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Autore: g21    18/06/2023    0 recensioni
Qualche giorno dopo il blitz Aziraphale è richiamato e dovrà partire in missione. Prima di partire organizza una serata con Crowley per salutarlo e confessargli i propri sentimenti. Ovviamente a suo modo.
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“Noi non siamo come quei due” cercò di negare Crowley, non riuscendo ad essere sicuro come sempre.
“Certo, ovviamente non siamo giovani. E non abbiamo bisogno di gazze per vederci, anche se devi ammettere che le anatre sono una valida alternativa. Però-” spiegò Aziraphale come se fossero cose ovvie.
Si interruppe solo perché una mano del demone era andata a prendere una delle sue. La stretta era forte, ma manteneva una gentilezza rara. Il gesto fece sorridere maggiormente l’angelo, consapevole della verità delle parole che aveva detto poco prima. Riusciva a sentire tutti i sentimenti che provava Crowley, amplificati grazie a quel semplice contatto tra i due.
Genere: Fluff, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Come le stelle innamorate



 
 
 
Quando Aziraphale aveva proposto quell’uscita, Crowley era rimasto per qualche secondo senza parole mentre domande su domande si affollavano nella sua mente. Perché improvvisamente gli era venuta voglia di invitarlo fuori? Perché aveva scelto proprio quel teatro? E perché si sentiva come uno di quei ragazzini che perdevano la testa quando si trovavano vicini alla persona per la quale provavano qualcosa?

Non aveva saputo rispondere a nessuna di quelle questioni, più o meno importanti. Si era invece diretto a farsi una doccia ghiacciata per cercare di non pensare a cose di cui si sarebbe potuto pentire. L’acqua fredda aveva allentato un po’ certe sensazioni, ma sapeva che avrebbe dovuto richiamare tutto il suo autocontrollo per non fare cose sbagliate.

Sapeva che non doveva sentirsi così agitato, eppure aveva perso il conto di quante volte aveva dovuto rifare il nodo alla cravatta. Nodo che gli avrebbe impedito di respirare correttamente se solo fosse stato umano e avesse realmente avuto bisogno di compiere quel gesto. Si guardò allo specchio un’ultima volta per controllare che niente fosse fuori posto, poi inforcò gli occhiali e uscì di casa.

Arrivato alla libreria notò le luci del negozio ancora accese e si rese conto di essere arrivato, ovviamente, in anticipo. Si sentiva incredibilmente stupido, o forse era semplicemente innamorato dall’inizio dei tempi e quelli erano i risultati. Non trattenne un verso frustrato mentre tirava un pugno al sedile del passeggero. Il motore della Bentley rombò appena non gradendo quel gesto ai suoi danni.

Fece per scendere dalla macchina quando si accorse che la porta del locale, ora buio, si stava aprendo. E arrivò alla conclusione che non era arrivato così tanto presto. Tirò un sospiro di sollievo a quel pensiero, non voleva sembrare disperato più di quanto non fosse. Ignorò, a fatica, la voce nella sua testa che gli consigliava di andare ad aprire la portiera all’angelo e rimase seduto al posto di guida.

Non riuscì però ad impedirsi di guardare Aziraphale mentre chiudeva la libreria e si girava verso di lui. E si trovò nuovamente senza fiato, anche se non letteralmente. Non era diverso da come lo conosceva, con quel ridicolo farfallino e quel completo decisamente fuori moda. Eppure, in quel momento gli sembrava ancora più bello rispetto al solito. Non seppe dire se era merito delle luci della sera, ma decise di lasciar cadere la domanda.

“Buonasera, caro. Scusa se ti ho fatto aspettare” lo salutò l’angelo aprendo la portiera.

“Non sono qui da tanto, non c’è problema” rispose Crowley, gli occhi fissi sull’altro.

Aziraphale salì in macchina in silenzio, il sorriso che non sembrava voler lasciare il suo volto. Si sistemò la giacca e chiuse la portiera con una delicatezza che quella Bentley raramente aveva visto. Il demone osservò tutta la scena senza perdersi nemmeno un dettaglio, gli occhi che scandagliavano ogni centimetro della figura dell’altro. Ringraziò mentalmente di avere gli occhiali in quegli istanti.

