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Autore: Jeremymarsh    16/06/2023    4 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XXIV: La fuga

 

 

 

“Intuiva di varcare solo adesso la soglia della vera età adulta, di mettere piede in un territorio in cui soltanto il risultato decideva dell’uomo, non la sua buona volontà e nemmeno i suoi sforzi, se restavano inadeguati.”

Il cielo diviso, Christa Wolf

 

 

 

“E come faremo a trovarlo?” esordì Inuyasha il mattino dopo, l’umore opposto a quello della sera prima. Se Toga non avesse ascoltato la fine della discussione con Kagome, si sarebbe stupito di quel cambiamento così repentino. “Non vuole farsi trovare, ciò vuol dire che nemmeno Kagome sarà in grado di raggiungerlo.”

“Pensi che sia andato a nascondersi senza preoccuparsi di ciò che accade dal nostro lato? Che crede di ricomparire tra qualche settimana con il piano perfetto pur non avendo mantenuto un occhio su ciò che accade? Sarò anche stato il primo a definirlo un ingenuo per certi versi, ma non così tanto. Ti posso garantire, infatti, che Naraku non ha mai smesso di tenerci sotto controllo,” asserì Toga, più tranquillo di quel che la situazione richiedeva.

“Rin,” continuò Inuyasha, comprendendo all’istante dove il padre volesse andare a parare. “Ha scoperto di Rin spiando Sesshomaru che non era nemmeno il suo obiettivo principale, e se stava spiando lui…”

L’Inu-no-Taisho annuì. “Non possiamo sapere come lo stia facendo, ma sono certo che lo scopriremmo se Kagome uscisse allo scoperto, al di fuori da queste mura.”

“Tutto ciò non mi tranquillizza affatto,” continuò Inuyasha.

“Lo so,” concordò il padre, “ma ho la massima fiducia in te e Kagome. E prima di partire, faremo in modo di preparare un piano senza falle.”

“Contate su di me, signorino Inuyasha,” arrivò una vocina stridula dalla spalla del padre. “Da questa parte faremo di tutto per aiutarla.”

“A questo proposito,” riprese Toga, sorridente, gettando un occhio al fedele vassallo, una piccolissima pulce che aveva il vizio di scappare da ogni situazione che si presentava anche minimamente pericolosa. “Ho giusto il compito perfetto per te, Myoga.”

Myoga incrociò le due paia di braccia e socchiuse gli occhi.

“Se vogliamo che il piano funzioni, dovremo essere pronti anche noi a scendere in campo non appena avremo scoperto il rifugio di Naraku. Non possiamo lasciare che se ne occupino solo Inuyasha e Kagome. Dunque, abbiamo bisogno di un messaggero veloce e che non dia nell’occhio.”

A quel punto, avendo capito dove il padrone volesse arrivare, la pulce cominciò a indietreggiare. “Sono c-certo che non avrete problemi a trovarlo.”

“Infatti,” sorrise Inuyasha, avvicinandosi. “Dopo tutto, qualcuno qui ha appena detto che avrebbe fatto di tutto per aiutarmi, no?”

“Ben detto, figliolo. Ed è per questo che ho pensato proprio a te, Myoga. Con la tua esperienza, sono certo che non avrai problemi. Viaggerai con Inuyasha e una volta scoperto il luogo in cui è nascosto Naraku, tornerai qui per comunicarmelo.”

“Ma, p-padrone, ne è sicuro? Io non sono altro che un debole demone, se dovesse accadermi qualcosa non potrei giungere qui a informarvi,” provò Myoga, allacciandosi un piccolo sacchetto al collo e preparandosi alla fuga.

Inuyasha allungò la mano e l’ho afferrò tra due dita nel momento stesso in cui fece per saltare. “Vai da qualche parte?”

“N-no. Io… io stavo andando a procurarmi l’occorrente per la missione, signorino.”

