Anime & Manga > Haikyu!!
Ricorda la storia  |      
Autore: LorasWeasley    28/07/2023    1 recensioni
AU|Mafia [semishira] [baby|goshiki]
"-Shirabu, vieni avanti- lo invitò Ushijima facendolo destare dalla sua contemplazione della stanza.
Ushijima era seduto dietro la sua scrivania con la schiena dritta e i gomiti poggiati sulla superficie in vetro, le mani unite.
Dopo che il più piccolo si fu sistemato presso una delle poltrone libere, il kumicho iniziò a parlare -C’è una missione di vitale importanza e ho bisogno del tuo aiuto."
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu, Shiratorizawa, Tsutomu Goshiki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Una settimana da babysitter
 



Shirabu Kenjiro aveva aspettato quel momento per tutta la vita.
Era stata una sua scelta quella di entrare nella Yakuza a dodici anni dopo che questi l’avevano salvato, sua la scelta di allenarsi a combattere e a uccidere, sua quella di specializzarsi nell’arte della medicina e diventare il medico del suo clan: lo Shiratorizawa.
Shirabu era diventato uno dei migliori, uno di quelli che Ushijima interpellava per un consiglio quando erano in gruppo e si doveva prendere una decisione. Ogni giorno si sentiva sempre più orgoglioso di quello che aveva fatto, di dove era riuscito ad arrivare, quindi era solo questione di tempo prima che arrivasse quel momento. Ma non per questo non si sentiva agitato ed euforico per la situazione.
L’ufficio di Ushijima era un luogo che in pochi avevano visto. Un posto dove il kumicho non portava nessuno, un posto che se riuscivi a visitare voleva dire che avevi scalato la gerarchia, che eri diventato un pezzo grosso.
Shirabu non aveva mai smesso di allenarsi e gettarsi sulle missioni per mostrare il suo talento, per essere chiamato in quell’ufficio. E finalmente quel giorno arrivò.
Shirabu stava camminando lungo il corridoio trattenendosi dal correre per l’eccitazione, si era vestito nel suo completo migliore e la sua mente stava passando in rassegna tutte le possibili missioni delicate e importanti che il kumicho poteva assegnargli.
L’ufficio di Ushijima era bellissimo, si trovava all’ultimo piano dell’enorme grattacielo che lo Yakuza possedeva. Una parete era fatta solo di vetri che, Shirabu sapeva bene, all’occorrenza potevano essere oscurati come nel resto delle stanze del palazzo. Aveva diverse piante, alcuni cactus e il computer sulla scrivania in acciaio nero e vetro e un paio di poltrone di pelle nera.
-Shirabu, vieni avanti- lo invitò Ushijima facendolo destare dalla sua contemplazione della stanza.
Ushijima era seduto dietro la sua scrivania con la schiena dritta e i gomiti poggiati sulla superficie in vetro, le mani unite.
Dopo che il più piccolo si fu sistemato presso una delle poltrone libere, il kumicho iniziò a parlare -C’è una missione di vitale importanza e ho bisogno del tuo aiuto.
Gli occhi di Kenjiro si illuminarono mentre si faceva più attento -Sono pronto a tutto.
Ushijima annuì, poi iniziò a spiegare -Abbiamo finalmente stretto l’alleanza con la famiglia Goshiki, dopo tanti anni di lotte siamo arrivati a un compromesso e dobbiamo fare un viaggio discreto per consolidare del tutto la nostra unione.
Shirabu annuì capendo perfettamente, la famiglia Goshiki era una delle più ricche e influenti della città, averli come alleati era sempre stato uno degli obiettivi della Yakuza. Shirabu era davvero fiero di poter partecipare a una missione del genere, immaginava che Ushijima gli avrebbe chiesto di fargli compagnia ovunque dovessero andare.
Tuttavia, quando il kumicho continuò a parlare, distrusse tutte le fantasie dell’altro -In sostanza, ti ho chiamato per chiederti di tenere al sicuro l’erede della famiglia Goshiki per questa settimana che saremo via.
Shirabu ci mise qualche secondo di troppo a capire quelle parole, sbattendo le palpebre confuso e chiedendo spontaneamente -Come?
Cercò di pensare positivo… magari l’erede era un importante signore e lui doveva accompagnarli mentre…
I suoi pensieri non riuscirono a prendere forma che Ushijima li uccise definitivamente affermando meglio -In questa settimana che saremo via devi proteggere l’erede della famiglia Goshiki, non gli dovrai mai togliere gli occhi di dosso. Si chiama Goshiki Tsutomu, ha cinque anni.