“Sai la strada, immagino” considerò l’angelo con un leggero sorriso.

“Certo, ci sono stato qualche volta” ammise Crowley.

Mise in moto, tornando a guardare davanti a sé, e si portò sulla strada. Non si preoccupò di ridurre la velocità rispetto al solito; infatti, sorrise non appena l’angelo si aggrappò al sostegno. Non che gli piacesse farlo spaventare, ma era un’abitudine ormai consolidata e non sarebbe riuscito a fare diversamente. E non avrebbe voluto cambiare per niente al mondo.

“Come mai questa voglia improvvisa di uscire?” chiese il demone, lanciando una breve occhiata all’altro.

“Dev’esserci un motivo per forza?” domandò a sua volta Aziraphale.

“No, è che di solito sono io che devo spingerti ad uscire di casa” rispose Crowley, rallentando un poco.

L’angelo non rispose, continuando a guardare la strada davanti a lui. Il demone percepì chiaramente che l’angelo stava lottando per cercare di non dire niente, quindi decise di non forzarlo. L’avrebbe fatto se solo la situazione fosse stata più comune e nelle loro abitudini. Al contrario continuò a guidare mantenendo il silenzio che si era creato e che non dava fastidio.

Si accorse dopo qualche istante che la cravatta aveva smesso di togliergli il respiro. Non si ricordava esattamente
quando era successo, ma attribuì la cosa alla presenza di Aziraphale accanto a lui. Si era chiesto spesso come mai l’altro potesse tranquillizzarlo a tal modo. Ad un certo punto della sua esistenza sulla Terra aveva semplicemente smesso di farsi domande.

Arrivarono al teatro dopo poco e Crowley parcheggiò la sua Bentley perfettamente davanti all’entrata, certo che non avrebbe preso multe grazie ad un piccolo miracolo. Questa volta non riuscì ad impedirsi di schizzare fuori dalla macchina per andare ad aprire la portiera all’angelo. L’istinto era stato più forte di lui e, senza quasi accorgersene, aveva afferrato la maniglia e aperto la porta con un sorriso.

“Oh, grazie caro” ringraziò Aziraphale con un leggero sorriso impacciato, le guance colorate di rosa.

Il demone fece un cenno con la testa come se fosse una cosa da tutti i giorni. Richiuse la portiera una volta che l’altro fu qualche passo avanti a lui e si fermò qualche secondo a guardarlo. Come accadeva sempre più spesso, Crowley sentì come un calore improvviso che prese il suo petto. Calore che aumentò significativamente quando l’angelo si voltò verso di lui.

“Crowley?” lo chiamò Aziraphale leggermente confuso.

“Arrivo, stavo- controllavo la macchina” rispose il demone incespicando nelle parole.

Si diede mentalmente dell’idiota, scuotendo la testa per cercare di tornare al presente. Purtroppo, quando incrociava gli occhi azzurri dell’altro perdeva la cognizione del tempo e i pensieri si azzeravano. Non era ancora riuscito a capire il perché di quella reazione, ma probabilmente non sarebbe mai riuscito a trovare una risposta. O, quantomeno, niente di logico.

Raggiunse l’angelo in un istante e sorrise come se non fosse successo niente, mentre si ripeteva mentalmente di stare più attento. Aziraphale aprì la porta e fece cenno a Crowley di entrare e precederlo. Lui non se lo fece ripetere ed entrò, gli occhi che si posarono subito sull’ambiente circostante. Raggiunse l’ingresso della sala e oltrepassò le tende di velluto senza aspettare.

Bastarono pochi metri affinché riuscì a scorgere la vera meraviglia che celava quel teatro. Il soffitto era stato dipinto in modo da assomigliare al cielo stellato, con tanto di costellazioni. Il demone venne rapito da quella meraviglia, la stessa cosa che succedeva quando si fermava ad osservare le stelle. E forse era per il fatto che un tempo le aveva create, ma percepì chiaramente la bellezza di quell’opera.