“Non ci sarà bisogno, Myoga, avremo bisogno solo della tua presenza,” lo rassicurò Toga. “E sai cosa succederà se provassi a scappare nel mentre, vero?” Lo guardò minaccioso, aumentando l’aura demoniaca intorno a sé e ricordandogli chi fosse il più forte dei due – non che ce ne fosse stato davvero bisogno. Lo vide deglutire, immobilizzato com’era tra il pollice e l’indice di Inuyasha che lo stavano stritolando, e continuò: “Se proverai a scappare, ti lascerò alla mercé di Sesshomaru. E sai benissimo che potresti nasconderti anche nell’angolo più remoto del Giappone, ma io troverei sempre. Ma non ce ne sarà bisogno, vero, Myoga?”

A quel punto, visto che aveva smesso di agitarsi, Inuyasha lo lasciò cadere di nuovo sulla spalla del padre e Myoga si prostrò in direzione dell’Inu-no-Taisho.

“Non potrei mai, mio signore.”

“Molto bene, discuteremo il resto del piano quando sarà presente anche Kagome,” concluse prima di congedarlo. “Ma ricorda ancora, Myoga, che Inuyasha mi riferirà ogni cosa e che ti conosco meglio dei miei figli.”

 

*

 

Prese un grosso respiro, incoccò un’altra freccia e tirò, poi un’altra e un’altra ancora a una velocità invidiabile. Ognuna di queste, così come tutte le altre mirate al bersaglio, erano state infuse con abbastanza forza spirituale da far sì che dopo diverse ore di allenamento Kagome si sentisse sfiancata.

Si rese conto di aver esagerato e che, a così poco dalla partenza, non poteva permettersi di esaurire troppa energia, così lasciò andare l’arco, rimosse le protezioni e si lasciò cadere a terra, senza fiato.

Si stava asciugando la fronte madida di sudore e spostando un paio di ciuffi che erano scappati dalla coda in cui li aveva legati quando sentì un suono di passi familiari dietro di lei.

“Rispetto a quando abbiamo iniziato ti sei fatta davvero molto veloce, ragazza,” l’apostrofò la sua mentore.

Kagome alzò lo sguardo su Kaede e subito dopo si rimise in piedi, raccogliendo l’attrezzatura a terra. L’anziana sacerdotessa, però, la interruppe.

“Lascia pure stare. Piuttosto, accompagneresti questa vecchia a fare una passeggiata? C’è un sole che vale la pena godersi invece di restare chiusi in questa stanza.” Poi, senza aspettare risposta, si incamminò.

Kagome la seguì senza fiatare e per qualche minuto le due presero un sentiero percorso mille altre volte da quando il loro rapporto di maestra e allieva era iniziato. Di solito, infatti, Kaede cominciava ogni sua lezione con una passeggiata a cui faceva seguire la meditazione per far sì che Kagome fosse concentrata al massimo prima di lavorare.

E qualcosa che le diceva che anche adesso Kaede stava per impartirle un’altra lezione.

“Come stavo dicendo,” ricominciò poco dopo, “hai acquisito una destrezza e una velocità che ti saranno molto utili in battaglia.”

“Grazie, Kaede-sama.”

“Allo stesso tempo, non serviranno a molto se perdi il controllo come hai fatto poco fa.” Kagome fece per replicare, ma Kaede non glielo permise. “Certo, sei stata molto veloce, ma l’ansia che ti attanaglia ha influito sia sulla tua precisione che sul modo in cui hai infuso il tuo potere nelle frecce. E se succede mentre stai combattendo, a cosa sarà servito aver imparato a tenere sotto controllo quello che ti fluisce dentro?”

La giovane strinse i denti e i pugni, ferita non tanto dalle parole della mentore, ma dalla consapevolezza che fosse tutto corretto: non era riuscita a essere precisa come avrebbe voluto e anche se ogni tiro si era avvicinato molto al bersaglio, non era sufficiente, non se c’era la sua vita in ballo.

“Capisco cosa possa passarti per la testa in questo momento, ma ricorda che hai già tutti gli strumenti necessari per evitare che l’ansia ti impedisca di dare il tuo meglio.” La guardò con un cipiglio serio e nonostante la gravità del discorso, Kagome sapeva che il suo era un incoraggiamento.

