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Autore: ArwenDurin    23/07/2023    3 recensioni
"È una fanfiction su una scena dell'opening s2 e di quella cena nel '41 (che è nella mia testa) e...👀
"Incontrò i suoi occhi e di nuovo quel piccolo broncio gli fece alzare i suoi serpentini al cielo, e a Dio che aveva deciso di mettere nella sua strada una creatura così esasperatamente…adorabile.
Di nuovo, si ritrovò a fare ciò che voleva l’amico, alzò il piede sinistro poggiandolo sull’apposito asciugamano e l’angelo si mise all’opera.
Prima lo osservò soltanto.
«Mmmh sì, sembri di nuovo in te.» Commentò assorto e poi prese a voltarlo di qua e di là per vedere se fosse davvero guarito.
Crowley non disse nulla, ne provò a fare null’altro se non cercare di guardarlo il meno possibile, di non concentrarsi nel suo tocco delicato e piacevole, e di non far vagare la mente su quel contatto e quella vicinanza di colui che desiderava da secoli."
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non sapeva come si fosse ritrovato in quella situazione, e non avrebbe saputo come evitarla, d’altronde era andata come al solito, giusto? Aveva accompagnato Aziraphale alla libreria, e quest’ultimo l’aveva invitato dentro! Come diavolo avrebbe potuto prevedere tutto questo?
Certo, c’era stato qualcosa di diverso, gli sguardi languidi e dolci che gli aveva rivolto in macchina, questi ultimi mantenendoli più a lungo sulla sua persona. Crowley si era voltato verso di lui ad un certo punto, e trovando i suoi occhi azzurri sostenere più a lungo il contatto visivo, era stato un colpo al cuore- quel maledetto organo non la smetteva di battere in sua presenza!- soprattutto quello sguardo, quel suo modo specifico di guardarlo quella sera l’aveva devastato.
Aziraphale si era schiarito la gola e aveva provato a dire qualcosa, un altro ringraziamento o forse qualche inutile carineria per aver salvato i suoi libri o chissà che altro, che il demone non avrebbe di certo retto. Cosicché Crowley aveva distolto lo sguardo.
«Oh, stai zitto!»
O avrebbe sbandato con la sua adorata Bentley da qualche parte, ne era sicuro!
Ed ora si ritrovava lì ancora con occhiali e cappello addosso, incapace di fare qualsiasi movimento, seduto nel divano di Aziraphale nel suo appartamentino sopra la libreria, e con i piedi scalzi davanti a una bacinella d’acqua che di santo non aveva nulla, come l’angelo aveva insistito ad aspettare.
Quand’ecco che lui rientrò nella stanza con mazzi di erbe varie e qualche pietra: riconobbe la caledula, della centella e pietre… una era blu, non le conosceva come le piante, non che di queste ultime in realtà sapesse ogni loro proprietà, quella era compito di altri e non certo dei demoni…e degli angeli a quanto pare, o almeno, del suo angelo.
«Ecco, caro! Così dovrebbe funzionare. Caledula per lenire e centella per guarire le ustioni, e in aggiunta a una pietra di agata blu ancora meglio! In più il mio tocco personale.»
L’angelo mise tutto nella bacinella con cautela, sussurrò qualche parola, e l’acqua brillò qualche istante.
«Ora metti i piedi dentro, sì così, rimani fermo e vedrai che i tuoi poveri piedini staranno meglio.»
Gli aveva sorriso e Crowley si era limitato a borbottare un non sapeva nemmeno che cosa, mentre rimaneva immobile fissando un non precisato punto della stanza.
«Ti lascio la tua privacy.»
Aziraphale uscì dalla stanza così come ci era rientrato e il demone si ritrovò di nuovo solo con i suoi pensieri. Non aveva ben capito perché l’angelo ci tenesse tanto a curare i suoi piedi bruciacchiati- tempo qualche giorno e sarebbero guariti, non poteva “miracolarsi” da solo perché aveva già esagerato quel periodo, e l’ultimo l’aveva usato per i libri dell’angelo- ma lui aveva insistito con un misto di determinazione e ansia nello sguardo.
“Crowley, vuoi venire dentro? Mi dispiace così tanto per… per prima e lo so che non vuoi ringraziamenti, ma i tuoi poveri piedi! Oh cielo, non posso pensarci.” questo aveva detto prima di aprirgli la porta della libreria. Il demone era entrato ignaro che poco dopo si sarebbe trovato in un acqua “miracolosa e guaritrice, ma senza la parte santa” come l’aveva definita Aziraphale, e senza poter ribattere. Ci aveva provato ma era stato inutile, l’amico sapeva essere davvero testardo, e poi quando lo guardava con quell’espressione supplichevole avrebbe fatto piangere il cielo, da bastardo che era!
Ma non capiva davvero il perché di quel ringraziamento estremo, non aveva fatto niente di che, sì gli aveva salvato la vita, e i suoi libri per lui più preziosi di ogni altra cosa, ma l’aveva già fatto in passato…cos’era cambiato? Perché lo guardava così apertamente grato ora?
Si toccò lo spazio tra le sopracciglia sospirando e guardò l’acqua che avvolgeva caldamente i suoi piedi, dovendo ammettere che era piacevole qualsiasi intruglio l’angelo avesse usato, il bruciore sembrava svanito e pareva avessero l’aspetto di sempre e non più gonfi e rossi quanto i suoi capelli.
Il fisico a contrario della sua mente, sembrava essersi ripreso. Chiuse gli occhi e si tolse gli occhiali un istante, per massaggiarli, e dire che erano parecchi secoli che osservava l’angelo: studiava i suoi movimenti ed espressioni, i suoi modi di porsi e persino di sorridere, per capirlo fino in fondo. Non sapeva dire perché o meglio, quando iniziò a farlo il demone non era consapevole che più lo guardava, più il suo cuore sarebbe appartenuto all’angelo dagli occhi del cielo.
All’improvviso sentì i suoi passi avvicinarsi e Crowley si rimise gli occhiali, quella sera si sentiva più sicuro in quel modo, avvertiva una certa ansia interna a incontrare i suoi occhi senza “protezione” al momento.
«Ti senti meglio?»
Riapparve in tutto il suo splendore con un gran sorriso e un asciugamano in mano, non bianco come si sarebbe aspettato, ma nero, come se fosse stato creato apposta per lui.
«Mmmh.» Si limitò a questo ed ad annuire facendolo sorridere ancora di più.

