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Autore: Soe Mame    20/07/2023    2 recensioni
Insomma, Lovino aveva avuto decine di occasioni per scappare e rinunciare alla sua idea demente, ma non scappò e non rinunciò. Perché no. Di certo se ne sarebbe pentito nel giro di qualche ora, probabilmente in concomitanza con l'alba.
[97% monologo delirante di Romano, 2% Spagna stordito, 1% qualcosa, ma di certo non trama.]
[Rating tra il giallo e l'arancione, più albicocca che pesca.]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


Tintinnii


Supponeva potesse andare bene.
Non aveva mai portato anelli ai pollici, quindi ne aveva messo uno solo - La simmetria non era sempre un bene, quindi averne uno solo poteva anche sembrare una scelta ben oculata. Gli orecchini erano vistosi e tintinnavano ad ogni movimento, ma non erano palle di cannone come quelli di sua madre Langobardia. Era capitato che Feliciano glieli rubasse per indossarli, e che poi li facesse indossare anche a lui. Non gli erano mai piaciuti, non voleva rischiare di ritrovarsi delle orecchie da coniglio al contrario perché erano troppo pesanti. Le collane, invece, erano meno bizzarre - Tra l'altro, ora che le stava indossando da un po', non erano più blocchi di ghiaccio contro la pelle nuda, e lo stesso valeva per bracciali e cavigliere. La tiara... La tiara di suo era bella, ma c'era il ricciolo che smorzava qualsiasi pretesa di serietà.
Lovino sospirò. O meglio, inspirò il più possibile, ed espirò il più possibile. Il bastardo era ancora tenuto in ostaggio dai sovrani e non aveva idea di quando si sarebbero stancati di lui e l'avrebbero rilasciato senza riscatto. Suppose di potersi dare un'ultima occhiata allo specchio - La quinta ultima occhiata, ma la parola "ultima" era sopravvalutata nel suo significato letterale.
Si specchiò. Sì, il ricciolo lo faceva sembrare quasi comico. Se se lo fosse appuntato da qualche parte, sarebbe stato stupido, ed era certo gli avrebbe anche dato una sensazione strana. Il resto, invece, era perfetto - Nondimeno, l'aveva pensato lui. Anelli su nove dita, tre collane di grandezze diverse calcolate al centimetro (con notevoli arrotondamenti per eccesso o difetto), una tiara che stava facendo del suo meglio, orecchini, bracciali e cavigliere - Indefiniti chili di oro scintillante forgiato dai migliori orefici spagnoli in terra spagnola estratto da qualche parte in Europa (Ma non la mina de Salave, che piaceva tanto al nonno e che i sovrani del cretino rifiutavano di usare, ma i sovrani erano loro, quindi affari loro), ad incorniciare l'uomo più bello d'Europa e il suo mantello. Aveva infine scelto il mantello, perché l'alternativa era il lenzuolo. Aveva dovuto attraversare dei corridoi e c'era stato il rischio che qualcuno lo vedesse: così, tra il camminare avvolto nel fascino misterioso di un mantello scuro indossato al chiuso in piena estate e il camminare infagottato in una morbida crisalide da cui ne sarebbe uscito come un pirla, a parità di demenza, aveva scelto il mantello. Una copertura era stata necessaria, perché aveva riepilogato tutto ciò che indossava e non aveva intenzione di farsi vedere così da Manon - O, in realtà, da chiunque. Perché aveva deciso di fare una cosa del genere, in effetti?
Si guardò intorno. L'idiota non era ancora arrivato, quindi lui si sarebbe potuto avvolgere nel mantello come il più scafato dei ladri bisognosi d'attenzione e fuggire nella sua camera, per poi fondere tutto quell'oro e farci la statua di un unicorno. Sbatté le palpebre. Cosa cazzo c'entravano gli unicorni? Il caldo gli aveva squagliato il cervello.
Ecco, doveva essere quello! In un qualche momento della giornata - Più o meno quando era venuto a sapere del ritorno dell'imbecille da una campagna vittoriosa contro neanche ricordava chi, ma dubitava fosse Inghilterra, quindi era probabile fosse Francia -, il caldo gli aveva cotto la testa, il cervello si era sciolto, gli era colato dalle orecchie e lo spazio rimasto vuoto si era riempito con un'idea del cazzo.
Forse lo sviluppo demenziale era la conseguenza di un concetto in realtà sensatissimo: quando qualcuno raggiungeva un obiettivo, andava premiato. Certo, per lui sarebbe stato un premio meritatissimo (e forse anche un po' eccessivo) poter servire e riverire una nazione del suo calibro ma, per qualche motivo, lo scemo non era dello stesso parere. Quindi, Lovino aveva deciso di essere magnanimo ed evitargli la parte della servitù e della riverenza, sostituendola con oro e- Perché cazzo gli stava andando a fuoco la faccia, perché cazzo il suo riflesso era rosso aragosta.
Affondò la faccia nelle mani. Era rovente. Forse si sarebbe ustionato le mani, e poi si sarebbero pure spellate. A parte questo, poteva ancora scappare. Nessuno l'avrebbe mai saputo. Se mai avesse incrociato qualcuno, sarebbe scappato e poi avrebbe negato qualsiasi cosa, avrebbe fatto passare il qualcuno per un pazzo visionario e l'attenzione sarebbe andata tutta al qualcuno. Sì, era un buon piano. Mica come quello che per nessun cazzo di motivo stava mettendo in pratica.
La porta si aprì. Lovino morì.
