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Autore: moira78    08/08/2023    5 recensioni
In una serata come le altre, moglie e marito si ritrovano a parlare del passato...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Albert, cosa hai pensato quando ti sei reso conto che ero entrata nella stanza e stavo parlando allo zio William?".

Suo marito aprì gli occhi di colpo, senza muoversi dalla posa rilassata con le braccia ripiegate dietro alla nuca.  "Beh... penso di essere rimasto spiazzato per la prima volta in vita mia", disse lentamente.

Candy salì sul letto spazzolandosi i capelli ancora umidi, incrociando le gambe sotto alla camicia da notte di seta: "A me pare che tu sia rimasto calmo come un Buddha mentre io avevo il cuore in gola e tremavo come una foglia!".

Albert chiuse gli occhi sospirando e accennando un sorriso: "Lo sai che so nascondere bene le mie emozioni". Si volse a guardarla e le fece l'occhiolino, provocandole in lei, le emozioni. C'erano cose a cui non si sarebbe mai abituata, come il modo in cui le sorrideva o le strizzava l'occhio: pensava che avrebbe sentito le farfalle allo stomaco anche a settant'anni, se ci fosse arrivata.

"A parte quando mi hai chiesto di sposarti e il giorno del nostro matrimonio...", lo prese in giro solo per farsi vedere altrettanto sicura.

"Va bene, tranne in quelle occasioni", cantilenò lui, divertito. Non erano state molte, in effetti, le volte in cui lo aveva visto con gli occhi lucidi o gli aveva sentito le mani fredde.

"Bene, quindi cosa hai pensato o provato da dietro quella tua imponente poltrona, mentre io riversavo il mio cuore a un uomo che volevo conoscere da una vita?", chiese ancora con tono tragico, allargando le braccia.

Albert rise: "Beh, ho pensato che avevo una via di fuga, ovvero la porta-finestra davanti a me".

Candy smise di pettinarsi interrompendosi nel bel mezzo di un nodo particolarmente aggrovigliato e assunse un'espressione oltraggiata: "William Albert Ardlay, saresti scappato a gambe levate dalla tua povera figlia adottiva che ti stava ringraziando?!".

L'effetto delle sue parole fu immediato: il sorriso scomparve dal bel viso del marito e le sopracciglia si abbassarono, aggrottandosi al punto che il cipiglio fu quasi eccessivo: "Ah, no, se devi ricominciare con la storia della figlia adottiva ho solo una cosa da dirti: buonanotte!". E, senza darle modo di replicare, le diede le spalle e si rannicchiò sul fianco tirandosi la coperta fino alle orecchie.

Fu il suo turno di ridere: a volte il suo ineffabile e grande uomo si comportava proprio come un bambino! Stava facendo finta di dormire? Sì, certo che sì! Ma lei sapeva bene quale fosse il suo punto debole e, mordendosi il labbro con fare malizioso, si allungò verso di lui fino a sfiorargli il lobo con le labbra: "E dai, William, lo sai che sto scherzando". Candy seppe che la pelle d'oca che poteva intravedere lungo il collo derivava in parte dal tono e dal nome che aveva usato con voce più profonda del solito e in parte dal solletico che soffriva in quel punto in particolare. Che, per buona misura, prese a solleticare con il naso, provocando nuove risa composte.

"Va bene, va bene, mi arrendo, però...". Candy emise un piccolo urlo quando Albert l'afferrò trascinandola sopra di sé e facendole perdere la presa sulla spazzola e ricadere i capelli tutto intorno a loro. "... se vuoi la tua risposta ora mi starai a sentire senza più parlare di zii, di padri...".

"...o di principi", concluse per lui.

"O di principi, esatto", confermò accigliandosi di nuovo.

"Va bene, ma lascia che mi districhi i capelli o domattina diventeranno un nodo unico!". Il modo in cui Albert alzò un sopracciglio le parve carico di significati che contribuirono a farla tremare fra le sue braccia, come sempre. E che andavano da 'cosa te ne importa dei capelli', a 'più tardi potresti averli molto più annodati di così'.

"Va bene, ti lascio. Per ora". Persino quella frase detta con noncuranza le fece salire il rossore al viso.

"Bene, dunque...". Candy dovette ammettere a se stessa che le ci voleva poco per perdere la concentrazione, quando stava accanto ad Albert. E meno male che erano sposati da più di un anno! "Quindi oltre a pianificare di fuggire cosa hai pensato?".