Dannazione angelo, puoi essere più bello di così?
No, o forse sì… sapeva soltanto che ogni suo sorriso era un dono per lui.
Aziraphale si avvicinò e lui era già pronto ad afferrare l’asciugamano, quando l’amico lo stupì nuovamente perché si sedette nel divano di fianco a lui, si mise l’asciugamano in grembo e aspettò.
«Stai scherzando? Non sono un bambino!»
«Oh smettila! Lasciami vedere.»
«Ti ho detto che sto meglio!»
«Crowley, per favore!»
Incontrò i suoi occhi e di nuovo quel piccolo broncio gli fece alzare i suoi serpentini al cielo, e a Dio che aveva deciso di mettere nella sua strada una creatura così esasperatamente…adorabile.
Di nuovo, si ritrovò a fare ciò che voleva l’amico, alzò il piede sinistro poggiandolo sull’apposito asciugamano e l’angelo si mise all’opera.
Prima lo osservò soltanto.
«Mmmh sì, sembri di nuovo in te.» Commentò assorto e poi prese a voltarlo di qua e di là per vedere se fosse davvero guarito.
Crowley non disse nulla, ne provò a fare null’altro se non cercare di guardarlo il meno possibile, di non concentrarsi nel suo tocco delicato e piacevole, e di non far vagare la mente su quel contatto e quella vicinanza di colui che desiderava da secoli.
«Sì caro! Ha funzionato! Sono così contento!»
Sembrava fosse l’angelo che fosse guarito da quelle ustioni ai piedi, dalla contentezza empatica che trasmetteva.
«Già, il tuo intruglio è stato efficace.»
Aziraphale annuì.
E fu un movimento improvviso che fece decidere a Crowley che quel momento era diventato troppo, poiché l’amico aveva preso con dolcezza ad asciugargli il piede, come se nulla fosse, come se potesse essere un gesto normale.
Non meritava di certo una devozione simile!
«Cossa fai?!»
Si staccò all’improvviso con uno scatto degno del serpente che era.
«Volevo solo aiutare!»
«Possssso farcela da solo, te lo assicuro!»
Dannazione, non era arrossito vero? Si trattava certamente del calore dell’acqua in cui aveva a bagno ancora l’altro piede a essergli salita sulle guance, doveva essere così!
L’angelo rimase interdetto ma poi sorrise, scuotendo i riccioli biondi.
«Come vuoi, caro.»
E si alzò, porgendogli l’asciugamano e attendendo.
Il demone finì di asciugarsi il piede sinistro e poi lo fece anche con l’altro alla bella e buona, e il più velocemente possibile si rimise anche le calze e le scarpe.
Riusciva di nuovo a camminare senza sentire nessuna fitta, aveva davvero funzionato alla grande!
«Beh angelo, è stata una serata incasinata quindi penso che sia meglio ora tolga il…»
«In realtà, se vorrai, avrei preparato una cenetta, soltanto uno spuntino qualcosa di piccolo ma… vuoi restare con me, mio caro?»
Crowley si bloccò, se il “mio caro” aveva fulminato una parte interna di sé, quello sguardo che si alzava e si abbassava sulla sua figura pieno di speranza e desiderio di voler la sua compagnia, aveva definitivamente catapultato ogni cosa nel suo essere.
Rimase fermo immobile per qualche secondo, non sapendo bene come reagire.
«Crowley, io…»
«Sssì, ok. Va bene, rimango. Intendo che sì voglio restare con te.»
L’angelo gli sorrise e stava incamminandosi quando quella volta fu il demone ad anticiparlo alla porta, per poterglierla aprire.
«Ti ringrazio.»
Quello che Aziraphale aveva definito “qualcosa di piccolo” in realtà si presentò molto e molto di più, com’era stata tutta quella serata. Crowley si ritrovò il solito piccolo tavolo che conosceva, addobbato da buone pietanze, ottimo vino e candele bianche accese come unica illuminazione.
Era intimo e romantico.
L’angelo gli spostò persino la sedia per farlo sedere e la mente di Crowley nuovamente partì in quarta, prima la cura dei suoi piedi e ora… questo? Più lo guardava, più i suoi pensieri si facevano ingarbugliati e confusi.
