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Autore: MollyTheMole    27/05/2023    0 recensioni
Zhalia non aveva mai partecipato agli esperimenti di Klaus. Preferiva non sapere che cosa facesse nel suo laboratorio. C’era entrata, naturalmente. Aveva visto tante carte con strani incantesimi, uno svariato numero di animali morti, qualcuno in gabbia, diverse parti anatomiche in formaldeide e aveva accuratamente evitato un certo numero di porte chiuse a chiave ed insonorizzate. Amava lavorare alla ricerca di antichi manufatti, ma, crescendo con lui, si era sempre sentita una donna di scienza e la cosa l’aveva fatta sentire inadeguata. Lei era brava in informatica, sapeva far girare bene i numeri, e non credeva - sbagliando clamorosamente - che quelle capacità potessero renderla un valido agente. Lei preferiva studiare cose curiose, come la meccanica quantistica. Come può del materiale subatomico essere in due stati di esistenza contemporaneamente?
Eppure, quel giorno, un uomo che sembrava uscito direttamente dalla Divina Commedia l’aveva messa di fronte all’amara verità.
Ovvero, che lei stessa era il gatto di Schrodinger.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dante Vale, Zhalia Moon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La divina commedia e il gatto di Schrodinger

 

1. IL FOLLE VOLO

 

Dante l’aveva avvisata. 

- Sei proprio sicura di volerlo fare?-

- Che cosa intendi?-

- Mi sembra un viaggio bello lungo. Te la senti?-

- Ho fatto di peggio. La fatica non mi spaventa.-

Ed era vero. Aveva fatto di peggio. Come quella volta, in cui aveva volato direttamente da Sydney a Tel Aviv, recuperato un titano e da lì era tornata direttamente a Rotterdam senza fare nemmeno una sosta.

Per questo motivo non aveva proprio capito, sulle prime, l’insistenza di Dante, il quale al telefono l’aveva invitata più volte a fare una scelta diversa.

- Vedi, Zhalia, devi sapere che l’Italia è un paese bellissimo. Ci sono nato, è casa mia e non lo cambierei per nulla al mondo. Ha tanti pregi e purtroppo, anche tanti difetti.- 

… ok.

- Noi italiani abbiamo il potere innato di complicare le cose che nascono geneticamente semplici. Ormai è una filosofia di vita. Prendiamo i mezzi con la consapevolezza che avremo un certo margine di tempo da mettere in conto per i ritardi. Andiamo in un ufficio pubblico con la consapevolezza che ci vorrà un mese per far passare un documento dalla porta di un ufficio all’altra.-

- Stai cercando di dirmi che potrebbe succedere qualcosa?-

- Non sto cercando di dirtelo, Zhalia. Io sono sicuro che succederà qualcosa. E’ il venticinque d’aprile, da noi è festa nazionale. E a Venezia è il santo patrono. Ci saranno turisti a bizzeffe. E’ scontato. Matematico.-

A quel punto gli aveva chiesto sarcastica se anche essere catastrofici e fatalisti fosse nel DNA degli italiani. Per tutta risposta Dante aveva riso, le aveva augurato buona fortuna ed aveva chiuso la telefonata.

Klaus era stato categorico. Nessun intoppo, nessun ritardo, niente perdite di tempo. La sua missione sarebbe dovuta andare liscia come l’olio. 

Step numero uno: infiltrarsi con profitto nella Fondazione Huntik.

Fatto.

Step numero due: avvicinare Dante Vale.

Fatto.

Step numero tre: localizzare la sua casa e mapparne l’interno.

Stava andando in Italia per questo motivo.

Step numero quattro - e il più complicato della check list: far innamorare Dante Vale, farlo fesso e poi farlo secco.

Su questo stava ancora lavorando.

La loro missione a Ginevra era capitata proprio a fagiolo. Guggenheim aveva affidato loro un compito facile facile: recuperare un titano minore. Quella volpe di Dante Vale aveva giustamente considerato quella sortita come un’occasione d’oro per conoscerla meglio, e Zhalia aveva sperato che fossero i giusti segnali per procedere allo step numero quattro.

Non le erano sfuggite le occhiate che le aveva lanciato in diverse occasioni al cimitero di Praga.

Si era fatta l’idea che i maschi, sotto sotto, fossero tutti uguali. Sì, c’erano quelli più o meno razionali, più o meno intelligenti, più o meno farfalloni, ma alla fine erano tutti quanti soggiogati dallo stesso, identico fattore. Manipolarli era tremendamente facile. Il trucco giusto, l’abbigliamento giusto, il giusto ammiccamento ed il gioco era fatto. 