La faccenda poteva anche chiudersi così, ma la verità era che Lovino non morì, anche se desiderò con molta intensità di evaporare in uno sbuffo scenografico. Così, giusto per andarsene con stile e non starsene inchiodato con la faccia di chi ha visto qualcuno tagliare gli spaghetti.
«Lovi!»
Di certo il bastardo non poteva essere sorpreso nel trovarlo lì. Doveva essere per il misterioso mantello scuro indossato al chiuso in piena estate. Lovino ringraziò di non aver scelto il lenzuolo.
«Cosa ci fai qui?»
Tradotto nella lingua delle persone astute, era all'incirca: «Perché acciderbolina sei davanti al mio specchio nella mia camera con indosso un misterioso mantello scuro indossato al chiuso in piena estate?», che sarebbe stata anche una domanda legittima, ma Lovino avrebbe potuto rispondere di star provando un mantello nuovo. Il motivo per cui fosse in camera sua, semplicemente, non esisteva, non era mai esitito, né sarebbe mai esistito. Era un dato di fatto.
Insomma, Lovino aveva avuto decine di occasioni per scappare e rinunciare alla sua idea demente, ma non scappò e non rinunciò. Perché no. Di certo se ne sarebbe pentito nel giro di qualche ora, probabilmente in concomitanza con l'alba.
«Torni dopo mesi» Lo raggiunse, sfoggiò l'espressione più seccata che potè. «e questa è la prima cosa che mi dici?»
«Ah.» Il bastardo parve rendersene conto solo in quel momento. Non era strano sembrasse star pensando a tutt'altro (Era una situazione specifica, ben divisa dallo star pensando a basta, evento più raro di un'eclissi solare), ma Lovino era abbastanza certo fosse troppo distratto dal mantello.
Meglio farla finita in fretta, ché sennò avrebbe rischiato di perdere il vantaggio. Cioè, di rovinare la sorpresa. Che non era una sorpresa. Che era- Perché stava pensando?
Le mani emersero dallo spiraglio del mantello e si allacciarono dietro il collo del cretino in un tintinnio di bracciali. Sentì la stoffa scivolare lungo le braccia, fin quasi a raggiungere le spalle. Prima di baciarlo, vide suddetto cretino morire sul colpo. Mentre lo baciava, Lovino poteva dirsi più che soddisfatto. Alla fine, scegliere di non fuggire lo aveva ripagato!
Anche se forse il bastardo era morto davvero, perché sembrava di star baciando un vasetto di marmellata.
Si scostò, giusto per sincerarsi di non star compiendo atti necrofili. No, d'accordo, era vivo. Anche se non ricordava che i suoi occhi fossero così grandi.
Un attimo. Non lo stava neanche abbracciando. Era immobile come uno stoccafisso sotto sale.
Lovino ritrasse le mani, quasi scottasse - E il caldo estivo non c'entrava niente, soprattutto perché gli era appena arrivata una secchiata di acqua gelida dritta in testa, a schiaffargli le spalle e la schiena. Cosa cazzo stava facendo?
Distolse lo sguardo - O meglio, voltò la testa, e il tintinnio degli orecchini gli ricordò di star indossando degli orecchini in primo luogo. Come cazzo era potuta sembrargli un'idea attuabile, qualche ora prima? Perché cazzo l'aveva portata avanti con la convinzione di un toro deficiente?
Gettò un'occhiata al bastardo. Ancora non dava segni di vita diversi dal respirare. Distolse di nuovo lo sguardo. C'erano tintinnii ovunque, e averli pure vicini alle orecchie era oltremodo spiacevole - Neppure il battito impazzito riusciva a coprirli, era inutile!
Tintinnii ovunque? Quanto cazzo si stava muovendo? Realizzò di starsi torcendo le dita e di star facendo piccoli passi in qualsiasi direzione tranne davanti a sé.
Perfetto. Forse il lenzuolo gli sarebbe donato di più.
«Lovi...»
Lovino tornò a guardarlo, forse troppo di scatto, o forse l'aveva incenerito con un'occhiataccia. Doveva essere stata proprio sentita, se Antonio aveva taciuto.
No, un attimo, aveva taciuto? Quel coso lì era il cretino?
Oh, beh, dettagli. La cosa importante era che avesse un'opportunità unica e irripetibile e non sapeva per quanti altri secondi il bastardo sarebbe stato pesce.
«Ah-ah!» Lovino gli puntò il dito contro. «Lo sapevo! Sei rimasto sconvolto dalla mia bellezza, vero?» Portò le mani ai fianchi, anche se avrebbe preferito avvolgersi nel mantello come un cannolo e fare riflessioni esistenzialiste sulla ricotta piuttosto che fare volontariamente qualcosa che lo esponesse ancora di più. «Dovevo farlo. Sei tornato vittorioso, dovevo ricordarti che, almeno in aspetto fisico, rimani comunque secondo in Europa!» Si sistemò il colletto, a sottolineare le sue parole, e non era certo una scusa per richiudere il mantello e sfuggire a quello sguardo. «E, quando mio fratello sarà cresciuto, finirai addirittura terzo!» Anche se, doveva dirlo, sotto quel mantello si stava squagliando. Sperò di non star raggiungendo il punto di fusione dell'oro - O forse sarebbe stato meglio. Almeno sarebbe stato nudo e basta e non nudo e addobbato come un regalo.
Ora che l'aveva pensato esplicitamente, sentì l'impulso di vomitare. Per il disgusto, ovvio.
«Ma è una cosa che so già, Lovi.» Aveva recuperato l'uso della grammatica e della sintassi. Aveva anche abbozzato un sorriso, ma era troppo preso da altro per fare troppe cose insieme.