Ma una cosa rimaneva uguale, l’angelo che mangiava con lui che poteva godersi la sua vista e i suoi versi, mentre l’altro si godeva il pasto, ma durò poco perché tutto cambiò quando Aziraphale versò del vino per entrambi.
«Un brindisi a questa serata, che si è conclusa nei migliori dei modi.»
Crowley si limitò ad annuire tintinnando il bicchiere con il suo, ma fu in quell’attimo che poté sentire le frasi sottostanti che l’amico aveva detto, come in realtà fosse un brindisi a loro due. Lo lesse nei suoi occhi accesi dal riflesso della fiamma delle candele che brillava in essi… e di nuovo, in quello sguardo.
Lo stesso che gli aveva rivolto in macchina, scorreva su di lui, deviando soltanto un secondo per poi ritornare al suo volto, con dolcezza, timidezza, e pieno di affetto e… e cos’altro? Il demone non riusciva a capirlo, o meglio, era troppo concentrato a rimanere immobile per farlo appieno.
Smettila angelo, piantala di guardarmi così!
Angelo tentatore che non era altro! Di nuovo gli rubava il ruolo? Non capiva che se avesse continuato con quegli sguardi languidi e dolci, gli era impossibile non far accrescere il desiderio che covava per lui da secoli? Ringraziò di avere gli occhiali addosso, di poter scorrere lo sguardo nelle labbra dell’altro e nel suo volto indisturbato e senza conseguenze.
Di solito Aziraphale interrompeva quei momenti e accenni di intimità, come se avesse schioccato le dita per innalzare una barriera invisibile tra di loro. Crowley scostò lo sguardo un istante, girando il capo di lato e bevendosi il vino in silenzio, per dargli il tempo di fare ciò che aveva sempre fatto, di salvarsi dalla tentazione.
Ma quella sera non accadde.
Quando rivolse di nuovo l’attenzione su di lui- come se l’avesse mai persa, e non lo avesse adocchiato di nascosto quando fingeva di fissare un punto imprecisato della stanza- lo trovò a lanciargli occhiate e sorridere appena mentre beveva il vino.
La sua mano era appoggiata sul tavolo e Crowley se ne ritrovò attratto, guidato a compiere quel gesto che quella sera pareva possibile. Lentamente, allungò il mignolo verso il suo, sfiorandolo appena, con la gola stretta e pronto a ritirarsi in qualsiasi momento. Alzò lo sguardo nel suo, ma non trovò un rifiuto, né l’angelo si era sottratto al tocco, così il demone toccò le altre dita con le sue sempre fissandolo, sempre all’erta.
Aziraphale trattenne un sorriso e le sue guance sembrarono arrossirsi quando intrecciò le loro dita assieme, e infine girando il palmo, le loro mani furono unite.
Crowley trattenne il respiro ed un verso che si incastrò in gola, stava succedendo davvero? Il suo angelo voleva… questo?
Gli pareva impossibile, sbatté le palpebre incredulo incontrando i suoi occhi  che erano su di lui da un po’, e quello che ci vide scritto fulminò ogni briciolo di ragione rimasto nel demone e i suoi pensieri si fecero più intensi.
Il demone infatti desiderava bere quel vino che stava gustando dalle labbra dell’angelo, che in quel momento erano ferme in quel piccolo e dolce sorriso.
Non gli interessavano molte delle attività umane, ma non poteva certo negare che la natura passionale facesse parte di lui. Così Crowley poggiò il bicchiere e si sporse verso di lui, Aziraphale lo seguì in quel movimento, in perfetta sincronia.
«Angelo…»
Sussurrò pronto con l’altra mano ad afferrare con la stessa adorazione quel viso che lo guardava, ma quando i loro nasi si toccarono fu allora che un sospiro uscì dalle labbra dell’angelo, tra lo stupore e la rassegnazione.
«Crowley, non…»
Il tono fu spezzato esattamente come il demone sentiva il suo cuore in quel momento, perché sapeva.