Sarà anche stato il grande e potente Dante Vale, il geniale cercatore della Fondazione Huntik, il Mago di Oz, ma sotto sotto era un maschio come tutti gli altri, attratto dalle stesse, medesime cose da cui erano attratti quelli della sua specie.

Se non altro era gentile, ma anche in questo caso Zhalia sapeva che si trattava di apparenza, uno strumento per circuirla. Aveva capito che ai maschi piaceva sentirsi in controllo, erano animali da caccia, stimolati dall’idea di inseguire una preda, facile o meno che fosse. Durante questi approcci non passava loro nemmeno per l’anticamera del cervello che, in verità, lei era altrettanto brava a giocare a quel gioco. 

Così, lo aveva lasciato fare. Gli aveva permesso di mettersi in mostra. Che facesse pure il pavone. Chi era lei per impedirgli di sentirsi figo? 

Legarsi a Metagolem era stato davvero un colpo dal maestro.

Per lo meno, ha stile.

Poi, gli aveva permesso di fare la prima mossa chiedendole - professionalmente, ovvio - il numero di cellulare in caso di necessità per missioni future.

Sì, come no.

Infine, gli aveva consentito di fare il carino quando, sempre nel tentativo di fare il pavone, le aveva proposto di fermarsi a Venezia una notte prima di partire per Ginevra, per non stancarsi troppo.

Zhalia era rimasta entusiasta dell’invito, ed era convinta che lo fosse anche Dante, anche se per ragioni completamente diverse dalle sue. 

Così, per una volta fiduciosa verso il futuro e con la mente piena di sogni di gloria, aveva preso il biglietto aereo con il quale avrebbe volato verso l’Italia direttamente da New York. Otto ore di volo filato fino a Francoforte, dove avrebbe fatto scalo. 

Tenendo conto del fuso orario, sarebbe arrivata in Germania alle sei e trenta del mattino.

Arrivo a Milano Malpensa dopo un’ora e mezza di volo. 

Poi, aveva deciso di prenotare il biglietto per il treno navetta che l’avrebbe portata alla stazione di Milano Centrale. Da lì, avrebbe preso un Treno Alta Velocità per Venezia… Aspetta, quale stazione?

Mestre. Venezia Mestre.

A quel punto, si sarebbe addentrata nella parte storica di Venezia alla ricerca della prestigiosa villa di Dante Vale. Si sarebbe appostata, mappando il perimetro con l’Olotomo, e poi avrebbe bussato alla porta, pantera come soltanto lei sapeva essere. Sarebbe entrata e, fingendo interesse per l’arredamento, avrebbe mappato anche l’interno della villa. Avrebbe passato il resto del pomeriggio a convincere Dante Vale della sua buona fede e del suo sincero interesse per lui ed il giorno dopo sarebbero partiti per Ginevra

Facile facile. 

Nel suo piccolo bagaglio a mano aveva riposto tutto il necessario per l’operazione. Aveva scelto accuratamente la gonna, rossa, che si sollevava con il vento. La maglietta bianca a sottili righe blu, che le lasciava scoperte le spalle. Il profumo, non troppo aggressivo né troppo dolce, floreale e seducente al punto giusto. Il trucco al naturale, senza esagerazioni. Il sandalo senza pretese, il cappello a tesa larga sui lunghi capelli neri. L’occhiale da sole.

L’amuleto di Gareon al collo. 

Era stato tutto finemente calcolato.  

In quel momento, però, seduta sul sedile del suo volo Alitalia, stava cominciando a riconsiderare tutte le parole di Dante Vale, l’istrionico bellimbusto investigatore italiano.

La partenza dal JFK di New York era stata da manuale. 

L’atterraggio a Francoforte pure, alle sei e trenta precise precise.

La ripartenza, invece, era andata a rilento. Il suo volo era già in ritardo di mezz’ora, esattamente il tempo che aveva calcolato per uscire dall’aeroporto di Milano Malpensa e prendere la navetta per Milano Centrale.

Ergo, aveva praticamente perso il treno in Italia quando ancora si trovava a Francoforte.

Per non parlare del resto.

Zhalia sbuffò, la testa poggiata sul vetro del finestrino mentre osservava scocciata il paesaggio sotto di lei.

L’aereo stava continuando a girare in tondo sopra l’aeroporto. 

Uno, due, tre giri. 

Un quarto d’ora, mezz’ora, quarantacinque minuti.

