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Autore: observer90    29/05/2023    0 recensioni
Song-fic ispirata alla canzone tagliata dal live-action "Desert Moon", Jasmine e Aladdin si ritrovano a confrontarsi con ciò che il mondo pensa di loro: un sultano donna e un principe straccione. Si renderanno conto che insieme possono affrontare qualunque avversità, al sicuro l'una nelle braccia dell'altro.
Dal testo:
"Gli sembrava di essere sul tetto del mondo, lì in quel momento insieme a Jasmine.
Le sue labbra bagnate dalle lacrime erano il suo porto sicuro, esattamente come la luce guida della luna protagonista della canzone che conoscevano da bambini. Una canzone che tutti i bambini di Agrabah conoscono, ma che per loro due aveva un significato diverso, più profondo.
Era la loro promessa di ritrovarsi, sempre e comunque. E Jasmine gli aveva fatto ritrovare la strada di casa, lo aveva riportato da lei, al sicuro e al caldo tra le sue braccia.
Certo, non sarebbe stato facile. Quasi nessuno a palazzo avrebbe cambiato idea su Aladdin e sulle sue origini. Ma avrebbe continuato, fino alla fine, a lavorare sodo e ad impegnarsi per essere un buon principe. Non per essere degno di Jasmine, ma per farla risplendere esattamente come lei faceva risplendere lui."
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aladdin, Jasmine, Sultano
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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DESERT MOON

 

 

 

 

When the shadows unfold
When the sun hides its gold
When the wind and the cold come calling
When the path isn't clear
And the stars disappear
As an endless midnight's falling

 

Il tramonto tardò ad arrivare quel giorno, ma non appena le ombre furono calate su una Agrabah tutt’altro che sonnecchiante, Jasmine poté tirare un gigantesco sospiro di sollievo.

Era stata una giornata dura, davvero molto molto dura.

Non che ci fosse qualche eccezione a questa routine, d’altronde era questa la vita di un sultano. E il fatto che, per la prima volta nella storia di Agrabah il sultano fosse una donna, rendeva i doveri molto più impellenti e incessanti, in quanto era indispensabile dimostrare le proprie capacità governative ai regni alleati vicini.

Solo che, ultimamente, in mezzo a montagne di scartoffie da leggere e firmare, leggi da approvare e nobili dignitari da ricevere durante il giorno, Jasmine sentiva che il tempo da trascorrere insieme ad Aladdin le scivolava via come sabbia tra le dita.

Certo, lui di questo sembrava non crucciarsene particolarmente, anzi, ogni volta che Jasmine tentava di scusarsi per lo stretto tempo che poteva dedicargli le sorrideva con amore e le dava un bacio sulla tempia, rassicurandole che lei non aveva alcuna colpa.

«I doveri di un sultano vengono prima di ogni cosa» le ripeteva, comprensivo.

«Non prima di te, però» rispondeva Jasmine, con una tristezza nella voce tale da spingere il neo principe consorte a stringerla tra le braccia.

«Abbiamo tutta la vita davanti, noi due insieme» le sussurrò tra i capelli.

«Noi due insieme» gli fece eco Jasmine, lasciandogli un bacio sulle labbra per poi essere immediatamente richiamata da Hakim, che le ricordò l’incombere dell’ennesimo importante impegno.

A distrarla, anche solo per brevi attimi, dal pensiero di Aladdin contribuivano soprattutto gli sguardi dei visir durante le riunioni del consiglio, ore durante le quali ciò che Jasmine udiva con maggiore frequenza erano commenti ben poco lusinghieri nei suoi confronti.

«Vostra Maestà è una donna, certamente non può comprendere questo tipo di dinamiche»

«Col permesso di Vostra Maestà, dovete rendervi conto che una donna come sultano desterà molti sospetti fra i nostri alleati, per non parlare dei nostri nemici»

La cosa peggiore non era ascoltare quei commenti, perché Jasmine sapeva sin dall’inizio che ci sarebbero state ritorsioni riguardo la sua nomina a sultano. Ma ciò che la infastidiva di più erano le insinuazioni dei visir circa il fatto che baba l’avesse designata sultano più per affetto che non perché, al contrario, ne aveva riconosciuto le qualità e le abilità.

