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Autore: Jeremymarsh    10/05/2023    5 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XXII: Ritorno a casa




 

“Early morning, still in bed
You hate yourself for what you said
But you could never admit you were wrong.”

Big Shot, The Lumineers





 

Bastarono pochi secondi, Toga rimase fermo a fissare la direzione in cui era scappato Naraku solo una manciata di secondi, poi scattò.

A quel punto Sesshomaru si era già allontanato, dimentico del torto che il mezzo demone gli aveva fatto e di ogni desiderio di vendetta, sopraffatto da quanto gli era stato rivelato. L’Inu-no-Taisho non ebbe problemi a seguire le sue tracce e lo trovò dopo qualche minuto, poco distante dal luogo in cui il breve scontro era avvenuto.

Sollevato di vederlo ancora sano e salvo, scese con calma a terra, gli occhi assottigliati e puntati sulla scena davanti a sé che per ogni passo che faceva gli sembrava sempre più surreale.

Sesshomaru era inginocchiato accanto a un’esile e minuta figura, le mani occupate a toccarla con una delicatezza di cui Toga non lo avrebbe mai creduto capace, gli occhi che viaggiavano sul suo corpo per controllare più velocemente ciò che le dita ancora non riuscivano a fare, il respiro pesante e il petto che si alzava e abbassava con altrettanta fatica.

Se anche non gli fosse stato già detto chi quella ragazza umana era per suo figlio, Toga lo avrebbe capito da quei semplici e tanto esplicativi gesti. Non c’erano più dubbi: Sesshomaru aveva davvero trovato la sua anima gemella.

Percepiva il suo sollievo misto a rabbia dovuto a quella situazione, immaginava – per la prima volta da quando era diventato padre riusciva a percepire davvero le sensazioni di Sesshomaru, a comprenderlo – la battaglia ancora in corso dentro di lui, capiva la necessità di salvare la donna che per lui significava tutto e il motivo per cui aveva ignorato un nemico che fino a poco prima aveva giurato di uccidere.

Toga aveva vissuto tutto prima di lui e sperava che da quel giorno il conflitto che ancora, in minima parte, lo consumava si sarebbe affievolito fino a scomparire. D’altronde, dopo gli ultimi eventi, anche Sesshomaru doveva aver capito che non c’era modo di sfuggire, che rinnegare quel dono a lungo andare non gli avrebbe giovato. Sapeva, vedendolo prendersi cura della giovane, che il figlio aveva finalmente accettato il legame che lo univa a lei; gli restava solo da comprendere e abbracciare il cambiamento che era avvenuto in lui.

Non si illudeva che sarebbe stato facile – l’orgoglio era pur sempre una delle caratteristiche a cui Sesshomaru aveva sempre fatto affidamento –, ma forse il passo più grande era stato fatto, forse sarebbero riusciti a parlare infine come padre e figlio, forse il loro nucleo familiare sarebbe diventato più coeso e loro sarebbero stati in grado di affrontare la minaccia ancora presente con più facilità.

Naraku aveva tentato di attaccarli con trucchi diversi, sebbene ognuno di essi rivelasse la stessa codardia e ingenuità che Toga aveva percepito la prima volta, ma erano anche stati attacchi mirati a dividere ognuno di loro; non si era mai azzardato a colpirli insieme. Ma non era riuscito nel suo intento e questo tornava a loro favore ora che Toga era sicuro di poter portare Sesshomaru dalla sua parte, convincerlo a collaborare. Certo, sapeva anche che più il tempo passava e più Naraku sarebbe diventato pazzo e dunque pericoloso, ma avrebbero potuto fare in modo che la prossima carta fosse quella vincente.

Vide infine Sesshomaru prendere in braccio la ragazza svenuta e notò dietro di loro i resti che finora non aveva notato, riconoscendo quello che doveva essere stato un tempo il figlio umano di Naraku e che per una seconda volta era stato ucciso da Sesshomaru. Li osservò per una manciata di secondi e poi scosse la testa, non credendo che meritassero davvero la sua pietà ma non riuscendo a ignorare un breve moto di tristezza. Forse, in una prossima vita, il ragazzo sarebbe riuscito a crescere lontano da tanta malignità.