Quando annuì per farle capire che aveva colto il significato delle sue parole, Kaede le sorrise, più serena. “Bene. E dimmi, ti ha aiutato esercitarti stamattina?”

In risposta, Kagome si abbandonò a un sospiro di sollievo. “Molto. È come se ad ogni freccia scoccata una parte della tensione che mi opprimeva scivolasse via. So che non c’è da essere tranquilli, ma come hai ben detto, Kaede-sama, ho tutti gli strumenti a mia disposizione per essere più sicura e precisa quando arriverà il momento.”

Kaede si fermò a guardarla, prima di darle un buffetto sulla mano e annuire. “Forse è anche per questo che i tuoi tiri non erano perfetti,” rifletté, “forse quella tensione li ha rallentati, ma non è mia intenzione giudicarti. Anzi, è servito a farti sentire più leggera. Tuttavia, era mio dovere ricordarti certe cose.”

“E mi ha aiutato molto,” la rassicurò Kagome.

“Però, non dimenticare che che hai anche un ultimo asso nella manica,” le disse ricominciando a camminare.

Dietro di lei, Kagome impiegò qualche secondo in più a seguirla. “Ma sono riuscita a usare quella tecnica solo una volta, non l’ho padroneggiata e non so nemmeno se sarei in grado di sfruttarla di nuovo.”

“Sciocchezze. Non è questo il momento di dubitare delle proprie capacità. Se non ne fossi stata capace non ci saresti riuscita nemmeno una volta, e se ho deciso di insegnartela è perché ero sicura che ne fossi in grado. Te l’ho già detto prima di cominciare quella lezione.”

“Lo so, ma potrei ritrovarmi in difficoltà e-”

“Kagome!” Il tono autoritario bloccò la ragazza che aveva appena ripreso a camminare. “Non contraddirmi se ti dico che non avrai problemi e che capirai da te quando usarla al momento giusto.”

Kagome si morse le labbra per non ribadire che era un’indicazione molto vaga, ma conosceva abbastanza Kaede da sapere che non avrebbe ottenuto di più, quindi si limitò ad annuire.

La maestra non ebbe problemi a leggere il dubbio che ancora la perseguitava.

“Giovani,” bofonchiò, “cercate sempre di ribattere, ma dimenticate quanto peso hanno l’esperienza e la saggezza nella vita di tutti i giorni. Noi vecchi siamo al mondo da più tempo per un motivo,” concluse, prima di allungare il passo e lasciarla dietro, la lezione ormai conclusa.

Non aveva dubbi che quanto detto sarebbe stato assimilato senza problemi dall’allieva e che non l’avrebbe delusa, scoprendo da sé le sue vere capacità, quelle che solo nei momenti più critici sarebbero fuoriuscite.


 

*

 

 

Ore dopo, tutto era pronto per la partenza, e Toga stava ripetendo loro alcune raccomandazioni.

“Non voglio che facciate nulla di avventato.” Concentrò il proprio sguardo su Inuyasha, il quale sta fremendo tra l’ansia e la voglia di fare a pezzi Naraku. “Kagome, tu dovrai starei maggiormente attenta, lo sai, ma non dovrai in alcun modo ingaggiare uno scontro con Naraku a meno che non sia impossibile evitarlo. Solo – e sottolineo solo – in quel caso, Inuyasha dovrà venirti in aiuto. Lui verrà con te per assicurarsi che non ti accada nulla, e tu dovrai temporeggiare non appena avrai scoperto il luogo in cui si nasconde. A quel punto sarà fondamentale la parte di Myoga.”

La pulce, sulla spalla della sacerdotessa, affondò nella sua chioma per nascondersi dalle occhiate minacciose dei due demoni.

“Sarai veloce e verrai qui immediatamente, così che noi potremmo raggiungervi e cominciare l’ultimo scontro.”

Tutti annuirono.

“So benissimo che tante cose potrebbero andare storte, che muoversi di fretta non è sempre la scelta migliore, ma questa è quella abbiamo adesso e dobbiamo sfruttarla. Quindi facciamo in modo che vada tutto come abbiamo previsto così che presto si possano organizzare queste nozze!”