Aveva raggiunto senza accorgersi la prima fila di poltrone e si ritrovò esattamente al centro della volta stellata. Le parole sembravano sparite, mentre un senso di nostalgia lo investì in pieno petto. E dovette sedersi perché, improvvisamente, sentì come mancare la terra sotto i piedi. Aveva pensato un secondo di troppo alla sua vita prima della caduta e non si era aggrappato abbastanza forte alle stelle sopra di lui.

“Sapevo che ti sarebbe piaciuto venire qui” la voce di Aziraphale interruppe il silenzio.

“Lo sai quanto mi piacciono le stelle” riuscì a dire Crowley.

L’angelo si sedette sulla poltrona vicina a dove era seduto il demone e lanciò un breve sguardo al soffitto sopra di lui. Sorrise a quella vista e non trattenne un sospiro spezzato. Posò gli occhi sulla figura accanto a lui e si prese qualche secondo per pensare. C’era qualcosa in quella scena che lo faceva sentire più triste del solito, ma allo stesso tempo sapeva che era tutto perfetto.

“Crowley” lo chiamò Aziraphale, nella voce riconoscibile un pizzico di timore.

“Cosa succede?” chiese Crowley, spostando lo sguardo sull’altro.

“In realtà c’è un motivo se ti ho chiesto di uscire questa sera” rispose l’angelo raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva.

“Perché non ne sono sorpreso? Cosa vuoi dirmi?” domandò il demone con un leggero sorriso ironico a increspargli le labbra.

“Mi hanno richiamato dal Paradiso per una missione” svelò Aziraphale tutto in un fiato.

“Cosa?” chiese Crowley, il tono poco più alto del solito.

“Hai capito bene, purtroppo. Devo lasciare l’Inghilterra per un po’” ammise l’angelo guardandosi le mani.

“Quanto starai via?” tre parole che il demone non riuscì a controllare.

“Non lo so” una frase che racchiudeva tutta la tristezza di Aziraphale.

“Ma non voglio pensarci, questa sera è per noi due soltanto” cambiò discorso poi, scuotendo la testa per scacciare i brutti pensieri.

“Angelo” provò Crowley.

“Ci siamo solo noi adesso, mi basta questo” continuò deciso l’angelo, riuscendo a non far tremare la voce.

“D’accordo” acconsentì il demone, per poi risistemarsi meglio contro lo schienale della poltrona.

Tornò a guardare il soffitto perdendosi nei pensieri, ora più cupi di qualche minuto prima. Quando Aziraphale gli aveva proposto di uscire non aveva pensato assolutamente alla possibilità di doversi dividere ancora una volta. Invece quei momenti si sarebbero rivelati gli ultimi insieme per chissà quanto. E Crowley questo non riusciva mai a sopportarlo.

Osservava le costellazioni che erano state dipinte sul soffitto del teatro, arrivando alla conclusione che era stato fatto un buon lavoro, quando non riuscì a trattenere un sorriso amaro. Era riuscito a trovare, tra le altre, la costellazione della Lira e quella dell’Aquila. E, avendole create lui stesso, riuscì a individuare subito le due stelle principali, Vega e Altair. Sembrava uno stupido scherzo del destino.

“È davvero bello che tu abbia creato tutto questo” si lasciò sfuggire l’angelo a bassa voce, quasi avesse paura di
disturbare.

“Beh, ma non le ho create tutte io le stelle, qualcosa hanno fatto anche gli altri” mise le mani avanti il demone.

“Quelle le hai create tu?” chiese Aziraphale, indicando proprio il gruppo di stelle che Crowley aveva individuato.

“Sì, le costellazioni della Lira e dell’Aquila” rispose cercando di mantenere un tono tranquillo, nonostante non si aspettasse che l’angelo indicasse proprio quelle.

“C’è una leggenda interessante che vede protagoniste Vega e Altair, due di quelle stelle” disse Aziraphale quasi per caso.