Così si avviarono entrambi verso casa, in silenzio, sapendo che giunti a destinazione nessuno avrebbe più potuto rinviare quella discussione e che da quel momento in poi la posta in gioco si faceva ancora più alta.

Eppure la determinazione e la speranza si erano solo rafforzate.


 

*


 

“Ehi, cosa credi di fare?”

Inuyasha alzò la testa per incontrare lo sguardo arrabbiato della propria fidanzata rivolto proprio a lui.

“Aiutare forse?” rispose con tranquillità, aggiustando il peso delle due assi che aveva appena raccolto sulle sue spalle.

“Certo, lo stiamo facendo tutti,” rispose lei, “ma ognuno fa quel che gli è possibile fare. Non va oltre le proprie capacità fisiche.”

“Appunto,” ribadì Inuyasha cominciando a camminare e lasciandola dietro di sé. Kagome lo seguì imperterrita.

“Inuyasha!”

Il mezzo demone sospirò e si voltò a guardarla. “Mi stai forse dando del debole?” Arcuò un sopracciglio e cercò di non innervosirsi.

“Inuyasha, solo ore fa avevi un buco nello stomaco, credi che sia saggio cominciare già a fare questi lavori manuali? Non dico che devi startene fermo, ma potresti fare qualcosa di leggero.”

“Kagome,” riprese lui, guardandola fissa senza mai vacillare. “Ti amo, davvero, ma stai mettendo a dura prova la mia pazienza. Vuoi che mi spogli qui davanti a tutti e ti faccia vedere quel poco che è rimasto della ferita? Rispetto a quando l’hai controllata stamattina è quasi inesistente.”

La ragazza arrossì al pensiero di Inuyasha che si spogliava davanti a tutto il villaggio e boccheggiò per qualche istante prima di riprendere il controllo. “Non vorrei che sforzandoti la riaprissi e peggiorassi così la situazione. So quanto sei testardo,” ricominciò con voce piccola.

“Mai quanto te,” ribatté lui scherzosamente. “Sai che non sono un umano. Una volta che una ferita si chiude non c’è rischio che si riapra per me.”

“Sì, ma-”

Inuyasha la guardò suggestivamente, poi tagliò la distanza e abbassò il viso al suo, sussurrando: “Non è che la tua è solo una scusa per avermi tutto per te? Magari fingendo di voler medicare le mie ferite in realtà...” Le sorrise sornione e poi agitò le sopracciglia.

Lei trattenne il fiato davanti a tanta sfacciataggine mentre il rosso si diffondeva sul suo viso, poi, più che mai imbarazzata, agitò le braccia per colpirlo e finì per fargli perdere l’equilibrio. Le assi che aveva mantenuto fino a quel momento caddero con un rumore fragrante mentre lui, per non fare la stessa fine, si aggrappò a Kagome prendendola per i fianchi, ma riuscì soltanto a tirarla giù con sé.

“Ehi, che state combinando voi due?” Uno degli anziani sporse la testa nella loro direzione con un’espressione contrariata sul volto, seguito a ruota dall’ultima persona che in quella condizione avrebbero voluto vedere: Miroku.

“Lasciali stare, Jiro-sama, quei due sono come due sposini novelli: non sanno tenere le mani a posto.”

“Cosa? Miroku, pervertito, che vai dicendo?” sbraitò Inuyasha lasciando andare immediatamente la fidanzata.

“Non ti preoccupare, amico mio, ho tutto sotto controllo.” Si avvicinò e raccolse ciò che Inuyasha aveva lasciato cadere. “Farò io il vostro lavoro e potrai ripagarmi in seguito. Vieni, Jiro-sama, finiamo qua e lasciamoli stare. Voi però potreste trovare un posto più appartato.”

Il mezzo demone rimase a boccheggiare osservando i due uomini andare via mentre Kagome aveva paura di alzare lo sguardo e scoprire che qualcun altro aveva udito lo scambio.

“Gliela faccio vedere io a quel bonzo pervertito.”

