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Autore: observer90    25/06/2023    0 recensioni
{La Sirenetta live action}
[Ariel / Eric]
Le vite di Ariel ed Eric si intrecciano come un filo sottile, ma indissolubile. Proprio come il loro amore, quello fra una sirena e un umano. Fra due spiriti affini.
Il titolo della storia è una unione fra la canzone di Ariel e quella di Eric.
Dal testo: "Un amore come il loro avrebbe portato un nuovo inizio, una pace duratura fra il Popolo del Mare e gli Umani. Ma era molto più di questo: era come se fossero sempre stati destinati a trovarsi, in un modo o nell'altro. Come se i loro cuori si fossero chiamati a vicenda per tanto tempo, pur ignorando ciò che sarebbe avvenuto in seguito.
Una sirena e un umano: tanto distanti i loro mondi quanto affini i loro spiriti. E di questo Ariel ringraziava segretamente il mare per averla condotta fino ad Eric."
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ariel, Eric
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3

 

 

 

Camminava scalza in un corridoio buio, una striscia di luce attraversava il pavimento in corrispondenza di una porta socchiusa. Ariel avanzò fino a lì, ritrovandosi davanti l’uscio semi aperto.

Vide la sua mano sollevarsi verso la maniglia e spingerla piano.

Una voce stava cantando.

La sua voce.

Si tastò la gola, e aprì la bocca per parlare. Dalle sue labbra non usciva alcun suono.

La voce continuava a cantare, in un crescendo sempre più spinto.

In preda al panico, spinse ancora la porta fino a rivelare l’interno di una stanza spoglia, fatta eccezione per un gigantesco specchio a tre ante. Davanti ad esso, riflessa sulla superficie, le dava le spalle una ragazza dai folti capelli bruni e vestita di viola.

Ariel guardò la figura riflessa nello specchio, e con un moto di terrore si rese conto che era lei a cantare con la voce che le era stata rubata da Ursula.

Ursula.

No, non poteva essere. Ursula era morta. Morta. I suoi resti giacevano in fondo al mare.

Invece…

Era lei, sotto le sembianze di Vanessa.

Ariel avrebbe voluto gettarle le mani addosso, agguantare la conchiglia che in quel momento portava al collo e che pulsava di un bagliore dorato, romperla e riprendere ciò che era suo.

Ma non riusciva a muoversi, sentiva le piante dei piedi bloccate sul pavimento.

Avvertiva un dolore sordo dappertutto, da ogni estremità e il cuore le galoppava furioso dentro al petto.

Dopo l’ultimo, grande, acuto, Vanessa si voltò a guardarla, - Addio, rossa – sibilò, stavolta con la voce di Ursula, e scoppiò in una risata agghiacciante. Una risata che trapassò il cranio di Ariel, provocandole dolorose fitte alla testa. Poi la superficie dello specchio ebbe una specie di tremolio, come se fosse fatto d’acqua, e il riflesso di Vanessa venne sostituito dall’immagine di Ursula.

I suoi tentacoli si dimenavano furiosi, rideva in modo sguaiato e teneva fra le mani il tridente di suo padre, - Non ti libererai mai di me, piccola. Io sarò sempre nelle tua testa – sibilò le ultime parole con un tono basso e roco, per poi gettare la testa indietro e ridere ancora.

E ancora. E ancora.

Vanessa rideva, tenendosi stretta la conchiglia al collo. Ursula rideva, con il tridente stretto fra i tentacoli.

Ariel si tenne la testa fra le mani, sembrava che il suo cervello fosse sul punto di esplodere in quel momento. Voleva gridare, voleva chiamare aiuto perché non riusciva a muovere nemmeno un muscolo. Guardò in basso e vide che i tentacoli di Ursula l’avevano afferrata per le caviglie, tenendola saldamente ancorata al pavimento.

- Ariel -

Era la voce di Eric.

Ariel sollevò lo sguardo, istintivamente aprì la bocca per chiamarlo, ma dalle sue labbra non uscì alcun suono. Doveva trovarlo, doveva dirgli che Ursula lo aveva stregato e che gli aveva teso una trappola.

Si guardò intorno: non c’era traccia di Eric.

Una fitta lancinante dal basso la fece accartocciare sul pavimento, e con terrore vide la sua coda là dove prima c’erano le gambe.

Qualcosa la afferrò per la gola, e Ariel si vide sbattere sul pavimento da Ursula, i lineamenti del volto accartocciati in una maschera di odio e follia.

La stessa follia che trasudavano i suoi occhi.

