanciò uno sguardo a Koga, nella speranza che l’avesse udita e si fosse ingelosito, ma quello era troppo impegnato a ficcarsi un’intera ciambella in bocca con le labbra ancora sporche di riso. Fece una smorfia, disgustata, e poi tornò a rivolgersi alle amiche, non notando in che modo Inuyasha si era raddrizzato e la stava fissando.

“E lo chiedi? Assolutamente sì! Ho proprio bisogno di scordarmi per un po’ della mia disastrosa vita amorosa.” Sango si alzò e cominciò a mettere via alcuni piatti, strappando dalle mani di Koga l’ennesimo dolce e le bacchette che stava utilizzando per mangiare il pesce. “Io e Kagome verremo a prenderti alle 19.00, ci stai? Andiamo a bere prima qualcosa, così da essere pronte per fare baldoria.”

Kagome, che fino a quel punto era stata silenziosa, lanciando sguardi preoccupati al fidanzato, finalmente ritrovò la voce, anche se piuttosto bassa. “E se io avessi da fare, invece?” Era una settimana che lei e Inuyasha non riuscivano a trovare del tempo per stare soli e stava cominciando a risentirne. In più, ora che stava con lui, si sentiva a disagio ad andare a fare serata con le amiche – dato il significato che entrambe attribuivano a quelle parole.

Sango e Ayame la guardarono come se le fosse spuntata una seconda testa, poi la prima scoppiò a ridere. “E cosa? Riguardare l’ennesima sitcom o consolare tuo fratello per l’ennesima cazzata che ha fatto? C’è questo qui per quello,” disse indicando il mezzo demone con il pollice.

“Ma io-” provò ancora Kagome.

“Da quando non vuoi venire, poi?” aggiunse Ayame. “Di solito sei la prima a cui piace guardare un bel culetto che danza,” le ricordò con fare suggestivo. “E a loro piace il tuo.”

Nessuno si accorse di come Inuyasha stesse stringendo la tazza tra le mani o del sorrisetto divertito di Koga che finalmente, tolto di mezzo il cibo, stava osservando il tutto.

“Allora è deciso,” ripeté Sango. “Kagome cambierà idea dopo aver passato un’altra giornata a ricevere gli ordini di Yura. Scommetto anche che tirerà fuori dall’armadio quella minigonna.”

Ayame sbatté le mani, eccitata. “Oh, vorrà dire che devo trovare un outfit altrettanto sexy se voglio che qualcuno noti anche me.”

Detto ciò, tutti si ricordarono di aver qualcosa da fare e si prepararono per lasciare l’appartamento, non notando gli sguardi che il mezzo demone e Kagome si stavano scambiando.


 

*


 

Inuyasha entrò nella stanza di Kagome mentre lei stava giusto finendo di prepararsi, cogliendola di sorpresa.

Dopo avergli lanciato contro degli epiteti poco gentili, si riprese e gli andò incontro. “Che ci fai qui? Sango sarà di ritorno da un momento all’altro.”

Lui la ignorò, bloccandola con un braccio e lasciando tra loro un minimo di distanza così che potesse osservarla come si deve. Quella minigonna, insieme ai tacchi, le faceva delle gambe da paura – gli ricordava tutte le volte in cui le aveva strette attorno alla sua vita – e aveva solo voglia di alzarla un altro po’ e scoprire cosa nascondesse di sotto. Alzando gli occhi, non diede importanza al top che vi aveva abbinato, troppo impegnato a notare in che modo accentuasse i suoi seni. Quando infine incontrò gli occhi di Kagome, si avvicinò per baciarla e finalmente parlò: “Non sembri vestita come una che non ha voglia di andare a una serata.” Le mise le mani sui fianchi in modo possessivo, cercando di contenere un moto di gelosia ma con scarsi risultati.

Kagome arcuò un sopracciglio. “Scatenerei dei sospetti se avessi scelto un jeans e un maglione, non credi?”

“Hai dei jeans attillati che fanno comunque la loro figura e non lasciano tutta questa-”

“Per il tuo bene ti consiglierei di non concludere questa frase,” lo interruppe, liberandosi dalla sua stretta e tornando verso lo specchio.

Inuyasha deglutì. “Cerca di capirmi, credi che non sappia cosa avete sempre fatto a quelle serate? Poi ti vedo conciata così e comincio a pensare a tutti quegli uomini che guarderanno quello che è mio è-”

“Oh, per favore, non fare l’uomo di Neanderthal ora! Solo perché stiamo insieme non vuol dire che non posso trascorrere una serata con delle amiche o che non sia in grado di cavarmela con uomini più primitivi di te!”

“Non è che non abbia fiducia in te,” ricominciò passandosi una mano tra i capelli, “ma è di loro che non mi fido.”