Shirabu non aveva dormito la notte prima per l’eccitazione di poter finalmente andare nell’ufficio privato di Ushijima e farsi dare una sua importante missione solo per poi scoprire che… doveva fare da babysitter a un moccioso di cinque anni?
-Perché io?- si ritrovò a chiedere.
-Perché sei l’unico di cui mi fido- rispose Ushijima senza neanche pensarci.
Kenjiro gli lanciò uno sguardo sorpreso e il kumicho precisò -O meglio, sei l’unico del quale mi fido nel lasciare che si prenda cura di un bambino. Metterei la mia vita nelle mani di Tendo, ma non penso che sia adatto a prendersi cura di Tsutomu.
Shirabu non voleva fare da babysitter a un bambino, ma aveva lavorato con Tendo diverse volte, l’aveva visto fare cose che l’avevano perseguitato nei suoi incubi per notti intere. Quindi no, non gli avrebbe lasciato un bambino neanche lui.
Capì che, in ogni caso, non aveva mai avuto possibilità di scelta. Dal momento in cui aveva messo piede in quell’ufficio sapeva già che avrebbe dovuto accettare qualsiasi cosa il suo kumicho gli avrebbe chiesto. Anche fare da babysitter a un moccioso.
 
-
 
Giorno 1
Goshiki Tsutomu era un bimbetto che arrivava poco più sopra delle ginocchia di Shirabu. Aveva i capelli neri tagliati a scodella, dei ciuffetti in alto che sembravano sfidare perennemente la gravità, uno sguardo che lo stava analizzando, le sopracciglia corrugate, la bocca stretta in una linea sottile e i pugni chiusi: ogni cosa di lui mostrava quanto fosse ansioso e preoccupato di dover vivere per una settimana con Shirabu.
Quando Shirabu aprì la porta nel momento in cui glielo lasciarono a casa, il bambino indossava una camicia grigia e i pantaloncini di una divisa scolastica, mentre l’uomo che l’aveva accompagnato, prima di andarsene, gli diede una grossa sacca con dentro tutto il necessario per il bambino.
-Buongiorno- salutò il bambino in modo educato mentre si inchinava profondamente.
Shirabu rimase sorpreso da quel modo di comportarsi, ma immaginò che in una famiglia importante come quella Goshiki gli insegnassero cose del genere tutti i giorni.
-Ciao- salutò l’adulto -entra, io sono Shirabu Kenjiro.
Tsutomu annuì mentre si guardava intorno curioso e si affrettava a togliersi le scarpe, sistemandole ordinate a lato dell’ingresso.
Shirabu portò la borsa del bambino nel soggiorno e la lasciò in mezzo alla stanza, in modo che fosse accessibile a questo se avesse avuto bisogno di qualcosa. Infine si premurò semplicemente di chiedere -hai sete?- visto che l’acqua era indispensabile per farlo arrivare vivo alla fine di quella settimana.
Goshiki scosse la testa.
Kenjiro quindi prese il suo laptop e si sistemò sul divano affermando -Io ho delle cose da fare per lavoro, tu fai quello che vuoi.
Le successive due ore furono strane, con Shirabu che spostava il suo sguardo dallo schermo del pc al bambino ogni cinque minuti e questo che non aveva detto più neanche una parola, ma si era limitato a prendere una palla di dimensioni medie dalla sua borsa e a giocarci lanciadola di qualche centimetro in aria e riprendendola, il tutto mentre rispondeva allo sguardo che Shirabu gli lanciava con gli occhi enormi e fissi e senza sbattere le palpebre.
Così, quando l’adulto capì che, ancora un po’ e avrebbe avuto gli incubi tutta la notte (e lui era un mafioso che aveva avuto fin troppe missioni con Tendo), chiuse il laptop e spezzò quel silenzio, facendo trasalire il bambino.
-Vuoi vedere qualcosa?- domandò accendendo la tv ancor prima di una sua risposta.
Tsutomu lo scrutò per qualche secondo, poi guardingo annuì mentre si sedeva vicino a lui sul divano, lasciando diversi centimetri a dividerli.
Anche il suo modo di sedersi era serio e composto, era messo sul bordo con le gambe che penzolavano ma unite tra di loro, la schiena dritta e i pugni chiusi sopra le sue ginocchia.
-In che canale trasmettono gli anime a quest’ora?
Tsutomu si prese qualche secondo per prendere coraggio, poi gonfiò le guance e gli chiese risoluto -Ti piace la pallavolo?
Shirabu alzò un sopracciglio -No.
-E allora metti una partita, così ti piace.
Shirabu non aveva alcun interesse a vedere una partita di pallavolo, ma ne aveva ancora di meno a vedere un anime se doveva essere proprio sincero.
-Bene, che canale è?
