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Autore: Vincentpoe    01/06/2023    0 recensioni
candidato alla raccolta "racconti storici 2023" by historica edizioni.
Governolo, regno di Mantova, 1526: le truppe di Carlo V stanno scendendo l'italia per mettere sotto assedio la città di Roma. Una schiera di migliaia di uomini rivestiti di acciaio e con moschetti si riversa nelle pianure, ma sbarrano loro le strada un esercito di soldati dalle armature nere come il carbone, guidate dal più grande condottiero dell'epoca.
Genere: Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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LA MORTE DI GIOVANNI DALLE BANDE NERE

Governolo, regno d Mantova, 1526. Era la vigilia della grande battaglia, e lo scrittore Pietro Aretino si aggirava per le tende dell’accampamento; lì i soldati bevevano, attorno al fuochi, giocavano d’azzardo e si abbandonavano a piacevoli compagnie, poiché molti di loro non avrebbero visto l’alba del giorno dopo, e questa sarebbe potuta essere la loro ultima notte di divertimento, prima di finire al camposanto. Aretino evitò con passo svelto soldati ubriachi, cortigiane lascive scazzottate tra cavalieri, per giungere alla grande tenda al centro dell’accampamento. Davanti alla tenda lo attendeva Lucantonio Cuppano, il secondo in comando nel reggimento, seduto con le braccia poggiate sulle ginocchia, mentre affilava la sua spada.

-I soldati stanno dando sfogo ai loro istinti- commentò Aretino.

-Meglio, domani il morale sarà alto, e finiranno nella tomba con il cuore più leggero- replicò Lucantonio. Aretino si sedette accanto a lui, e sfogliò i suoi appunti, vedeva con la coda nell’occhio un’ombra girare dentro la tenda.

-Non dovrebbe scendere in battaglia, domani- disse lo scrittore, puntando lo sguardo alla tenda.

-Lo conosci bene ormai, non c’è modo di farlo desistere da una campale, e questa è la battaglia che cambierà i regni d’Italia per come li conosciamo ora- disse Lucantonio, controllando il filo della sua spada.

-Lo so, ma la ferita che ha ricevuto alla gamba sembra seria, se si riaprisse durante lo scontro sarebbe la fine per lui- replico Pietro.

- E allora avrebbe finalmente coronato il suo sogno: morire sul campo di battaglia, come un cavaliere, dopo aver combattuto per un nobile ideale. E’ inutile che insisti Pietro, anche senza braccia, cieco e storpio, domani egli sarà in prima linea. Ora silenzio, il cerusico ha finito- e si alzò, andando incontro ad un frate curatore che era appena uscito dalla tenda.

-Allora, come sta padre- chiese Lucantonio

-Il cerusico che lo ha operato aveva fatto un lavoro superbo, io mi sono solo assicurato che la ferita non andasse in gangrena- replico il monaco –Starà bene, ho visto quella luce che arde negli occhi di questo condottiero, e la sua missione è benedetta da Dio e dal Papa- commentò il cerusico, per poi congedarsi.

I due uomini entrarono quindi nella tenda, e di fronte a loro si stagliava un giovane sui ventinove anni, , con un impiastro sula gamba destra, e nei occhi bruciavano due fiamme di puro furore; dietro di lui, stava appesa un’armatura nera come la notte.

-Mio signore, come ti senti?- chiese Lucatonio chinando il capo in segno di rispetto. Il condottiero si avvicinò ai suoi compagni, e mise le mani sulle loro spalle: - Oggi, noi faremo cadere l’ira di Dio sull’esercito di Carlo V - commento Giovanni dalle bande nere.

 

Il condottiero Georg von Frundsberg si gongolava nel guardare la potenza del suo esercito: un’armata di Lanzichenecchi, mercenari al servizio dell’imperatore su cui domini non cala mai il sole; i falconetti erano stati sistemati dietro a delle barricate di mattoni, degli agili e modernissimi pezzi di artiglieria inviati dal duca di Ferrara per sancire un’alleanza con l’imperatore. Milano si era arresa e Mantova aveva lasciato passare l’esercito, ora restava solo Roma, la sede del Pontificato, il cui papa, Clemente VII, aveva sancito una triste alleanza con i nemici dell’impero; nulla poteva fermarli.

