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Autore: LorasWeasley    02/07/2023    1 recensioni
AU [kuroken]
"Dovrebbe esserci una sorta di avvertimento quando stava iniziando una giornata di merda, come un piccolo allarme che non appena sveglio informava: “Buongiorno, spero tu abbia dormito bene, perché oggi cambierà tutta la tua vita e non in bene, divertiti!” oppure un “Buongiorno, per il tuo bene ti consiglio di non lasciare il letto oggi, ci risentiamo domani se la situazione cambia, buon riposo!”.
Ma non esisteva alcun tipo di allarme e, quella mattina, Kuro si svegliò come al solito tranquillo e riposato. Erano le vacanze estive del suo terzo anno di liceo e aveva in programma di passare la sua giornata con Kenma, come tutte le altre del resto."
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mamma di Kuro
 
Dovrebbe esserci una sorta di avvertimento quando stava iniziando una giornata di merda, come un piccolo allarme che non appena sveglio informava: “Buongiorno, spero tu abbia dormito bene, perché oggi cambierà tutta la tua vita e non in bene, divertiti!” oppure un “Buongiorno, per il tuo bene ti consiglio di non lasciare il letto oggi, ci risentiamo domani se la situazione cambia, buon riposo!”.
Ma non esisteva alcun tipo di allarme e, quella mattina, Kuro si svegliò come al solito tranquillo e riposato. Erano le vacanze estive del suo terzo anno di liceo e aveva in programma di passare la sua giornata con Kenma, come tutte le altre del resto.
Le loro giornate consistevano nel giocare ai videogame nelle ore più calde, chiusi in camera con il condizionatore, per poi andare a giocare a pallavolo fuori quando ormai il sole era in procinto di tramontare. Il tutto intervallato da gelati, insulti, baci e coccole.
Se ci fosse stato un allarme, sarebbe diventato assordante quando suonarono al campanello della porta d’ingresso di casa Kuro e avrebbe fatto di tutto per impedire al ragazzo di aprire la porta.
Ma, come già detto, l’allarme non esisteva e Tetsuro si alzò tranquillo, lasciando la sua colazione a metà, per andare ad aprire alla porta d’ingresso prima del padre.
La persona che si trovò davanti era una donna non troppo giovane, aveva una valigia in mano ma Tetsuro era sicuro di non averla mai vista.
La donna gli sorrise raggiante, poi lasciò la valigia e si affrettò a stringerlo tra le braccia, esclamando quello che cambiò la vita di Kuro Tetsuro in un semplice istante -Il mio bambino! Come sei diventato grande!
 
Kenma si svegliò da solo quella mattina e già questo gli fece capire che c’era qualcosa che non andava. Perché non c’era stato un solo giorno dall’inizio delle vacanze che Kuro aveva saltato dall’irrompere in casa sua per svegliarlo nel modo più rumoroso possibile perché “non possiamo sprecare queste vacanze!”. I suoi genitori lavoravano entrambi, ma avevano ormai dato a Tetsuro una copia delle chiavi, quindi quello non l’aveva mai bloccato.
Diede un’occhiata all’orologio e vide che erano le undici e mezza, questo lo fece preoccupare ancora di più, soprattutto quando appurò che nessun nuovo messaggio o chiamata era presente sul proprio cellulare, così si affrettò ad alzarsi. Si cambiò velocemente indossando dei pantaloncini di tuta e una vecchia maglietta con un logo nerd che Kuro gli aveva regalato alla loro ultima fiera del fumetto. Scese fino all’ingresso e qui indossò velocemente delle infradito e un cappello per il sole, poi si lasciò la propria casa alla spalle per raggiungere quella dell’altro.
Suonò alla porta e si dondolò sul posto in ansia, ma più nessuno gli apriva e più questa aumentava.
Passarono dieci secondi e suonò nuovamente. Quando stava per suonare una terza volta con più urgenza, fu Ryoko Kuro ad aprirgli.
L’uomo che aveva imparato a conoscere come sempre solare e disponibile, che aveva trattato Kenma come suo figlio fin dal primo giorno che questo era stato invitato in casa loro, adesso aveva il volto pallido, sembrava stanco e per la prima volta non lo invitò ad entrare dentro.
-Scusa Kenma, non credo che sia un buon momento.
Ma il mezzo biondo non gli permise di chiudere la porta e si affrettò a chiedere -Dov’é Kuro?
Prima che il padre del suo ragazzo potesse rispondergli, una nuova figura raggiunse l’uomo alla porta: era una donna che sembrava avere la stessa età dell’uomo, aveva dei tratti del volto che Kenma conosceva, anche se era sicuro di non averla mai incontrata.
La donna fece un guizzo interessato nel vederlo e si rivolse direttamente a lui -Oh ciao, sei un amico di mio figlio?
Kenma sentì il sudore sul suo corpo ancora al sole che si gelava, capì subito perché la donna aveva dei tratti familiari: perché erano quelli di Tetsuro.
Il suo respiro si fece più veloce e il suo sguardo preoccupato tornò nuovamente su Ryoko, poi con urgenza domandò di nuovo -Dov’é Kuro?
L’uomo sospirò afflitto e aprì un po’ di più la porta, limitandosi a sussurrare -si è chiuso in stanza.
Kenma non perse tempo a correre di sopra.
 