Sommati ai trenta minuti accumulati alla partenza, poteva annoverare la bellezza di un’ora e mezzo di ritardo sulla sua tabella di marcia. 

- Mi scusi!- disse, avvicinando un’assistente di volo.- Per quale motivo non stiamo atterrando?-

La ragazza - una bella bionda dal forte accento italiano - cercò di spiegarle il motivo in un inglese tendenzialmente corretto, con qualche imperfezione maccheronica.

- C’è sciopero del personale di volo a terra. Non segnalano le posizioni, per questo motivo possiamo atterrare soltanto quando il poco personale disponibile ci dà il permesso di farlo.-

Un’anziana signora nella fila accanto, italiana anch’essa, replicò, piccata:

- Capisco il bisogno di creare disagio, ma non era proibito fare sciopero nei giorni festivi?-

La giovane hostess alzò le mani.

- Era quello che sapevo anche io, ma a quanto pare hanno preferito correre il rischio di una sanzione. E pensate pure che è uno sciopero nazionale! Lo stesso problema che abbiamo noi adesso su Milano Malpensa, ce l’hanno gli aeroporti di tutta Italia e anche le stazioni ferroviarie!-

Zhalia alzò gli occhi al cielo.

Fantastico.

 

Davanti al carrello bagagli c’era una coda infinita. Dall’altra parte della sala, una coppia di turisti tedeschi stava brontolando ad alta voce perché non riusciva più a trovare la propria valigia, ormai perduta chissà dove.

Zhalia ringraziò il cielo per aver scelto di viaggiare con il solo bagaglio a mano. 

Si incamminò lungo il corridoio seguendo le indicazioni per l’uscita.

Girò a destra, poi a sinistra. Destra alla biforcazione. Si trovò al ristorante. Tornò indietro. Prese a sinistra. Proseguì per un po’ e si ritrovò completamente da sola in un’ala riservata al personale addetto alle pulizie.

Tornò indietro, grattandosi il capo. Prese a destra dove aveva inizialmente girato a sinistra.

Vagò per circa mezz’ora, alla ricerca dell’uscita giusta, senza trovarla. 

All’ennesima deviazione, giunse alla conclusione di essersi persa.

Guardò l’orologio. Le nove e quarantacinque. 

La navetta e la coincidenza erano andate a farsi benedire da un pezzo.

Sospirò, passandosi una mano nei capelli.

Scorse l’indicazione per il bagno e ci si infilò dentro per rinfrescarsi e cambiarsi d’abito. La gonna rossa e la maglietta a righe attendevano ormai da troppo tempo.

Cercò di vedere il lato positivo delle cose, anche se stentava a trovarne uno. 

Il suo piano, anche se ritardato, era ancora valido. Aveva ancora tempo per appostarsi fuori dalla casa di Dante Vale.

Chiusa in bagno, prese a togliersi i pantaloni per infilarsi la gonna. Poi il top e tutto il resto. Controllò il telefono e rimosse la modalità aereo, cercando eventuali messaggi di Klaus.

Ben presto, però, il suo cellulare si trasformò in un vero e proprio motore a reazione, vibrando all’impazzata sopra il bagaglio a mano mentre Zhalia era impegnata ad allacciarsi i sandali. 

Alzò un sopracciglio, infastidita.

Ben sedici messaggi, e nemmeno uno da Klaus.

Sedici messaggi, tutti - nessuno escluso - da parte di Dante Vale.

 

 

Buongiorno. Com’è andato il viaggio?

 

Sei ancora in volo?

 

Accidenti Zhalia, dimmi che sei ancora a Francoforte.

 

Davvero, se sei ancora in tempo fermati lì

Ci vediamo direttamente a Ginevra domani.

 

Zhalia se puoi rispondimi, ho appena scoperto una cosa molto importante.

Hanno indetto uno sciopero, oggi sarà un inferno.

 

Mi rendo conto che tu non conosci benissimo il concetto di mezzo pubblico in Italia, ma fidati di me

Non vuoi trovartici.

E’ il venticinque d’aprile, è la festa della Liberazione

Ed è pure San Marco

Ci saranno orde di turisti

Frotte di Giapponesi con la valigia

Tutti bloccati lì assieme a te

Dammi retta, se puoi non partire!

 

Mi sa che ormai è andata. Se ti serve qualcosa, chiamami.

 

Se non si fosse trovata in quella situazione paradossale avrebbe detto che sì, gli italiani sono proprio dei melodrammatici.

Per una volta, però, si disse che accogliere il suggerimento di Dante Vale non le avrebbe potuto fare altro che bene.