“Beh, non eri tu quello che aveva suggerito proprio ciò che Miroku ha insinuato?” ribatté Kagome, guardandolo e poi facendo retromarce. Lui la inseguì prendendola per un braccio.

“Un momento, Kagome, dove vai ora?”

“A dare una mano prima che qualcuno mi accusi di mettermi a fare certe cose in bella vista e mi faccia perdere ogni briciola di rispetto che ancora mi è concessa.”

“Andiamo, lo sai che stava scherzando!”

“Scherzo o no, quelle accuse potrebbero rovinarmi. Lo sai meglio di me.”

Lui si diede dello stupido per non averci pensato prima, dato il passato di lei e la sua storia con le dicerie. “Questo villaggio è diverso,” ribadì quando riuscì a fermarla sul serio. “Calmati prima di farti venire qualcosa. E poi, non hai ottenuto quello che volevi?”

“Cosa?” gli chiese, sbigottita, non riuscendo a credere alle sue orecchie. “Credi che-”

“Intendevo che ho smesso di maneggiare roba pesante, non sei contenta?”

Kagome sbuffò, scrollò le spalle e poi incrociò le braccia in risposta.

“Andiamo, dai,” le sorrise. “Andiamo a vedere dove si è cacciata mia madre. Conoscendola non sarà riuscita a combinare davvero nulla, ansiosa com’è di veder spuntare mio padre da un momento all’altro.”

 

“Pensavo stessi dando una mano agli uomini,” lo salutò Izayoi poco dopo quando lo vide arrivare insieme a Kagome.

Come previsto, aveva lo sguardo distratto e le mani erano impegnate a ripetere gesti senza senso invece di attivarsi sul serio. Anche nella voce si poteva sentire lo stesso tono assente.

“Sono venuto a vedere come se la cavava l’altra mia donna preferita,” rispose Inuyasha, chinandosi verso di lei e baciandole una guancia, ottenendo in risposta un sano rossore e un sorriso dolce.

“Oh, tesoro, non dovresti far credere alla tua futura moglie che io sia sul suo stesso livello. Quando ti sposerai le tue priorità cambieranno e-”

“Sciocchezze,” la interruppe Inuyasha mentre Kagome se la rideva. “Chi te le ha messe in testa?”

“Non ti preoccupare, Izayoi. Come se il vostro rapporto non mi facesse piacere.”

La donna annuì, rivolgendole lo stesso sorriso che aveva riservato al figlio.

“Quando torneremo al castello e tutta questa storia sarà finita, allora potremo finalmente cominciare a parlare di matrimonio?”

Quella domanda prese entrambi in contropiede e capirono di essere finiti nella trappola di Izayoi. Avevano ignorato le nozze per tutto quel tempo, soprattutto considerando che l’ultima volta che era stato accennato il discorso loro due non si erano nemmeno dichiarati.

Tuttavia, ora era diverso. Inuyasha e Kagome erano più che consapevoli dei proprio sentimenti e pronti a fare il prossimo passo, vedere dove li avrebbe condotti, ma allo stesso tempo c’era un grosso ostacolo che glielo impediva.

Il mezzo demone lanciò uno sguardo a Kagome che gli sorrise e poi insieme annuirono in direzione della madre di lui.

Izayoi strinse loro le mani. “Non vedo l’ora di poter dimenticare tutto questo e godermi il vostro amore,” disse con gli occhi appannati.

“M-mamma, ti sembra il caso di dire certe cose?” balbettò Inuyasha, grattandosi la nuca con la mano libero. “Insomma…”

“Beh? È vero. Vi amate e questo amore non è solo per voi, ma anche per tutti noi che possiamo osservarlo.”

“Sì, ma-”

Prima che Inuyasha potesse finire una frase coerente che esprimesse tutto il suo imbarazzo, Sango li interruppe, entrando nella capanna.

“Izayoi-sama,” salutò, per poi rivolgersi agli altri occupanti, “Inuyasha, Kagome, sembra che qualcuno vi stia aspettando fuori le mura,” sorrise.