Si era confidata con suo padre sulla questione, in uno dei rari momenti di intimità fra padre e figlia (Jasmine era sempre più grata per il tempo che poteva ancora trascorrere insieme a baba), ma il vecchio sultano con un sorriso l’aveva invitata a non preoccuparsi.

«Tu sai che ho visto in te una luce, piccola mia. Non lasciare che queste insulse chiacchiere possano spegnerla»

«Ci proverò, baba. Ma è molto difficile, nessuno di loro ha fiducia in me o crede che io possa farcela»

«Io credo in te, Jasmine e ho assoluta fiducia nelle tue capacità e nelle tue scelte. Sarò al tuo fianco ogni giorno, per sempre»

Con un nodo alla gola e la vista appannata dalle lacrime, Jasmine lasciò che il padre l’avvolgesse in un abbraccio, «Grazie di cuore, baba»

 

 

At the edge of the sky
There's a moon hangin' high
When you're lost, it'll try to remind you

 

 

L’arrivo della sera per il principe consorte Aladdin, al contrario, significava studio matto e disperato. Era infatti durante la notte che si chiudeva nella biblioteca del palazzo, chino su pile infinite di giganteschi tomi polverosi: non voleva certo far sfigurare sua moglie il sultano, e desiderava ardentemente sapere ogni cosa sul lignaggio reale e i precetti amministrativi del regno, la storia di Agrabah e ciò che si trovava ai confini di essa.

Quando era stato ufficialmente nominato principe da Jasmine, Aladdin si era di colpo ritrovato nel turbine burrascoso dei visir che intendevano fare di lui il perfetto principe consorte del primo sultano donna nella storia di Agrabah. E affinché ciò fosse possibile, era di vitale importanza accertarsi che il ragazzo avesse una cultura e una preparazione adeguati al ruolo che gli sarebbe spettato in futuro, al fianco della sultana Jasmine.

Aladdin era andato a scuola da bambino, ma solo per pochi anni, fino alla morte di sua madre; dopodiché l’istinto di sopravvivenza aveva preso il sopravvento sulla sua istruzione, facendo di lui un giovane ladro provetto. Pertanto, negli ultimi anni non gli era mai capitato di tenere un libro fra le mani, ovviamente sapeva leggere ma era piuttosto inesperto nella lettura di intere pagine scritte con grafie minuscole e strette.

Non gli pesava trascorrere tutte quelle ore del giorno (e specialmente della notte) a studiare, perché lui stesso voleva rendersi degno di Jasmine e del ruolo che era chiamata a rappresentare. No, la cosa peggiore era ritrovarsi ad ascoltare i sussurri concitati dei visir che parlavano di lui (il suo udito da ladro era così ben affinato da risultargli praticamente impossibile non sentire quel tipo di conversazioni).

«Il ragazzo si sforza, ma temo sarà impossibile per lui arrivare al livello della nostra sultana»

«Possiamo essere di certo pazienti con lui, comprensivi magari, ma…»

«Ma è certo che il ragazzo viene dalla strada, e un ratto di strada non può diventare dal nulla un principe»

«Questa poi! Un sultano donna e uno straccione come principe consorte! Mi chiedo come sarà il futuro del nostro regno in queste condizioni»

Quando parlavano di Jasmine in quel modo, Aladdin sentiva il sangue ribollirgli pericolosamente nelle vene. Chiudeva le mani a pugni per trattenersi dal rispondere ai visir, dall’urlare loro contro che Agrabah nelle mani di Jasmine avrebbe prosperato come mai prima d’ora.

Ma non poteva sbottare in quel modo con i visir. Non poteva dar loro la soddisfazione di vederlo perdere il controllo e avere così la prova concreta della sua inadeguatezza.