Lei in risposta alzò gli occhi al cielo, poi tornò da lui e, nonostante la rabbia per quella conversazione, lo baciò. “Anch’io avrei voluto fare altro questa sera, ok? Ma ora sono in ballo. In più, prometto che la prossima volta mi vestirò in questo modo solo per te,” gli sussurrò all’orecchio, stringendosi a lui e godendo della sua reazione successiva. “Ti piacerebbe?”

“Domani?” le chiese, passandosi la lingua sulle labbra.

Kagome, però, non riuscì a rispondere perché subito dopo si sentirono le urla di Sango per tutto l’appartamento. “Kagomeeeee, sei pronta?”

I due fecero appena in tempo a separarsi, ma non a nascondere l’intruso, prima che Sango aprisse la porta della camera e posasse gli occhi su di loro.

“E tu che ci fai qui?” esclamò rivolta a Inuyasha.

“Io... uhm... ecco. AHIA!” urlò quest’ultimo quando sentì la mano di Kagome fare contatto con la sua guancia. “Si può sapere che ti prende?”

A me?” urlò lei con una vocetta isterica. “Tu ti intrufoli dentro camera mia per fare il guardone e poi hai anche il coraggio di lamentarti?”

Inuyasha spalancò la bocca mentre Sango tirava il fiato. “Lo sapevo che convivere con quel pervertito avrebbe finito per influenzarti. Fuori di qui!” Lo tirò per un orecchio e lo trascinò fuori dall’appartamento. “E vedi di avere una scusa migliore la prossima volta che ti fai rivedere,” concluse prima di sbattergli la porta in faccia.

“Kagome, stai bene?” le chiese dopo, rivolgendosi all’amica che stava facendo fatica a trattenere le lacrime, tanto rideva dentro di sé. “Dopo tutto è solo Inuyasha.”

Lei annuì. “Sì, è solo Inuyasha,” ripeté, “ma una lezione doveva averla lo stesso.”

“Hai ragione,” concordò l’amica, “speriamo solo che racconti l’accaduto a quel pervertito del coinquilino. Così magari impara anche lui,” borbottò cominciando a vestirsi per la serata. Poi le offrì un sorriso di scuse, ricordando chi quel pervertito fosse per Kagome, e finalmente notò il suo abbigliamento. “Questo era quello che intendevo stamattina! Ci credo che Inuyasha stesse facendo il guardone. Cavolo, Kagome, stasera sì che ci divertiremo!”


 

*


 

Nonostante i buoni propositi, però, per Kagome non fu così facile fingere che tutto andasse bene o trarre alcun divertimento dalla serata. Mentre Sango e Ayame accettavano di buon grado – e anzi ricercavano – le avance degli altri invitati alla festa, lei stava cominciando a stancarsi di fuggire da essi o stare attenta a quali mani cercavano di poggiarsi su di lei. Così, sbuffando, alla fine andò verso il bar, sperando che lì avrebbe avuto almeno un po’ di sollievo.

“La serata non è di tuo gradimento?” le chiese una voce vicina – troppo vicina – dopo che ebbe fatto la sua ordinazione.

Kagome sussultò, poi si voltò verso la fonte, riconoscendo l’amico del cliente di Ayame, quello che lei le aveva indicato più volte con un cenno della testa e un occhiolino suggestivo. “Proprio quello che ci voleva,” pensò, stanca.

“Ehm, no, ecco, in realtà... sono davvero, davvero stanca e la musica qui non aiuta,” fornì come spiegazione, sperando che lui lasciasse in pace. Ma si era dimenticata di quanto potessero essere insistenti certi tipi.

“Se vuoi, sopra ci sono le stanze per i dipendenti, insonorizzate. Potremmo andare lì a chiacchierare.” Il sorriso che le rivolse metteva anche in chiaro che ciò a cui era interessato era tutto fuorché le chiacchiere. Inoltre, trovò disgustosa la sua sfacciataggine dopo a malapena due parole che si erano scambiate.

Andò nel panico cercando una risposta adeguata e, voltandosi verso la pista, notò entrambe le amiche che alzavano il pollice per incoraggiarla e le ammiccavano. Allora si alzò d’improvviso dallo sgabello, urtando il barman che le aveva appena porto il suo drink e versandolo sul bancone, e poi scappò verso i bagni senza dare una risposta. La sua fuga sarebbe stata abbastanza esplicativa.

Si era appena chiusa a chiave dentro un cubicolo quando sentì qualcun altro entrare; un secondo dopo un pugno stava sbattendo sulla porta che la separava dall’esterno.

“Kagome, ma che accidenti ti prende?” le chiese Sango.

“Hai idea della figura che mi hai appena fatto fare? Perché hai rifiutato Kenichi?” volle sapere Ayame.

“Io... io...” Oh, accidenti e ora che si inventava? Non era mica la prima volta che si trovava in situazione del genere, d’altronde, e non era mai scappata a gambe levate. “Mi sentivo a disagio, ok?” ammise alla fine. “Mi guardava come se fossi qualcosa da mangiare e non mi ha detto nemmeno il suo nome prima di andare al sodo!” Poi, con la testa bassa e il passo lento, uscì per confrontare le traditrici che l’avevano incastrata in quella situazione.