“Papà,” lo richiamò Inuyasha, oltraggiato. “Ti sembra il caso?”

Toga lo colpì sulle spalle, ridendo. “Beh? Che ho detto di male? Vi stavo ricordando quel che di bello vi aspetta dall’altra parte di questa insidiosa battaglia.”

“Non ce n’era bisogno,” mugugnò l’altro, gli occhi carichi di mille sentimenti puntati sulla fidanzata. “Ho tutto già chiaro.”

Toga seguì il suo sguardo. “Lo so, figliolo. Buona fortuna. E ricorda, se in qualsiasi momento vi trovate nei guai, non esitare a fare retromarce. Non permettere all’orgoglio di interferire.”

 

“Ho ancora dubbi sull’inizio di questo piano,” esordì Inuyasha una volta soli. “Ci stiamo basando su un’ipotesi.”

“È l’unica che abbiamo,” replicò Kagome. “Ed è per questo che dobbiamo essere cauti.”

Lui alzò gli occhi al cielo. “Sì, c’ero anch’io quando papà l’ha ripetuto mille volte. Avrei sperato di avere più tempo prima che ci separassimo, però.” Le prese la mano, stringendogliela.

C’era troppa gente attorno a loro per azzardare qualcosa di più; pur non avendo più problemi a lasciarsi andare a manifestazioni d’affetto quando erano soli, era tutt’altra cosa quando c’erano molte paia di occhi a guardarli.

Kagome lo trascinò per corridoi più isolati. “Anch’io,” rispose, “ma non possiamo rischiare che Naraku ci veda insieme. Dovrà sembrare a tutti là fuori che sto lasciando il castello da sola e indisturbata.”

Il mezzo demone guardò la luna alta nel cielo. Avevano deciso che l’opzione migliore sarebbe stata partire di notte, così da dare – a chiunque li stesse osservando per conto di Naraku – l’idea che Kagome stesse lasciando quelle terre di nascosto.

Non sapevano ancora chi o cosa facesse da spia, presumevano fosse qualcosa di piccolo e inodore per sfuggire alle attenzioni di Sesshomaru, ma speravano si rivelassero prima o poi per indicare la via a Kagome.

Era un piano azzardato, e stavano prendendo molti rischi, ma per non dare a Naraku il tempo di riprendersi dovevano agire in fretta; questa era certamente la cosa su cui Inuyasha più concordava tra tutte.

Come aveva detto il padre poco prima, molto poteva andare storto dato che il piano si basava su delle incertezze, ma l’alternativa sarebbe stata aspettare che Naraku si rivelasse e dunque lasciare a lui un vantaggio considerevole – e non volevano dargliene.

Razionalmente, prendere questi rischi era la scelta più saggia, ma ciò non significava che Inuyasha non fosse spaventato dall’eventualità che nulla andasse come speravano.

L’idea di dover affidare Kagome a una spia di Naraku, inoltre, lo rendeva inquieto anche se avrebbe fatto in modo di non perderla mai di vista.

A debita distanza.

Perché chiunque stesse spiando il loro castello, chiunque avesse riferito di Rin, non si sarebbe mai rivelato se avesse visto Kagome in sua compagnia né Naraku avrebbe creduto a una sua fuga, per quanto illuso si fosse dimostrato finora.

Inuyasha avrebbe dovuto guardarla da lontano compiere la prima parte del tragitto, accertarsi del momento giusto per cominciare a seguirla e stare attento a non fare mosse azzardate.

Si fermarono e Kagome gli strinse più forte la mano, prima di guardarlo negli occhi e alzarsi in punta di piedi per rubargli un bacio, mentre la mano libera saliva a toccargli la curva del collo e spingerlo più a sé.

Non incontrò alcuna resistenza da parte del mezzo demone che rispose con foga, imprimendo in esso tutta la passione e il sentimento che poté.