Al contrario, doveva dimostrare loro di essere più forte, di essere intelligente e capace.

Doveva essere più scaltro di quanto non lo fosse mai stato, lavorare sodo e impegnarsi a fondo, per far chiudere il becco a quegli stupidi.

Così, durante la notte, sgattaiolava silenzioso fuori dalla camera da letto sua e di Jasmine, e si chiudeva in biblioteca fino alle prime luci dell’alba, in modo che la moglie non si accorgesse della sua assenza una volta svegliatasi.

 

 

On a dark desert night
You can look to the light
'Cause it's shining there to find you

 

Quando Jasmine si svegliò era ancora notte fonda, la luna splendeva alta in cielo lasciando che i suoi raggi sottili e perlacei attraversassero le tende del balcone della camera.

Allungò una mano verso il lato di Aladdin, e quando lo trovò vuoto spalancò gli occhi di colpo. Lui non c’era.

Si sollevò, mettendosi seduta e aguzzando la vista nella penombra della camera per accertarsi che fosse lì.

«Aladdin?» chiamò con voce flebile, impastata dal sonno ma tremante di paura.

Lo chiamò un altro paio di volte, prima di rendersi conto che non era lì.

Col cuore in gola, Jasmine si alzò dal letto e afferrò la vestaglia appesa lì accanto. Accese una lanterna e uscì dalla stanza cercando di fare il meno rumore possibile.

Dove poteva essere? Di certo non con il Genio, che era da poco partito insieme a Dalia subito dopo il loro matrimonio. E nemmeno con Tappeto e Abu, che a quanto risultava dagli ultimi tempi erano soliti starsene in giardino per ore e ore, sdraiati in mezzo alle palme e circondati da prelibatezze di ogni tipo (Abu si ingozzava sotto lo “sguardo” severo di Tappeto) per poi cadere in un sonno così profondo da non riuscire a svegliarsi nemmeno con le fanfare di palazzo.

No, doveva essere accaduto qualcosa. Altrimenti Jasmine non riusciva a spiegarsi quell’assenza così improvvisa e, specialmente, nel cuore della notte.

Percorse corridoi infiniti, facendosi luce con il bagliore dorato della lanterna che gettava ombre sinistre sulle pareti e sugli arazzi (da bambina adorava esplorare il palazzo di notte, nonostante i rimproveri di suo padre), fino a quando non giunse davanti alla porta socchiusa della biblioteca, da cui proveniva una luce flebile.

Spinse piano l’uscio con la mano libera, e il rumore provocato da quel movimento si espanse sinistro per tutto il corridoio, ma lei non ci fece troppo caso. Entrò a passo svelto per non essere scoperta dalle guardie e chiuse delicatamente la porta.

In mezzo a tutti quegli alti scaffali colmi di libri di ogni argomento e dimensione, su una delle tre grandi scrivanie in mogano era chino Aladdin, addormentato con il viso schiacciato su un foglio di pergamena e le braccia appoggiate su pile di libri aperti. Una serie di candele stavano posizionate ai lati del tavolo, consumate e ormai spente. L’unica fonte di luce era la luna, ormai alta nel cielo nero, che faceva capolino dall’ampia finestra della biblioteca.

Jasmine rimase immobile dallo stupore. Non aveva minimamente pensato al fatto che Aladdin potesse trovarsi lì, chiaramente nel bel mezzo di una intensa sessione notturna di studio. Lo capì anche esaminando i libri aperti accanto alla figura dormiente del marito: nozioni di strategia militare, economia e amministrazione.

A dire la verità, pensandoci in quel momento Jasmine neanche aveva riflettuto su come il marito trascorresse il tempo mentre lei era completamente immersa nei suoi doveri reali. Adesso, quella scena accanto a lei, rendeva tutto più chiaro.