- Credevi di farla franca col tuo bel principino. Ma non puoi scappare da ciò che ti fa più male, piccola sirenetta -

La stretta delle mani di Ursula attorno alla sua gola aumentò, Ariel si sentì mancare il fiato e sollevò a fatica le mani per agguantarle i polsi e spingendo con forza le unghie nella pelle della Strega.

Il dolore, così come la risata di Ursula, crescevano sempre di più.

Una fitta pulsante alla testa attraversò Ariel, un peso schiacciante sul petto le mozzò il respiro…

 

Ariel si svegliò respirando affannosamente, la pelle completamente avvolta dal sudore e le lenzuola avviluppate attorno alle sue gambe. Le calciò via con violenza, si mise una mano sopra la gola e provò a cantare. Poche note, ma bastarono per farle capire che la sua voce era con lei, al sicuro con lei.

Chiuse gli occhi, inspirando forte e premendosi l’altra mano sul petto: i battiti erano ancora accelerati, e provò uno strano senso di vertigine.

Strinse i pugni conficcandosi le unghie nei palmi, aprì le palpebre e si concentrò sul mare che s’intravedeva dalla finestra aperta.

Si alzò dal letto e camminò fino a lì, inginocchiandosi sul davanzale e inspirando l’aria salmastra della notte. La luna non c’era più, il cielo nero era puntellato di stelle che però non riuscirono a tranquillizzarla come facevano di solito.

Di solito, infatti. Perché da quando aveva gli incubi, che erano apparsi dopo qualche giorno il suo ritorno in Superficie, Ariel si affacciava alla finestra e guardava le stelle nel cielo per ritornare con la mente alla sera in cui l’aveva fatto con Eric la prima volta.

- Ariel. Un bellissimo nome. Scritto nelle stelle -

Un brivido le scosse le spalle, se le circondò con le braccia e si mise seduta sul davanzale, il mento poggiato sopra le ginocchia che tremavano ancora.

Era stufa di quegli incubi. Era stufa di vedere ogni notte il volto di Ursula, di sentire la sua risata mista a quella della sua controparte umana.

Era stanca di sentirsi impotente di fronte alla Strega del Mare che le rubava la voce e la usava per ingannare tutto e tutti.

E quando non si trattava di Ursula, era suo padre a comparirle nei sogni: rivedeva ogni notte il momento in cui lui prendeva il suo posto nel patto con Ursula, la quale poi gli scagliava contro i suoi scagnozzi che lo aggredivano con ferocia. Ariel urlava nel sonno vedendo suo padre collassare dopo l’attacco, sparendo sul fondo degli abissi.

Voleva urlare. Avrebbe voluto urlare in quel momento.

Poi si rese conto che avrebbe svegliato l’intero castello, e l’ultima cosa che voleva era far preoccupare le persone che adesso erano diventate parte della sua famiglia.

Soprattutto, si disse affondando la faccia nelle ginocchia, non voleva far preoccupare Eric.

Cosa avrebbe potuto dirgli? Che da quando era tornata sulla terra era costantemente tormentata da incubi che ritraevano Ursula intenta a strapparle via tutto ciò che amava di più? Cosa avrebbe pensato Eric di tutto questo? Che lei non riusciva ad adattarsi al Mondo in Superficie? Che avrebbe dovuto tornare ad essere una sirena e dimenticarsi di tutto il resto?

Il solo pensiero la fece tremare ancora di più.

Passarono alcuni minuti, e non appena ebbe accettato di non avere nessuna intenzione di rimettersi a dormire, decise di uscire dalla sua stanza per prendere una boccata d’aria.

Magari, si disse avvolgendosi uno scialle sopra le braccia scoperte dalla camicia da notte, il più vicino possibile al mare.

Quando uscì dalla sua camera chiudendosi piano la porta alle spalle, scosse la testa rispetto al pensiero precedente.

No, non voleva stare in prossimità del mare. L’acqua in quel momento le ricordava troppo Ursula, ed era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.

Ariel camminò lungo i corridoi, finché non scese le scale e si ritrovò in corrispondenza dello studio di Eric. La porta era chiusa e accostò l’orecchio per sentire se ci fosse qualcuno all’interno.

Udendo il silenzio assoluto, si fece coraggio e spinse piano l’uscio.

Entrare il quella stanza le diede un sollievo immediato, la stessa sensazione che provava con la sua grotta dei tesori in fondo al mare. Si guardò intorno, catturando con gli occhi ogni scaffale e angolo.