«Lo so, non possiamo. Ho capito.»
Lo interruppe evitandogli quel passo che distruggeva entrambi, e guardò i suoi occhi socchiusi un ultima volta prima che questi si aprissero e sentisse la barriera di nuovo tra loro, visibile nel suo sguardo e da come si distanziava da lui.
Si poggiò allo schienale della sedia, mascherando ogni cosa come l’espressione dietro ai suoi occhiali con gli occhi che pizzicavano lacrime inespresse e piuttosto finì il suo bicchiere di vino.
Ci sarebbe sempre stato questo in mezzo a loro? Sarebbe stato sempre più importante?
Calò il silenzio e l’angelo stava per dire qualcosa, si strinse il papillon con forza e poi torse le mani in procinto di farlo, ma il demone decise di salvarlo ancora una volta, e poi non voleva sentirlo parlare.
Che diavolo avrebbe mai potuto dire se non patetiche scuse? Avrebbe voluto che vincesse la rabbia in quei momenti, attaccarlo e basta, fargli sentire come si sentiva lui ma non poteva. E tantomeno quella sera in cui aveva visto il riflesso dello stesso sentimento albergare negli occhi azzurri di Aziraphale.
Così il demone decise di alzarsi nel  modo più naturale possibile, o almeno per il suo standard.
«Beh, ehm, come ho detto prima è stata una serata movimentata. È meglio che vado adesso.»
L’angelo rimase muto e fermo con lo sguardo sulle sue mani mentre lui si allontanava, cominciando a sentire quel familiare dolore pizzicarlo e pungerlo ovunque, il suo stomaco, il suo cuore… la delusione, il rammarico, la rabbia e tutte delle  emozioni che serpeggiavano in lui e che odiava perché non sapeva gestire.
Perché l’uscita della libreria sembrava così lontana ora? Perché i suoi passi sembravano così pesanti? Tanto che fu quasi un sollievo quando finalmente raggiunse la porta.
«Crowley.»
Per Satana!
Avrebbe dovuto aprirla e uscire, andarsene da quel luogo e allontanarsi dal fautore delle sue emozioni il più velocemente possibile, ma dannazione! Bastò un richiamo, bastò la sua voce a far sì che si voltasse verso di lui nonostante dentro di sé, il demone sapeva che era un errore.
Non voleva sentire più niente! Non aveva il diritto di parlare ora eppure… guardarlo fermò ogni parola che voleva uscire dalla sua bocca.
Era l’immagine del pentimento e del cuore infranto, lì davanti a lui che si intrecciava le mani e volgeva lo sguardo in ogni dove nella stanza.
Crowley attese perché altro non poteva fare davanti a lui se non questo. Alla fine, l’avrebbe sempre aspettato.
Aziraphale riuscì nuovamente a guardarlo e nel suo sguardo affranto vide una supplica senza parole, non era in grado di dirle in quel momento e balbettò in effetti frasi senza senso, se non una chiara e semplice parola, ancora.
«Crowley.»
Il demone sospirò e si avvicinò a lui, i loro occhi si incontrarono di nuovo incatenandosi per secondi più lunghi del previsto, e anche se aveva addosso gli occhiali ciò non riduceva l’intensità del loro contatto. Crowley prese una delle sue mani e inevitabilmente come fossero due calamite a contatto, si avvicinarono di nuovo.
Tenne la sua mano per qualche momento in più prima di posargli un piccolo bacio, e negli occhi di Aziraphale rivide un riflesso d’affetto che poco fa brillava totalmente nelle sue pupille, senza nessuna barriera o rammarico, ma soltanto quel riflesso.
«Buonanotte, angelo.»
Le loro mani rimasero unite un momento in più ancora, prima che lentamente quasi come se il mondo si fosse fermato in quell’istante, si distanziassero, e le loro dita si sfiorarono ancora prima di staccarsi lentamente e penosamente.
«B-buonanotte.»
Gli occhi dell’angelo si tinsero di lacrime mentre il demone si voltò impotente per uscire dalla libreria.