Fu così che si ritrovarono entrambi sul divano a guardare una partita di pallavolo della V.League che era già al secondo set.
Inizialmente Goshiki rimase rigido e in silenzio anche in questo caso, Shirabu invece si appassionò abbastanza e, dopo che venne fischiato un fallo, si ritrovò a chiedere ad alta voce -Perché è fallo?
Il bambino si voltò sorpreso verso di lui, una scintilla negli occhi mentre tutto esaltato rispondeva -Perché ha toccato la rete! Non si può toccare la rete neanche per sbaglio!
Kenjiro strinse gli occhi ma annuì.
Quella prima domanda era stata, in ogni caso, ciò che fece capire a Tsutomu che c’era stato un piccolissimo interesse da parte dell’adulto per quello sport, così non perse tempo a iniziare a parlare -Lo sai che nella pallavolo ci sono dei ruoli?
Shirabu assottigliò ancora di più lo sguardo mentre lo puntava direttamente sul bambino, ma sembrava che ormai questo si fosse abituato perché nemmeno sussultò e continuò semplicemente a parlare -Quello biondo lì è un alzatore, loro sono quelli che alzano le palle ai compagni in modo che possano fare punto! Sono fighi però i miei preferiti sono quelli che fanno i punti! I più bravi li chiamano assi, lo sapevi? Anche io voglio essere un asso da grande!
E da quel momento, non smise più di parlare.
 
Giorno 2
Semi. Shirabu aveva dimenticato di avvertire Semi Eita che non si sarebbero potuti vedere in quella settimana. Non che comunque fosse il suo ragazzo, quindi era normale che non gli fosse passato per la testa, giusto?
La storia con Semi era iniziata in modo abbastanza standard: erano rimasti soli al bar una notte dopo una missione, l’adrenalina della giornata si era mescolata all’alcool che avevano in corpo e avevano finito per scopare direttamente nella macchina del più grande. Da quel giorno avevano continuato a farlo.
Certo, c’erano anche giorni in cui si vedevano e non facevano sesso, ma erano momenti su cui Shirabu preferiva non soffermarsi.
Tornando al presente, Shirabu aveva dimenticato di dirgli che non ci sarebbe stato per una settimana e adesso Semi era in casa sua.
Non aveva fatto in tempo a dirgli nulla, dopo che aveva aperto la porta, che Semi gli aveva preso il volto con entrambe le mani e l’aveva coinvolto in un bacio mozzafiato. Un bacio così bello che per un attimo Shirabu dimenticò ogni sua protesta e si sciolse tra le braccia del mafioso.
Questo almeno fino a quando non sentì la voce di Goshiki chiedere -In che camera mi metto?
I due uomini staccarono il loro bacio e se Semi iniziò a guardare il bambino al centro della stanza come se fosse un alieno, Shirabu andò a chiudere la porta d’ingresso chiedendo -In che senso?
-Papà mi manda sempre in camera quando vengono le signorine che bacia- spiegò Tsutomu dondolandosi sui talloni con le mani dietro la schiena. Quel giorno indossava dei vestiti da casa rispetto al giorno precedente, Kenjiro infatti l’aveva aiutato a vestirsi con una felpa viola e dei pantaloni neri che sembravano comodi.
Il padrone di casa esaminò quella frase e capì facilmente che il padre di Tsuromu doveva avere abbastanza amanti e che, quando se le portava a casa, diceva al bambino di chiudersi nella propria camera, solo che qui il bambino non aveva una camera propria, infatti dormiva con lo stesso Shirabu poiché così gli veniva più semplice tenerlo d’occhio e perché non doveva andare a sistemare un futon ogni sera.
-Non devi andare da nessuna parte, è Semi che ora se ne va.
Questo si girò verso di lui con lo sguardo di chi non ci stava capendo nulla, Shirabu sbuffò e capì che avrebbe dovuto spiegargli la situazione.
-Va bene Tsutomo, io e questo signore andiamo un attimo in cucina a parlare, tu cercati qualche partita di pallavolo in tv.
Il bambino annuì velocemente e Kenjiro prese la mano di Semi per trascinarlo nella stanza in questione, socchiuse la porta e gli spiegò della missione che gli aveva dato Ushijima solo qualche giorno prima.
Semi assimilò tutti quei dettagli, poi chiese -Come mai Goshiki-san ha accettato proprio adesso?
Kenjiro alzò le spalle, poi gli disse quello che sapeva -Ho letto il fascicolo del bambino, a quanto ho capito hanno tentato di rapirlo di recente, probabilmente per chiedere un riscatto, la polizia ha reagito troppo tardi e c’erano quasi riusciti. Questo penso sia anche il motivo che abbia spinto infine il signor Goshiki a chiedere la nostra protezione e ad accettare l’alleanza. Spiegherebbe anche perché adesso il moccioso si trova in casa mia e non da qualche suo parente, sempre se ne ha altri.