 

 

~

 

- Max, vieni qui! - sussurrò Eric, e il suo cane gli venne incontro scodinzolando. Era notte fonda, e lui non riusciva a dormire.

Non che fosse una novità. Eric era abituato a rimanere sveglio durante la notte.

Specialmente negli ultimi tempi, non era in grado di addormentarsi col canto di Ariel a risuonargli nella testa. E adesso, come se non bastasse, era arrivato anche a sognarla.

Solo che non si trattava di sogni piacevoli.

Si ritrovava a sognare il momento in cui Ariel gli era crollata tra le braccia, la coda che sbucava fuori dal vestito e gli sguardi atterriti dei presenti puntati su di lei. Risentiva la risata stridula e agghiacciante di Vanessa, che subito si tramutava nella Strega del Mare e lo scagliava di lato quando lui faceva da scudo ad Ariel col proprio corpo.

Cadeva a terra, udiva Ariel gridare il suo nome e poi lui si affacciava in tempo per vederla sparire sott’acqua tra le grinfie di Ursula.

Lo stesso sogno a tormentarlo da diverse notti, che lo portava a svegliarsi di soprassalto e ad uscire il più in fretta possibile dalla sua camera per scrollarsi di dosso le immagini ancora vivide.

Chiudeva gli occhi, faceva dei respiri profondi e si concentrava su Ariel, si ricordava che lei era tornata umana e viveva insieme a lui nel castello; osava solo in quel frangente di immaginarsela nel suo letto a dormire beatamente.

Magari, si diceva, senza nessun incubo a perseguitarla nel sonno.

Un sonno che Eric, quella notte, capì che non sarebbe riuscito a recuperare, e allora aveva pensato che il modo migliore di trascorrere una notte insonne fosse sulla spiaggia a giocare con Max, di solito un gran dormiglione ma che aveva una sorta di sesto senso nel capire quando il suo padrone aveva più bisogno di lui.

Come quella notte, in cui si era svegliato insieme a lui e lo aveva seguito per tutto il castello fino ad arrivare lì sulla spiaggia.

Il mare era piuttosto agitato, e ad Eric venne quasi spontaneo domandarsi se la causa non fosse da ricercare nel Re del Mare, triste per la partenza della propria figlia al punto da scombussolare le acque ai piedi del castello.

Eric si rabbuiò: Ariel aveva fatto la sua scelta, aveva scelto di tornare e di stare con lui.

Però, in quel momento ebbe il fastidioso e insinuante pensiero di non essersi soffermato a lungo su quanto difficile e sofferta potesse essere stata quella decisione.

Lei, però, gli aveva ribadito quella sera quanto fosse felice di essere tornata sulla terra, di stare insieme a lui.

Allora perché una parte di Eric continuava a temere che da un momento all’altro l’avrebbe persa di nuovo? Forse... forse erano solamente i suoi incubi ad instillargli quei pensieri.

Max abbaiò così forte da farlo riscuotere dai suoi pensieri.

- Shhh, buono Max, sta’ buono! - Eric si inginocchiò accanto a lui, gli accarezzò la testa e gettò un’occhiata verso il castello, - Non svegliamo nessuno, d’accordo? Buono, sta buono -

Il cane si limitò a tirar fuori la lingua e a mettersi seduto sulla sabbia.

Eric rise e lo imitò prendendo posto accanto a lui; affondò le dita della mano libera nella sabbia, ancora tiepida nonostante l’umidità notturna.

- Perché mi sento così, Max? Perché mi sento sempre diviso fra la gioia di averla con me e la paura di perderla di nuovo? Non ha senso… – si girò verso il cane, che continuava a guardare dritto davanti a sé – Che ne dici, bello? Non hai qualche consiglio da darmi? -

Max si girò verso di lui, lo guardò intensamente per poi rannicchiarsi contro il suo fianco.

Eric si lasciò sfuggire una risata, - Va bene -

 

 

~

 

 

Max trotterellò al suo fianco quando si ritrovarono nell’atrio dell’ingresso.

Eric lo guardò mettendosi un dito sulle labbra – Dobbiamo fare piano, bello. D’accordo? -

Avanzarono fino alla porta del suo studio, ed Eric vide Max precederlo con il naso incollato al pavimento. Stava fiutando qualcosa.

- Cosa c’è, Max? Cosa senti? - bisbigliò Eric venendogli vicino. Il cane continuò a fiutare rumorosamente in direzione della porta dello studio, fino a mettersi davanti all’uscio chiuso e ad abbaiare.