 
                                                                                                       Anni dopo- post apocalisse scampata.

 
 
Aziraphale pensava che ci avrebbe fatto l’abitudine a quelle sensazioni, l’organo al centro del suo corpo che batteva veloce, il tremore leggero, e gli occhi annebbiati da ogni cosa se non dal demone che in quell’istante, sedeva nella poltrona di fronte alla sua, aspettando il Merlot promesso. Ma ogni qualvolta era una smentita.
L’angelo fece comparire la bottiglia con uno schiocco di dita- era senz’altro più comodo che scendere dove aveva la riserva, giusto?- ogni tanto si concedeva qualche miracolo frivolo, soprattutto dopo che le fazioni non avevano più alcuna rilevanza, e prima di riempire due bicchieri si avvicinò al suo giradischi.
Mise il disco di di Edith Piaf con il brano Non, je ne regrette rien all’interno, parole appropriate per quella serata, poiché finalmente dopo secoli poteva fare ciò che il suo cuore sussurrava di fare.
E c’era davvero qualcosa di diverso, lo percepiva persino in brividi nella pelle, e mentre porse a Crowley il suo bicchiere di vino, incontrando di sfuggita il suo sguardo,  “libero” dagli abituali occhiali neri, lo avvertì chiaramente quel “qualcosa. Ma non voleva di certo rovinare tutto, così diede un’occhiata fuori dalla finestra aspettando e sperando mentalmente che la nottata sarebbe stata clemente.
 