Lovino, che era intelligente, sapeva benissimo cosa fosse "altro", e che non bisognasse essere intelligenti per capirlo. Se, però, il país de la pasion aveva reagito diventando una statua di granito, doveva fare veramente schifo con le tecniche di sed- con i premi. Poteva anche evitarsi di continuare quella figuraccia e tornarsene in camera sua.
«È sempre bene ricordartelo.» Lovino sventolò una mano. «Oramenevadoticoncedodiriposaresaràstataunagiornatalungae-» Stava parlando troppo veloce. Se proprio non poteva evaporare, che si aprisse una voragine. Che gli cascasse qualcosa in testa. Che passasse una cometa che distogliesse l'attenzione. Qualsiasi cosa. Sul serio.
Un sospiro. Ah, ora era il bastardo a sospirare? Magari il sospiro accondiscendente di chi deve avere a che fare con un ragazzino scemo che prova a fare qualcosa e non-
Gli aveva preso la mano che stava sventolando, forse prima che iniziasse a dare sberle. Poi, però, aveva fatto scivolare le dita sulla pelle e le aveva intrecciate alle sue.
«E se invece rimanessi qui?» L'aveva detto a bassa voce, fosse mai lo sentissero fino in cortile - Cosa in realtà non improbabile, quando era troppo su di giri.
Lovino rispose con un'occhiata. Forse era un'occhiataccia. Anche se il tintinnio vicino alle orecchie gli aveva confermato che era stata accompagnata da un brutale oscillare di oro, e aveva l'atroce sospetto che, su di lui, facesse di tutto tranne che accentuare il prendere sul serio la sua rabbia.
«Perché dovrei?» Anche quello era uscito troppo veloce, e anche troppo sottovoce, e con le parole troppo mangiate. Forse poteva fingere di svenire. Sì, era un buon piano, mica come quello. E allora perché non lo stava attuando?
Il bastardo fece per rispondere. Poi parve pensare a qualcos'altro. Non era la cometa, forse era l'eclissi. Non riusciva neanche a richiamare il fenomeno celeste giusto.
«Senti.» Antonio gli strinse la mano. «Perché non parliamo sinceramente e basta?»
Lovino trasalì. «Io sono sincerissimo!» mentì subito.
Il cretino, come spesso succedeva in casi simili, lo ignorò. «È che... Mi dispiace.»
Il mantello era utilissimo, anche al chiuso e in piena estate, perché Lovino si era sentito raggelare. Faceva così schifo da portare quel demente ad impietosirsi?
«Scusami.» Il pollice sfregò sul dorso della sua mano, sull'indice. Sarebbe stato piacevole, se l'idiota non stesse dicendo cose atroci. «Possiamo ricominciare?»
Lovino serrò le labbra. Ovvio avesse capito dove intendesse arrivare e ovvio volesse affrettarsi ad arrivarci, ma di certo non avrebbe mai più-
«Tu hai preparato tutto questo e io-»
Eh?
In effetti, ora che lo guardava, il bastardo stava andando in autocombustione. Da quant'era che era così? Avrebbe iniziato a fare fumo?
Antonio fece un altro sospiro, palesemente per calmarsi. Serrò la presa sulla mano. Inchiodò lo sguardo nel suo. Lovino rabbrividì. Non di freddo, ma non era necessario nessuno nell'universo lo sapesse.
«So che dovrei bearmi con calma di ogni cosa che hai preparato» Il bastardo era decisissimo. «ma vorrei solo sbatterti dove mi capita!»
Ma che cazzo.
«Però, se lo facessi, tutto questo andrebbe sprecato, e sembrerebbe che non m'importi, e poi finirei con il non apprezzarlo davvero!» Era decisissimo, ma anche disperatissimo. «Ma se facessi con calma non potrei mai concentrarmi, e rovinerei tutto, e tu ti arrabbieresti, e sarebbe giusto perché avrei rovinato tutto, e io mi dispererei, e poi morirei, e farebbe male!»
... Ma che cazzo.
Il deficiente liberò la mano, solo per afferrargli le spalle. «Non so cosa fare, Lovi!» Era decisissimo nel suo essere disperatissimo. «Come faccio a fare entrambe le cose?»
...
...
...
«Ahia! Perché mi hai dato una testata?»
«Perché così diventi un unicorno, vieni dichiarato creatura mitologica e ti rinchiudono da qualche parte.»
«Non credo funzioni così...»
S'impedì di ridere. Era assurdo, era divertente, e aveva fatto bene a non scappare. Slacciò il mantello e lo gettò da qualche parte. «Sei un disastro sia quando parli che quando taci. Prevedibile, ma sono comunque sorpreso.»
«Temo non ti andrà mai bene niente, Lovi.» Un sospiro, di quelli accondiscendenti, ma non infastidito.
Un tintinnio di bracciali e orecchini, e Lovino riportò le mani dov'erano prima. «Come se a te dispiacesse.»
Senza neanche doverle guidare, come doveva essere e come avevano invece mancato di fare prima, quelle dell'idiota andarono alla vita, e lo strinsero a lui - Senza esitazione, in un gesto deciso. «No.» Il bastardo si chinò su di lui. «In questi casi, no.»
Lovino trattenne un'altra risata. Fosse stato così vicino anche prima, l'avrebbe capito subito che tutto stava pensando tranne che non gli piacesse. Se fosse ricapitato, avrebbe dovuto spalmarglisi addosso il prima possibile. Che poi fosse il suo obiettivo finale, era relativo. «Come al solito, devo essere io a risolvere la situazione.»
«Ah, sì?» Stavolta il cretino stava effettivamente sorridendo, o forse era solo tornata la sua paresi facciale. «Succede spesso?»
«Sempre. Lo sai.» Lo zittì, prima che dicesse altre cazzate.
Ad essere del tutto sincero, e l'avrebbe confessato solo a se stesso solo in momenti di follia, i tintinnii avevano iniziato a piacergli. Parecchio.

