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Autore: Bombay    02/07/2023    1 recensioni
Dal testo: - “Le orme sulla sabbia si cancellano quando arriva l’onda, devi seguire il tuo sentiero non il mio” -
Challenge: “Spighe - challenge del weekend” - organizzata dal gruppo Facebook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Takeru Oikawa, Tooru Oikawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Come spighe nel blu'
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Orme

Challenge: “Spighe - challenge del weekend” - organizzata dal gruppo Facebook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”

Prompt: “Tiro più forte di quanto pensi” di Elena Altamura

 

Genere: introspettivo, malinconico

Tipo: one shot

Raccolta: Come spighe nel blu

Personaggi: Tooru Oikawa, Takeru Oikawa

Coppia: yaoi

Rating: PG, verde

Avvertimenti: slice of life, missing moment

PoV: terza persona

Spoiler: sì, post time skip

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Haruichi Furudate. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

 

Orme

 

Le ombre della sera si allungavano sul parco giochi, che a poco a poco si era svuotato.

Il pallone rotolò ai suoi piedi, lo raccolse con un sorriso, mentre il bambino poco distante da lui si imbronciava.

“Non era male” lo rassicurò.

“Tiro più forte di quanto pensi” brontolò incrociando le braccia sul petto.

“La potenza è importante, ma conta anche la precisione e mandare il pallone dove vuoi tu” gli spiegò lanciandogli la palla e il bambino riprovò a fare una battuta.

“Uffa!” sbottò.

“Andiamo a casa prima che tua madre mi chiami preoccupata” lo spronò, ma il bambino scosse la testa “Facciamo qualche altro palleggio insieme” propose e Tooru non seppe dirgli no.

Quando i lampioni si accesero e Oikawa sentì il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni, fermò il pallone.

“Andiamo, si è fatto davvero tardi”

Takeru gli corse incontro e gli circondò la vita con le braccia, nascondendo il viso nella sua maglietta.

“Mi mancherai, Tooru” bisbigliò e l’alzatore sentì il respiro mancargli nei polmoni tutto d’un tratto, dovette deglutire un paio di volte per poter rispondere: “Mancherai tanto anche a me”

“Quando sarò grande mi porterai in Argentina con te?”

A Tooru si riempirono gli occhi di lacrime, da quando suo nipote era nato lo aveva visto crescere, era stato con lui nei momenti importanti, nelle vittorie e nelle sconfitte, sarebbe stato difficile per entrambi.

“Quando sarai grande potrai scegliere la tua strada da solo” mormorò riuscendo a trattenere le lacrime.

“Io voglio diventare come te, tu sei il migliore” esclamò sollevando la testa e guardando lo zio da sotto in su.

Come si fa a spiegare ad un bambino di sette anni, perché si compiono determinate scelte?

“Ne riparliamo tra qualche anno ok?”

 

Nove anni dopo…

 

L’aeroporto di Tokyo era a dir poco affollato, giornalisti, televisioni ed atleti che provenivano da tutto il mondo.

L’emozione di trovarsi ai Giochi Olimpici, unita a quella di essere a casa, lo destabilizzava parecchio.

Vide la propria famiglia appena le porte del gate si aprirono, li abbracciò ad uno ad uno, Takeru era cresciuto tantissimo, le foto che gli mandavano non gli rendevano giustizia, ma era passato davvero tanto tempo.

 

Sua sorella lo afferrò per il braccio “Dobbiamo parlare” gli disse, era preoccupata, glielo si leggeva in faccia e Tooru sapeva benissimo perché, lui riuscì solo ad annuire prima di seguire la propria squadra sul pullman.

 

Così tra una partita e l’altra Oikawa era riuscito a incontrarsi con sua sorella prima e con Takeru dopo.

Seduti sull’altalena di un anonimo parco giochi a Tokyo, che vista l’ora era semi deserto, nessuno dei due parlava, il cigolio delle catene scandiva il tempo che passava fino a quando non fu il più giovane a rompere il silenzio: “Mamma ti ha parlato, vero?”

“Sì” rispose sinceramente, mentirgli avrebbe solo peggiorato le cose. “Vuole che ti convinca a lasciar perdere, ma sarebbe ipocrita da parte mia, viste le scelte che ho compiuto in questi anni. Quindi non lo farò”

Il ragazzo sorrise “Quindi potrò venire in Argentina con te?”