Non, rien de rien
Non, je ne regrette rien*


Aziraphale si sedette con eleganza e bevve il suo vino, forse troppo assorto e meditabondo poiché la voce di Crowley lo interruppe all’improvviso.
«Angelo, cosa c’è?»
Sospirò non riuscendo a mascherare un sorriso per come lo conosceva bene, per la nota dolce che aggiunse al nomignolo che gli affibbiava, lo stesso che ogni volta estendeva un calore dentro di lui inspiegabile, perché d’altronde era un angelo!
Ma come lo diceva Crowley era diverso, era come se la parola scivolasse dalle sue labbra come fosse soffice velluto, una carezza leggera d’ali.
Aziraphale non si sarebbe mai abituato a quel suono né al demone.
E dire che per tutta la giornata in cui erano stati assieme, a nutrire le anatre al parco st. James, chiacchierare’, e girovagare… aveva mascherato il suo piano alla perfezione. O almeno così credeva fino a quel momento, ma non poteva darla a bere al suo migliore amico a quanto sembrava.
 
**Non, je ne regrette rien
C’est payé, balayé, oublié
Je me fous du passé!

 
Il giradischi fece udire ancora la sua voce, in sottofondo.
«Sto bene, caro.»
O adesso o mai più
L’angelo guardò di nuovo fuori dalla finestra e sorrise, prima di incontrare gli occhi dell’altro che attenti erano su di lui, su ogni suo movimento e sospiro.
E fu quell’ultimo sguardo, quel misto di preoccupazione e devozione che vide nei suoi occhi ora gialli e accesi, che lo spronarono ulteriormente ad alzarsi.
«Ti andrebbe di continuare questa bevuta… altrove?»
Il demone alzò il sopraciglio un momento, lo osservò mentre l’angelo gli sorrise facendogli capire che era davvero tutto apposto.
«Va bene. Dove vuoi.»
Le guance di Aziraphale si imporporarono mentre poggiò il bicchiere ancora mezzo pieno sul tavolino, e allungò una mano verso di lui.
«Se ti dicessi… sul tetto?»
Lo osservò di sott’occhi immobilizzarsi un secondo, scolare il suo bicchiere e alzarsi di rimando, guardandolo con una smorfia.
«Non so cosa cambierà, ma ok!»
Prese la sua mano con irruenza tale che l’angelo sussultò, ma conosceva Crowley e cosa nascondeva quel suo modo di fare, così gli rivolse uno sguardo dolce. Potevano di certo raggiungerlo tramite le scale apposite, ma perché faticare quando avevano metodi più… efficaci? E poi, Aziraphale non poteva certo negare che c’era un fine egoistico in quella faccenda, perché gli piaceva tenere la sua mano, ed era dal ’41 che non accadeva.
«Lo sarà.»
Dentro di sé gioì che il demone si fosse dimenticato che nottata fosse quella!
Il demone si fece più confuso ma eseguì e in un attimo furono teletrasportati sul tetto. Crowley sbatté le palpebre all’addobbo che l’angelo aveva preparato, davanti a loro c’era una coperta stesa a terra, con morbidi cuscini uno bianco e uno nero, soffici come nuvole. A terra una bottiglia di Châteauneuf-du-Pape, come quella che bevvero nel ’41, due bicchieri e le stesse candele che aveva usato anni fa per quella fatidica cena. Seppe che anche il demone ci stava pensando dall’ombra che passò sul suo volto, cercò di svincolarsi ma l’angelo tenne stretta la sua mano, per comunicargli che non ci sarebbe stata nessuna barriera, non quella notte!
Crowley incontrò il suo sguardo, e i suoi occhi serpentini brillavano di emozioni che non aveva bisogno di dire. Aziraphale lo condusse al tappeto e ai cuscini e si sedettero insieme, l’angelo sul nero e il demone sul bianco.
Poteva sentire quanto fosse teso, ragione per cui lasciò la sua mano per dargli il tempo che gli serviva.