Le morse il labbro inferiore e quando Kagome gemette, aprendo la bocca, ne approfittò per approfondire il bacio e intrecciare le loro lingue. E intanto le sue mani ora libere percorrevano tutto il corpo di lei, mappandolo, sperando che sentirla sotto i polpastrelli potesse rassicurarlo, che quel ricordo tattile potesse mandarlo avanti nelle ore di agonia che gli si prospettavano davanti.

Kagome era davanti a lui in carne e ossa.

Assaporava i suoi baci, sentiva il suo odore e la sua eccitazione avvolgerlo, la sua pelle gli bruciava le mani e gli ricordava del sangue caldo che fluiva nelle sue vene.

E sarebbe stato così anche quando non l’avrebbe più toccata.

Alla fine, pur non volendo, si separarono e Inuyasha infilò le dita nei suoi capelli e avvicinò le loro fronti mentre i respiri affannati si mischiavano.

“Andrà tutto bene. Mi fido di te,” le disse.

Kagome si strinse più a lui, facendogli capire quanto apprezzasse quelle parole.

“Andrà tutto bene,” ripeté, “e finirà prima di quanto immaginiamo.” La baciò a stampo, poi un’altra volta, con più pressione, lasciando le loro labbra incollate un secondo di più e stringendo gli occhi come se stesse imprimendo nella memoria quella sensazione.

E non perché avesse paura di non poterla più riprovare – non avrebbe pensato a nulla del genere –, ma perché voleva ricordarla così come tutte le altre nelle prossime ore.

Continuarono a tenersi per mano fino a che non raggiunsero l’androne dell’uscita secondaria e poco utilizzata che avevano scelto per la fuga. Le poche persone presenti erano delle semplici guardie che preferirono ignorare il loro scambio.

Quando si staccarono del tutto, Inuyasha fece un passo indietro, nascondendosi nell’ombra, prima di incollare i piedi al pavimento e osservarla aprire il portone cercando di fare più attenzione possibile.

Voleva evitare la tentazione di afferrarla per le braccia e riportarla al sicuro, impedendole di andar via.

Lei non si voltò a guardarlo un’ultima volta e Inuyasha rimase a studiarne la schiena, sempre ignorando ogni suoi istinto primitivo.

“Come fa a guardarla andar via, signorino Inuyasha?” sussurrò dall’alto della sua spalla Myoga, ricordandogli la sua presenza.

Aveva le punte delle orecchie e le guance rosse dopo aver assistito al loro ultimo bacio, ma a Inuyasha non importava aver avuto un testimone a quel saluto. Tuttavia, quella sua domanda aveva reso improvvisamente il suo peso, per quanto piccolo, ingestibile.

“Taci,” gli disse solamente, schiacciandolo per assicurarsi che non dicesse nient’altro del genere e senza mai distogliere lo sguardo da Kagome che stava camminando lungo il viale che l’avrebbe portata fuori le mura difensive del castello.

Da lì a poco avrebbe cominciato a muoversi anche lui, lasciando da parte ogni sentimentalismo.

 

*

 

Kagome sperava che se davvero Naraku o qualcuno al suo servizio la stava osservando, avrebbe attribuito la tensione che emanava alla sua apparente fuga; le era impossibile nasconderla.

Sentiva le spalle rigide e dolenti, le gambe erano pesanti e lo diventavano sempre di più ad ogni passo che faceva così come l’arco e la faretra che aveva addosso, gli occhi le bruciavano dallo sforzo di mettere a fuoco i dintorni al buio, ma anche a causa delle gocce di sudore che le colavano dalla fronte.

Il silenzio attorno a lei esacerbava quelle sensazioni e pur sapendo che da qualche parte Inuyasha era lì a guardarla, fornendole supporto, si sentiva sola in balia del nemico. Rabbrividiva al pensiero di occhi che la osservavano senza sapere da dove venissero, a chi appartenessero, da quanto la seguissero.

Era tutto così snervante e lei non poteva fare nulla per evitarlo: doveva mandare avanti la recita.

Dopo quelle che sembrarono ore, si azzardò a lanciare un’occhiata alle sue spalle, apparentemente per assicurarsi che nessuno l’avesse seguita, e notò la sagoma del castello che aveva lasciato diventata ormai un punto nero all’orizzonte.