Albert si rimise le braccia dietro la nuca, come se avessero riavvolto il tempo di qualche minuto: "Una parte di me ti stava ascoltando con attenzione, l'altra ha cominciato a scendere a patti con il fatto che ormai dovevo uscire allo scoperto. Il tuo tono così appassionato e la tua voce spezzata mentre mi ringraziavi... mi hanno commosso, Candy, e quando mi sono voltato per guardarti...".

"...la prima cosa che mi hai detto è stata 'è per dirmi questo che sei venuta, Candy?'". Mimò la sua voce profonda sentendosi quasi i nervi a fior di pelle come quel giorno. "Hai idea di come mi sono sentita io quando ho visto chi eri?".

Le labbra di Albert s'incurvarono dolcemente: "Sì, ne ho una mezza idea...Ricordo una ragazza a cui sono tremate tanto le gambe che si è accasciata davanti a me. E che ha fatto cadere una tazzina".

Candy scosse la testa: "Sembravi imbarazzato, lo sai? Intendo quando ho continuato a ringraziarti".

"Per forza, a un certo punto mi sono davvero sentito il tuo vecchio zio decrepito. Invece... volevo essere solo Albert per te. Sempre". Allungò una mano per darle una carezza struggente sulla guancia, lieve come le ali di una farfalla: quando la trattava con tanta delicatezza, quasi fosse qualcosa di fragile e prezioso, si sentiva privilegiata.

"Ne è passata di acqua sotto ai ponti da allora, vero?", chiese afferrandogli la mano e intrecciando le dita con le sue.

Albert annuì e le prese la spazzola inutilizzata dalle mani: "Vieni qui. Dov'era quel nodo?".

Candy sorrise e vi infilò le mani, indicandoglielo. Albert le stava toccando i capelli con la mano e con la spazzola, eppure lei aveva i brividi lungo la schiena come se la stesse accarezzando. "Quando te ne sei andato dalla Casa Magnolia ho perso dieci anni di vita. Tutto mi aspettavo, tranne ritrovarti nello studio dello zio William".

"Sì, mi hai confessato qualcosa di simile in una delle tue lettere". Con un colpo secco ma delicato, Albert fece finalmente scivolare la spazzola lungo la ciocca ribelle e passò alla successiva.

"Perché mi hai mandata a Rockstown?". Gli chiese dopo un breve momento di pausa, prendendo il coraggio a due mani: per anni aveva avuto un sospetto, ma solo ora riusciva a chiederglielo.

Albert si bloccò e la presa sui capelli si allentò. Candy si volse e vide che posava la spazzola accanto a sé: "Tu cosa ne pensi?".

Lei sospirò, esasperata dalla sua apparente calma serafica: apparente, sì, perché nella linea contratta della mascella poteva notare tutta la sua tensione. "Io... io ho pensato che volessi farmi incontrare... con lui". Diamine, non poteva neanche pronunciarne il nome! Non avevano già superato quella fase e ormai parlavano di Terence come fosse un loro caro amico comune? Possibile che rimembrare quei tempi li avesse fatti tornare indietro?

Albert annuì: "Terence aveva bisogno di te e tu... beh, non sapevo bene neanche io di chi avessi bisogno, allora".

Candy gli sorrise, allungando a sua volta la mano per carezzarlo sul viso: "Ma lo hai scoperto molto presto, vero? Nonostante fossi addolorata per lui e per come si era ridotto, era te che stavo cercando. Fino a quando non ti ho trovato".

Albert le baciò la punta delle dita: "Quando Georges mi ha riportato la notizia che eri tornata a casa da sola, ho capito che in realtà avevo anche un altro scopo, oltre a quello di tentare di riavvicinarvi: volevo una conferma".

"Una... conferma? Quindi tu già sospettavi quello di cui io mi stavo appena rendendo conto?".

Albert fece un gesto negativo col capo: "Non ho mai osato sperare che ti stessi innamorando di me, non certo allora. Tuttavia cominciavo a immaginare che forse il ricordo di Terence si stesse allontanando e magari un giorno... io avrei potuto avere una speranza".

"E allora perché non mi hai detto la verità e sei scappato come un ladro?!". Candy lasciò cadere la mano e artigliò le lenzuola, protendendosi verso di lui che sbatteva le palpebre, confuso da quella veemenza.

"Candy, ma perché ne parliamo adesso? E ti sei forse dimenticata di quello che stava succedendo?".

"Certo che no! Hai cominciato a fare tanto il misterioso che hanno iniziato a parlare di te come... come...", incespicò alla ricerca del termine corretto.

"Come un mafioso? Un delinquente?". Il sorrisetto sulla sua faccia la fece solo infuriare di più.