«Sta sera ci sono le stelle cadenti, e vedi il cielo? Saranno ben visibili perché è privo di nuvole e quindi possono brillare appieno nella loro bellissima luce!»
Aziraphale aveva alzato lo sguardo ammirando la notte splendente di stelle, la luce amorevole della luna crescente e il tempo mite e silenzioso che li accompagnava in quella serata. Di sott’occhi guardò l’amico che fece lo stesso, notando le sue spalle abbassarsi e cominciare a rilassarsi davvero.
«Mmmh sì, è vero è oggi.»
In quel momento con la gola d’improvviso secca, l’angelo decise di aprire la bottiglia di vino, versare due bicchieri e passarglierlo mentre gli occhi di Crowley erano ancora nel cielo.
Quando c’erano le stelle l’angelo non aveva mancato di notare come il demone si perdesse in esse, i suoi occhi ne erano catturati come se gli appartenesse o loro appartenessero a lui, del che aveva senso visto chi era stato come angelo.
Aziraphale sentiva un groppo alla gola a pensare come Crowley doveva sentirsi, a non poterne più creare ed essere con le sue fonti di luce, cosicché ogni qualvolta la situazione era favorevole e fu consapevole del perché attirassero così il suo sguardo, l’angelo creò spesso occasioni nel quale il demone potesse vederle.
Crowley non si esprimeva nelle emozioni, ed era un disastro nei sentimenti- in effetti, questo lo avevano in comune- ma i suoi occhio erano sinceri e puri. Era lì che Aziraphale capiva sempre cosa l’altro provasse, e anche se aveva gli occhiali addosso, lui poteva vederli.
Erano rossi quando era arrabbiato, verdi quando qualcosa lo incuriosiva e eccitava, e gialli dorati quand’era tranquillo e sereno, l’angelo arrossì al ripensare al fatto che in sua compagnia erano spesso di quell’ultimo colore.
E persino quella quiete serata dove il mondo era fermo come a sospirare quel momento, l’angelo non poté evitare di guardarlo poiché per quanta bellezza vi fosse nel cielo, per quanto fosse una creazione di Dio, lo era anche la creatura affascinata dalle stelle di fianco a se.
Quando Crowley guardava le stelle, i suoi occhi si tingevano dei colori più splendidi della galassia, e se osservava con attenzione, Aziraphale poteva vedere del viola e del blu in essi dove ballavano i suoi piccoli astri. Il suo sguardo si addolcì inevitabilmente e il suo piccolo organo rosso nel suo petto, si gonfiò a vedere il riflesso d’oro nei suoi occhi. Quello che probabilmente era il suo colore originale come angelo, perché era felice e sereno, perché le stelle lo rendevano di nuovo quieto.
Il mio demone delle stelle.
Abbassò lo sguardo e bevve del vino, cercando di attenuare il tremore che aveva preso il suo corpo, e tornò a guardare il cielo non dicendo nulla. Non interruppe quel momento, né provò a fare altro cosicché rimasero in silenzio per qualche istante osservando le stelle e attendendo finché…
«Oh, guarda guardaaa eccone una!»
«L’ho vista, angelo.»
«Dimmi che hai espresso un desiderio! Non fare quella faccia, devi farlo! È necessario, è la tradizione e ...»
«Va bene, va bene! Ora smettila però!»
L’espressione del demone si fece seria all’improvviso e il suo sguardo tornò al cielo.
«Angelo, devo dirti graz…»
«Oh, sta zitto.»
Lo interruppe e Crowley lo guardò in quel modo sorpreso alzando entrambe le sopracciglia, ma ressero per qualche secondo prima di scoppiare a ridere insieme.
E poi nuovamente, Aziraphale sentì le parole del brano di Edith risuonare intorno a loro.
 