- Shhh, Max! - Eric si inginocchiò accanto a lui, - Cosa c’è? -

Max sollevò una zampa e si mise a raschiare il legno della porta.

- Qui dentro? - domandò Eric, rimettendosi in piedi – C’è qualcuno qui dentro? -

Max abbaiò di nuovo ed Eric allungò una mano per coprirgli il muso e attutire il suono, - Va bene, bello. Va bene, adesso entriamo -

Posò una mano sulla maniglia e non ebbe nemmeno il tempo di aprire completamente la porta che Max era già sgusciato dentro. Lo sentì abbaiare festoso ed Eric entrò a sua volta.

La stanza era avvolta nell’oscurità, fatta eccezione per il bagliore notturno che filtrava dalla finestra aperta. Una sagoma era rannicchiata sopra la sedia, una mappa aperta sulle ginocchia e Max messo lì su due zampe a farle le feste.

- Ariel! - esclamò a mezza voce riconoscendola.

- Ciao – lo salutò lei, accarezzando la testa di Max e mettendo da parte il libro che stava leggendo.

Eric chiuse piano la porta, - Che ci fai qui? -

Ariel si raddrizzò, e lo guardò cauta - Ti dispiace che sia entrata? -

- No! - esclamò Eric, - No, niente affatto. Puoi venire qui ogni volta che vuoi. Questa è casa tua, adesso – dire quelle parole gli riportò alla mente i pensieri fatti sulla spiaggia poco prima, - Ma perché sei al buio? Dovrebbero esserci delle candele qui dentro -

Ariel esitò prima di rispondere, - È che… non ho ancora imparato ad accenderle -

Eric si diede mentalmente dello stupido, - Aspetta – le venne incontro e prese da un cassetto lì vicino due mozziconi di candela e una scatola di fiammiferi.

Max trotterellò fra lui ed Ariel, mettendosi poi su due zampe appoggiato alla scrivania.

- Ecco, guarda – posizionò le candele sul candelabro, tirò fuori un fiammifero e ne strofinò la sommità sulla carta ruvida presente sul bordo della scatola. Quando comparve la fiamma, Ariel ebbe un piccolo sussulto.

Eric avvicinò la fiamma allo stoppino di una candela, che si accese dopo pochi secondi; fece lo stesso con le altre due candele e poteva sentire lo sguardo di Ariel attento su ogni sua mossa.

- Non è così difficile – disse Eric spegnendo il fiammifero e mettendolo da parte – Col tempo imparerai anche tu -

Ariel non disse nulla, si limitò ad osservare a lungo le candele accese, e in quel momento Eric notò un brivido a scuoterle le spalle.

- Accendiamo anche il camino – disse, mettendosi all’opera.

Quando il fuoco cominciò a scoppiettare nel camino, Eric si rivolse ad Ariel – Va meglio, adesso? -

Ariel annuì, ma l’espressione dei suoi occhi di solito sempre ardenti di curiosità adesso sembrava persa.

- Non riuscivi a dormire? - le domandò cauto.

Ariel scosse brevemente la testa – No – qualche istante di silenzio, poi lei gli chiese a sua volta – E tu? -

- Nemmeno io – ammise Eric a voce bassa, e continuò ad osservarla ancora un po’ prima di domandarle – Brutti sogni? -

Poteva essere stato un gioco di luce dovuto al bagliore della candela, ma Eric avrebbe giurato di vederla trattenere il fiato. Nonostante i suoi occhi fossero fissi sul bagliore della candela, sembrava guardare oltre essa. Quasi come se stesse fissando il vuoto.

Eric le vide le dita intrecciate fra loro, le unghie conficcate nella pelle.

- Ariel – la chiamò, sollevando una mano per posarla sulle sue, intrecciate così forte da dargli l’impressione che stesse reprimendo qualcosa.

Lei strinse le labbra e si poteva percepire lo sforzo con cui voleva assumere un tono di voce normale, malgrado continuasse a fuggire lo sguardo di lui, – Sì? -

- Sei sicura di stare bene? -

Ariel annuì bruscamente, ma il suo labbro inferiore ebbe un fremito.

Il panico si impossessò di Eric, un terrore ancora troppo vivido nei suoi ricordi (e anche nei suoi incubi) lo attanagliò, - Ariel – le sussurrò facendosi più vicino a lei, che serrò le palpebre e chinò il capo verso il basso.

Eric ebbe l’impressione che il cuore gli fosse piombato dritto nello stomaco. Non poteva sopportare di vederla così.

- Ariel – la chiamò ancora sommessamente.

