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Autore: Out Of The Blue    01/07/2023    1 recensioni
Rivisitazione in chiave fantasy e dai toni molto leggeri della storia del pesciolino d'oro.
***
“Impedirti di mangiare quei fiori, Wishi, è il motivo per cui ho voluto spaventarti. Sono fiori magici molto pericolosi, perché se mangiati senza che vengano offerti portano ad una morte lenta tra atroci agonie. Se rubati, portano sfortuna al ladro e ai suoi discendenti per otto generazioni. Ma sono anche miracolosi, perché quando donati benedicono il corpo e lo spirito”.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta, sul fondo di un lago di montagna, un pesciolino piccolo ma coraggioso. Aveva da poco imparato a nuotare e voleva esplorare l’intero lago, che era di medie dimensioni ma a lui pareva grandissimo: era il mondo intero. Gli piaceva soprattutto esplorare il fondale, per farsi solleticare le pinne dalle foglie dell’egeria, che cresceva verde e densa, e ogni tanto mangiucchiarne un po’. In questo modo riusciva anche a nascondersi dai lucci e dai pesci gatto per condurre le sue esplorazioni in sicurezza.
Un bel giorno gli parve di intravedere, ben nascosta tra le foglie in una zona remota del fondale, una cosa scura. Con audacia andò a controllare, e notò che si trattava di un crepaccio tra due rocce, che formavano un passaggio verso il basso.
Il pesciolino deglutì ed, emozionato, iniziò la discesa. Il percorso era in penombra, ma la luce era comunque abbastanza da permettergli di vedere fino alle pareti rocciose. Considerando quanto era ben nascosto, il passaggio era sorprendentemente ampio: mettendosi di traverso nemmeno un luccio, il pesce più grande che il pesciolino avesse mai visto, sarebbe riuscito a toccare entrambe le pareti allo stesso tempo con il capo e la coda. Le pareti in alcuni punti avevano un aspetto pericoloso: erano incastonate di pietruzze appuntite e colorate, da cui il pesciolino badò sempre di tenersi lontano, ma che ammirò per la loro graziosità e il modo in cui propagavano la poca luce che filtrava dal fitto manto di egeria del fondale, mantenendo la visibilità sempre sufficiente a permettergli di vedere dove andava.
Ad un certo punto il percorso deviò dolcemente dalla discesa che era stato fino a quel momento e si fece più orizzontale (o, almeno, così pareva al pesciolino, che però stava perdendo il senso dell’orientamento). Dopo alcune altre svolte, quando nonostante i cristalli la luce che filtrava dal fondale del lago si era quasi completamente affievolita e il pesciolino stava meditando di tornare indietro per non perdersi, la galleria si aprì verso l’alto in una meravigliosa grotta sotterranea le cui pareti, di colore marrone ma in alcuni punti anche azzurrino, erano piene zeppe di pietre luminose di tutti i colori, e il cui fondale era un prato di fiori rosa, gialli e rossi. Il pesciolino li riconobbe per i petali, vagamente simili a quelli che ogni tanto, tra la primavera e l’estate, cadevano nell’acqua del lago dagli alberi che crescevano vicino alla riva, volteggiando fino al fondale. Di tanto in tanto cadevano anche dei fiori interi, ed era per quello che il pesciolino era riuscito a riconoscere i fiori che ora aveva davanti a sé. Ma non ne aveva mai visti tanti tutti insieme in un’unica volta!
Curioso, stava per addentarne uno per assaggiarne il sapore, quando fu interrotto da un suono spaventoso.
“Chi disturba il mio sonno?”, rombò la voce più cavernosa che il pesciolino avesse mai sentito.
Girandosi attorno, vide che nell’insieme di rocce colorate qualcosa era cambiato: varie parti ora stavano scorrendo l’una sull’altra e qualcosa, sul fondo, era comparso: due grandi occhi gialli, con le pupille a fessura, erano fissi su di lui.
“Ti ho sentito arrivare, avannotto, cosa ci fai qui?”, continuò l’essere con quello che per il pesciolino aveva tutta l’aria di essere un ringhio.