Sango l’abbracciò a sé non appena la vide, prendendola in contropiede, seguita a ruota da Ayame.

“Oh, tesoro. Se è così perché non ce l’hai detto subito? Ce ne saremmo andate via prima. È tutta la serata che te ne stai sulle tue, fuggi dagli uomini; non è da te. Pensavamo di aiutarti mandando Kenichi.”

Maledette impiccione,” pensò Kagome mentre all’esterno fingeva ancora di essere in imbarazzo. “Io, beh, non volevo rovinarvi la serata.”

“Ma così abbiamo rovinato la tua,” aggiunse Ayame.

“Questo e altro per le amiche,” fornì, evitando di dire ciò che pensava davvero. “Come se non l’aveste già rovinata facendomi venire qui quando invece potevo spassarmela sotto le coperte con il mio ragazzo.”

“Sicura che non ci sia altro che vuoi dirci, tesoro?” la incoraggiò Sango. Kagome scosse la testa con veemenza. “Allora ce ne andiamo. Ayame, inventati qualche scusa con il tuo amico; io non sarei comunque più in grado di divertirmi sapendo che Kagome si nasconde qui come la sconsolata.”

Nel frattempo, Kagome tirava un sospiro di sollievo, pensando di averla passata liscia per l’ennesima volta – nascondere la sua relazione con Inuyasha stava diventando dannatamente difficile –, ma non aveva fatto i conti con l’ostinazione della sua coinquilina, che il giorno dopo, di prima mattina, l’avrebbe intrappolata senza alcuna via di fuga.


 

*


 

“Allora, qual è la vera ragione del tuo comportamento di ieri?”

La ragazza, che aveva appena preso un sorso di tè, lo sputo tutto sul piatto della colazione nel sentire la domanda dell’amica. “V-vera? In che senso ‘vera’? Vi ho già detto tutto ieri.”

“E va bene, ieri eri un po’ a disagio,” l’assecondò Sango, “ma sappiamo entrambi che c’è dell’altro.”

“Non so di cosa tu stia parlando,” mugugnò, infilandosi un pezzo di tofu in bocca e nascondendo le guance improvvisamente rosse. Ciononostante, non ebbe difficoltà a sentire lo sguardo duro di Sango su di sé.

“Chi è?” sbottò quest’ultima, stanca di aspettare. Dopo tutto, le piaceva andare dritto al sodo ed erano settimane che Kagome non gliela contava giusta.

“Chi è chi?” chiese quest’ultima, facendo fatica a mantenere la testa bassa per non mostrarle i suoi occhi sgranati.

“Il ragazzo che ci stai nascondendo. Siamo amiche da una vita, Kagome; questa tua segretezza mi ferisce. Da quando mi tieni segrete certe cose?” Ma tentando di giocare sporco, invece di avvantaggiarsi, ridiede un po’ di sicurezza a Kagome, la quale capì che l’amica non aveva la minima idea di chi le stava nascondendo. Quindi, ricomponendosi, incontrò il suo sguardo.

“Hai ragione, Sango, non è da me. Ma le circostanze mi hanno costretta e, davvero... io non volevo!” allungò la mano verso di lei e le lanciò uno sguardo implorante.

Sango fu presa in contropiede da questo cambio di rotta; non si aspettava che cedesse così facilmente. Poi fu colpita da un’illuminazione. “Nooo, Kagome, non dire che...” Si portò le mani alla bocca per lo shock, tanto da spaventare anche l’altra. La faccia che la più giovane fece, quindi, contribuì a far credere a Sango di averci preso in pieno. “Il figlio del tuo editore? Quello carino e un po’ altezzoso per cui avevi una cotta durante lo stage?”

Kagome rimase a bocca aperta, non aspettandosi quel risvolto, e impiegò qualche secondo in più per ricordarsi chi fosse mai il figlio dell’editore. Bankotsu? Ehw, no! La sua cotta era durata pochissimo, il tempo di scoprire alcune delle sue abitudini, e non ricordava nemmeno di averne parlato a Sango. Ma ora, magari, poteva tornarle utile.

“Ed è anche ricco sfondato,” stava continuando l’amica, la quale le saltò addosso dalla felicità. “Oh, Kagome, sono così contenta per te. Dopo quella palla di Hojo, ti serviva proprio qualcosa del genere, anche la segretezza aggiunge quel brivido in più. Lo state facendo per non farvi scoprire dal padre, vero? Oddio, dimmi che lo avete fatto almeno una volta sulla scrivania di lui. Cazzo, quanto deve essere stato eccitante farlo nell’ufficio del capo, la paura di essere scoperti e allo stesso tempo la voglia di fregarsene. Perché non l’hai detto subito? Aspetta!” urlò allontandosi lasciandola lì a boccheggiare.