Semi annuì di nuovo, poi sembrò prendere una decisione mentre si alzava e lasciava la stanza, ma non diretto verso la porta d’ingresso.
-Dove vai?- chiese il padrone di casa sospettando già la risposta.
-A vedere la partita, tu ordina la pizza. La mia con salame piccante!
-Nessuno ti ha detto che potevi restare!
Ma ormai il più grande non lo stava più ascoltando, poiché si sedette sul divano accanto al moccioso ed esclamò -Ehy piccoletto! Anche tu segui la V.League?
Tsutomu si voltò di scatto verso di lui con gli occhi luminosi -Sì! Tu per che squadra tifi?
Shirabu imprecò sottovoce e tornò in cucina a cercare il volantino della pizzeria d’asporto.
 
Giorno 3
Quando Shirabu si svegliò quella mattina, aveva uno strano presentimento, come se qualcuno lo stesse fissando. E infatti, nonostante fossero da poco le otto, c’era Tsutomu che era seduto a gambe incrociate nella sua parte del letto, lo sguardo sveglio e vigile fisso sull’adulto.
-Mi sto annoiando- annunciò non appena vide che Kenjiro era sveglio.
Questo sbuffò stropicciandosi gli occhi, non era un buon inizio. Poteva anche capire il bambino, dopo tre giorni chiuso in una casa non sua senza alcun gioco si sarebbe annoiato anche Shirabu alla sua età. Ma che poteva farci il mafioso? Non lo poteva mica portare al parco.
Si alzò annunciando -Vieni, aiutami a preparare la colazione. Poi troveremo qualcosa da fare.
Non fu una grande idea. Certo, Goshiki sembrava starsi divertendo, ma l’impasto dei pancake spalmato su metà dei suoi mobili e il succo di frutta che aveva creato una pozza arancione al centro della sua cucina non era proprio quello che Shirabu aveva sperato per quell’inizio di giornata.
Un’ora dopo, quando finalmente ogni briciola della colazione era sparita nella spazzatura o nei loro stomaci, Shirabu capì che era arrivato il momento di un bel bagno. Non fu difficile arrivare a quella conclusione quando gli toccò la testa e trovò metà dei suoi capelli neri appiccicosi del succo che aveva fatto cadere poco prima.
-Posso portarmi la palla in vasca?- chiese Goshiki, dondolandosi sul posto, mentre guardava l’acqua che riempiva la vasca del mafioso.
-Solo se non fai schizzi fuori- concordò Shirabu.
Tsutomu sorrise felice e corse nell’altra stanza per recuperare la sua pallina.
Quando la vasca fu piena, Shirabu si rese conto che aveva messo troppo bagnoschiuma e sperava solo che Goshiki non finisse ad annegare dentro le bolle di sapone… sarebbe stato difficile da spiegare a Ushijima altrimenti.
Spogliò il bambino, che era tornato con la sua amata palla, e lo aiutò ad immergersi e sedersi senza che scivolasse, poi si alzò le maniche e cercò la posizione migliore per lavargli la testa.
Tsutomu era abbastanza tranquillo e fermo mentre Shirabu prendeva lo shampoo e iniziava a togliere tutta la parte appiccicosa dai suoi capelli, massaggiandogli la cute e impedendogli che il sapone gli arrivasse sugli occhi.
Goshiki si stava limitando a giocare con la sua palla, immergendola totalmente nell’acqua e lasciando che questa poi tornasse in superficie da sola, ma non così velocemente da schizzare acqua e schiuma in giro. Non almeno fino a quando questa non gli scivolò di lato e schizzò fuori come un missile.
Il bambino si immobilizzò, trattenendo persino il respiro, completamente terrorizzato dalla sgridata che, sapeva bene, sarebbe arrivata da parte dell’adulto.
Anche Shirabu aveva fermato il suo lavoro, guardando con odio la palla piena di acqua e schiuma che rotolava in mezzo al suo bagno. Poi fu distratto dal leggero prurito che iniziò a sentire sul naso, segno che della schiuma era finita anche sul suo volto.
Non ricevendo subito un riscontro negativo, Goshiki provò a voltarsi per capire quanto fosse brutta la situazione e, dopo aver visto la striscia di sapone che divideva in due il volto di Kenjiro, non riuscì a trattenere il risolino che gli sfuggì.
Kenjiro alzò un sopracciglio -Ridi?
-Sei buffo- rise ancora il bambino.