Il pesciolino si fece piccolo piccolo e nuotò in preda al panico verso l’alto, il più lontano possibile dal ringhio della creatura annidata nel tappeto fiorito. Quando nella fuga per un attimo finì fuori dall’acqua vide, per un istante, che non tutta la grotta era sommersa, e che anzi la parte all’aria aperta non era neanche propriamente una grotta, perché in alto c’erano alcuni spiragli da cui filtrava la luce che, sott’acqua, si rifletteva sulle gemme delle pareti. Le gemme, osservò inorridito, erano particolarmente numerose sul corpo della gigantesca creatura dagli occhi gialli! Non era una roccia, realizzò il pesciolino, ma il corpo di un gigantesco essere dalla forma allungata, simile a una biscia d’acqua ma immensamente più grande: capì che le rocce in parte blu, che ora stavano scorrendo l’una sull’altra, erano in realtà parte del corpo dell’essere, grande quanto metà della grotta subacquea.
La creatura si erse fino alla superficie dell’acqua e avvicinò il capo al pesciolino. La sua testa era simile a quella di un cavallo, ma con due grosse corna a cui erano attaccate delle piante acquatiche che gli fluttuavano dietro la testa e proseguivano lungo il suo dorso; i denti erano acuminati come quelli dei pesci predatori e, ai lati della bocca, aveva due lunghi barbigli.
Siccome era impegnato a cercare di evitare di toccarli, il pesciolino non rispose con molta sagacia: “V-v-vi chiedo scusa, egregio signore, m-m-ma sono già un pesce giovanile: non ho più il sacco vitellino e ho sia la pinna dorsale che quella caudale… E ho anche quelle laterali, sebbene ancora piccoline…”, il terrore lo faceva farneticare, e la sua voce andò sempre più affievolendosi, fino a diventare un sussurro.
La creatura digrignò i denti ed emise un verso rauco e spezzato, poi allontanò la testa dal pesciolino, che nel frattempo era riuscito a tornare in sé e si era reso conto della colossale gaffe che aveva fatto. Terrorizzato, aspettò con gli occhi chiusi di diventare il cibo di quel serpente lacustre.
Passò un attimo.
Poi, un altro ancora.
Con un po’ di titubanza, il pesciolino riaprì gli occhi.
La creatura ora si era alzata completamente e si appoggiava su degli arti che ricordavano vagamente quelli dei tritoni. Ne aveva quattro, due posteriori e due anteriori, e non dava cenno di volersi avvicinare. Però stava ancora digrignando i denti, e il pesciolino non fiatò.
“Dovrei mangiarti? Hai la carne tenera?”, lo stuzzicò il drago, mostrandogli di nuovo i denti. Poi, proruppe di nuovo in quel verso rauco e spezzato, e il pesciolino si rese finalmente conto che si trattava di una risata, e che digrignando i denti il serpente stava sorridendo.
“Preferirei di no, signore, sono molto piccolo e poco nutriente: mentre voi mangiandomi non sentireste meno fame, e vi cambierebbe poco mangiarmi o no, per me farebbe tutta la differenza del mondo morire o vivere. Per cui, vi prego, abbiate pietà di me”, implorò il pesciolino, cercando l’argomentazione più logica che gli riuscisse.
“Sono d’accordo”, disse la creatura, con gran sollievo del pesciolino, “Inoltre, la carne non la digerisco. Preferisco le alghe e il plancton.”
“Davvero?!”, esclamò il pesciolino, sorpreso. “Ma i tuoi denti aguzzi, allora?”.
“Per difendermi, e difendere il mio lago. Come gli artigli e le squame”, rispose semplicemente l’essere.
“Ma… perdonatemi se sono un po’ sfacciato… è che non ho mai visto nessuno come voi prima d’ora, e sono curioso…”.
“Sì?”, lo incitò il drago.
“Posso chiedervi che cosa siete?”, domandò il pesciolino.
“Sono un drago, pesciolino. Puoi chiamarmi Tajadebahr”.
“Che forza, ti chiami come il lago!”, esclamò il pesciolino, emozionato. Un drago! Era una creatura maestosa, immane! Chissà se tutti i draghi erano come lui…
“No, pesciolino. È il lago che prende il nome da me. È il mio lago, come ti ho detto. E tu invece? Chi sei?”.
“Io sono un carassio, ma non ho un nome”, rispose il pesciolino.
“Ti chiamerò Wishi, che ne pensi? Ti piace?”.
Il pesciolino sorrise: wish-wish-wish era il rumore della sua pinna quando nuotava. Gli piaceva, e lo disse al drago.
“Tajadebahr, come si chiamano quei fiori che crescono sul fondale? Sembrano buoni, posso assaggiarne un bocconcino?”.