 

Desert moon light the way
'Til the dark turns to day
Like a lamp in the lonely night
Bright and blue

 

Fu una specie di fruscio a svegliarlo, come se qualcosa di delicato gli stesse sfiorando i capelli fino a fargli schiudere lentamente le palpebre.

Come dentro ad un sogno si rese conto che Jasmine era china su di lui, una mano intenta ad accarezzargli i capelli, e quel suo viso, così bello e splendente sotto la luce chiara della lanterna, era pochi centimetri di distanza dal suo. Ci mise qualche frazione di secondo a capire che non si trattava affatto di un sogno.

Colto da un improvviso disagio, Aladdin si sollevò di scatto, provando a balbettare qualcosa (nonostante non avesse la minima idea di cosa dire per giustificare la sua presenza lì a quell’ora della notte), e tentò suo malgrado di sistemare i numerosi fogli di pergamena sparsi lì in giro, chiudendo di scatto i libri che aveva preso quella sera e finendo così per rovesciare su di essi dell’inchiostro fresco.

Era così mortificato da non rendersi nemmeno conto di un sottile foglio di pergamena appiccicato alla sua guancia destra.

«Jasmine, io… mi dispiace, non…»

«Aladdin, va tutto bene»

«No, non va tutto bene. Io…» non riusciva a guardarla, non poteva guardarla in faccia senza leggerne preoccupazione, sconvolgimento, tristezza o peggio: commiserazione e rimpianto. Possibile rimpianto di aver scelto lui. No, non doveva pensarci, quelli erano solo dei pensieri intrusivi.

La mano di Jasmine si posò sulle sue imbrattate di inchiostro e tremanti per la vergogna.

«Aladdin, puoi dirmi cosa ci fai qui?» gli domandò, con una dolcezza tale da farlo stare ancora più male, «Da quant’è che vieni qui?»

«Solo un paio di settimane» mentì Aladdin, sentendo improvvisamente tutto il peso di notti insonni che lo accompagnavano da circa due mesi ormai.

Ma Jasmine doveva aver colto la sua bugia, perché quando sollevò gli occhi per guardarla, lei lo osservava con quel suo tipico cipiglio duro e implacabile, «Abbiamo promesso di dirci sempre tutto, quindi per favore non mentirmi»

Aladdin rimase spiazzato, Jasmine riusciva a leggergli dentro come un libro aperto, sfogliandone le pagine con esperta e sapiente cura. Nessuna meraviglia che proprio lei gli avesse rubato il cuore, riponendolo saldamente accanto al proprio.

La amava così tanto, e con una intensità spaventosa che a volte gli sembrava di non respirare quando lei non c’era.

«Andiamo via da qui» disse Jasmine, vedendolo così zitto e mortificato, «Andiamo a svegliare Tappeto»

 

Desert moon, wild and free
Will it burn just for me?
Shine down, shine down
'Til I find my way to you

 

 

Tappeto li fece sfrecciare nella frizzante aria notturna, fino a condurli sul ciglio di una piccola scogliera. L’odore di salsedine solleticò le narici di Jasmine, facendo sorgere sulle sue labbra un piccolo sorriso: sin da bambina aveva sempre amato il mare, l’oceano per lei era sinonimo di libertà assoluta, la porta su mondi e terre sconosciute, tutte da esplorare.

Ma la sua attenzione, in quel momento, era tutta per Aladdin che durante il tragitto era stato stranamente silenzioso.

«Non è bellissimo qui?» gli disse Jasmine, prendendogli la mano e poggiando la testa sulla sua spalla, «Guarda la luna, è piena stanotte. Guarda come la luce si riflette sull’oceano, sembra una scia di diamanti sul pelo dell’acqua...»

«Jasmine» la voce di Aladdin era molto più bassa del solito, così priva del solito calore di cui era caratterizzata che Jasmine sobbalzò accanto a lui, «Perché mi hai portato qui?»