La vide rovistare tra gli armadietti, cacciare due bicchieri di cristallo e poi prendere una bottiglia di champagne. “Dobbiamo assolutamente brindare!”

“M-ma, Sango... ti sembra il caso? È mattina e ancora non ci riprendiamo da ieri sera.”

“Ogni occasione è buona per brindare, amica mia,” le disse, abbracciandola di nuovo. “Ma non ti preoccupare, manterrò il segreto e ti coprirò ogni volta che vorrai andare a divertirti da lui. Immagino anche il suo appartamento, oppure ha una villa? Mi devi raccontare tutto! Ogni piccolo dettaglio.”

Chissà se Sango avrebbe mai scoperto che l’abitazione che Kagome passò venti minuti a descrivere era in realtà quella della famiglia Taisho che lei non aveva mai visto se non da fuori o che il sesso sulla scrivania del capo lo aveva fatto con Inuyasha e che quel capo, in realtà, non era il suo editore, bensì Sesshomaru. Anche se non cambiava molto, perché era stato comunque dannatamente eccitante – e pericoloso.

Intanto, però, stavolta non poteva certo dire che la colpa fosse stata sua: era stata Sango a saltare alle conclusioni, e a lei andava bene così.

Quella stessa sera, quando Kagome gli raccontò l’avvenuto, Inuyasha non riuscì a smettere di ridere. Certo, ora dovevano stare più attenti quando restavano nell’appartamento di lei, visto che Sango credeva che Kagome se la facesse con un riccone, ma era troppo divertente e ci passò facilmente su.

“Ma come ci è arrivata? E poi il figlio del tuo editore non è quel delinquente che si vede sempre sui giornali? Come ha pensato che potesse piacerti un tipo simile?” Fece una smorfia. La stessa che avrebbe indossato Sango se avesse saputo che in realtà era Inuyasha quello con cui Kagome andava a letto.

“Beh, potrei aver avuto una piccola cotta per lui quando ho cominciato lo stage al giornale,” ammise.

Il mezzo demone la guardò allibito; lei lo baciò sul petto, poi sul collo, per fargli dimenticare la cosa. “Ma non ha importanza ora, vero?”

Lui fece spallucce. Ma sì, che gli importava. Dopo tutto, Kagome era lì con lui ora, no?

 

 

*


 

Qualche giorno dopo Sango arrancava su per le scale, con le gambe che non sembravano voler più rispondere ai suoi comandi dopo l’eccessivo esercizio a cui le aveva sottoposte a lavoro. Erano state delle ore interminabili, aveva dovuto sostituire un sacco di insegnanti, in più aveva dovuto ripetere alcune mosse un milione di volte a causa degli studenti indisciplinati. Certo, alla fine avevano dovuto chiudere la scuola due ore prima proprio a causa della mancanza insolita di dipendenti, ma era comunque più stanca rispetto a una normale giornata lavorativa.

Ora voleva solo morire davanti alla tv, con un bel bicchiere di vino, una fetta di pizza, e... Sospirò. Magari, se avesse avuto anche lei un ragazzo ricco a sua disposizione, avrebbe potuto prendere in prestito la sua vasca idromassaggio.

Ah, quella sì che era un sogno in quel momento.

Con grande fatica riuscì a raggiungere il suo pianerottolo. Non fece caso alla porta dell’appartamento numero 19 lasciata socchiusa, ma notò che la loro era già aperta. Entrò, pronta a chiedere spiegazioni a Kagome – gliel'aveva ripetuto mille volte che era pericoloso –, ma venne bloccata dalla sua voce che proveniva dalla camera da letto.

Un secondo dopo arrossì, comprendendo ciò che l’amica stava facendo e fece per uscire. Si sarebbe rifugiata da Inuyasha nel frattempo; non era interessata a sentire Kagome che se la spassava, anche se la urtava doversene andare proprio adesso che aveva bisogno di riposarsi. E perché diamine erano venuti da lei se lui aveva una villa a sua disposizione?

Ebbe la sua risposta quando, prima di richiudersi la porta alle spalle, sentì la coinquilina urlare, in preda all’orgasmo, un nome che non si sarebbe mai sognata di udire in certe circostanze.

Si bloccò in mezzo al pianerottolo, la bocca aperta, facendo cadere la borsa a terra, mentre gli occhi continuavano a fare avanti e indietro tra il numero 19 e il numero 20.

Koga la trovò così qualche minuto dopo.

“Oi,” si annunciò prima di superarla e andare dritto verso l’appartamento di lei.

Sango si riprese subito e lo bloccò, piazzandosi davanti alla porta per non farlo entrare. Era ancora troppo sconvolta, però, se Kagome glielo aveva nascosto, doveva esserci un motivo.

Anche se poi gliel’avrebbe fatta pagare per essersi presa gioco di lei.

“Che fai?” gli chiese Koga. “E poi non dovresti essere a lavoro?”

“Sono uscita prima,” rispose, non lasciandolo ancora passare. “E, beh, non puoi. Kagome sta molto, molto male.” Finse dispiacere. “Sta così male che nessuno può vederla. È virale!” continuò più seria che mai.