***Non, je ne regrette rien
Car ma vie, car mes joies
Aujourd’hui, ça commence avec toi!

 
Non sapeva se il disco fosse già finito da un pezzo, e quindi si immaginò di sentire quella frase, o se fu davvero la canzone a quel punto, ma fu una sorta di spinta ulteriore alla serata perfetta che stavano vivendo.
Aziraphale prese coraggio e poggiò la mano sul tappeto, accanto a quella del demone, e lentamente mentre lui era assorto ancora nelle stelle, sfiorò il suo mignolo.
Lo guardò di sott’occhi e attese, Crowley intrecciò i loro mignoli e un piccolo sorrisetto prese le sue labbra quando le loro mani si unirono poi. Aziraphale sorrise di rimando.
Fu allora che il demone si voltò verso di lui e vide quello sguardo, la stessa espressione di tanti anni fa, quando erano seduti nel suo tavolo in libreria bloccati da barriere e regole, con conseguenza di cuori infranti e parole volate nel vento.
Ma non quella sera.
Fu così che Aziraphale al posto di allontanarsi e di premere il freno ai suoi sentimenti, gli sorrise apertamente, si concesse di guardarlo negli occhi dal riflesso brillante delle stelle ora,  e non ebbe paura.
Inevitabilmente, incerti entrambi su chi avesse iniziato per prima, si avvicinarono e l’angelo si trovò a strofinare il naso contro quello del demone.
«Crowley, le stelle...»
I loro sguardi si incontrarono e se quello intenso del demone gli tolse del respiro dal suo corpo- anche se non ne aveva bisogno, ma questione d’abitudine- la frase che aggiunse dopo, ne prese ogni briciolo.
«Le vedo lo stesso proprio qui, Aziraphale.»
«Crowley.»
L’angelo sentì le sue guance imporporarsi, sapeva che nei suoi occhi non c’era lo stesso splendore che c’era in quelli del demone, ma doveva ammettere che li sentì brillare e dovette abbassare lo sguardo per qualche secondo, per riprendersi. Ma fu un momento che durò un battito di ciglia, perché Crowley prese il suo mento e gli alzò il volto, e fu di nuovo incatenato in occhi dorati dal riflesso di stelle. Il demone poi con la stessa mano, prese ad accarezzargli il viso, prima con il dorso, poi con le dita con la stessa dolcezza che aveva nello sguardo.
Rimasero in silenzio a guardarsi per qualche istante, qualche attimo dove esistettero soltanto loro, la mano di Crowley nel suo volto, i loro occhi che si erano trovati, sotto le stelle che brillavano e che volavano via. Poi lo sguardo del demone cambiò e nei suoi occhi vi fu nuovamente con una richiesta, un consenso scritto in essi senza che dovesse esprimerlo a parole, non c’era bisogno tra loro. Aziraphale guardò il suo volto, le sue labbra e infine i suoi occhi annuendo appena.
E così si incontrarono in un bacio esitante e lieve all’inizio, come una carezza, un bacio che poi divenne dolce e sciolse ogni incertezza nell’angelo che si strinse a lui prontamente. Quando il demone all’improvviso circondò il suo volto con le mani, come fosse qualcosa di prezioso, l’angelo non poté evitare che un piccolo verso fuoriuscisse dalle sue labbra, esattamente come se avesse gustato un ottimo dolce, mentre Crowley in quell’istante lo strinse di più a se.
Poiché quale gioia maggiore poteva esserci se non essere amato in quel modo da chi lui stesso amava?
Non si pentiva di niente, di nessuna litigata e rappacificazione che avevano avuto, di ciò che avevano passato insieme e divisi. Aziraphale non rimpiangeva niente perché tutto l’aveva condotto in quel momento con Crowley, ad un amore vero ed esclusivo soltanto per loro due e libero di esprimersi.
Era quello che aveva sempre voluto, che avevano sempre voluto entrambi, potersi amare alla luce del sole o in quel caso, alla luce delle stelle.

 

Cit canzone:
*No, nothing of nothing
No, I don’t regret anything
 
**No, nothing of nothing
No! I don’t regret anything
It’s paid for, swept away, forgotten,
I don’t care about the past!

 
***No, nothing of nothing
No, I don’t regret anything
Because my life, because my joys
Today that starts with you!


Angolo Autrice: 
Ho dovuto scrivere una fanfiction su quella scena del trailer che rimarrà nel mio cervello per i secoli a venire!
E così ho pensato anche alla scena sul tetto dell'opening s2, ed eccoci qui😂


Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà 😊

 
   
 
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