Non provò a cercare Inuyasha, era troppo pericoloso, ma sperò che lui, invece, l’avesse vista in volto.

Fu quando tornò a dargli le spalle che notò il primo ronzio.

Le sembrò strano perché finora, al di là dei rumori di qualche animale, non aveva sentito altro. Il ronzio, invece, era comparso all’improvviso, troppo forte e insistente, troppo per essere solo un caso.

Un secondo dopo tre vespe le riempirono la visuale e le bastò poco per capire che erano proprio loro coloro che Kagome aveva aspettato finora, le spie di Naraku.

Oltre al fatto che emanavano una minuscola quantità di aura demoniaca, il loro corpo era leggermente più grande degli insetti normali, così come i loro occhi che la stavano guardando con insistenza.

Non doveva essere stato difficile per loro spiarli fino a quel momento, ragionò, perché senza sapere della loro presenza e senza concentrarsi su di loro, era impossibile distinguerli dagli altri e percepire quella piccola aura che li contrassegnava come esseri demonici. Inoltre, considerando che non ne aveva sentito il ronzio fino a quando non si erano rivelate a lei, assunse che in qualche modo era capaci anche di rendersi silenziose.

Una mossa intelligente, dovette ammettere; un’arma molto prudente da utilizzare contro demoni di stirpe canina.

Non si fece spaventare dal loro sguardo e a parte la sua reazione iniziale, non diede segno di essere particolarmente colpita dalla loro presenza. Quando poi una di loro le fece segno di seguirle, fece come richiesto: riprese ad avanzare nella loro direzione, sperando che non ce ne fossero altre alle sue spalle e che, soprattutto, nessuna di loro avesse notato colui che la seguiva.

Lontano da lei, senza perderla di vista, Inuyasha giungeva alle stesse conclusioni.

Aveva visto il suo sguardo preoccupato quando si era voltata, ma anche se una grossa parte di lui avrebbe voluto correre a consolarla, sapeva che non era quello il momento, soprattutto dato che un attimo dopo le spie di Naraku si erano rivelate a lei.

Stava per ripetere a Myoga, in un sussurro, quanto fondamentale fosse il loro silenzio – ancora di più di prima, sebbene fosse sicuro che degli insetti così piccoli avessero seguito Kagome sin da quando aveva lasciato le mura difensive – quando gli arrivò alle orecchie un ronzio, lo stesso che aveva sorpreso Kagome.

Ma nonostante il silenzio che lo circondava e il suo udito molto fine, Inuyasha sapeva che le probabilità che riuscisse a percepire quel suono da così lontano erano minime e scattarono in lui dei campanelli d’allarme.

Myoga fu veloce a indicargli ciò che non andava prima ancora che lui potesse guardarsi intorno. “Signorino, lassù!” Le sue quattro mani si alzarono tutte per puntare una singola vespa che stava volando poco più sopra di loro, la vera fonte del ronzio che Inuyasha aveva udito.

“Maledizione,” sibilò Inuyasha lanciandosi all’attacco.

Accortasi di essere stata scoperta, la vespa cercò di fuggire, ma Inuyasha fu più veloce soprattutto perché sapeva che se l’avesse fatta scappare il loro piano sarebbe fallito prima ancora di entrare nel vivo, lasciando Kagome nei guai.

I suoi artigli tranciarono di netto l’insetto e subito dopo il suo piede si assicurò di ridurre in polvere ciò che rimaneva.

Tuttavia, averla distrutta non tranquillizzò Inuyasha, che temeva ce ne fossero altre in agguato, e continuò a tendere le orecchie e a guardarsi intorno sperando di sbagliarsi.

“Keh,” mugugnò infine, “sarà pure vero che sono ingegnose come spie. Piccole, silenziose. Ma sono anche piuttosto deboli; è facile sbarazzarsene.”

“Non ha paura che ce ne siano altre, signorino Inuyasha?” gli chiese la pulce, timorosa di trovarsi alla mercé di quegli insetti che per quelli come lui non erano poi tanto deboli.