"E io lì a difenderti e a struggermi!", lo accusò battendo un pugno sul materasso e facendolo quasi sobbalzare. "Dico, non era più facile dirmi: Candy, sai, ho recuperato la memoria! Ma lo sai chi sono io? Il tuo prozio William, sorpresa! Invece no, hai dovuto fare il misterioso, andartene, cercare di farmi rincontrare con Terry e farti ritrovare da me per puro caso!". Non credeva che sarebbe stata di nuovo tanto arrabbiata, ma stava proprio avvenendo. Tempo prima, quando non erano neanche fidanzati, lo aveva accusato di averla fatta preoccupare e Albert le aveva rivolto quella frase sibillina sul fatto che non voleva che la scambiassero per la sua sorellina. Ma poi il discorso era caduto lì e lei era troppo piacevolmente sorpresa per approfondire. Tuttavia, quella sera, desiderava davvero scoprire tutte le carte: sospettava che la sua ipersensibilità dipendesse da quanto era scombussolata in quelle ultime settimane, nonché da un dubbio che sperava di fugare entro il giorno successivo.

"Candy, ora calmati, vuoi? Vieni qui". E, nel nido confortevole delle braccia di suo marito, Candy lasciò cadere alcune lacrime traditrici, pur sapendo che lui le avrebbe intuite e si sarebbe preoccupato. "Pensi che fosse facile per me raccontarti tutto in quel momento? Quando ancora non sapevo se fossi ancora innamorata di Terence e poco dopo la morte di Stair che ti aveva... ci aveva sconvolto tanto?".

Candy sussultò: "Avevi paura che non avrei capito?", chiese cercando di mantenere ferma la voce.

"Avevo paura di travolgerti con troppe cose tutte assieme!".

"Ed è per questo che mi hai rivelato le tue identità un po' per volta? Considerando che una l'ho scoperta da sola...". Adesso si sentiva di nuovo un po' arrabbiata e le lacrime avevano già lasciato il posto alla frustrazione.

Albert si scostò per guardarla: "Adesso non dirmi che non ti è piaciuto il modo in cui ti ho confessato che ero il tuo... principe della collina", terminò reprimendo chiaramente un brivido.

Candy sporse il labbro inferiore e unì le punte delle dita, imbarazzata: "Beh, no, quello è stato... bello. Mi hai fatta piangere ma è stato bello".

"Bene", sospirò Albert come se stesse cercando di mantenersi paziente. "Quindi, tornando a quando me ne sono andato... non avevo paura solo per te: per le tue emozioni, per la tua reputazione... ma anche per me".

Candy sgranò gli occhi: "Avevi paura... per te? E cosa temevi?".

Il viso di lui si rabbuiò e si contrasse, mostrando piccoli segni d'espressione che non aveva mai avuto: "Temevo che saresti stata furiosa e che mi avresti... rifiutato, odiato". Albert distolse lo sguardo, quasi provasse vergogna a mostrarsi vulnerabile.

Candy si mosse sulle ginocchia fino ad afferrargli il volto per costringerlo a guardarla di nuovo: "Odiarti?! Ma, dico, vuoi scherzare?". E, per buona misura, gli piantò un bacio schioccante sulle labbra, accettando la sua stretta forte dietro la schiena: sembrava non volerla lasciare più andare.

Quando si staccarono le disse, col fiato corto: "Vuoi farmi credere che all'epoca mi avresti baciato in questo modo dopo la mia confessione?".

"No, certo che no", rise. "Oh, certo, sarei stata molto, molto arrabbiata con te!", ammise sottolineando ogni 'molto' con una spinta al torace.

"Mi pare che tu sia adesso, molto arrabbiata". Inarcò un sopracciglio, perplesso. Con quegli sbalzi di umore doveva averlo confuso e ne aveva ben donde! Neanche lei si capiva più...

Candy incrociò le braccia e sbuffò: "Continuo a pensare che fosse stato meglio che mi fossi arrabbiata a quei tempi, piuttosto che preoccuparmi a morte. E quando pensavi di rivedermi e raccontarmi chi eri? Tu... lo avresti fatto, vero?". Dalla rabbia era passata alla supplica: sì, di certo qualcosa in lei non andava come al solito...

Albert aggrottò le sopracciglia: "Sei sicura di stare bene?", le chiese infatti, ponendole persino una mano sulla fronte.

"Sì, sto bene. Dai, rispondimi, dimmi la verità!". D'improvviso, aveva bisogno di saperlo.