Koga non se lo fece ripetere due volte e cambiò direzione, infilandosi nell’appartamento di Inuyasha e Miroku. Lei tirò un sospiro di sollievo, ma lui riuscì immediatamente dopo, un’espressione sconvolta in volto e il dito puntato contro la porta con il 20 sopra.

“Lo sai!”

“Cosa so?” Finse noncuranza.

“Non mi dire che...” Scoppiò a ridere. “Non ci posso credere. Sei tornata prima, loro non lo sanno.”

Una lampadina si accese. “Vuol dire che tu lo sai?”

“Cosa so?” la imitò.

“Lo sai!”

“Non so di cosa tu stia parlando.” Koga era perplesso. Di cos’è che stavano parlando?”

Sango rientrò allora nel suo appartamento nello stesso momento in cui Inuyasha usciva dalla stanza di Kagome con solo un paio di jeans, il petto sudato, le orecchie arrossate e i capelli arruffati.

Si bloccò nel vederla.

“Inuyasha, prenderesti dell’acqua anche a me?” si sentì Kagome chiedere, mentre i due – tre quando si aggiunse Koga – rimanevano immobili, senza sapere come reagire. Quando non sentì risposta, si avvolse veloce una camicia addosso e uscì nel salotto, subendo lo stesso incantesimo.

“S-sango,” balbettò quando si sbloccò prima degli altri.

Lei si girò di scatto, distogliendo infine lo sguardo dal petto del mezzo demone. “Lui?”

“È quello che ho detto anch’io,” intervenne Koga, prima di andare a racimolare cibo dal frigo.

“La smettiamo? Cos’è che avete contro di me? Che c’è? Non pensate io sia abbastanza per Kagome? Solo perché sono un mezzo demone?” Kagome gli si avvicinò da dietro e lo abbracciò, nascondendo il viso tra le sue scapole, mentre Sango rimaneva a fissare lo scambio – e il sentimento dietro di esso – ancora più sconvolta di prima.

Non era sua intenzione ferire Inuyasha. “No, hai frainteso. Solo che per anni vi siete comportati come se vi facesse schifo solo l’idea. E ora... voi... io...”

Koga ingoiò un intero raviolo freddo prima di spiegare: “Vi ha sentito mentre ci davate dentro.”

Kagome arrossì da capo a piedi prima di nascondersi completamente dietro il fidanzato, mentre Inuyasha cominciò a grattarsi la nuca nervoso. “Ecco... beh... non è colpa nostra!” urlò incapace di dire altro. “Tu dovevi essere a lavoro.”

“Beh, ora sono qui e sono stanca, ho avuto una giornata di merda e tornando devo anche sentire i miei due migliori amici che se la spassano mentre io non ho nemmeno una vasca idromassaggio figurarsi un uomo che mi fa venire!” sbottò, raggiungendo il limite. Poi, non contenta, tornò nel corridoio, raccolse la borsa che aveva fatto cadere, e la sbatté a terra davanti a loro per raffigurare meglio il suo umore.

Koga, Inuyasha e Kagome fecero un passo indietro, ma quest’ultima si azzardò ad affacciarsi da dietro il mezzo demone.

“Per l’ultimo punto, forse, potrei provare a parlare con mio-”

“Non ti azzardare!” sbraitò Sango, puntandole il dito contro, minacciosa. “Non voglio saperne nulla di quel fedifrago né di quale assurda storia voi abbiate. Fino a domani non voglio sentire una mosca volare figuriamoci voi che urlate a vicenda il vostro nome mentre praticate un 69.” Detto ciò, si rinchiuse nella propria stanza, sbattendo la porta dietro di sé così come avrebbe voluto che qualcuno sbattesse lei.

A quel punto, Koga alzò le mani in alto. “Io non c’entro nulla,” bisbigliò prima di darsela a gambe e lasciare i due fidanzati senza parole.


 

*


 

La mattina dopo, come prima cosa Sango si scusò con Kagome prima che l’intera gang piombasse nel loro appartamento, e anche se comprendeva le motivazioni che spingevano i suoi due amici a mentire sul loro rapporto, non fu facile abituarcisi.

Ricordava come si erano sempre comportati, tutte le volte che avevano litigato da adolescenti, le offese che volavano o le grida, con i piedi che sbattevano per terra, che servivano a ribadire che mai – e poi mai – sarebbero finiti insieme.

E ora?

Non riusciva a fare a meno di guardarli e pensare che era stata una stupida a non capirlo prima, così come lo erano Ayame e Miroku, persi così tanto nei loro mondi da non cogliere qualcosa di così lampante. Perché anche se Kagome e Inuyasha ci provavano, il loro restava un lavoro da dilettanti: gli sguardi che si scambiavano in continuazione, i sorrisi, il modo in cui non si perdevano di vista. Forse era davvero cominciata per puro caso, come dicevano, ma ora quella relazione era diventata più vera e sentita che mai.