Ticchettò sulla tastiera.

 

Sì, orami è tardi. Sono a Milano e credo 

non ridere

di essermi persa all’aeroporto.

 

Lo schermo rimase vuoto per un po’. Zhalia immaginò che quel sapientone se la stesse ridendo di gusto dall’altra parte della cornetta per la sua ingenuità e la cosa le diede sui nervi.

 

Dove sei atterrata? Linate?

 

Zhalia si grattò la testa, pensierosa.

Linate? Che cos’è Linate?

 

No, sono a Malpensa.

 

Lo schermo rimase vuoto, stavolta solo per una frazione di secondo.

 

Ah.

 

Non seppe leggere nulla di buono in quel messaggio.

Decise di approfittare pesantemente del suo aiuto, mentre usciva dal bagno con tutto il suo armamentario.

 

A proposito, mi piacerebbe sapere chi è quel genio di architetto che ha progettato questo posto.

Non so più dove sono e ho estremo bisogno di cambiare i biglietti del treno.

 

 

Mandami una foto del punto in cui ti trovi.

E da già che ci sono ti do anche una brutta notizia: stanno scioperando pure i taxi. 

 

 

Seriamente?

Zhalia provò con tutta sé stessa a vedere il lato positivo di quella situazione. 

Fallì miseramente.

Gli mandò la fotografia del corridoio ed attese che l’investigatore bellimbusto facesse lo splendido ancora una volta.

 

Svolta a sinistra e vai sempre dritto.

Arriverai direttamente alla stazione delle navette.

 

 

Zhalia non sapeva se crederci o meno, ma dal momento che non aveva nient’altro da fare prese la sua valigia e cominciò ad incamminarsi. 

 

Immagino che tu abbia solo un ottimo senso dell’orientamento.

 

 

Al contrario. Ormai mi sono perso a Malpensa talmente tante di quelle volte da conoscere l’aeroporto meglio dell’architetto.

Che era dotato di notevole fantasia, ma tant’è.

 

Era istrionico, ma almeno aveva senso dell’umorismo. 

 

Una volta arrivata alla stazione notò immediatamente la lunga, lunghissima coda che si era formata davanti agli sportelli automatici. Ce n’erano dieci in tutta la sala. Due erano guasti. Uno non dava il resto. Gli altri sette avevano almeno otto persone in attesa.

Si approcciò direttamente allo sportello per fare il biglietto.

Incautamente, non si chiese il motivo per cui nessuno tra i suoi compagni di sventura avesse scelto di rivolgersi ad una persona fisica per acquistare il biglietto. 

Arrivò presto a svelare l’arcano, quando si accorse che gli addetti sarebbero dovuti essere tre.

Scoprì che una di essi era filata in bagno di corsa, forse per scappare cinque minuti - che poi erano diventati cinquanta - da quella situazione infernale. Uno era in malattia da un mese e non era stato sostituito. L’unico rimasto era un signore anziano con una discreta pelata, un po’ sudaticcio, faticosamente incastrato su una sedia girevole. Zhalia non sapeva dire se sudasse per il caldo - quanto caldo faceva quel giorno? Troppo, per essere aprile - o per la terribile schermata di cancellazioni e ritardi chilometrici che aveva davanti agli occhi.

La guardò quasi implorandola di portar pietà.

- Buongiorno. Ho bisogno di prendere una navetta per Milano Centrale.-

- Vuole anche prenotare il treno?-

- Sì. Devo andare a Venezia Mestre.-

L’operatore ticchettò un poco sui tasti.  

Infine, alzò lo sguardo su di lei e sembrò farsi piccolo piccolo nella sua sedia troppo stretta.

- Signorina, per Venezia Mestre c’è un treno Frecciarossa alle quattro di questo pomeriggio.-

Zhalia sbatté le palpebre per un momento.

No, non può essere reale. 

- Come sarebbe a dire alle quattro del pomeriggio?-

- Purtroppo ci sono state delle cancellazioni e l’unico treno disponibile è in ritardo di quarantacinque minuti. Anche prendendo la navetta adesso, immediatamente, è destinata a perdere comunque la coincidenza.-

Zhalia sospirò, esausta. Si vergognò ad ammettere che aveva bisogno di riposo, non tanto per il viaggio in sé, ma per quelle ore terribili che aveva passato in rotta tra Francoforte e Malpensa.