«Abbiamo tutti e due bisogno di respirare un po’ di libertà. Ci stanno tutti col fiato sul collo»

Aladdin si voltò a guardarla, pareva incredulo e risentito allo stesso tempo.

«Di cosa stai parlando?»

«Mi dispiace di non aver capito quanto i visir ti stessero addosso ultimamente» disse Jasmine affranta, «Avrei dovuto fare subito qualcosa, avrei dovuto aiutarti»

«Hai già tante cose a cui pensare»

«Ma tu sei mio marito»

«Resto pur sempre uno straccione. Se voglio essere alla tua altezza, devo adattarmi e impegnarmi sodo»

«Alla mia altezza? Ma di cosa parli? Perché dici questa cosa?»

Aladdin rise, ma Jasmine capì con dolore che era una risata priva di gioia: trasudava frustrazione, rammarico. Forse, persino paura.

«Jasmine, io… io sono un ratto di strada, uno straccione. I visir in fondo non hanno tutti i torti! Come posso pensare di essere degno di una principessa, figuriamoci di una sultana!» si alzò in piedi di scatto, e Jasmine parve avvertire improvvisamente freddo, lontana come si trovava ora dalle sue braccia, «Non ho niente da offrirti! Non sono altro che un ladro e un bugiardo!»

«Questo non è vero. Non parlare di te in questo modo» ribatté con forza Jasmine, alzandosi anche lei in piedi per trovarsi faccia a faccia con Aladdin.

Lui inspirò profondamente, prima di rispondere «È la verità. Ti ho mentito fingendo di essere un principe, e per colpa mia Jafar è stato ad un passo dal prendere il potere»

«Ma è tutto finito, ormai. Jafar è stato sconfitto, e io ti ho perdonato. Anche baba ti ha perdonato»

«Resta il fatto che sono uno straccione»

«Per me non conta da dove provieni»

«Per i visir sì»

«Io sono il sultano, e il mio parere conta più del loro» replicò Jasmine a denti stretti. Aveva lo stomaco annodato per la rabbia e la delusione cocente di non aver prestato più attenzione a come Aladdin era stato trattato dal resto del palazzo, esclusi lei e suo padre. Per quanto il vecchio sultano e la nuova sultana mostrassero con energia il loro apprezzamento nei confronti del principe consorte, non si poteva certo dire lo stesso del consiglio dei visir. Per non parlare del personale delle guardie, che si ritrovavano adesso a servire colui al quale avevano dato la caccia per anni.

Aladdin le diede le spalle, e Jasmine non poté più osservargli il viso anche se percepiva esattamente il suo avvilimento. D’altronde, anche lei si era sentita così solo alcuni giorni prima. Lei aveva baba a consolarla, a sostenerla durante quel difficile percorso di cambiamenti che sì, avevano piegato il secolare equilibrio di Agrabah, ma che sarebbero stati il segno tangibile dell’avvicinarsi di un nuovo futuro.

E sì, il futuro faceva paura, era pieno di incertezze e per questo spaventoso. Ma era anche l’unica speranza di rendere il regno un posto migliore di come era stato negli ultimi anni sotto il potere dispotico di Jafar.

Jasmine gli osservò la schiena, forte e ampia come le spalle, e lo abbracciò da dietro sperando con tutto il cuore che Aladdin percepisse l’amore sconfinato che provava per lui.

«La prima volta che siamo usciti con Tappeto, mi hai fatto capire che potevo essere libera di seguire i miei sogni. Lo stesso vale per te. Non lasciare che queste insulse chiacchiere possano spegnere la luce che ho visto in te»

Un tremore sottile parve circondare le braccia di Aladdin, e Jasmine proseguì.

«Non devi dimostrare niente a nessuno, tanto meno a me. Tu sei la persona migliore che abbia mai conosciuto in vita mia, nessuno più di te è degno di stare al mio fianco»

Aladdin si voltò e Jasmine non si preoccupò di nascondere le lacrime che copiose scendevano sul suo viso, salate quanto la schiuma di mare che schizzava accanto a loro in mezzo agli scogli.