Il demone non rispose, sospettando che quelle parole fossero state studiate per l’occasione. Sapeva benissimo la storia a cui si riferiva l’angelo, si era informato. Aveva il dovere morale di sapere tutto quello che era stato raccontato a proposito degli astri che aveva creato. E quel leggero dolore al petto che si era formato non faceva altro che sottolineare come si sentisse in quel momento.

“Secondo la tradizione cinese le due stelle vengono identificate come due giovani innamorati. Si dice che il loro amore era talmente forte da fargli dimenticare i propri doveri e per questo sono stati separati dal Re del Cielo. Il Fiume Celeste, la Via Lattea, impedì così ai due giovani di vivere insieme il loro amore” iniziò a spiegare Aziraphale con l’innocenza che lo caratterizzava da sempre.

Crowley ascoltava le parole dell’altro e sentiva come una stretta che, ancora una volta, sembrava impedirgli di respirare. Ringraziò di avere ancora gli occhiali perché non voleva far vedere i propri occhi lucidi. Spostò lo sguardo sull’angelo e sorrise inconsciamente, almeno lui non sembrava colpito dalla storia. Anche se non seppe dire se, magari, sapesse dissimulare bene in quelle occasioni.

“Da quel giorno i due innamorati si possono incontrare solamente il settimo giorno del settimo mese, grazie a uno stormo di gazze che fanno da ponte per attraversare il fiume” concluse Aziraphale, le iridi azzurre ancora fisse sul soffitto del teatro.

“Gli umani sanno inventare davvero delle belle storie” aggiunse poi con un sorriso.

“Perché?” chiese invece il demone.

“Scusa?” rispose l’angelo, strappato improvvisamente dalla contemplazione in cui era finito.

“Perché questa leggenda proprio adesso?” domandò Crowley alzandosi in piedi.

“Oh, non lo so, mi è semplicemente venuto in mente” tentò Aziraphale, ben sapendo di star mentendo.

“Aziraphale” lo ammonì infatti il demone, avendo capito subito che non era la verità.

L’angelo lo guardò qualche istante, colpevole, poi si alzò a sua volta. Si pose davanti a Crowley e sorrise come se volesse scusarsi di qualcosa. Lo sguardo di Aziraphale era fisso sulle lenti scure dell’altro, cercando di scorgere ogni minimo cambiamento dietro di esse. Era riuscito con il tempo ad abituarsi e riusciva a vedere, seppur non benissimo, gli occhi gialli del demone.

“Ho riconosciuto qualcosa di noi in quella storia e mi sembrava adatta al momento” ammise l’angelo con la sua solita calma.

“Noi non siamo come quei due” cercò di negare Crowley, non riuscendo ad essere sicuro come sempre.

“Certo, ovviamente non siamo giovani. E non abbiamo bisogno di gazze per vederci, anche se devi ammettere che le anatre sono una valida alternativa. Però-” spiegò Aziraphale come se fossero cose ovvie.

Si interruppe solo perché una mano del demone era andata a prendere una delle sue. La stretta era forte, ma manteneva una gentilezza rara. Il gesto fece sorridere maggiormente l’angelo, consapevole della verità delle parole che aveva detto poco prima. Riusciva a sentire tutti i sentimenti che provava Crowley, amplificati grazie a quel semplice contatto tra i due.

“Aspetta” lo avvertì Aziraphale, alzando la mano libera.

Chiuse gli occhi e spiegò le sue ali candide in un fruscio delicato. Il demone guardava la scena confuso, cercando di capire il perché di quel gesto. Provò l’irrazionale impulso di allontanarsi non appena vide quelle piume bianche dirigersi verso di lui, per poi accorgersi della mano dell’angelo che stringeva ancora saldamente la sua.

In pochi istanti si trovò circondato dalle ali di Aziraphale, come se fossero una sorta di protezione. Qualcosa che era già successo recentemente, qualche giorno prima. Si guardò intorno qualche istante, notando quanto si sentisse protetto, per poi portare gli occhi in quelli dell’angelo. Quello sorrise alla domanda inespressa di Crowley e strinse leggermente le sue dita.

“Probabilmente mi stanno osservando, spero di non aver combinato pasticci avendoti chiesto di venire qui” finalmente espresse i suoi dubbi ad alta voce, con una punta di preoccupazione.