Si fece coraggio e le prese con delicatezza il viso fra le mani, sfiorandole gli zigomi con le punte dei pollici. Riusciva a percepire che stava tremando, nonostante lei non stesse muovendo un muscolo e tenesse gli occhi ancora serrati.

Eric sentì una specie di sapore amaro in bocca, una morsa ferrea gli strinse le viscere, - Lo sai che puoi dirmi tutto, vero? Qualunque cosa sia, puoi parlarmene. La affronteremo insieme, io e te -

Ariel scosse piano la testa, - Non posso -

- Perché? -

Ariel sospirò, ma il verso che le uscì dalle labbra risultò strozzato – Non voglio… non voglio che tu ti preoccupi per me -

- Mi sto già preoccupando per te – ribatté Eric con dolcezza, e lei schiuse finalmente le palpebre guardandolo fisso negli occhi, - Dimmi cosa succede -

 

~

 

 

Max dormiva ai loro piedi, mentre il cielo là fuori cominciava a schiarirsi sempre di più.

Sedevano sul pavimento, stretti l’uno all’altra.

Il pollice di Eric disegnava cerchi concentrici sul dorso della mano di Ariel, mentre la testa di lei era poggiata sulla sua spalla.

La udì sospirare pesantemente, - La vedo ogni notte. Sento ancora la sua risata nella mia testa -

La morsa alla bocca dello stomaco di Eric aumentò considerevolmente, - Mi dispiace tanto – le disse, voltando la testa per darle un bacio fra i capelli, - Sono soltanto sogni. Lei non può più farti del male -

- Lo so – mormorò Ariel, così piano che se non fossero stati così vicini non l’avrebbe sentita, - Vorrei solo che uscisse dalla mia testa – pigolò, stringendosi maggiormente a lui.

Eric la circondò con le braccia, la strinse in modo che la testa poggiasse sul suo petto mentre le braccia di lei si aggrappavano alla sua schiena.

Odiava vederla così, e soprattutto odiava sentirsi così impotente: anche lui soffriva di incubi, sapeva che per quanto ci si potesse sforzare molte parole di conforto non servivano a nulla. Ripensò a quando si erano conosciuti, alla sorprendente maniera con cui lei riusciva a farsi comprendere pur senza poter dire una parola: era una delle cose che sin da subito lo avevano colpito di più di lei, la sua capacità di comunicare con lui attraverso gesti e sguardi che valevano mille e mille volte di più di discorsi e parole.

- Mi dispiace di averti fatto preoccupare – esordì Ariel a bassa voce.

- Non dirlo neanche – la tranquillizzò Eric, scostando il viso per lasciarle un altro bacio fra i capelli, - Io vorrei che ci dicessimo tutto, senza nascondere nulla. Per affrontarlo insieme -

La sentì annuire contro il suo petto, e continuò ad accarezzarle la testa con movimenti lenti.

- Sai, - cominciò Eric dopo un po’, - anche io faccio molti incubi ultimamente. Sogno sempre il momento in cui ho scoperto la verità e lei ti ha portato via – una stretta al petto rischiò di farlo vacillare nel suo racconto, ma doveva essere forte per lei in quel momento – Ogni notte mi sveglio con la paura che sia vero -

Ariel sollevò il viso verso di lui, lo guardò negli occhi – E dopo? -

Eric sorrise, - Faccio un respiro profondo e rivedo con la mente il ricordo del giorno in cui sei tornata – le scostò i capelli dal viso, facendo scorrere i polpastrelli sulla sua pelle – Nella mia mente è impresso ogni singolo dettaglio. Il tuo vestito azzurro, i tuoi capelli bagnati sulla schiena, i tuoi occhi… - un nodo gli strinse la gola nel vedere il modo in cui lei lo stava fissando, - Il modo in cui tu ti sei stretta a me, come se… come se non volessi lasciarmi andare... Il nostro bacio -

Ariel sollevò una mano e gliela posò sopra la guancia, il cuore di Eric cominciò a palpitare forte e un calore ardente prese a spandersi dal suo petto fino alle estremità.

- Come fai a capire che è reale? - domandò Ariel, - Ogni volta che mi sveglio controllo di avere ancora la mia voce, perché nel mio incubo tutto sembra sempre reale, vivido -

- Lo so – annuì Eric, - Però… - esitò, non sapendo bene come dirle cosa lo aiutava a tenere la mente lucida rispetto all’orrore mostratogli dagli incubi.

- Cosa? - lo esortò Ariel dolcemente.