Per la miseria, pensò dopo averli osservati per più mattine di seguito, quei due erano innamorati e nessuno se ne era accorto – nemmeno loro due!

“Cos’hai da guardare?” le chiese a un tratto Ayame, distogliendola dai suoi pensieri e seguendo il suo sguardo. Incrociò così quello di Inuyasha, che aveva distolto il suo abbastanza in fretta da Kagome, la quale, invece, stava fissando il suo tè. “Oh, Inuyasha, hai i baffi sporchi di latte,” gli fece notare. “Ti stanno bene.”

Ah-ah,” rise, per nulla divertito, asciugandosi la bocca.

“Stai bene, Sango?” chiese poi la rossa all’amica. “Era un po’ che fissavi Inuyasha. Non è che ti interesserebbe farci un giro come ripiego dopo Miroku?”

La stanza si fece improvvisamente silenziosa. Poi Sango quasi affogò, così come Inuyasha, con la propria saliva, mentre Kagome e Koga scoppiavano in risate isteriche e Miroku fermava il suo avanti e indietro per lanciare dardi al cosiddetto migliore amico.

“Scherzavo,” aggiunse infine Ayame. “Pensavo fosse ovvio.”

“Ma c-certo,” tossì Sango. “È che mi hai fatto ridere troppo.”

L’amica la guardò con occhi sospetti. “Certo.”

“Bene, allora, io vado, eh,” annunciò Kagome afferrando la sua ventiquattrore. “A stasera!”

In breve, dunque, rimase solo Sango con la sua scoperta, chiedendosi come diamine avrebbe fatto a tenere nascosta la cosa.

La sua migliore amica era innamorata e lei non poteva nemmeno festeggiare!

Era un vero peccato che non ci fosse una legge che vietasse circostanze simili.


 

*


 

“Non ti fa sentire un po’ più rilassata il fatto che Sango sappia di noi due?” le chiese Inuyasha una sera a letto. “In più posso venire qui da te senza più temere che Miroku ci becchi da me quelle rare volte in cui torna a casa.”

“A condizione che non voli una mosca,” Kagome ripeté le parole di Sango.

“Non sono io che alzo la voce, sai?” le disse all’orecchio, prima di baciarla.

“Non che a te sia mai dispiaciuto. E sì, mi sento un po’ meglio ora che la mia migliore amica lo sa – mi toglie un po’ di quel peso che mi portavo addosso, hai capito, no?” Inuyasha annuì. “Ma mi sentirei meglio se la smettesse di guardarci come animali da circo.”

Il mezzo demone si rabbuiò. “Non capisco,” sbottò portando le mani al cielo. “È così difficile credere che stiamo insieme? Credono che io sia tanto al di fuori dalla tua portata?”

Lei lo bloccò con altri baci, prima sulle labbra, poi sull’orecchio, il collo e il petto, ma Inuyasha la fermò prima che potesse scendere più giù. “Se cambi discorso crederò che sia davvero così,” l’avvertì.

“Non volevo cambiare discorso, volevo solo farti sentire un po’ meglio.”

“Lo farai rispondendo alla mia domanda,” ribadì.

“Lasciando perdere Koga, che è solo geloso marcio – per la cronaca, anche quando nemmeno tu eri considerato nella lista di papabili ragazzi, sei sempre stato a un livello maggiore rispetto a lui –, non credo davvero che Sango intendesse ferirti con quelle parole. Hai idea di quante volte mi abbia sentito ripetere che mai – e poi mai – mi sarei messa con te? E ti ricordi quel disastro che è stato il nostro primo bacio alla festa di Ayumi? Ho maledetto quella bottiglia per settimane!”

“Certo, perché in realtà volevi baciare quel noioso di Hojo. Chissà che ci avrai visto mai in lui,” sbuffò, agitando le orecchie.

Kagome gliene tirò una affettuosamente, ridendo. “Non mi dirai che sei geloso delle esperienze che ho avuto quando ancora nemmeno mi consideravi? Devo ricordarti la successione di ragazze che sono sempre uscite dal tuo appartamento e che incontravo la mattina?”

“Quelle erano quasi tutte per Miroku. Io sono pur sempre un mezzo demone; non tutte sono disposte a scendere così in basso.” Non aveva mai avuto tanti complessi a causa della sua natura, ma non poteva negare che c’erano state situazioni un po’ dolorose a causa di essa. Stava ancora sbollendo la rabbia per quei ricordi quando la sentì stringersi ancora più a lui.

“Per quanto alto sei,” gli disse, “non direi proprio che mi sono accontentata,” scherzò. “E sono d’accordo con chiunque abbia detto che le cose più belle ti aspettano dietro l’angolo, quando meno lo credi. Altrimenti, ora non sarei qui con l’uomo migliore che potessi desiderare.” Gli rubò l’ennesimo bacio. “Voglio dire, perché dovrei pensare una cosa del genere? Anche ora che ci stiamo nascondendo ti sei dimostrato il fidanzato più attento, sensibile e dolce di tutti – nonostante la tua apparente scontrosità. Chiunque ti abbia rifiutato in passato non sa che si perde, e a guadagnarci sono solo io.”