“Impedirti di mangiare quei fiori, Wishi, è il motivo per cui ho voluto spaventarti. Sono fiori magici molto pericolosi, perché se mangiati senza che vengano offerti portano ad una morte lenta tra atroci agonie. Se rubati, portano sfortuna al ladro e ai suoi discendenti per otto generazioni. Ma sono anche miracolosi, perché quando donati benedicono il corpo e lo spirito”.
“Mi dispiace, non lo sapevo…”, si scusò il pesciolino, allontanandosi subito dai fiori.
“Tuttavia”, sorrise il drago, con tono paterno, “per il tuo coraggio e la tua gentilezza, te ne donerò un bocconcino da mangiare, che ti permetterà di non dimenticarti di me una volta uscito da questa grotta e di tornare a trovarmi, se vorrai”.
Detto ciò, il drago indicò al pesciolino un piccolo fiore giallo, e Wishi ne prese un bocconcino – non di più – e lo assaporò fino a che non ne ebbe i sensi pieni. Era il petalo più delizioso che avesse mai mangiato, il più soffice che avesse mai toccato, e il più bello che avesse mai visto.
“Grazie, Tajadebahr, è un bellissimo regalo quello che mi hai fatto. Tornerò presto a trovarti!”.
Il pesciolino non se ne sarebbe mai accorto, ma la sua piccola coda si era ornata di arabeschi azzurri come le scaglie del drago.
Mentre lo guardava andare via, il drago sorrise orgoglioso: era passato qualche tempo dall’ultimo pesce che aveva meritato la benedizione, e il pensiero di avere di nuovo un compagno lo solleticava di felicità.

Passarono varie settimane, durante le quali Wishi tornò ogni giorno a trovare Tajadebahr. Il drago era di ottima compagnia: conosceva tante storie, e gli raccontava di tanti posti lontani e di creature che vivevano in mari dall’acqua salata, sulla terraferma o nei cieli.

Un brutto giorno di primavera, però, mentre saliva in superficie ad ammirare i petali cadere dai fiori degli alberi, Wishi abboccò all’amo di un pescatore.
“Aiuto, aiuto!”, gridò Wishi, disperato.
Il pescatore lo prese, lo mise in un secchiello, e si chinò a guardarlo. Aveva il naso e le orecchie appuntite, la pelle ambrata e gli occhi azzurri, e dietro la testa portava una lunga treccia di capelli argentei.
“Eccoti!”, disse. “Da mesi ti cerco, pesciolino parlante! Finalmente ti ho trovato!”.
“Ti prego, lasciami andare!”, disse il pesciolino. “Ci sono tanti pesci nel lago, molto più grandi di me, che ti sfameranno meglio!”.
“Oh, non è la fame il problema”, disse il pescatore, e gli indicò il secchio accanto, in cui aveva sistemato due trote. “Il problema siamo io e mia moglie, che non riusciamo ad avere figli, e un mago ha detto che portandogli un pesce parlante del lago Tajadebahr avrebbe fatto in modo che ne avessimo!”.
“Ti prego, lasciami andare, e troverò il modo di aiutarti. Non te ne pentirai, te lo prometto”.
Il pescatore, che era un elfo, alle parole “te lo prometto” sorrise, e stette in silenzio per un po’. Dopodiché, annuì e disse: “L’hai promesso ad un elfo, e la tua promessa è vincolante. Domani a quest’ora tornerai in questo punto del lago, e mi porterai la tua soluzione. Se non tornerai, sarai irresistibilmente attratto dal mio amo finché, in preda alla pazzia, non abboccherai di nuovo, e ti scambierò col mago per la sua pozione”. Dopodiché, lo versò nel lago.
Il pesciolino corse subito a nascondersi tra l’egeria del fondale, e quando la barca del pescatore si fu allontanata corse subito dal drago.
“Tajadebahr, Tajadebahr!”, chiamò, trafelato. “È successa una cosa orribile: sono stato pescato da un elfo, che mi ha liberato a patto che gli porti una cura per la moglie, e se non gliela porto mi ripescherà e mi trasformerà in una pozione!”.
“Calmati, Wishi, e raccontami bene quello che è successo”, rispose il drago, accogliendolo tra la sue zampe.
Tajadebahr ascoltò con attenzione il suo racconto, e poi si fermò a riflettere.
“Non dovrebbe fidarsi di un mago: sono creature macchinatrici e ambigue. Non ti voglio nelle mani di uno di loro. D’altra parte, per il modo in cui ti ha vincolato alle tue parole, non gli si può neanche fare dono di uno dei fiori del lago per curare la moglie…”.
Il drago si mise a nuotare in tondo, pensieroso, creando una corrente che trascinò Wishi dietro di lui.