Eric inspirò a fondo, prima di dire a bassa voce – Capisco che è reale perché… Perché non sarei mai capace di sognare qualcosa di così bello, così… reale, vivo. Quando ti ho baciata, ho capito che eri lì con me – rispose infine in un soffio.

Ariel lo fissava con lo sguardo ampio, ed Eric pensò che avrebbe potuto trascorrere ore intere a non fare nulla a parte perdersi nella profondità dei suoi occhi: grandi e scuri, ma che contenevano un mondo pieno di meraviglie da esplorare, infinitamente molto più invitanti di qualsiasi luogo visibile sulle sue mappe.

Si osservarono per qualche secondo, quasi fossero in attesa di qualcosa. Poi Ariel gli mise una mano sul collo, lo attirò a sé e lui arrivò a toccarle le labbra con le proprie.

Fu un bacio delicato, all’inizio: le loro labbra si toccarono quasi timidamente, per poi farsi sempre più audaci nell’esplorarsi a vicenda. In quel momento, col cuore che palpitava incessante nel petto, Eric desiderò fissare nella memoria ogni piega e increspatura della bocca di Ariel, raccogliendo l’immagine e serbandola nella sua mente come con gli oggetti presenti in quella stanza.

Le raccolse il viso con una mano mentre l’altra era premuta sulla sua schiena, affondata fra i lunghi capelli di lei: profumava di fiori e salsedine, un aroma intenso che gli invase le narici e che lui inspirò fino in fondo all’anima.

La sentì aggrapparsi alle sue spalle, poi passare una mano sul suo collo e infine avvertì le sue dita delicate affondare fra i ricci.

Fu il bisogno d’aria a farli separare, e quando riaprirono gli occhi si stupirono nel vedere i loro volti trasfigurati da ciò che era appena successo.

- Questo – cominciò Ariel in un bisbiglio appena percettibile, - Questo è reale -

- Sì – rispose Eric senza fiato, - È reale -

Ariel schiuse le labbra in un sorriso, e i suoi occhi tornarono limpidi di gioia come di consueto.

Rimasero ancora un po’ abbracciati, finché Eric non si alzò per raccogliere una coperta che teneva lì dentro quando faceva freddo e non aveva nessuna intenzione di uscire dal suo studio. Li avvolse entrambi, e Ariel si raggomitolò al suo fianco.

- Non voglio tornare in camera mia – rivelò lei dopo un po’.

Eric ignorò deliberatamente la vocina nella sua testa che lo metteva in guardia dalla possibilità di farsi cogliere in una situazione del genere l’indomani mattina da qualche membro della servitù, e la strinse forte a sé – Possiamo restare qui per tutto il tempo che vuoi -

- Resteresti con me? - domandò Ariel guardandolo con occhi grandi.

- Sempre – le sorrise Eric, e la avvolse tra le sue braccia.

 

 

~

 

 

Trascorsero il resto della notte fino alle prime luci dell’alba dentro lo studio: parlarono a lungo e rimasero anche in silenzio, senza che questo pesasse su di loro; Ariel volle di nuovo sentire le storie legate ai pezzi della collezione di Eric e di come ne era venuto in possesso. Lui le raccontava ogni cosa con una ricchezza di particolari tale da spingerla a fantasticare vividamente sugli scenari che via via le andava descrivendo.

Si misero anche a curiosare fra i libri e ne trovarono alcuni che catturarono l’attenzione di Ariel: volumi giganteschi sulla nautica e sulle storie dei pirati più famigerati che avessero solcato le acque dei Caraibi; enciclopedie sul mare e le creature degli abissi, dalle più piccole fino a quelle più mastodontiche. Per poi arrivare, col sole appena sorto e i raggi ad inondare la stanza, ad aprire un tomo riguardante la storia del Popolo del Mare.

- Questo me lo diede mia madre quando le dissi che volevo saperne di più sul Popolo del Mare – le spiegò Eric porgendole il libro, - Probabilmente voleva spaventarmi e spingermi così a non solcare acque da lei considerate pericolose – fece un sorrisetto – Non aveva previsto che avrebbe solamente reso più forte la mia sete di sapere -

Ariel si lasciò sfuggire una piccola risata, poi disse – Mio padre faceva la stessa cosa con me e le mie sorelle. Ci raccontava sempre storie terrificanti sugli umani e sulla loro brutalità assassina nei confronti delle sirene -

- Abbiamo proprio avuto una bella infanzia, vero? - scherzò Eric cupo.

