Quasi come Icaro
Il soldato combattente, nel momento in cui
ingaggia un conflitto a fuoco,
spera sempre di non imbattersi
nella pallottola mortale,
mentre il kamikaze sa
che l'atto di guerra
si identifica fatalmente
nella sua stessa morte
[Andrea Camilleri]
Ti sei sempre chiesta perché Erwin avesse
fatto quella scelta. Perché proprio tu, tu che sei una scienziata, una donna
aperta alle possibilità, non certo una leader, né tanto meno una stratega.
Ma Erwin era sempre un passo avanti a voi e anche questa volta ci aveva visto
giusto.
Lo hai capito quando hai dovuto prendere decisioni difficili e moralmente
terribili, quando hai dovuto sparare contro i tuoi compagni, quando hai
rischiato il tutto per tutto per salvare Levi.
È stato allora, quando con la morte nel cuore, ma senza un
attimo di esitazione hai premuto il grilletto e quei ragazzi sono caduti senza
vita a terra. In quel momento ti sei resa conto che solo tu potevi avere quella
forza, quella determinazione e lui lo sapeva.
Ora serve un ultimo passo. Quello più lungo e più difficile, ma tu sei il comandante
e su di te ricade la responsabilità delle vite dei tuoi compagni e della
salvezza dell’umanità. Non hai esitazione, non perdi tempo a pensare a chi
lasci indietro, all’uomo che non ti è stato concesso di amare, ma che almeno
hai pututo salvare. I tuoi ragazzi sono forti e determinati e tu devi aiutarli
nell’unico modo a te possibile.
La vita è così strana. Hai passato la maggior parte della tua a combattere e a
cercare di scoprire che cosa si nascondesse dietro il mistero dei giganti.
Senza dormire, senza mangiare, gioendo e soffrendo, senza tregua, senza neppure
il tempo di guardarsi dietro le spalle e ora in un attimo tutto è fermo,
statico, immobile. È bastato prendere questa decisione e il tuo mondo di colpo ha
smesso di girare. È la fine e lo sai, non provi niente, o forse solo un debole
sollievo perché tutte quelle lotte e quei morti cominciano davvero a pesarti
sulle spalle, proprio come ad Erwin.
Osservi Levi che stancamente ti viene incontro, quel piccolo grande uomo che hai
cominciato ad amare non sai né quando, né perché, ti guarda ma non parla. Sei
felice di andartene tu, non avresti retto alla sua dipartita e sei quasi vigliaccamente
contenta di lasciare a lui questo peso, anche perché gli lasci la vita e questo
tanto ti basta.
Vorresti dirgli tante cose, ma le tue parole se le porta via il vento. E poi è meglio
lasciare le cose così, in un limbo mai espresso, incartate in un morbido
ricordo di quello che avrebbe potuto essere e che non sarà mai.
Lui ti ha capita, già sa e non ha bisogno di troppe parole, anzi fa qualcosa
che per un tipo del suo stampo, tu lo sai, è tanta roba. Ti da il permesso
di andare e con gesto stanco ma carico di significato ti incita a donare
il tuo cuore, perché è conscio che non c’è altra via d’uscita e che non può
impedirtelo.
Lui che non ha mai fatto quel gesto, lui che non ha mai creduto a quel
giuramento, lo riserva a te come sprone. In quel non detto, ci sono fiumi di
pensieri che non usciranno mai dalle vostre bocche ma che voi conoscete bene
entrambi.
L’amore, quello più vero e profondo non ha bisogno di parole, vive si nutre e
cresce vostro malgrado.
Ecco, il suo pugno è sceso ancora chiuso lungo il fianco e tu senza indugiare,
passi oltre. Senza voltarti indietro voli in cielo verso quell’esercito di
colossi ardenti. Per un attimo quella gioia frenetica che saliva ogni volta che
avevi a che fare con un gigante torna prepotente, spazzando via ogni altro
pensiero o tristezza.
Quei maledetti sono davvero bellissimi, e da vicino ti regalano un’emozione
così forte che quasi non senti neppure la pelle e la carne bruciare.
Fino a quando, come un novello Icaro, ti spingi al limite, librandoti contro
quei mostri maestosi che avanzano compatti. Ne abbatti più di uno e poi arrivi
fino a taccare il loro sole fino a che il tuo corpo, incandescente come
una stella cadente, precipita e torna ad essere solo cenere. Sei felice e urli
di gioia vera perché nella loro efferatezza sono indescrivibili e ti sembra quasi
di aver sfiorato degli dei. Hai il cuore colmo, perché quella era la tua strada
e tu l’hai percorsa con forza e determinazione fino in fondo, senza nessun
rimpianto. Non risorgerai dalle tue ceneri come un’araba fenice, se non nel
cuore dei tuoi ragazzi che non dimenticheranno mai il tuo generoso sacrificio,
così come vivrai in Levi che conosce il tuo amore, che è anche il suo, un amore
mai sbocciato che gli resterà dentro, radicato per sempre. Sarai la sua cicatrice
più profonda e più dolce, quella che si porterà appresso come un amabile fardello
e lo farà volentieri, perché sarà lui a soffrire e non tu che sei finalmente libera
da quell’orrore di guerra fratricida.
E avevo detto che non riuscivo di scrivere della fine di
Hanji, ma la musa dell’ispirazione è bizzosa e capricciosa, mi ha travolta all’improvviso
e ho prodotto questa cosa di getto…
Non so neppure io se ho espresso bene ciò che volevo dire, ma volevo rendere
giustizia ad un personaggio meraviglioso come quello di Hanji e dare alla sua
dipartita un senso che andasse oltre la tragedia. Ci sono riuscita o ho fatto
clamorosamente buca?
A voi la sentenza, sparate pure se vi va!
Grazie a chiunque leggerà questa storia 💐
Image from google search no infringement intended
Disclaimer Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. Hanji e Levi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hajime Isayama.