Lui sedette con la schiena alla testata del letto e poggiò i gomiti sulle ginocchia piegate: "Dopo aver recuperato la memoria si sono riversati in me una moltitudine di sentimenti: dovevo dare notizie alla mia famiglia che non mi sentiva da più di due anni; dovevo rimettere in ordine la mia intera vita; ma, soprattutto, dovevo definire le cose con te".

Candy poté rendersi conto della vibrazione nella voce di Albert, come se stesse trattenendo a stento una forte emozione e tacque, immersa a sua volta in quel momento del passato. Immersa nel suo passato di allora, che pensava fosse stato in parte più semplice del proprio: cominciava a capire parecchie cose.

"La memoria è ritornata in me come un'ondata violenta e improvvisa e mi sono sentito quasi annegare. E sai qual è stata l'unica cosa che mi ha tenuto a galla?", continuò lui guardandola: "Tu. Il tuo viso gentile e il tuo sorriso. Il pensiero che l'equilibrio fra noi era appena divenuto così fragile che temevo si sarebbe spezzato se lo avessi anche solo sfiorato. Eri sotto la mia tutela, come una figlia adottiva. E io ero innamorato di te, ma al contempo ti volevo proteggere!".

Candy aveva compreso da tempo quanto il suo amico smemorato l'avesse amata già all'epoca eppure, mentre lo ripeteva come suo marito, con quel tono fervente e appassionato, sentì di nuovo le lacrime salirle agli occhi per l'emozione: allora, il proprio sentimento era ancora acerbo e appannato dalla separazione avvenuta con Terry, certo, però la vicinanza di Albert era già diventata parte della sua vita. Tutto era in fase di mutazione profonda, dall'accettazione stava passando alla consapevolezza di avere vicino qualcuno di speciale. E tuttavia, l'allontanamento improvviso di Albert aveva accelerato il processo, riportando in superficie ciò che era ancora gelosamente celato sotto a strati di dolore.

"Sei uno stupido, lo sai?", fu l'unica cosa che riuscì a dire con voce soffocata dal pianto, gettandosi di nuovo fra le sue braccia, stringendolo e baciandolo, lasciando che la baciasse a sua volta e la trascinasse sul letto con lui, beandosi di un abbraccio che divenne poco a poco caldo, pieno del nudo bisogno di riaffermare il loro amore. Che mutò, tra sospiri e gemiti, in un'unione lenta eppure fervente, in una fusione necessaria per sottolineare e confermare quanto il detto e il non detto portassero a un'unica conclusione: la profondità di un sentimento che era nato nel tempo.

Candy si rannicchiò sul petto di Albert riportando il respiro a un ritmo normale, desiderando che lui non si separasse più dal suo corpo, avvertendo ancora i suoi ansiti profondi tra i capelli, caldi e frequenti. Quando cominciarono di diminuire d'intensità, Albert li inframmezzò con piccoli baci sul capo.
"Ti senti più tranquilla adesso?", le chiese, la voce ancora arrochita dalla passione.

"Sì", mormorò aspirando forte il profumo di leggero sudore sul suo torace, a un soffio dalle cicatrici del leone.

"Bene, allora direi che provvederò a discutere più spesso con te del passato, se il risultato è una riappacificazione come questa", disse divertito.

"Lo sai che non serve ricorrere a questi trucchetti", lo rimproverò dolcemente.

"Non hai tutti i torti... di solito basta il mio fascino magnetico". Il torace sussultò in una risata e lei scosse la testa.

Non seppe perché scelse quel momento leggero per parlare, esprimendo quella che ancora non era una certezza, né perché non avesse atteso la conferma. Ma sentì il bisogno di mettere a nudo il suo cuore come aveva appena fatto col suo corpo e i suoi desideri. Quasi volesse scongiurare ogni zona d'ombra del presente come aveva fatto con quelle passate.

"Potrei essere incinta", bisbigliò interrompendo la sua risata e provocando in Albert un respiro strozzato. La scostò da sé per guardarla con gli occhi sgranati.

"Cosa?".

"Ho detto che potrei essere incinta. Ma non ne sono ancora sicura, la verità è che domattina...".

"Mio Dio, Candy, perché non l'hai detto prima?!". Albert si era puntellato su un gomito e sembrava in preda al panico.

"Prima...? Prima stavamo parlando di altre cose! Te lo avrei...".

"Intendo... prima...", mormorò carezzandole il viso e il fianco facendola rabbrividire di nuovo desiderio. "Potremmo aver sbagliato a...".

Candy scosse la testa: "A prescindere dal fatto che ancora non ho una certezza, non trovo alcuna controindicazione valida. Ma se ti fa stare più tranquillo sarà una delle domande che farò al medico se...".