-Ah sì? Stiamo giocando?- doveva essere minaccioso, ma la sua voce era più divertita che altro e questo portò Goshiki a rilassarsi e a ridere ancora di più.
Kenjiro abbassò le sue mani sui fianchi del bambino e lì iniziò a fargli il solletico -Ora te lo do io un motivo per ridere, piccolo ingrato!
Goshiki strillò e rise, iniziando a contorcersi divertito e a schizzare acqua praticamente ovunque.
Alla fine di quella lotta Kenjiro aveva il fiato corto e gli faceva male la mascella per il troppo ridere, era finito per metà dentro la vasca e i suoi vestiti erano completamente zuppi di acqua e sapone. Dovette ammettere con se stesso di essersi divertito, anche se se ne pentì amaramente quando si rese conto delle condizioni in cui versava il suo bagno.
 
Giorno 4
Nel momento in cui Tsutomu era distratto, Shirabu prese Semi per un polso e lo spinse contro il muro del corridoio, mettendogli un braccio contro il collo per tenerlo fermo e sibilando freddo e minaccioso -Stai cercando di morire?
Semi lo guardò sinceramente sorpreso e chiese triste -Che ho fatto di male?
Shirabu aveva voglia di prenderlo a pugni, soprattutto perché sapeva che il più grande era serio nel fare quella domanda, lui non sapeva davvero cosa avesse fatto di male.
-Avresti potuto comprare di tutto e gli hai portato gli unici giochi che mi distruggeranno casa!
Semi mise il broncio -Stai esagerando.
-Davvero!?
Dopo che il giorno prima Shirabu si era dovuto inventare qualsiasi tipo di gioco per il bambino che si annoiava più che facilmente, aveva deciso di chiedere un aiuto esterno e aveva chiesto a Semi di raggiungerli il giorno dopo portando qualche gioco per il bambino.
Kenjiro non aveva specificato che tipo di giochi volesse, poiché gli bastava semplicemente qualcosa che portasse il bambino a non lamentarsi ogni dieci minuti con i suoi continui “mi sto annoiando”. Ma non aveva messo in conto che Semi era un deficiente e come “giochi” aveva portato degli adesivi, che il bambino adesso stava attaccando su tutti i suoi mobili, e delle palline rimbalzanti, di quelle piccole, dure e malefiche che compri nei distributori automatici.
-Lo sai quanto ci vorrà a togliere tutti quei cazzo di adesivi dai miei costosi mobili?- continuò a sibilare per farsi sentire solo dall’adulto.
Semi sbiancò a quelle parole e Kenjiro continuò -Se non lo sai, lo scoprirai presto visto che sarai tu a pulirmi casa da cima a fondo! Oh e fidati che la colla non andrà via facilmente.
Eita non ebbe modo di rispondere poiché Tsutomu corse da loro, un adesivo di un delfino in mano che appiccicò con forza sui pantaloni di Shirabu. Lo guardò soddisfatto e annunciò -Ora sono alla moda.
Kenjiro strinse la presa su Semi e questo seppe che per qualcuno sarebbe finita male a breve. Quel qualcuno era sicuramente lui. Provò a cambiare argomento -Ehy Tsutomu, lasciamo stare gli adesivi per ora, andiamo a giocare con le palline.
-Va bene!- saltò il bambino mentre correva nell’altra stanza, ne prendeva una e gliela lanciava contro.
Come doveva essere prevedibile, la pallina non arrivò dritta tra le mani di Semi ma rimbalzò a terra, poi sul muro, fece cadere un quadro, tornò a rimbalzare a terra, fece cadere una cornice in argento rompendola in due e per concludere schizzò fuori dalla finestra rompendo il vetro.
Scese il silenzio, rotto solo dai rumori della città che adesso entravano più facilmente dentro casa.
Goshiki aveva un’espressione terrorizzata, anche se quella di Semi la superava di gran lunga.
Al contrario, l’espressione di Shirabu era quella di qualcuno che aveva raggiunto una sorta di pace interiore. Il padrone di casa, infatti, si limitò a guardare il tutto come se non stesse direttamente succedendo a lui.
-Tsutomu- chiamò con un tono di voce normale, ma che fece comunque saltare il bambino sul posto.
-Sì?- chiese questo con la voce troppo stridula.
-Accendi la tv, sono sicuro che troverai qualcosa da vedere. Io e Semi andiamo un attimo nella mia stanza a fare due chiacchiere.
Goshiki lanciò un veloce sguardo a Semi, uno sguardo di compassione che si potrebbe dare a un condannato a morte.
-Va bene- pigolò poi, facendo come gli era stato chiesto e alzando il volume della tv più del normale. Chissà se Semi sarebbe uscito vivo da quella camera, sperava di sì, aveva iniziato a fargli simpatia.