“Oh, scusami”, disse il drago appena se ne accorse, e si fermò piano piano per non farlo andare a sbattere.
“Ora, ascoltami bene”, disse una volta che l’acqua fu di nuovo calma, "e domani ripeterai all’elfo queste esatte parole…”.

Il giorno dopo il pesciolino tornò nel punto del lago pattuito. Presto vide la barca avvicinarsi, con il pescatore ai remi e un’altra figura seduta insieme a lui.
Era una donna della stessa età del pescatore, giudicò il pesciolino non appena la barca lo raggiunse. Doveva essere la moglie. A differenza dello sguardo del pescatore, che era duro, quello della moglie era speranzoso. Il drago aveva previsto che sarebbe potuta venire insieme al marito, e gli aveva dato istruzioni anche per questa eventualità.
“La soluzione al vostro problema non sarà immediata. Il lago Tajadebahr non è buono con i prepotenti, ma aiuta chi dimostra di meritare i suoi doni”, iniziò Wishi.
Il pescatore serrò le labbra; sua moglie annuì, attenta.
“Tu e tua moglie sarete fertili, pescatore, se mi scioglierai dalla mia promessa e pazienterai un anno sacrificando parte del tuo tempo come ti dico. In primavera ogni mattina intreccerai una corona di fiori profumati e la appenderai ad un albero, finché alla fine della primavera tutti i rami di tutti gli alberi non saranno adornati. D’estate danzerai attorno al lago dal tramonto a mezzanotte come se fosse ogni giorno il solstizio d’estate. D’autunno ogni giorno donerai un mirtillo, una mora o un lampone ad un pesce del lago, e poi raccoglierai dagli alberi una delle corone secche di fiori. D’inverno, ogni sera al tramonto brucerai una delle corone di fiori recitando un’ode alla Luna. Se farai così, il primo giorno della prossima estate il lago Tajadebahr ti donerà un fiore da cui ricaverai una tisana che farai bere a tua moglie. La tisana vi darà un figlio o una figlia il primo giorno della primavera successiva”.
Il pescatore rimase in silenzio. Il suo volto era una maschera di pietra, insondabile.
“Ed io, pesciolino, posso fare qualcosa per aiutare mio marito in questi sacrifici?”, chiese la donna.
Il pesciolino non rispose direttamente alla donna, e chiese al pescatore: “Pescatore, accetti il dono del lago alle condizioni del lago?”.
Il volto del pescatore rimase indecifrabile, finché la donna non gli si avvicinò per sussurrargli qualcosa all’orecchio. Dopodiché, sospirò e annuì.
“Sì, pesciolino, accettiamo l’opportunità che il lago ci offre. Ti sciolgo dalla tua promessa”.
“Hai scelto bene”, rispose il pesciolino. “Se non avessi promesso di fare come ho chiesto, gli spiriti del lago avrebbero rovesciato la vostra barca e vi avrebbero annegati”.
Rivolgendosi alla donna, con tono più mite, il pesciolino disse: “Poiché ti sei offerta spontaneamente di sostenere tuo marito aiutandolo nei suoi sacrifici, due stagioni saranno sufficienti affinché il lago vi doni il fiore magico, e il frutto del vostro seme nascerà presto e crescerà sano”.
Infine, il pesciolino si avvicinò fino a toccare con la bocca la mano della donna, e poi con un balzo sparì tra i flutti.

A seguire, durante tutta la primavera, gli alberi si decorarono man mano di ghirlande fiorite, che rendevano il lago pittoresco come non lo era mai stato. Durante l’estate, ogni sera l’aria era rallegrata da musiche frenetiche e danze. Il primo giorno d’autunno, Wishi si avvicinò alla riva e chiamò il pescatore: gli aveva portato in dono uno dei fiori rossi della caverna del drago, e il pescatore, per la prima volta, gli sorrise e gli porse in dono, oltre al mirtillo, una mela fatata dal sapore divino. Durante l’inverno la pancia della donna era visibilmente sporgente, e ogni sera, quando i due elfi bruciavano le corone di fiori insieme a resina, corteccia e foglie secche, l’aria della zona circostante la casa del pescatore si profumava d’incenso.
Il primo giorno di primavera nacque una bellissima bambina sorridente, che subito venne battezzata dalla coppia nelle acque del lago per ringraziare del dono ricevuto. Recava attorno all’ombelico gli stessi arabeschi che decoravano la coda del pesce, e in onore del lago i genitori la chiamarono Tajadesin.

  
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