Il sorriso che le regalò in cambio di quelle parole – di quella dichiarazione d’amore puro – era il più sincero che Kagome avesse mai visto sulle sue labbra e si impegnò a fare in modo che potesse rivederlo ancora e ancora. “Però, tutte queste cose, sensibile, dolce, facciamo in modo che rimangano tra noi, ok? Non vorrei che la mia reputazione ne risentisse.”

Lei rise ancora più forte, poi acconsentì. Non valeva la pena dirgli che erano tutte osservazioni che chiunque avrebbe potuto fare, se lo conosceva bene, perché qualunque fosse la prima impressione che dava, Inuyasha aveva sempre dimostrato di essere attento e disponibile per le persone a cui teneva davvero. E non serviva diventare la sua ragazza per scoprirlo.

 

 

*


 

Ora che sia Koga che Sango conoscevano la natura del rapporto tra Inuyasha e Kagome, non passò molto prima che lo scoprisse anche Ayame, ed è andò tutto più o meno come previsto.

Tuttavia, Kagome non dovette rassicurare Inuyasha, questa volta, perché la prima reazione della demone lupo, in realtà, fu gettare le braccia al collo dell’amica. “Oh, Kagome, che bella notizia! Che sollievo.” Addirittura, la sentirono piangere tanto era felice.

Ciò sconvolse non poco i due.

“Ma non ti sorprende?” le chiesero allora.

“Oh, chi se ne frega della sorpresa. L’importante è che tu stia con Inuyasha ora e Koga non potrà più provarci con te. Capisci? Ho meno concorrenza!” Cominciò a saltellare per la stanza e poi, lasciata l’amica, si buttò verso Koga, il quale per scappare dalle sue grinfie cominciò a girare intorno al tavolino da tè.

“Ehi! State attenti a non rompermi nulla,” li avvertì Sango che li stava osservando con occhi da falco. E bastò a far distrarre lui: tanta era la paura di causare l’ira di Sango, che Koga preferì farsi prendere da Ayame.

“Oi, lupastro,” lo chiamò Inuyasha una volta che si furono sistemati tutti sul divano e Kagome si era accoccolata contro di lui. “Io mi riterrei fortunato: hai una bellissima donna che ti viene dietro da anni, che vuoi di più? Credi che qualcuno accetterà davvero le tue patetiche avance?”

“Inuyasha,” lo richiamò Kagome.

“Che c’è? È la verità! È ora che la smetta di illudere Ayame e faccia l’uomo. Dopo tutto, è lui che le ha promesso un matrimonio da favola.”

“Non l’ho mai illusa ed eravamo bambini quando abbiamo fatto quella promessa. Chissà quante stupide ne hai fatte tu da piccolo!” inveì il demone lupo.

“E infatti le ho mantenute,” affermò serio Inuyasha.

“Ah, sì?” chiese incuriosita Kagome, alzando il volto verso di lui.

“Certo,” le rispose prima di baciarla e godersi il fatto che potesse farlo con tanta libertà davanti agli altri. “Ho promesso a Miroku che mi sarei sempre preso cura della sua sorellina e lo sto facendo.” Lei arrossì, ma era contenta di sentirglielo dire – soprattutto ricordando il bambino pestifero che era stato.

“Ah, me la ricordo quella promessa,” disse qualcuno da dietro di loro, entrando nell’appartamento con le sue chiavi di scorta. “Avevi anche promesso di sposarla entro i venticinque anni, però.” Poi andò dritto verso il frigorifero, si stappò una birra e prese posto sulla poltrona singola, l’unica rimasta libera. Solo allora si accorse degli sguardi terrorizzati dei suoi amici, in particolar modo delle facce bianche della sorella e dell’amico. “Che c’è?” chiese. “Non mi aspetto mica che te la sposi adesso, tranquillo. A meno che voi non abbiate qualcosa da dirmi. Non l’hai messa incinta, vero?” Rise della sua stessa battuta.

Ancora nessuno, però, si decideva a parlare.

“Andiamo, ma che vi succede? Un momento.” Si voltò verso Inuyasha. “Non avrai davvero?” Fece per alzarsi.

“No, no,” il mezzo demone agitò frenetico le mani davanti a sé. “Ho sempre usato un preservativo, lo giuro!” ci tenne a precisare, prima di accorgersi di ciò che aveva confessato. In risposta, Kagome si passò una mano sul viso, esausta, rinunciando a ogni finzione.

“Miroku,” si intromise Koga, “ma ti sei reso conto?”

“Di cosa?” chiese l’altro prima di prendere un altro sorso di birra.

“Come di cosa?” reagì Sango. Poi con la mano indicò la coppia incriminata.