- Senta.- fece, cercando di mantenere la calma.- Comprendo la situazione, ma ho estrema necessità di raggiungere Venezia, in particolare Venezia Mestre, e di farlo in mattinata. Quindi, se conosce un qualsiasi altro modo per raggiungerla, per favore mi faccia il biglietto. O mi prenoti il passaggio. Insomma, mi faccia arrivare là. Per favore.- 

L’ometto la guardò con una certa empatia, quasi a ringraziarla per non averlo sbranato vivo, e prese a ticchettare di nuovo sui tasti.

- Senta, ho due soluzioni da proporle. Veda lei quale le può andare bene.-

Per farla breve, la giovane cercatrice aveva due alternative.

La prima era saltare sull’unica auto disponibile di una compagnia di noleggio con conducente e raggiungere Venezia Mestre, con la consapevolezza, però, che il servizio costava ben più di una corsa in taxi - il cui costo sfiorava i tre euro al chilometro - e considerato che tra Malpensa e Mestre c'erano circa duecentottanta chilometri significava spendere più di cinquecento euro.

Anche la disponibilità di fondi di Klaus ha un limite di budget, ed Alitalia non mi ha regalato i biglietti. 

La seconda, era prendere il taxi - ancora, l’unico disponibile - fino a Milano Porta Garibaldi. Da lì, sarebbe dovuta saltare su un treno di una compagnia chiamata Trenord, che l’avrebbe portata fino a Verona. Da lì, avrebbe dovuto prendere uno scomodissimo Flixbus che l’avrebbe scaricata a Venezia Santa Lucia, non a Mestre. 

Almeno, però, sarebbe stata a Venezia, forse anche più vicina di quanto avesse sperato.

Il tutto costava meno della metà.

- Vada per Flixbus.-

- Senta, io non dovrei dirlo, ma è sicura di volerlo fare?-

- Non ho alternative.-

- Deve essere davvero un’urgenza e la capisco. E’ una bella sfacchinata. Le dico anche che avrà a che fare con dei treni regionali, in particolare della compagnia Trenord. E’ consapevole di questo?-

Zhalia si chiese dove stesse l’inghippo, ma concluse di non avere tempo. Annuì più volte, pagò in contanti, prese i biglietti e se ne andò verso la stazione dei taxi, ticchettando sui tasti del telefono.

 

Scusa, Dante, sai per caso se c’è qualche problema con una compagnia chiamata Trenord?

 

Dante Vale sta scrivendo… comparve sullo schermo.

 

Perché Trenord? Non arrivi con le Frecce?

 

No, l’unico disponibile è alle quattro di questo pomeriggio.

Mi hanno dato un biglietto per una compagnia che si chiama Trenord. 

L’ometto alla biglietteria non sembrava molto convinto di volermelo vendere, però.

 

Il silenzio del telefono si fece stranamente inquietante e Zhalia ebbe un brutto, bruttissimo presentimento.

 

Se ti trovi persa, chiama. Ti vengo a prendere.

 

LA TANA DELLA TALPA

 

Buongiorno e bentrovati!

Ho ricominciato a guardare questo cartone poco tempo fa, dopo anni in cui, purtroppo, era finito nel dimenticatoio. Un vero peccato perché, al di là dei cliché che sono sempre presenti nei cartoni che abbiamo tutti guardato da bambini, era davvero un prodotto di qualità con tantissimo potenziale. 

Mentre il rapporto tra Lok e Sophie era sempre stato palese, quello tra Dante e Zhalia è sempre rimasto sullo sfondo. Come è anche giusto che sia, data la maturità e l’età. 

Mi ero sempre chiesta che cosa fosse successo in quella missione menzionata casualmente da Guggenheim nell’episodio 1x04. Non ho le conoscenze né la fantasia per addentrarmi nei dettagli della saga e del cartone, ma ne ho abbastanza da immaginare che cosa sia successo prima di quella missione. Questa e la mia versione dei fatti, un piccolo prodromo romantico che spero servirà a riempire un vuoto. 

Sperando che vi piaccia, vi auguro buona lettura.

E che non me ne vogliano Alitalia - o ciò che resta di essa - né Trenitalia, come Trenord e Flixbus. La situazione descritta è volutamente paradossale.

E poi, andiamo. Siamo italiani. Sappiamo tutti come funziona.

Ah, e nemmeno i Giapponesi. Giapponesi che state leggendo, non ve la prendete. Io amo il Giappone. Chi viene dalle città d’arte sa, però, come funzionano certe gite organizzate e i veri e proprio tour de force che i malcapitati devono fare.

Quindi, tutta la mia solidarietà. 

Vostra,

 

Molly.

  
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