La principessa trattenne il fiato, sentendo già il sollievo diffondersi in tutto il suo corpo e il calore avvolgerla mentre percepiva la presenza dell’amato poco distante. “Toga!” esclamò, lasciando loro le mani e abbandonandoli all’istante.

Inuyasha scosse la testa nel guardarla andar via, per nulla risentito di essere stato dimenticato in favore del padre e si unì alle risate di Sango e Kagome.

“Se certa gente potesse vedere l’amore che lega quei due,” sospirò la sterminatrice, prima di rivolgersi a loro due. “Quindi è arrivata l’ora di separarci, di nuovo.”

“Torneremo presto,” la rassicurò Kagome.

“Magari con un invito a nozze?” ammiccò.

Il mezzo demone sbuffò. “È tutto quello di cui sapete parlare oggi voi donne?”

Sango fece spallucce. “Ognuno di noi vuole concentrarsi sulle cose belle,” gli spiegò, “perché sappiamo che quello che ci aspetta è una montagna ancora più ripida da scalare.”

 

*

 

Erano da poco tornati al castello quando finalmente Toga rivelò loro cosa era accaduto dopo averli lasciati.

Era appoggiato alla scrivania, le braccia incrociate e la coda che oscillava leggermente alle sue spalle a causa dei piccoli gesti. Ma nonostante all’apparenza fosse il ritratto della tranquillità, Inuyasha non ebbe problemi a leggere l’instabilità che celava, come se stesse cercando di controllare le proprie reazioni o, meglio, i sentimenti dovuti agli ultimi avvenimenti.

Il sorriso era largo ma tirato, la mascella rigida quel tanto che bastava per notarla, gli occhi non riuscivano a focalizzarsi su uno di loro, ma continuavano a vagare come se avessero paura di rivelare troppo.

Inuyasha era sicuro che anche sua madre e Kagome – che non lo conosceva bene quanto loro – avessero letto quei segnali.

Eppure, ciò che lo colpì maggiormente fu che dietro l’ansia che suo malgrado Toga non riusciva a nascondere, vi era una sincera euforia, il sollievo.

“Come temevo,” esordì dopo un’iniziale pausa, “al momento Sesshomaru non è un simbolo di razionalità.” Inuyasha rise prima di sbuffare, ma un’occhiataccia lo ammutolì. “E probabilmente lo scontro con Naraku sarebbe andato in modo diverso se lo fosse stato – magari saremmo riusciti a liberarcene già; a quest’ora avremmo potuto festeggiare – ma non ha senso starsene a indugiare sui i tanti se e ma.”

“Che ne è di lui allora? Se voi siete qui e lui a quanto pare non è morto?”

“Ci arriverò, Inuyasha. Ma prima è importante che io vi metta a corrente di qualcos’altro.” Prese un respiro profondo e incrociò lo sguardo della moglie che gli sorrise incoraggiante e poi riprese: “Al termine dello scontro, abbiamo recuperato una ragazza umana che risiede in questo castello al momento e-”

“La compagna umana di Sesshomaru,” lo interruppe ancora il figlio minore, sbigottito.

“Sì,” assentì l’Inu-no-Taisho. “A quanto pare Naraku è ben intenzionato a sfruttare le nostre debolezze per i suoi miseri trucchi e a portare a termine le sue minacce.” Altro sguardo alla moglie.

“Non ci posso pensare, non ci posso pensare.” Inuyasha cominciò a camminare avanti e indietro. “Dopo tutti questi anni, dopo tutto quello è accaduto, Sesshomaru ha davvero portato qui al castello la sua compagna umana?”

“So che è difficile da comprendere, anch’io non me ne capacito ancora, ma non è questo l’importante. E perché immaginavo la tua reazione, ho voluto avvertirvi.”

“Avvertirci?” Il mezzo demone sbuffò. “Come se io potessi essere davvero un pericolo per la ragazza. E cosa sarebbe importante allora?”

“Questo è l’inizio del suo cambiamento, Inuyasha. Sesshomaru potrà ancora rifiutare parte di questa verità, ma non è più lo stesso e, soprattutto, a questo punto le probabilità che collabori invece di fare di testa sua sono alte. E a noi serve essere una famiglia.”