Ariel si girò verso di lui, - Volevano proteggerci, ma non si sono resi conto che… - esitò, le risultava difficile ora come ora parlare di suo padre senza automaticamente pensare ad Ursula.

- Che vivere nella paura equivale a non vivere affatto? - concluse Eric.

- Sì – disse Ariel guardandolo intensamente, - Esatto -

- Be’, per noi sarà diverso.  I nostri figli saranno liberi di scoprire il mondo con i loro occhi, senza pregiudizi -

Il cuore di Ariel fece una capriola nel suo petto: era la prima volta che lo sentiva nominare la possibilità di avere una famiglia insieme, dei figli.

Si sentì riempire di gioia, eccitazione e anche un pizzico di paura; sollevò la testa e gli rivolse un sorriso – Avranno le porte del mondo aperte, e li porteremo con noi in moltissime avventure -

- Tra acque inesplorate – aggiunse Eric sorridendole a sua volta.

Ariel annuì – E luoghi che ancora nessuno ha mai visto -

Eric le baciò la guancia e Ariel avvertì il familiare sfarfallio alla bocca dello stomaco.

Aprirono il libro e lo sfogliarono: al suo interno c’erano capitoli dedicati all’origine del Popolo del Mare, l’anatomia delle sirene e dei tritoni, la storia dei Regni dei Sette Mari e le rispettive culture.

- Quindi – cominciò Ariel alternando un’occhiata dal libro ad Eric – È per questo che sai così tante cose sul Popolo del Mare – concluse con un piccolo sorriso.

- Le sirene mi hanno sempre affascinato – rispose lui, - Ho sempre sentito storie terribili sul loro conto, dai miei genitori e dalla mia ciurma. Questo libro, invece, racconta le cose senza pregiudizi -

- Chi l’ha scritto deve aver avuto la mente aperta – dichiarò Ariel, passando un dito sui bordi di lettere che stava a poco a poco imparando a riconoscere, anche e soprattutto grazie all’aiuto di Eric.

- È quello che ho sempre voluto, per me e per gli abitanti dell’isola – fece Eric, e nell’osservarlo Ariel gli vide la stessa intensità negli occhi che l’aveva catturata sin dal primo momento in cui lo aveva visto.

- Guarda la brama nei suoi occhi – aveva detto a Sebastian quando aveva recuperato la statua caduta in mare dopo che la nave era affondata.

- È soltanto con la mente aperta che si può accrescere il nostro sapere – proseguì Eric, - Libri come questi, scritti da pensatori così, possono essere la spinta verso una conoscenza libera da qualunque pregiudizio -

- Sono d’accordo con te – annuì Ariel, - Mio padre ha sempre considerato gli Umani come dei barbari, ma io non ho mai visto le cose nel mondo in cui le vede lui. E più oggetti raccoglievo, più sentivo di essere nel giusto -

- Bisogna combattere per ciò in cui si crede – aggiunse Eric dandole man forte, - Non importa cosa ti dicono gli altri. Possono dirti come devi pensare, come devi agire… -

- Ma alla fine ti fidi solamente di chi sei – concluse Ariel, - E di cosa vuoi davvero -

Gli occhi di Eric sembravano più grandi al bagliore del fuoco nel camino, di una sfumatura che le ricordava la superficie cristallina dell’acqua nelle prime ore del mattino.

- Sì, esatto – annuì Eric.

In quel momento, sotto lo sguardo di Eric, Ariel si sentì come la prima volta che aveva provato a toccare il fuoco: si sentiva bruciare, ardendo dall’interno in una maniera che finora non aveva mai provato prima. Non era spaventata da quella nuova sensazione anzi, la spingeva a volerla sentire sempre di più.

Eric sembrava leggerle dentro in quel momento, dandole l’impressione che anche lui stesse provando la stessa cosa. Poi distolse lo sguardo e si schiarì la voce, tornando a puntare lo sguardo sul libro – Penso che l’autore fosse un abitante dell’isola, comunque -

- Quando sono venuta qui la prima volta, mi hai mostrato le tue mappe – ricordò improvvisamente Ariel, - Mi hai detto che quest’isola era un porto molto ambito diversi anni fa. Cosa è successo? -

Eric strinse le labbra – Mio padre era un sovrano schivo, non si fidava del mondo esterno. Vedeva nemici dappertutto. Si isolava dal resto del mondo, restava chiuso nel suo castello e non mostrava alcun interesse nel voler riallacciare i rapporti con i regni vicini -

Ariel annuì comprensiva, - Mi dispiace tanto -

- Le cose cambieranno – dichiarò Eric mite, - Anche mia madre sembra aver finalmente capito l’importanza di uscire dal nostro isolamento. Insieme – le prese la mano – Insieme possiamo farcela -

- Insieme – ripeté Ariel con la voce al colmo della felicità.