Poi, molto lentamente, allungò la mano libera verso gli occhiali del demone. Non sapeva se sarebbe stato d’accordo con quella richiesta, per questo ci stava impiegando più tempo del solito. Crowley si fece scappare un mezzo sorriso e acconsentì, togliendosi le lenti scure prima che potesse farlo l’altro. Le mise nella tasca della giacca, libero di poter vedere la reale sfumatura delle iridi di Aziraphale.

Sembrava che il tempo si fosse fermato, forse era anche successo, mentre gli occhi gialli e quelli azzurri si perdevano e si fondevano gli uni negli altri. Il silenzio accompagnava quel momento e riempiva quel piccolo rifugio in cui sarebbe potuta accadere qualsiasi cosa. Prima che potesse fare altro, però, lo sguardo del demone si spostò sul farfallino dell’angelo. E non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito.

“Crowley?” provò Aziraphale, questa volta era lui ad essere confuso.

“Lo sai che non mi è mai piaciuto” rispose Crowley con il suo solito sorriso.

“Io trovo che sia bello, invece” protestò l’angelo, leggermente deluso.

“Mi dispiace deluderti, ma non è affatto così” continuò il demone, sorridendo a causa del tono dell’altro.

“Oh, e va bene. Puoi tenere questo così magari cambierai idea” ammise Aziraphale mettendo su il broncio, iniziando a slacciare il farfallino.

“Non credo sia possibile, sono vecchi, fuori moda e-” provò a spiegare Crowley, venendo improvvisamente zittito.

Le labbra dell’angelo si erano posate sulle sue senza che avesse il tempo di accorgersi di quel movimento fin troppo rapido. Subito i suoi pensieri si azzerarono, come se fosse avvenuto un reset da parte di una qualche entità esterna. Non esisteva niente, se non le loro labbra a contatto e le loro mani che ancora si stringevano con forza.

E poi, come se il suo cervello si fosse riattivato, si accorse di dover ricambiare il bacio. Era stato tutto così improvviso che per qualche istante si era dimenticato di quello che avrebbe dovuto fare. Strinse le dita di Aziraphale e lo attirò più vicino con l’intenzione di riprendere un minimo il controllo. Si mosse quel tanto che bastava per adattarsi alla presenza dell’altro, senza osare staccare le labbra.

Percepì la mano dell’angelo appoggiarsi delicatamente sulla sua guancia e non poté fare altro se non cercare un contatto maggiore. Gli venne da sorridere quando sentì le labbra dell’altro cercare di approfondire il bacio, ma decise di non accontentarlo subito. Al contrario aspettò che si fosse quasi arreso per prendere completamente il controllo.

Aziraphale si lasciò scappare un verso frustrato a quel cambio, ma accettò senza protestare. Si trovò, infatti, a seguire i movimenti di Crowley come se fosse la cosa più naturale del mondo. Gli sembrò come se tutto quello che avevano fatto e costruito in tutti quegli anni li avesse necessariamente portati lì. La conclusione perfetta di quasi seimila anni passati a incontrarsi, per caso o volontariamente.

Sentì la mano del demone, calda nonostante la sua natura da serpente, posarsi sul suo fianco e sentì qualcosa scaldarsi a livello del suo petto. E in quell’esatto momento arrivò alla conclusione che cedere ad alcune tentazioni non era poi così male. Solo per un attimo pensò alla disapprovazione dei suoi capi in Paradiso, ma venne sostituita dall’amore che lo riempiva completamente e che stava dedicando a quel demone di cui si era irrimediabilmente innamorato.

Fu per abitudine, più che per reale necessità, che i due si staccarono malvolentieri. Mantennero, però, le fronti a contatto, non ancora pronti a lasciare andare tutto quello che era successo. La presa di Crowley sul fianco di Aziraphale era salda, quasi per paura di lasciarlo andare, e gentile. Il pollice dell’angelo, nello stesso momento, accarezzava dolcemente la guancia del demone.

“Non mi aspettavo tutto questo” riuscì a dire Crowley, la voce bassa che quasi non gli apparteneva.