“Certo che ne ho, Myoga, ma non possiamo restare troppo indietro.” L’essersi fermati quel poco aveva già allungato la distanza tra lui e Kagome. “Dovremo tenere le orecchie allungate per assicurarci che non ce ne siano altre.”

“E se avesse già fatto la spia?”

“Sei cieco forse? L’ho appena polverizzata.”

“Ma se Naraku fosse in grado di vedere ciò che vedono loro?”

Inuyasha digrignò i denti: se Myoga avesse continuato a dipingergli gli scenari peggiori mentre lui cercava, invece, di ignorarli, c’era il rischio che non sarebbe sopravvissuto a lungo per tornare dal padre al momento opportuno. “Dubito che questi esserini possano fare una cosa del genere. In più, se così fosse stato non avrebbe avuto tanta fretta di scappare nella stessa direzione in cui è diretta Kagome. Ora taci; mi stai dando sui nervi.”

Il piccolo demone comprese il messaggio e deglutì prima di tornare a nascondersi nei ciuffi argentati del padrone.

Per il resto del viaggio avrebbe fatto attenzione a non incorrere ulteriormente nella sua ira.

 

*

 

Quando finalmente gli insetti si fermarono, la luna era ancora alta nel cielo rivelando a Kagome che per quanto quel viaggio le fosse sembrato infinito, in realtà non era passato poi così tanto da quando era partita.

A quel punto aspettò che le vespe le dessero qualche altra indicazione o segnale perché rimanere ferma lì, in mezzo al nulla, non stava aiutando i suoi nervi già provati. Si chiese anche dove fosse Inuyasha e se si fosse già accorto di quello stop, sperando che fosse abbastanza cauto da non avvicinarsi, che riuscisse ad essere più paziente di lei per una volta.

Sapeva anche che in quell’istante si concludeva la fase più semplice del piano e cominciava quella più difficile, ma cercò di non farsi buttare giù da quella verità: era ora che doveva dimostrare – prima a se stessa che agli altri – quanto valesse e di essere in grado di gestire anche la situazione più complessa. Tuttavia, rifletté, non era da deboli sperare che Naraku si dimostrasse ancora ingenuo nei suoi confronti così che lei potesse sfruttare quella debolezza.

Una delle vespe si voltò verso di lei e Kagome quasi rabbrividì nel sentire quegli occhi tondi e vili su di sé, chiedendosi come fosse possibile che un insetto tanto minuscolo fosse in grado di guardarla in quel modo. Poi, insieme alle altre, ricominciò a volare, conducendola poco dopo in una caverna isolata e buia.

Così come la radura in cui si trovava.

Un luogo che qualunque essere umano avrebbe superato senza pensarci due volte se avesse avuto la sfortuna di trovarsi nei paraggi. Cosa che anche Kagome avrebbe fatto in un’altra occasione.

Prese infine un grosso respiro arrivata alla bocca della caverna e tentò di indossare la sua maschera migliore, ma non era troppo semplice, tanto da chiedersi cosa le avrebbe letto in volto Naraku una volta che si fossero trovati faccia a faccia.

Niente l’avrebbe potuta preparare a ciò che le si parò di fronte una volta entrata, però, e la sorpresa fu tanta da non riuscire a trattenere il singulto che le scappò una volta che lo vide.

Solo qualche istante dopo realizzò il suo errore e mentre tentava di darsi un contegno e affrontare ciò che aveva davanti, sperò che la fiducia che Inuyasha aveva in lei fosse abbastanza da non farlo correre subito in suo soccorso; che quel verso carico d’orrore non avesse rovinato i passi cauti che avevano compiuto finora.

 


 


 
N/A: Immagino abbiate capito, dai toni di questo capitolo, che ci avviciniamo alla resa dei conti (che speriamo venga bene come l'ho immaginata quando ho scritto le scalette, ma si sa... tra il dire e il fare 😱). 

Fatemi sapere se vi è piaciuto e intanto vi prometto che arriverò presto con il prossimo (l'ho già finito di scrivere). 

Un bacio grande!
   
 
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