“Keh. Sesshomaru collaborare? Non ci sperare troppo. E chi ti dice che io voglia poi?”

“A differenza sua, anche se non vuoi, tu saresti disposto a farlo se le possibilità di liberarci di Naraku aumenterebbero,” ragionò Kagome al posto di Toga. “Quello che tuo padre sta cercando di dirti è che ora che Sesshomaru ha qualcuno da proteggere il suo orgoglio potrebbe essere messo da parte, potrebbe diventare anche più forte, oltre che ragionevole.”

Inuyasha smise di camminare e fece una smorfia nel sentire il paragone ma non la contraddisse.

“Non avrei potuto dirlo meglio,” sorrise Toga. “Adesso non abbiamo bisogno del tuo risentimento, Inuyasha, perché per Sesshomaru sarà già difficile così. Accoglieremo la ragazza come se fosse già parte della nostra famiglia e, nel frattempo, organizzeremo un piano per sconfiggere Naraku. Questa volta sul serio.”

Il mezzo demone avrebbe voluto controbattere, ribadire che a lui non interessava niente dei sentimenti o delle difficoltà del fratellastro, che per quanto gli riguardava avrebbe potuto continuare a soffrire perché era ciò che si meritava per essere stato sempre uno stronzo. Ma non lo fece. No, sapeva che non era quella la mossa giusta e, soprattutto, ancor più del risentimento che covava verso il fratello, gli interessava solo liberarsi di Naraku e di poter pensare a Kagome senza doversi preoccupare di vederla sparire da un momento all’altro.

Così annuì, suo malgrado, e il padre lo ringraziò con una possente pacca sulle spalle che lo fece imbronciare di più, prima che rimanesse da solo con la fidanzata.

 

*

 

Sesshomaru aveva riacquistato parte della sua calma nel momento in cui era arrivato al castello e aveva potuto sincerarsi ancora una volta che Rin stesse bene. Ma dopo averla lasciata su un futon, non gli rimase altro da fare che aspettare e nel frattempo considerare le sue possibilità, capire cosa dirle e come reagire quando si sarebbe svegliata.

Non dubitava che sarebbe stato un altro scambio difficile; aveva ormai capito che tipo fosse Rin – e se doveva essere onesto, non gli dispiaceva il suo tenergli testa. Tuttavia, ammettere un proprio torto era pur sempre qualcosa che non aveva mai fatto – né contemplato.

Sospirò nel silenzio della stanza, ma l’agitazione interna non si mostrò nei gesti, rimase immobile e in piedi alla finestra senza voltarsi a osservarla mentre dormiva. Sapeva di star osando già molto rimanendo da solo con lei, ma non poteva fare diversamente.

Non riusciva ad allontanarsi e l’unico modo in cui riusciva a mantenersi calmo – senza tornare a essere quella persona nuova e irrazionale che ancora non riconosceva – era sentire il battito regolare di lei che gli rimbombava nelle orecchie anche se i suoi occhi non si posavano sulla sua figura.

Quindi era sceso ad un compromesso e, poi, non gli importava cosa potessero dire gli altri, quanto dare a lei il rispetto che le era dovuto.

Aveva sentito da tempo il padre e gli altri ritornare quando percepì il respiro di lei cambiare. Voltò la testa di scatto e attese che si destasse.

Si sarebbe spaventata nel trovarsi in un luogo sconosciuto? Gli avrebbe intimato di lasciarla andare? E perché mai se ne preoccupava in tal modo?

I suoi occhi erano fissi sul viso di lei quando aprì piano le palpebre, sbattendole un paio di volte prima di emettere un basso gemito e poi alzarsi sui gomiti e guardarsi attorno disorientata.

Sesshomaru dovette incollare i piedi a terra con forza per evitare di precipitarsi ai margini del futon come uno sciocco – e così facendo, magari, spaventarla ancora di più. Almeno in quel modo avrebbe avuto qualche secondo per svegliarsi prima di rendersi conto di non essere sola.

La voce che gli arrivò alle orecchie, però, non era spaventata né irritata. “Sesshomaru?”

Lui incontrò il suo sguardo e anche lì non lesse quei sentimenti, solo spaesamento. “Hn.”