“Sono ancora capace di sorprenderti, visto?” lo prese bonariamente in giro Aziraphale.

Il demone non rispose, preferendo sorridere a quelle parole così vere. E prima che potesse dire altro andò a cercare le labbra dell’angelo per rubargli un altro bacio. L’altro non si sottrasse e accettò quella richiesta ben volentieri. L’incontro fu decisamente più breve, ma ugualmente intenso rispetto al precedente. Non ne avevano abbastanza, ma sapevano entrambi che sarebbe dovuta finire.

“Crowley, devo andare” lo avvisò infatti Aziraphale, la tristezza ben percepibile nella voce.

Crowley strinse di riflesso la mano dell’angelo che ancora teneva tra le dita. Forse solo Dio sapeva quanto aveva aspettato quel momento, ma era già arrivato il momento di una nuova separazione. Sapeva benissimo a cosa fosse dovuto quel peso all’altezza del petto e trovò complicato allontanarsi dall’altro. Non trattenne un sospiro quando incontrò nuovamente gli occhi azzurri che tanto gli piacevano.

“Devi andare per forza?” chiese il demone non riuscendo a trattenersi.

“Purtroppo sì” rispose Aziraphale con un sorriso di scuse.

Poi spostò la mano dalla guancia dell’altro e la portò a sfilare il farfallino, che ormai era solo una striscia di tessuto. Sbuffò appena alla confusione di Crowley e rise appena quando notò che lo guardava inorridito quando capì che avrebbe dovuto prenderlo. Il demone lo accettò poco convinto, guardando male l’angelo che sembrava troppo divertito dalla situazione.

“Non voglio questa cosa” provò Crowley, stringendolo comunque tra le dita.

“Tienilo, me lo ridarai quando ci rivedremo” consigliò Aziraphale con una sicurezza che in pochi vedevano.

Prima che l’angelo potesse spiegare le proprie ali, liberandoli così da quella protezione, il demone riuscì a raggiungere le labbra dell’altro per un ultimo bacio. E in un attimo le ali sparirono lasciando i due privi del calore che fornivano le piume candide. Aziraphale strinse ancora una volta la mano di Crowley, per poi lasciarla e sparire con uno schiocco di dita.

Così il demone rimase da solo nel silenzio del teatro, con il ricordo di un bacio e una striscia di tessuto tra le dita. Sorrise leggermente guardando quello che era rimasto del farfallino del suo angelo e decise di piegarlo nella maniera più ordinata possibile. Lo ripose poi nel taschino della giacca di modo che non potesse rovinarsi. E quando si sarebbero rivisti avrebbe potuto ridarlo ad Aziraphale come se fosse nuovo.
 
 
 










Angolo autrice

Salve di nuovo. Con l’avvicinarci della seconda stagione la mia mente è un susseguirsi di idee che sono sicura non riuscirò a scrivere tutte. Se poi si aggiungono le idee di altri è la fine.

Parlando di questa storia l’idea è di Robin che, dopo aver rivisto un’immagine bts, mi ha fatto partire in quarta e ho dovuto scrivere. Voleva una scena fluff, ma purtroppo io non sono capace di dimenticare l’angst e quindi c’è un sottofondo di malinconia. Però ho cercato di limitare i danni. Un grazie anche a Cecio che mi ha suggerito la scena del bowtie.

Il teatro è quello in cui hanno girato e di cui sono uscite le foto due anni fa, sono riuscita a rendermi conto dell’interno grazie a qualcuno che ha fatto tipo street view dentro il teatro (chiunque tu sia, persona sconosciuta, grazie). Per quanto riguarda il soffitto ho usato un po’ di fantasia. Secondo le immagini di adesso è rimasto un pezzo con le stelle, mi sono immaginata che all’epoca della scena (poco dopo il blitz) il soffitto fosse tutto dipinto.

La leggenda legata a Vega e Altair l’ho inserita perché non potevo non parlare di stelle con Crowley. E poi perché mi è sembrata una cosa carina.

E niente, spero che questo mio tentativo sia di vostro gradimento

Giulia
  
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