-
 
“La tua mamma ti ha abbandonato!”
“Non è vero! Sta facendo una missione super segreta, tornerà quando avrà salvato il mondo!”
Kenma aveva sentito spesso i bambini della loro scuola prendere in giro Kuro per quel motivo, nonostante lui non fosse mai intervenuto direttamente. Così come aveva sentito Kuro rispondere sempre in modi diversi, ma tutte le storie erano accomunate dall’idea che la madre non se ne fosse andata, ma che fosse in giro per il mondo a fare qualcosa che l’avrebbe resa un’eroina, che sarebbe tornata quando tutto sarebbe finito.
Kenma sapeva che non era vero, ma non aveva ancora capito se Kuro ci credesse davvero o meno a quello che raccontava. Tuttavia, non glielo chiese mai.
 
Erano alle medie quando affrontarono l’argomento mamma per la prima volta.
“Domani è la festa della mamma, cosa comprerai alla tua?” era così che Kuro, con tranquillità, gli aveva posto la domanda mentre tornavano da scuola.
Kenma aveva alzato le spalle “Probabilmente passerò dal kombini a prenderle quei cioccolatini al rum che le piacciono tanto.”
Kuro aveva riso “Regalando cioccolato si va sempre sul sicuro, fai bene. Penso che ne prenderò anche io per mio padre.”
Kenma si era bloccato lanciandogli uno sguardo confuso, non aveva posto domande ma il corvino spiegò comunque “Mi ha cresciuto lui e ha fatto il doppio del lavoro, gli sono grato per questo, si merita dei cioccolatini.”
Kenma aveva sorriso intenerito mentre riprendeva a camminare, non aveva risposto nulla se non un mormorio concorde, ma quel giorno si era innamorato un pochino di più.
 
La seconda e ultima volta che ne parlarono seriamente, fu al primo anno di liceo del corvino.
“Ho letto un libro stanotte e mi ha fatto riflettere.”
“Su cosa?”
“Sentiresti la mancanza di un cane che non hai mai avuto?”
Kenma mise in pausa il suo gioco e alzò su di lui uno sguardo stranito, poi borbottò “Ovvio che no, che razza di domanda è?”
“Già, l’ho pensato anche io. E poi ho anche pensato, perché dovrei sentire la mancanza di un genitore che non ho mai avuto?”
 
-
 
Quando Kenma entrò nella camera del suo ragazzo senza neanche bussare, questo si girò di scatto verso di lui e si rilassò visibilmente nel vedere chi fosse.
-Ehy… scusami se non ti ho svegliato oggi.
Kenma lo scrutò a fondo mentre si chiudeva la porta alle spalle. Il corvino aveva i capelli più spettinati del normale, gli occhi cerchiati di rosso e lo sguardo che guizzava in giro troppo in fretta, le sue mani tremavano mentre continuava a percorrere l’intero perimetro della sua stanza in ansia.
-Kuro- lo chiamò il biondo con voce calma mentre lo raggiungeva e gli poggiava entrambe le mani sulle sue braccia nude, facendolo fermare sul posto -ti va di prendere un bel respiro insieme a me?
-Sto bene- si affrettò subito a specificare l’altro.
-Okay, ma ti va se lo prendiamo comunque?- Kenma aveva iniziato a spingerlo lentamente verso il letto, in modo che fossero entrambi seduti sulla superfice morbida, a quel punto fu Kenma stesso a prendere un profondo respiro mentre aspettava che l’altro lo imitasse.
Kuro ci mise qualche secondo di troppo, ma infine lo seguì.
-Bravo, così- Kenma gli sorrise mentre alzava le mani per accarezzargli il viso -concentrati su di me.
Passò molto tempo prima che Kuro si rilassasse davvero e, quando finalmente lo fece, i suoi occhi si riempirono di lacrime e in un mormorio rotto domandò -Cosa ci fa qui? Non la voglio, perché è dovuta tornare?
A Kenma si strinse il cuore mentre si allungava per abbracciarlo e consolarlo -Andrà tutto bene, ne sono sicuro.
Kuro pianse silenziosamente contro la sua maglia e Kenma lo lasciò sfogare.
 
