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Autore: aelfgifu    30/05/2023    0 recensioni
Théoden, re di Rohan, si reca nell’Estfalda per prendere con sé i nipoti rimasti orfani.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Eomer, Eowyn, Theoden, Theodred
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Una nuova casa 
 

Aldburg, Estfalda, estate del 3004 T.E. 

 

Eccoli comparire sulla soglia, con la governante al loro fianco e i due soldati di scorta due passi indietro, armati di lancia. Un ragazzino di circa tredici anni, ben piantato e dagli occhi allegri, e una bambina esile, dallo sguardo indagatore. Entrambi con i capelli color del lino di Théodwyn, ma il ragazzino ha tutta la faccia e l’espressione di suo padre. Scendo da cavallo, lasciando le redini al mio attendente, e m’incammino su per i gradini. Non appena siamo ad altezza d’occhi, il ragazzino piega il ginocchio, la governante fa una riverenza, imitata goffamente dalla bambina, i due soldati si irrigidiscono nel saluto. 

“Benvenuto ad Aldburg, mio signore” articola il ragazzino scandendo le parole e a voce sostenuta. Sa che, in qualità di padrone di casa, i saluti formali spettano a lui. 

“Ben rivisto, Éomer” lo saluto. “È passato un po’ di tempo dall’ultima volta!”

“Sì, signore” risponde lui. E mi presenta la bambina: “Questa è mia sorella. L’ultima volta che siete stato qui era troppo piccola e non può ricordarsi di voi”.  “Benincontrata, Éowyn” mi inchino. “Io sono lo zio Théoden”. 

“So chi siete, mio signore, anche se non mi ricordo di voi” risponde la piccola con dignità. 

“Mio signore” interviene la governante “la mia signora mi ha lasciato delle istruzioni che devo riferirvi. Quando vorrete…” 

“Ne parliamo più tardi”. Ora c’è un’incombenza più urgente. “Éomer, Éowyn, volete portarmi dalla mamma?” 


***

La loro mamma riposa su un’altura, nei pressi di un’ansa del fiume. 

“Da qui, nelle giornate serene, lo sguardo può spaziare fino a Edoras” dice la governante, Heahburg. (Ho sentito i bambini chiamarla per nome). 

Lei e Éowyn hanno raccolto gigli selvatici per la mamma. Éomer, da bravo futuro capo, è fermo a testa china davanti alla sepoltura e cerca di tenere un atteggiamento composto e dignitoso.

“Non ha sofferto, mio signore” prosegue Heahburg. “Dalla morte del mio signore Éomund era andata spegnendosi un poco ogni giorno. Così… come una fiamma che oscilla al vento, si piega e viene meno…”

La mia sorellina piccola. La governante ha le lacrime agli occhi: c’è qualcuno che ha conosciuto Théodwyn e non le ha voluto bene? Era come il vento di primavera quando increspa i prati del Mark.

“È stato difficile per i bambini, immagino…” “Sono stati coraggiosi”. “Alla loro età non bisogna essere coraggiosi, bisogna poter piangere e avere qualcuno che ci consoli”. Penso a mio figlio, che non ha nemmeno conosciuto sua madre, e intanto 

li osservo: il ragazzino che ha fretta di fare l’uomo e la bambina che dispone gigli sul tumulo. 

“Bambini, volevo dirvi che la mamma vi ha affidato a me” incomincio. 

“Io non sono un bambino” protesta Éomer. È tutto suo padre: dalla faccia al tono della voce. Éowyn non dice niente, ma guarda alternativamente me e Heahburg, in attesa di capirci qualcosa. 

“Vi porto con me a Edoras” chiarisco. “Là c’è anche vostro cugino. Starete con me e lui; ma quando sarete più grandi se vorrete potrete tornare qui ad Aldburg, a casa vostra”.

“Bugga viene con noi?” 

La domanda, inaspettatamente, non viene da Éowyn, ma dal fratello. 

“A Edoras troverete tante altre governanti, ma sì, Bugga può venire con noi, se lo desidera”. 

Éowyn corre ad abbracciare le gambe della sua amica. 

 

***

 

Heahburg mi ha raccontato gli ultimi giorni di mia sorella, le sue disposizioni circa i ragazzi. 

“È suo desiderio che Éowyn impari le arti della guerra, come suo fratello”. 

“Questo non è da Théodwyn”. 

“Forse la mia signora non era più quella che voi conoscevate. Qui a est guardiamo in faccia il pericolo ogni giorno…” 

“Già, probabile”.

“La mia signora Théodwyn desiderava anche che i bambini imparassero a leggere e scrivere, come i signori di Gondor”. “Troveremo qualcuno per loro”.