“Sesshomaru, cos’è accaduto? Non mi ricordo del tuo arrivo.”

In risposta il dai-youkai digrignò i denti al ricordo di ciò che aveva trovato arrivato sulla scena, una Rin incosciente e indifesa e quel vile essere chino su di lei. Gli aveva riportato alla mente l’episodio quasi identico avvenuto quando la sacerdotessa era stata rapita, ma non ricordava di aver sentito tanta rabbia per lei, semmai una quasi totale mancanza di interesse nei suoi confronti. E sapeva razionalmente a cosa era dovuta quella differenza, ma come poteva accostare la ragione a un evento dovuto dal destino? Non c’era nulla di razionale in quello.

E infatti lui era in quella stanza a preoccuparsi per Rin, una cosa che, ancora, non poteva essere razionale.

Ogni suo cambiamento non lo era.

Eppure adesso capiva i sentimenti scaturiti in lui quando si trattava di Rin. Li accettava? Era presto per dirlo, forse non avrebbe mai, ma fino a poco prima avrebbe anche affermato con sicurezza che la situazione in cui si trovava non sarebbe mai stata possibile.

“E cosa ci facevi tu in compagnia di quell’essere?” chiese di rimando, ignorando la sua domanda. Come se non sapesse già che lei era innocente e vittima.

La vide rabbuiarsi, prima di assicurarsi di essere vestita a modo – Sesshomaru non aveva osato cambiarla né chiedere a qualche dama di aiutarlo – e alzarsi. Con le spalle dritte e la testa alta si avvicinò a lui, le labbra strette in una linea tesa e lo sguardo duro. Poi, a qualche centimetro di distanza, si fermò e continuò a fissarlo senza lasciarsi condizionare dalla differenza di altezza tra loro due.

“Deduco, dall’opulenza di questa stanza, che ci troviamo nella tua residenza.” Agitò il braccio a indicare ciò che la circondava. “Quindi dimmi, Sesshomaru, perché mi hai portato qui se il tuo unico obiettivo era incolparmi ancora di cose che sai essere false? Sono certa che sai anche perché mi trovavo in quel luogo e quanto non fosse dovuto a una mia scelta.”

Il dai-youkai sorrise, contento di quella reazione. Nonostante all’inizio fosse rimasto oltraggiato dal modo in cui lei gli aveva tenuto testa nei precedenti incontri, ora sapeva di apprezzarla di più così.

Se davvero gli Dei aveva deciso di unirlo a qualcuno senza chiedergli alcun permesso, allora preferiva che fosse una persona forte e caparbia: non aveva tempo da perdere dietro ai deboli.

“Mi prendi in giro ora?” lo incalzò ancora Rin, accortasi del sorriso.

“Affatto, notavo solo come nemmeno questo incidente ti abbia fatto passare la voglia di alzare la voce con me.”

Lei sbuffò. “Come potrei? Sono particolarmente interessata a farti scendere dal piedistallo di cui tanto ti vanti.” Incrociò le braccia e aspettò che le rispondesse.

“Vorresti che io scendessi dal mio… piedistallo?” Fu Sesshomaru a sbuffare. “Potrei contemplare l’idea di lasciarti accesso, ma se credi che mi abbasserò mai al livello dei deboli che mi circondano...” Quell’ipotesi non lo divertiva per nulla.

Rin scoppiò a ridere, abbandonando per la prima volta la posa. “Come mi concederesti l’onore se ancora ti ostini a non accettare quello che è chiaro come il sole? No, anzi, non rispondermi. Credevo che valesse la pena farti cambiare idea, dimostrarti quanto ti sbagliassi, ma a quanto pare ero io l’illusa.” Sperò che la delusione che le stava stringendo il cuore non fosse chiara nella sua voce, ma era sicura che si fosse incrinata almeno una volta e non era quella l’impressione che voleva dargli. Non poteva. “Se questa è la tua risposta definitiva, non credo di voler salire su quel piedistallo. Preferisco la vista da qua.” Gli diede le spalle e marciò verso l’uscita. “Ignora anche le mie precedenti domande; non mi interessa più sapere come sono arrivata in questo castello. Troverò la strada di casa da sola.”