«Ho scelto te perché ti amo. Dal momento in cui mi hai preso la mano, quel giorno al mercato, e ho visto nei tuoi occhi la bellezza che ti porti dentro. E quando non sei accanto a me, sento il bisogno di vederti, di sentirti ridere, di parlare con te. Per questo non posso stare senza averti accanto»

Si accorse di stare tremando solo quando Aladdin la prese tra le braccia, lacrime sottili colavano anche sulle sue guance, lucenti sotto il bagliore perlaceo della luna.

«Jasmine» la chiamò, un sussurro leggero come il vento. Non disse nient’altro, e Jasmine gli prese il volto tra le mani, sporgendosi per baciarlo.

 

At the edge of the sky
There's a moon hangin' high
When you're lost, you can try the view

 

Gli sembrava di essere sul tetto del mondo, lì in quel momento insieme a Jasmine.

Le sue labbra bagnate dalle lacrime erano il suo porto sicuro, esattamente come la luce guida della luna protagonista della canzone che conoscevano da bambini. Una canzone che tutti i bambini di Agrabah conoscono, ma che per loro due aveva un significato diverso, più profondo.

Era la loro promessa di ritrovarsi, sempre e comunque. E Jasmine gli aveva fatto ritrovare la strada di casa, lo aveva riportato da lei, al sicuro e al caldo tra le sue braccia.

Certo, non sarebbe stato facile. Quasi nessuno a palazzo avrebbe cambiato idea su Aladdin e sulle sue origini. Ma avrebbe continuato, fino alla fine, a lavorare sodo e ad impegnarsi per essere un buon principe. Non per essere degno di Jasmine, ma per farla risplendere esattamente come lei faceva risplendere lui.

 

 

'Cause it waits for you there
And if you see it too

 

«Avevi ragione» le sussurrò dopo, seduti sulla scogliera, stretti l’uno all’altra e avvolti dal calore di Tappeto che si era offerto di ripararli dal vento che soffiava dall’oceano, «La luna è bellissima stasera»

Lei si strinse maggiormente a lui, che le lasciò un bacio tra i capelli. Tutto sembrava cullarla verso un sonno profondo, al sicuro tra le braccia di Aladdin e con la volta celeste sopra le loro teste.

La voce di Aladdin si fece spazio nelle orecchie di Jasmine, intonando gli ultimi versi della canzone che entrambi conoscevano sin da bambini. Sorrise al pensiero che quella stessa luna, in quel preciso istante, vegliava su di loro come una promessa di felicità.

Felicità perché adesso erano insieme, e niente li avrebbe separati mai più.

 

 

I can find my way
I can find my way
I can find my way to you

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota dell’Autrice: Non posso credere di essere riuscita a scrivere questa shot, che era rimasta a fare la polvere nel mio block-notes da quasi tre anni. Incoraggiata dalla visione del live action della Sirenetta al cinema (film meraviglioso, stupendo e onestamente non me lo aspettavo così bello), mi sono messa a spulciare tra i progetti a lungo abbozzati e mai realizzati, e ho trovato questa. Era un idea che faticavo a sviluppare, forse perché inizialmente doveva avere più capitoli, forse perché il tempo passava e non mi sentivo più così ispirata come nel 2019. Sta di fatto che, finalmente, mi sono rimboccata le maniche e ho tirato fuori qualcosa che mi soddisfa pienamente, al punto da farmi emozionare tantissimo.

Ne è passato di tempo prima di far combaciare tutti i pezzi, ma ne è valsa assolutamente la pena.

P.S. La shot è una song-fic ispirata chiaramente alla canzone Desert Moon, brano che venne tagliato dal film ma che è possibile ascoltare su Youtube (brano bellissimo). La canzone mi è stata d’ispirazione per la storia sin dal momento in cui l’ho progettata, e sono contenta di vedere il risultato che ho ottenuto.

   
 
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