Albert la strinse guardandola con gli occhi lucidi: "Come ti senti? Che sintomi hai? Sono solo gli sbalzi d'umore o hai altri fastidi?".

Di colpo, si era trasformato in un sostituto del dottore e le stava facendo le domande cui già aveva risposto prima di fissare l'appuntamento.

"Non hai bisogno di sapere tutti i particolari, ti pare? Sono solo un po' più stanca e la mattina ho una leggera nausea. Che durante il giorno si trasforma nella mia solita voglia di dolci. E non ho sbalzi d'umore...". Lo vide inarcare un sopracciglio. "Va bene, ero un po' presa dalla conversazione, prima".

Albert le baciò la fronte, quasi racchiudesse un tesoro prezioso e lo stesso fece abbassandosi in un gesto fluido sul ventre, rimandandole un altro brivido. Commuovendola nel profondo. "Non voglio più parlare del passato. Sei qui, fra le mie braccia, e forse a breve avremo il più bel regalo che una coppia innamorata possa desiderare. Per quanto mi riguarda, ciò che è stato ha solo contribuito a farci trovare qui, oggi, uniti e felici".

Candy sorrise, cercando di trattenere le lacrime: "Sai una cosa? Hai ragione. Non ti farò più domande, a meno che non sia un'opportunità per sorridere".

"Brava. E ora copriti e cerca di riposare", disse premuroso, procedendo a fare alla rovescia ciò che era accaduto poco prima, rimettendole la camicia da notte con movimenti premurosi.

"Albert...?", lo chiamò mentre giacevano già al buio, in bilico tra sonno e veglia.

"Mh?". La voce era profonda, di un uomo che sia quasi sprofondato nel sonno.

"Se... se non fosse vero non rimarrai deluso?".

"Lo saremmo in due, ma durerà poco. Basterà lavorare alacremente perché divenga realtà".

Candy rise nascondendo il volto nel pigiama che aveva di nuovo indossato, sentendo il braccio che l'attirava a sé. Restò in silenzio per qualche istante, ascoltando il battito del suo cuore, il respiro regolare e il canto sporadico dei grilli fuori dalla finestra. Di colpo, le venne in mente qualcosa.

"Albert?".

"Cosa?", quasi biascicato, al limite dell'irritazione. Suo marito doveva essere davvero stanco dopo quella giornata così intensa, finita tra l'altro fra discussioni e altri gradevoli incombenze.

"Cosa hai pensato quando ti ho dato del pirata?".

"Candy...".

"Avevamo detto che se fosse stata un'opportunità per sorridere andava bene!", protestò cercando il suo sguardo assonnato nel buio.

"Sì, ma tu hai bisogno di riposare e io mi sto trattenendo a malapena dal gridare al mondo intero che forse sto per diventare padre, nonostante l'ora. Facciamo in modo che domani arrivi in fretta, così sapremo se gioire o darci da fare, va bene?".

"Mhhh, va bene", si arrese sporgendo un po' il labbro inferiore come fosse una bambina imbronciata. "Ma, Albert...".

"Che c'è?". Sì, ora era decisamente quasi nel mondo dei sogni. Non aprì neanche gli occhi.

"Vuoi dire... che se sarò incinta, oltre a essere tanto, tanto felici... non saremo più... come stasera?". Non sapeva come non si vergognasse di fare quella domanda ma, a meno di precise indicazioni del medico, l'idea che Albert non la toccasse per nove lunghi mesi le era quasi insopportabile.

Gli occhi di Albert si spalancarono di colpo e, anche nel buio, vide l'azzurro quasi blu notte posarsi su di lei come una carezza: "Se non ci sono controindicazioni e prestiamo attenzione... hai detto tu stessa che...".

"Certo, certo... è che credevo che tu non volessi...".

Albert le chiuse la bocca con un bacio. Dolce ma esigente al contempo. Quando si staccò, disse: "La mia priorità è sempre stata quella di renderti felice, Candy. E sapere che la tua gioia coincide con la mia è quanto più potessi desiderare dalla vita. Mi godrò ogni momento con la mia adorata moglie e con i figli che Dio ci vorrà concedere. Ogni singolo momento, in ogni senso, non dubitarne".

Con un ultimo bacio, Albert si abbassò un poco al suo livello così che poté avvertire il suo respiro contro il proprio viso: e fu come ricevere il bacio della Bella Addormentata alla rovescia, perché il sonno la cullò dolcemente fra le braccia del suo uomo.
 
 
   
 
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