La vita di Tetsuro era stata stravolta in un istante e per le prime ore non riuscì davvero a comprenderlo. La sua mente era confusa, pulsava per tutte le nuove informazioni che aveva ricevuto e non riusciva neanche a capire quali sentimenti stesse provando.
Non aveva capito di essersi scollegato dalla realtà né che stava al limite dall’avere un vero e proprio attacco di panico. Se ne rese conto solo quando arrivò Kenma, colui che l’aveva fatto respirare e che gli aveva promesso che sarebbe andata bene, che avrebbero affrontato qualsiasi cosa.
Kenma aveva sempre migliorato le sue giornate, Kenma era la sua roccia e con lui al suo fianco sentiva di poter fare tutto, anche essere debole.
Si sfogò, pianse per la sua frustrazione e cercò di mettere in ordine i suoi pensieri e i suoi sentimenti.
Kuro non sapeva neanche come si chiamasse quella donna, sua madre.
Quello che sapeva era che, i primi sentimenti che provò furono la confusione e una sorta di eccitazione: confusione perché non era certo qualcosa che si sarebbe mai potuto immaginare, eccitazione perché adesso anche lui poteva dire di avere una madre.
Successivamente provò rabbia: dove era stata tutto questo tempo? Perché non aveva mai provato a contattarlo in alcun modo? Cosa voleva da loro? Come si permetteva di entrare nella loro vita come se niente fosse e stravolgerla?
Pensò e rifletté tanto su quei sentimenti e arrivò alla conclusione che era solo arrabbiato, che era quello il sentimento che vinceva su tutto e che non avrebbe permesso a quella sconosciuta di rovinare la sua estate o la sua vita.
Si staccò dall’abbraccio di Kenma e lo guardò risoluto mentre prendeva la sua decisione -Vado giù.
Un lampo di preoccupazione passò negli occhi dorati del più piccolo, ma annuì subito per dargli supporto e lo seguì in quello che voleva fare.
 
Quando Tetsuro raggiunse il soggiorno dove entrambi i suoi genitori erano ancora accomodati, la rabbia dell’adolescente aumentò nel vedere in che condizioni fosse suo padre.
-Tesoro! Finalmente ti sei calmato?- esclamò la sconosciuta mentre il suo volto si illuminava e si alzava per raggiungerlo.
Kuro scansò le sue mani e le rivolse uno sguardo schifato -Non toccarmi e non chiamarmi con nessun soprannome.
Il tono che utilizzò lasciò spiazzati tutti all’interno della stanza, ma non era un problema del ragazzo che infatti continuò -Voglio che tu vada via da casa nostra.
-Cosa? Che stai dicendo? Sono tua madre, sono venuta qui per…
La risata di Tetsuro la interruppe -Tu non sei mia madre! Smettila di dirlo! Sei solo una sconosciuta che ha preteso di entrare in casa nostra con una valigia al seguito, dove cazzo sei stata tutti questi anni?
-Non capisci!- la donna adesso si stava agitando -Io non ero…
Kuro sapeva cosa stava per dirgli: “non ero pronta a diventare mamma” “non ero pronta a prendermi cura di te”, lo sapeva ma non voleva sentirlo, avrebbe fatto troppo male.
-Anzi no, non voglio saperlo! Non me ne frega un cazzo di dove sei stata! Per quanto mi riguarda puoi essere stata in una missione segreta per lo stato, in prigione o anche rapita dagli alieni! Come tu non hai avuto bisogno di noi, noi non abbiamo bisogno di te adesso! Papà si è fatto in quattro per non farmi mancare nulla, per essere sia il mio papà che la mia mamma. Come la mamma di Kenma è diventata anche la mia! Sono loro la mia famiglia, non tu. Quindi ti prego di andare via da questa casa subito.
-Tetsuro…
Kuro non voleva sentire alcuna scusa, non voleva sentire alcuna risposta al suo discorso, così si voltò e si diresse alla porta d’ingresso, aprendola in attesa che la donna lasciasse la casa e la loro vita.
E forse non era stato il modo più corretto di comportarsi, forse prima avrebbe dovuto consultarsi con suo padre, cercare di capire cosa provasse lui, cosa volesse lui per la loro famiglia. Il suo cuore, tuttavia, si fece un po’ più leggero quando vide questo sorridergli rassicurante.
Tetsuro non poteva accettarla, non subito almeno. Magari un giorno le cose sarebbero cambiate, magari con calma la donna sarebbe riuscita a conquistare un minimo della sua fiducia, magari avrebbero potuto avere una conversazione normale, una passeggiata al parco e la condivisione di un gelato. Forse, se la donna era davvero sincera nel voler riconquistare quei due uomini, magari sarebbe riuscita a farglielo capire, provandoci giorno dopo giorno per un lunghissimo lasso di tempo.
Erano tante ipotesi, tutte cose che Kuro non poteva sapere adesso, poiché quella era solo una sconosciuta, solo una persona come un’altra che avevano incontrato lungo il cammino.
Quella donna non era la sua famiglia e probabilmente non ne avrebbe mai fatto parte. Perché non era il sangue a stabilire una cosa così importante, ma le azioni con cui si esprimono i sentimenti.
  
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