 
Giorno 5
Quel giorno sembrava stare andando tutto bene, Shirabu aveva ordinato dei puzzle su internet e Goshiki li stava facendo seduto a terra mentre lui poteva dedicarsi al suo lavoro.
Fu mentre l’adulto era in bagno e si stava lavando le mani che sentì un gran fracasso proveniente dalla cucina.
Si precipitò nella stanza in questione e qui trovò uno sportello della dispensa posta in alto spalancato, un pacco di biscotti aperto che era caduto sul piano cottura e aveva sparso briciole e cibo in giro, una sedia abbattuta a terra e Goshiki sul pavimento mentre con una smorfia si teneva il ginocchio.
Non fu difficile per Shirabu capire cosa fosse successo -Ti sei arrampicato per prendere da mangiare?- lo rimproverò mentre gli si avvicinava per capire di che portata fosse il problema.
Goshiki non rispose, era ovvio che fosse come aveva detto Shirabu e non voleva farlo arrabbiare di più, si limitò quindi ad abbassare la testa e stringersi di più la gamba contro il petto.
-Fammi vedere- disse Kenjiro con lo stesso tono mentre gli si inginocchiava davanti.
Tsutomu spostò lentamente le mani e Shirabu poté appurare che si era solo graffiato e stava perdendo qualche goccia di sangue, nulla che ai bambini non capitasse ogni giorno.
Sospirò -Andiamo, ti disinfetto la ferita e mettiamo un cerotto.
-Sto bene…- provò a dire questo.
-Bisogna sempre disinfettare le ferite- Shirabu non volle sentire ragioni e prendendolo in braccio lo portò in bagno, dove lo fece sedere sullo sgabello che teneva in quella stanza.
Goshiki sibilò di dolore quando il disinfettante toccò la sua ferita, ma non si mosse e non una lacrima riuscì a lasciare i suoi occhi lucidi.
-Non piangi eh?- commentò Shirabu per rompere quel silenzio che magari avrebbe messo ancora più ansia al bambino.
-Papà dice che gli uomini non piangono- rispose meccanicamente questo tirando su con il naso.
Kenjiro aveva immaginato qualcosa di simile.
-Va bene piangere quando sei da solo- si ritrovò a dire mentre continuava a strofinargli la ferita nel modo più delicato possibile -non importa se si è maschi o femmine.
-Ma papà ha detto…
-Il tuo papà ti ha detto di non piangere mai perché le persone sono cattive, e se ti farai vedere da loro in questo modo useranno le tue debolezze contro di te. Ma se sei da solo… fa bene piangere.
Goshiki pensò a quelle parole per diversi secondi, la fronte corrugata e lo sguardo fisso sulle mani di Shirabu che avevano preso un cerotto che stava sistemando con cura sul suo ginocchio.
-Tu non sei cattivo- esclamò infine alzando lo sguardo sull’adulto, aveva in volto il sorriso di chi aveva appena scoperto qualcosa di sensazionale.
Shirabu non si aspettava una frase del genere e l’unica cosa che riuscì a fare fu arrossire e balbettare qualcosa sul fatto che avrebbe preparato da mangiare mentre scappava via.
 
Giorno 6
Mancavano solo due giorni prima che la sua missione da babysitter fosse conclusa, Shirabu sperava che passassero tranquilli come era stato per i restanti cinque. Ma ovviamente le cose non vanno mai come si programmano.
Fu Tendo a chiamarlo e avvertirlo con poche e concise parole -Soekawa ci ha traditi, sanno dove si nasconde il bambino, Semi ti sta raggiungendo ma dubito che farà prima di loro, devi portarlo via di lì.
Shirabu non ebbe il tempo di preparare nulla, l’unica cosa che poté fare fu recuperare le sue pistole e indossare le scarpe.
Prese Goshiki, gli alzò il cappuccio della felpa in testa e scappò via di casa.
-Cosa succede?- chiese il bambino giustamente spaventato dal suo modo tempestivo di prenderlo in braccio e correre via.
-Le persone che ti stavano cercando ti hanno trovato- rispose sbrigativo Kenjiro mentre arrivava al portone d’ingresso e cercava di capire dove era meglio nascondersi. Decise per il parco alle spalle del palazzo, era un parco poco curato e che da sempre la mafia aveva utilizzato per i suoi scambi o per le sue vendite, era anche per questo che Shirabu aveva preso un appartamento così vicino.
Il mafioso superò l’ingresso e iniziò a correre tra i vari sentieri all’ombra degli alberi, finché non si fermò dietro un muretto, sedendosi a terra e preparando le sue pistole.