Continuarono a sfogliare il libro, e Ariel rimase affascinata dalle illustrazioni che l’autore aveva realizzato per ritrarre il Popolo del Mare: si trattava di semplici schizzi, molti dei quali in bianco e nero, ma che denotavano il desiderio dell’autore di cogliere i dettagli più significativi. Una dedizione che la commosse.

Ariel si bloccò quando, sfogliando verso la metà del libro, giunse ad un capitolo che non credeva affatto di trovare al suo interno, - Questo è… -

- La Regina del Mare – disse Eric a mezza voce, - C’è un intero capitolo dedicato a lei -

Ariel inghiottì a vuoto, osservando l’illustrazione che ritraeva, in modo un po’ approssimativo rispetto a com’era stata in realtà, la figura di sua madre. Non che la ricordasse granché, dal momento che era molto piccola quando morì.

Ariel sfiorò i bordi del disegno con la punta delle dita, mentre la sua testa prendeva a riversarle addosso il ricordo di lei e del giorno in cui…

- Sai – esordì Eric piano, - È grazie a questo libro se ho avuto modo di comprendere che, forse, l’odio del Re del Mare nei confronti degli umani aveva un motivo valido -

Ariel parlò con voce flebile - Furono un gruppo di marinai ad ucciderla, anche se fu uno solo a lanciarle addosso l'arpione -

- Sì – la voce di Eric tremava di rabbia, e Ariel azzardò un’occhiata verso di lui. Il viso, solitamente sempre gioviale e dolce, adesso era duro e livido di una collera cupa – Durante le mie traversate in mare capitava spesso che alcuni membri della ciurma si sporgessero dal ponte della nave convinti di aver visto una sirena. Ad ogni movimento dell’acqua erano pronti a far scattare l’arpione. Un giorno c’era mancato poco che non colpissero un delfino -

Ariel continuò ad ascoltarlo senza dire nulla.

- Non l’ho mai sopportato – rivelò Eric, - Il Popolo del Mare mi ha sempre affascinato e incuriosito più che terrorizzarmi, come invece è accaduto a mia madre, a mio padre e a molte persone su quest’isola, compresa la mia ciurma – la rivolse un piccolo sorriso e girò alcune pagine del libro – Ed è per questo che ho aggiunto questi alla mia collezione -

Il capitolo a cui l’aveva portata racchiudeva le immagini di alcuni oggetti, tra i quali Ariel riconobbe la sirenetta di giada.

Nel vederla, trasalì: l’aveva sempre tenuta con sé da quando Eric gliel’aveva donata il giorno che si erano conosciuti e lei era finita per sbaglio nel suo studio; quando era stato annunciato il fidanzamento con Ursula sotto mentite spoglie, Ariel aveva lasciato il castello e si era diretta sugli scogli portando con sé la sirenetta.

Stesa su una roccia e con le gambe immerse nel mare, aveva sentito il suo cuore rompersi in mille pezzi e la sua mano si era schiusa sott’acqua lasciando che la sirenetta vi cadesse.

- Ecco, guarda: la mia sirenetta di giada – Eric gliela indicò col dito, e lo stomaco di Ariel fu avvolto in una morsa, - Te l’ho data quando ci siamo conosciuti. Immagino tu ce l’abbia ancora -

Ariel non disse nulla, non si sentiva affatto capace di mentirgli in alcun modo. Specialmente su una cosa così importante per lui.

- L’ho persa – ammise lei in un soffio, - Mi dispiace tanto -

Sentì un tocco delicato sulla guancia, e si voltò: la prima cosa che vide fu il sorriso sulle labbra di Eric, il suo sguardo mite e azzurro come il mare l’avvolse donandole un calore intenso.

- Non fa nulla – disse Eric, lo stesso sorriso delle labbra contenuto nei suoi occhi, - Io ho già la mia sirenetta, qui con me -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota Autrice: Il libro che leggono Ariel ed Eric è ispirato ad un libro associato al film live-action e che è uscito negli Stati Uniti per Disney Books: “The Little Mermaid: Guide To Merfolk” di Eric Geron. Su internet se ne possono vedere alcuni estratti. Un libro molto bello e che dà un’ulteriore chiave di lettura di alcuni dettagli presenti nel live-action (speriamo esca anche in Italia).

 

 

 

 

 

   
 
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