“E che c’è di strano? Sono passati due mesi da quando siamo tornati da Hong Kong. Siete ancora sconvolti?”

Cosa?” questa volta la domanda venne proprio da Inuyasha e Kagome. “Vuol dire che lo hai sempre saputo?”

“Certo. Era difficile non saperlo visto che vi siete diretti proprio nella suite matrimoniale quella sera. Meno male che vi ho notati prima che cominciaste a fare sul serio.” Rabbrividì. “E anche se non mi fa piacere dirlo, almeno così quella stanza ha avuto una sua funzione; il letto sarebbe rimasto intonso altrimenti.”

Miroku continuava a parlare con tanta tranquillità che era difficile non rimanere sconvolti e forse è per questo che dopo un po’ l’uomo cominciò a capire il perché di quelle espressioni. “Mi state dicendo che non sapevate che lo sapevo? E voi?” Si batté la mano sul ginocchio, lasciando perdere la bottiglia che aveva nell’altra. “E avete cercato di tenermelo nascosto?” Rise come un maniaco. “Anche se fosse, non avete fatto un lavoro eccellente. Siete patetici come attori.”

“Beh, loro tre ci sono cascati,” ragionò Kagome.

“Loro tre non vi conoscono da quando portavate ancora il pannolino.” Poi alzò un sopracciglio come a sfidarli.

“Se permetti, io Kagome la conosco meglio di te,” ribatté Sango.

“Ok, mia dolce Sango, solo per te farò finta che sia così,” le disse melenso. Ma prima che potesse partire un vero e proprio dibattito, Koga intervenne.

“Un momento, mi stai dicendo che non ti dà fastidio il fatto che Inuyasha si faccia ogni sera tua sorella? La tua sorellina? Quella da cui hai sempre tenuto alla larga ogni ragazzo?” Per lui, che aveva sperato di vedere Inuyasha messo k.o. da Miroku, era un duro colpo accettare quel risvolto. Tuttavia, con quella domanda riuscì solo a mettersi nei guai.

Miroku lasciò perdere qualsiasi scherzo e si voltò furioso verso di lui. “Ehi, bada bene a come parli quando si tratta di mia sorella, capito?”

“Ma non sono io me la sbatto!”

“Koga, forse sarebbe meglio se la smettessi,” intervenne Ayame che aveva notato l’aura omicida di Miroku e Inuyasha.

“Ripetilo se ne hai il coraggio,” sibilarono entrambi e tanto bastò a quietare Koga, che accettò suo malgrado la sconfitta.

“Oh, Miroku, sono così contenta che la cosa ti stia bene,” disse allora Kagome, andando ad abbracciarlo. Miroku ricambiò il gesto, prima di alzare la sua bottiglia quasi vuota per un brindisi.

“Dopo tutto, Inuyasha aveva promesso, no? E mi solleva sapere che stai con qualcun che conosco come le mie tasche e di cui non devo aver paura. Anche perché Inuyasha sa cosa lo aspetta se dovesse ferirti.” Koga ghignò in sottofondo. “O chiunque altro ha il coraggio di parlare di te in certi termini.” Koga si ammutolì. “E non dimentichiamoci, amici, che non è di me che Inuyasha deve avere paura, ma del caro nonnino quando questa domenica andremo tutti insieme a pranzo al tempio e Kagome lo presenterà come il suo ragazzo.”



 


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Innanzitutto, se siete giunti fin qui, complimenti. Questa è la one-shot più lunga che abbia mai scritto e mentre per chi ha letto le mie long forse non è stato uno sforzo - ho scritto capitoli anche di ottomila/novemila parole - questa qui li supera anche se di poco. Avevo contemplato l'idea di spezzarla, ma non mi sono mai decisa e alla fine ho capito che forse era meglio di no. 
Detto ciò, qualcuno ci è arrivato a quale sitcom mi riferivo? 
La nostra gang in questa occasione ha un po' rivestito i panni di un'altra ancora più famosa ovvero i sei protagonisti di... *rullo di tamburi*... Friends. 
Diciamo che potrei avere una leggera fissa per quella serie (forse non so tutte le battute a memoria, ma quasi), e leggendo la tematica Secret Dating mi è venuta in mente un'altra delle mie OTP e quindi perché non mischiarla a quella su cui mi piace scrivere? Dunque, per chi se lo stesse chiedendo, questa oneshot è stata chiaramente ispirata agli eventi di inizio quinta stagione in cui a nascondere la loro relazione sono Chandler e Monica. 
Alcuni elementi, come il matrimonio mancato di Miroku o i baci a Sango e Ayame, sono ripresi dagli episodi, tutto il resto è un mix di ispirazione tra i personaggi di Inuyasha e quelli di Friends. 
Spero vi sia piaciuta tanto quanto è piaciuto a me scriverla e di ritrovare, chissà, degli altri appassionati di Friends nei commenti. 

A prestissimo! ❤


 

   
 
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