Goshiki era spaventato, si aggrappava alla sua maglia come se ne valesse della sua vita e non poteva fare a meno di guardarsi intorno con ansia.
Shirabu capì di doversi occupare prima di lui.
-Tsutomu, ora facciamo un gioco- iniziò a parlare e non continuò fino a quando non fu sicuro che tutta la sua attenzione fosse su di lui -É come nascondino, ora tu ti vai a nascondere per bene e non esci fino a quando non sarò io a cercarti. Non importa cosa senti, non devi uscire fino a quando non sarò io a chiamarti. Chiaro? Se ti trova qualcun altro mi arrabbierò davvero tanto e tu non vuoi che questo succeda, vero?
Goshiki scosse la testa velocemente, ma allo stesso tempo strinse di più i suoi pugni sulla sua maglia, simbolo che non voleva lasciarlo andare.
-Vai allora, so che sei un bambino coraggioso, puoi farcela.
Tsutomu corse via dopo qualche altro secondo e Shirabu si rimise in piedi, caricò la pistola e iniziò la sua caccia.
 
Circa mezz’ora dopo c’erano tre cadaveri in quel parco, due uccisi da Shirabu e uno da Semi dopo che era riuscito a raggiungerlo, i loro sottoposti si stavano occupando dei corpi prima che venissero informate le forze dell’ordine e Shirabu stava imprecando, riverso a terra mentre cercava di bloccare l’emorragia dovuta alla pallottola che gli aveva colpito la gamba.
-Vuoi stare fermo? Stai facendo più danni che altro, non dovresti essere un dottore tu?
-Sta zitto e aiutami a fasciarla!- gli urlò contro Kenjiro -Devo andare a cercare Goshiki.
-Dov’è? Può andarlo a prendere uno della squadra.
-No. Gli ho detto di nascondersi e di non uscire fino a quando non fossi stato io a chiamarlo.
Shirabu era irremovibile e fu per questo che Semi dovette trascinarlo zoppo in giro per il parco mentre chiamava il nome del bambino.
Tsutomu corse verso di loro quando raggiunsero il parco giochi, sbucando fuori da una piccola grotta dietro gli alberi. Il suo volto era pieno di lacrime versate e non si preoccupò minimamente di schiantarsi contro la gamba sana di Shirabu e stringerlo in un abbraccio.
-Sei vivo- pianse il bambino -avevo paura che mi avresti abbandonato.
Shirabu gli mise una mano sulla testa per confortarlo -Ti avevo detto che sarei venuto a cercarti, devi fidarti di me- il sollievo di vederlo che stava bene che gli invadeva il petto.
Tsutomu pianse ancora, nascondendo il volto contro la gamba che stava ancora stringendo -Non mi piace questo gioco, non voglio più farlo.
-Va bene… sei stato bravo- sussurrò -ora andiamo in un posto sicuro.
Goshiki pianse tanto quel giorno, soprattutto quando si rese davvero conto che Shirabu era ferito e che la colpa era sua. Non si staccò mai dal petto di Kenjiro durante tutto il tragitto in macchina fino alla loro base, ma nel momento in cui arrivarono, le sue lacrime scomparvero e il suo sguardo si fece serio come se dovesse sfidare ognuno delle persone presenti.
Shirabu era così fiero di lui.
 
Giorno 7
L’ultimo giorno Tsutomu rimase alla base del gruppo dei mafiosi. Ormai l’appartamento di Shirabu era stato scoperto e trovare un nuovo posto per poche ore non aveva molto senso.
La ferita di Kenjiro era stata curata, ma doveva camminare con una stampella. Appunto per questo pensò che almeno alla base avrebbe avuto diversi aiuti da parte degli altri, in modo che lui potesse riposarsi meglio. Mai pensiero fu più sbagliato.
Shirabu dovette lavorare il triplo per tenere quel bambino al sicuro, capendo perfettamente perché Ushijima aveva affidato quella missione solo a lui.
Prima di tutto dovette toglierlo dalle mani di Tendo che gli stava insegnando a maneggiare i coltelli e a lanciarli, fortuna che era arrivato proprio nel momento in cui il rosso aveva appena iniziato a indicare su una bambola le parti del corpo dove colpire per fare più male.
Subito dopo, si era distratto solo il tempo di cambiarsi la fasciatura che l’aveva trovato con Yamagata, il quale gli stava raccontando barzellette zozze che, fortunatamente, il bambino non riusciva a capire, anche se stava iniziando a chiedere fin troppe spiegazioni.
Per finire, Semi aveva comprato il pranzo e non aveva pensato di prendere una pietanza non piccante da far mangiare al bambino. Kenjiro se n’era accorto semplicemente perché Tsutomu stava mangiando con gli occhi lucidi e il volto fin troppo rosso. A quel punto aveva picchiato Eita e l’aveva costretto a comprare altro cibo mentre faceva bere il latte a Goshiki.