“E devono imparare la storia del loro popolo”. 

“A questo penserà il mio Gléowine”. 

“Gléowine è quell’uomo che va in giro con un’arpa ad armacollo?” 

“Sì. È il più grande esperto di tradizioni del Mark. Lo porto con me dovunque vada”. 

“Éowyn dovrà imparare anche le buone maniere e le lingue straniere. La mia signora diceva che la nostra principessina un giorno sposerà un signore di Gondor e dovrà essere all’altezza del compito”.

“Addirittura!” 

“Ed Éomer, naturalmente, sposerà una principessa del Sud”. 

“Éomer ti è molto legato”.

"Perché gli racconto le storie prima di andare a dormire”.

 

***

 

Nel viaggio verso Edoras i miei nipoti si sono fatti subito amare da tutti. Éomer è diventato amico dei cavalieri della guardia, cavalca con loro, ascolta rapito le loro storie e le loro canzoni e beve la birra che gli passano dalle loro borracce quando la governante non vede. La sera Gléowine siede accanto al fuoco, sfila l’arpa dalla sua custodia, pizzica sulla corda e inizia a cantare di Eorl il giovane, del suo Felaróf e della battaglia dei Campi del Celebrant, di quando salvammo il regno di Gondor. “Lo sai, principe, che la tua patria è il primo territorio che i Rohirrim abitarono, e Aldburg fu la loro prima città? Fondata dal nostro signore Eorl in persona!” 

Éomer arrossisce a sentirsi chiamare principe e vuole che lo chiamino per nome. Forse dovrà imparare qualcosa di più sul suo rango, ma un principe che desidera essere chiamato col suo nome, per principio, è meglio di uno che viene apostrofato per nome e vuol essere chiamato principe. 

Éowyn è tutta timidina e rimane attaccata alle gonne di Heahburg per tutto il tempo, ma con la sua serietà di bambina ha conquistato gli uomini, che spesso le regalano un fiore o improvvisano giochi di prestigio per stupirla.  Anche lei s’incanta ad ascoltare Gléowine. 

“Non avevate un cantore ad Aldburg?” chiedo alla governante. 

“Avevamo Déor: conosceva bene le storie dei nostri antenati. Ma i bambini non rimanevano mai alzati fino a tardi, raramente avevano occasione di ascoltarlo”. 

Questa mattina, mentre cavalcavo accanto al carro delle donne, Éowyn, seduta vicino al conducente, mi ha rivolto un sorriso interrogativo:

“E così fu il nostro signore Eorl, tanto tempo fa, a salvare Gondor?” 

“Già. Fummo noi Rohirrim a salvare il potente regno del Sud; e i signori di Gondor in cambio ci concessero quella che oggi è la nostra patria”. 

“Era molto valoroso il nostro signore?” 

“Molto”. 

“Vorrei essere come lui”. 

 

***

 

Al terzo giorno, mentre il sole si avvia a toccare il punto più alto, arriviamo in vista di Edoras. I bambini osservano a bocca aperta lo sfolgorare d’oro che si presenta ai loro occhi. “Quelli che vedete brillare al sole sono i tetti di Meduseld, il mio palazzo” spiego loro. “Casa vostra, da oggi”.  

E così entriamo in città dalla porta principale, mentre le guardie s’inchinano al mio passaggio. E quale non è la sorpresa di Éomer ed Éowyn quando Háma, il mio maestro di casa, li riceve davanti al portone di Meduseld sfavillante d’oro, che si apre rivelando la grande sala piena di colonne come una foresta di alberi, con grandi arazzi che pendono dalle pareti. I due bambini guardano all’insù, sul pinnacolo più alto del tetto, dove garrisce il cavallo bianco in campo verde - sembra un cavallo vero che corre su un prato vero. 

Ci viene incontro Théodred, in tenuta leggera: non porta elmo né lancia. 

“Ben tornato, mio signore” dice, ergendosi in tutta la sua statura. Poi si china lievemente, i palmi delle mani posati sulle ginocchia, e dall’alto saluta i cugini: “Benvenuti, bambini, io sono Théodred”. 

“Io non sono un bambino!” brontola Éomer. 

“Ti chiedo scusa, mio signore Éomer” risponde immediatamente mio figlio, ridendo sotto i baffi “e anche a te, mia signora” e omaggia Éowyn di un bellissimo inchino. È sempre stato così solo in questo grande palazzo, senza fratelli, senza amici della sua età. La presenza di questi bambini lo rallegra, si comprende dal tono della sua voce.

“Io sono piccola, puoi chiamarmi Éowyn” replica Éowyn con dignità.

  
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