.

Note:
* Nel mio headcanon, Langobardia è la madre delle Italie.
* Si sarà intuito, ma Manon è Belgio.
* La mina de Salave, nelle Asturie, è la miniera d'oro più grande d'Europa... che è stata usata solo all'epoca dei Romani. Solo ultimamente si sta cercando di sfruttarla di nuovo.
Perché questa situazione bizzarra? In breve, l'oro effettivo è protetto da una barriera di granito e non è facilissimo da raggiungere. Come facevano i Romani a sfruttare l'oro, invece? Facevano esplodere le montagne. Okay, magari non esplodere, ma hanno concretamente distrutto le montagne. Da questo si capisce perché non sia stata più usata-
* Sì, ho volutamente specificato che l'oro è europeo. Non riuscirei mai a scrivere una cosa del genere, altrimenti - E, francamente, sarebbe creepy. Potete pensare venga da Pestarena, in Piemonte, ma da una parte non volevo infilare Feliciano così e dall'altra mi pare che a quest'altezza il Piemonte fosse Savoia, ma non ho voglia di impelagarmi in ricerche quindi boh, fate voi.


Salve!

Ho scritto questa cosa alle sei del mattino, tra caldo tropicale e nuvole di zanzare, quindi era ovvio uscisse una cosa del genere. ( ;°Д°)
Mi sono ripromessa di scrivere anche cose più semplici - Tipo "Lovino e i Piani Geniali" volume quarantasette, perché sono originale e scoppiettante di fantasia. -, ché magari così non mi vengono i blocchi a caso. Ad ogni modo, è da robe del genere che si vede che vengo dal fandom di Yu-Gi-Oh! (?).

Detto ciò, spero vi sia piaciuta e vi saluto!
  
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