 
Alla fine di quella giornata, Kenjiro era distrutto. Era stato più difficile far sopravvivere quel bambino nelle ultime otto ore che nei sei giorni precedenti, ma era finita.
Il signor Goshiki era tornato insieme a Ushijima, l’accordo era stato stretto e Kenjiro era finalmente libero da quella zavorra.
Doveva esserne felice… allora perché gli venne un groppo in gola quando Tsutomu corse a salutarlo abbracciandolo stretto e affermando che non si sarebbe mai dimenticato di lui?
Ma perché aveva dovuto salutarlo poi? Non poteva limitarsi ad andarsene in silenzio come tutti?
Shirabu stava ancora cercando di capire perché i suoi occhi stessero bruciando, quando Semi lo raggiunse e lo strinse in un abbraccio senza bisogno di dire nulla.
Kenjiro decise di accettarlo senza lamentarsi, fino a quando l’altro non parlò.
-Non pensavo che il mio ragazzo fosse così sensibile- rise Semi mentre gli baciava la testa -ma più cose scopro di te e più mi innamoro.
Kenjiro si irrigidì tra le sue braccia, poi si allontanò lentamente e fece notare -Sei… innamorato di me? Perché dici che sono il tuo ragazzo?
Semi spalancò gli occhi basito -Che stai dicendo? Cosa altro dovresti essere se non il mio ragazzo?
Kenjiro arrossì e si mise subito sulla difensiva affermando -Beh… non ne abbiamo mai parlato!
-Non pensavo che ce ne fosse bisogno!
Era una grande novità da digerire, ma Kenjiro poteva abituarsi a tutto quello.
 
-
 
Otto mesi dopo, Shirabu fu convocato con urgenza nella sala riunioni. Quando arrivò, scoprì che Ushijima aveva chiamato tutti i membri più fidati della sua squadra.
-É sorto un problema- informò subito il kumicho non appena arrivarono tutti -c’è stato un attentato alla famiglia Goshiki e l’uomo è morto prima di riuscire ad arrivare in ospedale, sono morti anche due dei nostri che gli facevano da scorta. Il figlio è sopravvissuto, è in condizioni gravi in ospedale ma hanno detto che si riprenderà. Nonostante abbia sei anni, è appena diventato il possessore di un patrimonio enorme e il nostro problema nasce adesso: gli verrà affidato un tutore, un tutore che lo accompagnerà fino a quando non sarà maggiorenne, ma se non riusciamo a mettere le mani su quel tutore, se non riusciamo a farlo passare dalla nostra parte, tutto quello che abbiamo fatto in questi otto mesi sarà completamente cancellato.
Tendo fece il suo sorrisetto da sadico -So io come convincerlo.
-Se lo uccidi, sorgerebbero ancora più problemi- fece presente Yamagata.
-Non avevo intenzione di ucciderlo!
-Con te non c’è mai certezza, ne uccidi due su tre di quelli che vuoi convincere.
-Non lo faccio di proposito!- si lamentò il rosso -Mi faccio prendere un po’ troppo la mano e loro sono così fragili!
Shirabu interruppe quella discussione alzandosi e affermando risoluto -Lo faccio io.
Ushijima lo guardò -Sai come convincerlo a venire dalla nostra parte?
-No- corresse Shirabu -faccio io da tutore al bambino.
Scese il silenzio, Kenjiro avrebbe dovuto immaginarlo, se gli avessero detto solo otto mesi prima che si sarebbe proposto di prendere in affido un bambino li avrebbe catalogati come pazzi.
-Sei sicuro?- fu Ushijima a rompere quel silenzio.
-Sì, mi occuperò di Goshiki Tsutomu personalmente. Non credo che sia difficile per noi falsificare qualche carta e far credere che quell’uomo l’aveva lasciato in eredità a te, la persona di cui si fidava di più, giusto?
-Giusto, si può fare.
-Bene- Shirabu sorrise -allora vado a prenderlo.
Si inchinò in segno di saluto, poi lasciò la stanza.
Quando sentì dei passi raggiungerlo lungo il corridoio, non ebbe bisogno di controllare per sapere che era solo Semi.
-Quindi…- disse questo mentre lo affiancava e sorrideva divertito -Stiamo per diventare genitori eh?
-Sta zitto.
Semi si limitò a ridere, poi arrivarono alla sua macchina ed entrambi vi salirono pronti ad andare in ospedale da Tsutomu.
-E se provi a comprare altre palle rimbalzanti, giuro che ti lascio e cambio serratura.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: LorasWeasley