Sesshomaru si irrigidì e assottigliò lo sguardo. Ora si stava spingendo troppo oltre. Credeva di poter avere ancora una volta l’ultima parola? Prima di poterla raggiungere e risponderle, però, qualcun altro interruppe il loro acceso dibattito.

Rin aveva la mano alzata verso la porta quando questa si aprì, rivelando un altro demone dai lunghi capelli d’argento, marchi blu sul volto, orecchie appuntite e occhi dorati. Credette di scorgere un lampo di rabbia attraversare questi ultimi mentre si posavano su Sesshomaru, ma prima di poterne avere la certezza cambiarono direzione e incontrarono i suoi. A quel punto non ebbe dubbi sul calore che emanavano insieme al sorriso accogliente che le porse.

Rimase per un attimo interdetta nel trovarselo di fronte – e anche senza fiato nel constatare la sua bellezza –, ma si riebbe e rifletté che poteva essere solo una persona: l’Inu-no-Taisho. Eppure, non ebbe modo di capire se il suo improvviso arrivo la spaventasse o sollevasse perché subito il demone prese la parola.

“Oh, andiamo già via?” le chiese con finta sorpresa – Rin era certa che avesse sentito le sue ultime battute. “Spero che potrai cambiare idea. Ero giunto proprio a chiederti di restare a cena.”

Dopo un attimo di esitazione, Rin gettò uno sguardo a Sesshomaru con la coda dell’occhio per osservarne la reazione; non sembrava estasiato dalla proposta del padre, semmai… disgustato.

Dovette sforzarsi per non sbuffare davanti all’ennesima prova del suo enorme ego. Una ragione in più per farle credere che il destino aveva voluto davvero testarla nel darle un’anima gemella come quella.

Intanto, però, quell’ultimo sviluppo poteva non essere poi così malvagio.

Certo, aveva appena dichiarato a Sesshomaru di essersi scocciata di quel suo atteggiamento e voleva fargli capire quanto fosse seria, ma suo padre le aveva dato la perfetta scusa per restare e non sembrare indecisa – anche se dentro di sé lo era davvero.

Sapeva quanto fatica le fossero costate quelle ultime parole, sapeva che non erano quelle che il suo cuore avrebbe voluto urlare. Perché lei, Rin, non voleva gettare la spugna, non voleva contemplare l’idea di vivere una vita normale, sposare un contadino e morire nel tentativo di mettere al mondo i suoi discendenti mentre le era stata la possibilità di amare Sesshomaru.

Ma doveva anche accettare la possibilità che lui non si facesse mai amare.

Era quest’ultima che le aveva fatto pronunciare quelle parole, ma le erano costate tanto.

Infine, comprendendo che non sarebbe potuta rimanere immobile in eterno, annuì in direzione dell’Inu-no-Taisho, il quale la gratificò con un sorriso più largo e sincero e comunicò loro che erano attesi a breve. Detto ciò, lanciò un’occhiata significativa al figlio e uscì.

Rin prese un grosso respiro, chiudendo gli occhi, e quando li riaprì vide lo sguardo duro di Sesshomaru puntato su di lei. Ma non aveva intenzione di lasciarlo ribattere, riaprire un discorso che per lei, al momento, era più che chiuso e quindi senza parlare lo abbandonò.

Forse era da codardi; dopo tutto, sapeva che non poteva scappare in eterno. Eppure, per quel giorno ne aveva avuto abbastanza e avrebbe dovuto mantenere quel briciolo di forza che le rimaneva per affrontare la cena, non sprecarlo in dibattiti vuoti.

Non sapeva cosa l’aspettava e si chiedeva anche se avesse fatto bene ad accettare, facendosi influenzare da quella scusa perfetta per non lasciare il castello e, di conseguenza, Sesshomaru.

 

 

 



N/A: Spero sia valsa la pena attendere una settimana in più per questo capitolo. Non esitate a dirmi cosa ne pensate nei commenti. 
 
Vi abbraccio e a presto ❤. 
   
 
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