Tooru scosse la testa “No, devi finire il liceo” disse lapidario, suo nipote non era più un bambino, era cresciuto, sia in altezza ed il suo fisico si era irrobustito, ma ai suoi occhi era sempre il ragazzino con cui giocava al parco e che accompagnava agli allenamenti.

“Lo Shiratorizawa ci ha battuto, niente nazionali quest’anno”

Oikawa non poté fare a meno di sorridere “La storia si ripete” mormorò tra sé, nonostante gli avesse consigliato di tentare gli esami per essere ammesso all’Accademia Shiratorizawa, Takeru aveva deciso di andare all’Aoba Johsai e seguire le sue orme una volta di più.

“Non credere che sia stato tutto rose e fiori…” iniziò “E poi a casa ho lasciato tanto… troppo…” mormorò seguendo il volo di una falena verso la luce del lampione.

“Iwaizumi” disse e Tooru sorrise al ricordo di quando Takeru li aveva beccati a baciarsi e lui aveva dovuto spiegare al nipote cosa stava succedendo, ma il ragazzino con la schiettezza dei bambini aveva scrollato le spalle e detto: - Se vi volete bene che problema c’è? -

“Non solo, mamma, papà, mia sorella, te… oltre al mio paese, alla mia bandiera” aggiunse, aveva sofferto di solitudine in quegli anni, nonostante i successi che aveva inanellato.

“La strada è già spianata da te… io voglio seguire le tue orme” asserì con impeto scendendo dall’altalena.

Tooru scoppiò a ridere scuotendo la testa “No… la strada è tutta in salita, anche se ti raccomandassi a una squadra, cosa che non farò, non sarebbe semplice, solo perché hai il nome Oikawa stampato sulla maglietta”

“Ma…”

“Le orme sulla sabbia si cancellano quando arriva l’onda, devi seguire il tuo sentiero non il mio” gli disse alzandosi in piedi a propria volta, posandogli le mani sulle spalle, guardandolo dritto negli occhi, gli sembrava di vedere sé stesso alla sua età, lo comprendeva meglio di chiunque altro.

“Ascolta, non ti dirò di rinunciare alla pallavolo, ma metti sul piatto della bilancia quello che sei disposto a sacrificare per lei” consigliò con impeto passandosi le mani sui capelli, come fargli capire come comportarsi.

“C’è qualcuna o qualcuno che ti interessa?” chiese vedendo le guance del nipote imporporarsi a quella domanda ed annuire piano.

“Sì una ragazza… è bellissima…” bisbigliò imbarazzato fissandosi la punta delle scarpe da ginnastica.

“Se c’è tempo mi piacerebbe conoscerla” gli disse complice, dandogli una spintarella.

“Verrà domani a vedere la partita Polonia-Giappone” mormorò e Tooru inarcò un sopracciglio curioso.

“Suo fratello gioca nella nostra nazionale”

“Chi?”

“Hinata”

“Non ci posso credere!” esclamò diverto, doveva parlare con Shoyo; ci potevano essere dei risvolti davvero interessanti.

Il ragazzo si alzò “Devo andare, devo tornare in hotel, ci vediamo domani”

“Takeru un’ultima cosa…”

 

Altri anni dopo…

 

Lo stadio era gremito in ogni ordine di posto, quella finale era attesa da molti.

“Sono degli ottimi posti!” esclamò la donna sedendosi al suo fianco.

“Anche se non gioco più, ho ancora molte conoscenze nel settore; è il minimo, che mi procurassero i posti migliori” rispose l’uomo con uno smagliante sorriso.

“Dopo tutto c’è mio nipote in campo, in qualche modo il mio nome viene ancora osannato”

“Sei arrogante esattamente come quando avevi diciassette anni” gli rimbrottò sua sorella dandogli un piccolo spintone, mentre l’Argentina e il Giappone entravano in campo per quella finale.

“Takeru, non mi ha mai raccontato quello che vi siete detti, quella sera al parco”

Tooru fissava il campo osservando i giocatori schierati sul terreno di gioco.

“Che non serve andare dall’altra parte del mondo per afferrare i propri sogni” confidò “E che chi resta a casa soffre tanto quanto soffri tu…” aggiunse vedendo negli spalti inferiori una nota testa rossa, mentre al suo fianco prendeva posto un altro uomo e porgeva ai due fratelli delle bibite.

“Sta per iniziare, Iwa-chan” sussurrò intrecciando le dita con quelle dell’altro.

“Non mi abituerò mai al tuo cognome sulla maglia del Giappone” gli confidò Iwaizumi baciandogli le labbra.

“Nemmeno io, Hajime, nemmeno io”

   
 
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