Ma improvvisamente uno dei suoi soldati diede l’allarme, e Von Frundsberg si gettò di corsa a vedere quale stolto stesse provando a sfidarlo. All’orizzonte sventolavano dei lunghi vessilli neri come la notte senza stelle, e un esercito di cavalieri dall’armatura altrettanto nera si affacciava dalla collina

“Non è possibile” penso il condottiero “non lui” mentre l’esercito di Giovanni dalle bande nere si appropinquava.

 

Secondo tradizione, i due condottieri dovevano incontrarsi, per stipulare le condizioni della battaglia, ma Von Frundsberg tremava di fronte quella figura leggendaria, protagonista di mille battaglie tanto che, una volta risposto al saluto di giovane, generale imperiale si accasciò, vittima di un terrore incontrollabile. I lanzichenecchi videro il morale infrangersi nel constatare la paura del loro anfitrione, mentre le Bande nere sogghignavano, e Pietro Aretino commentò come l’aria umida dell’Italia non facesse bene a Georg Von Frundsberg.

Entrambi comandanti tornarono ai loro rispettivi eserciti, ma Von Frundsberg si ritiro nella retroguardia, lasciando ai suoi sottoposti il comando, mentre Giovanni era alla testa delle sue bande nere, e alzando la sua spada disse –uomini, è il momento di far cadere la notte sull’impero dove non tramonta mai il sole-.

Vennero lanciati numerosi assalti dalle bande Nere al nemico: per otto volte i cavalieri sono respinti e per otto volte tornano all’attacco, e Giovanni, da solo, sembrava fare più danni di tutto il suo esercito messo assieme; il coraggio e il valore dei Neri sono inattaccabili, e Giovanni dà prova di essere davvero il più grande condottiero della sue epoca; ma il tempo dei cavalieri e delle imprese eroiche era finito, e l’esito dello scontro, in quell’epoca di cambiamenti, veniva dettato dalla tecnologia bellica, per la precisione da quei maledetti falconetti del Duca d’Este accuratamente nascosti tra le barricate, di cui il capitano delle Bande Nere era ignaro. Un colpo decisivo venne sparato, e colpì Giovanni dalle Bande nere proprio alla gamba dove era già stato ferito, il suo cavallo stramazzò al suolo, e il cavaliere invincibile cadde.

 

La battaglia era persa, e le Bande Nere fuggirono in rotta. Giovanni venne portato dai suoi più fedeli compagni al Palazzo dei Gonzaga, a Mantova, dove venne curato proprio dallo stesso cerusico che lo operò la prima volta. Le condizioni erano gravi: il femore era stato polverizzato, e frammenti di granata avevano dilaniata tutto il muscolo; sarebbe stato necessario amputare la gamba. Furono necessari dieci uomini per tenere fermo un Giovanni impazzito dal dolore mentre il cerusico scavava.

Tutto ciò non fu abbastanza, poiché nulla può battere la gangrena che si era sviluppata dal moncherino, e in punto di morte insieme a lui c’erano Lucantonio, il Conte di Sansecondo e Pietro Aretino, che raccolsero le sue ultime volontà.

-Solo un desiderio possiedo, amici miei- disse Giovanni – ricordatemi con affetto, quando non ci sarò più-.

Cosi morì il più grande condottiero che fu mai esistito, e le Bande Nere, distrutte dalla Peste che dilagava e senza più un capo scomparvero. Giovanni venne sepolto a Mantova, e lì una notte Pietro Aretino trovo Lucantonio in ginocchio, vicino alla tomba dell’amico con la spada spezzata.

-Era il migliore di noi, Pietro, il più valoroso di noi. Quel giorno sono morte, sotto i colpi dei cannoni, il valore cavalleresco, gli ideali nobili e il coraggio nello scontro corpo a corpo, nella tomba insieme all’ultimo, ero cavaliere.

Pietro rimase in silenzio, poggiando una mano sulla spalla dell’amico, e chiuse il suo libro con l’altra: - la sua vita potrà anche essere finita quel giorno, ma la sua leggenda vivrà per sempre.

   
 
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