Arya
era
stesa nel letto, Jill le era accanto tenendole una mano e le sorrideva.
-
Devi
respirare piano – le stava dicendo mentre piccole gocce di
sudore imperlavano
la sua fronte.
-
Avrei
voluto che Eragon fosse qui al momento del parto. -
-
Non credo
che le tue bambine possano aspettare tanto Arya. -
le
rispose
lei posando una mano sul pancione.
Accanto
al
loro l'ostetrica stava sistemando una bacinella d'acqua accanto al
letto. Dei
teli puliti erano stati già poggiati sul bordo.
-
Come va?
- chiese la donna facendo cenno a Jill di farsi da parte.
La
giovane
donna lasciò la mano di Arya con riluttanza. Arya sembrava
così fragile, Jill
decise che sarebbe stata forte per entrambe.
Dei
rumori
da fuori attirarono la sua attenzione. I rumori aumentarono di
intensità e le
tre donne si guardarono negli occhi.
-
Che cosa
è stato? - chiese Arya a denti stretti
-
Non lo
so. - Jill aggrottò la fonte e fece per andare alla porta
quando questa si
spalancò e di fronte a loro comparve una figura femminile
ammantata. Gli occhi
di Jill si spalancarono dallo stupore
-
Tu? - Di
fronte a loro c’era Isobel.
-
Sorpresa
di vedermi Jill? Per tua fortuna non sono qui per te. Per ora. -
Jill
estrasse il suo corto pugnale e lanciò un fendente alla
donna. Jill si trovò,
senza neanche sapere come, scaraventata al muro della parete alle sue
spalle. -
Jill! - gridò Arya.
Jill
ebbe
solo la forza di emettere un sordo suono poi si accasciò al
suolo senza dare
più nessun cenno di movimento. Isobel si girò
verso l'ostetrica che stava
accanto a Arya
-
Tu donna
vai fuori prima di fare la sua stessa fine! - minacciò
Isobel indicando con lo
sguardo il corpo immobile di Jill.
L’ostetrica
non si mosse dal capezzale di Arya, non poteva abbandonarla, andava
contro
tutti i suoi principi. Vedendo che la donna non si muoveva Arya disse:
-
Vai, non
preoccuparti per me. - l'elfa strinse con forza la mano della donna -
Ma
Signora! - protestò lei con vigore.
-
Avverti
Rebekha e Reafly che la regina è qui, loro sapranno come
mettersi in contatto
con Eragon o con Murtagh. - aggiunse sotto voce. A quelle parole
l'ostetrica
sembrò come riscuotersi e una luce di determinazione si
acese nei suoi occhi,
guardò Arya quindi
annuì e si avviò a
passo svelto verso la porta per uscire e correre via di corsa.
Isobel
sorrise soddisfatta
-
Molto
bene Arya, finalmente siamo riuscite a incontrarci. Non sai da quanto
tempo ho
desiderato che arrivasse questo momento. -
Arya
non
aveva la forza ne la voglia di replicare.
-
Ma perché
tutto sia perfetto manca ancora un elemento. - disse avvicinandosi al
suo letto
con passo sinuoso. - Per questo motivo devo chiederti di seguirmi per
un
tratto. Sarà questione di poco poi potrai di nuovo
stendersi. -
La
regina
prese Arya per un polso e la trascinò fuori dalla stanza.
Arya lottò contro la
presa della regina, ma nelle sue condizioni non avrebbe potuto opporre
resistenza alla donna neanche se lo avesse voluto. Strinse i denti e
con la
mano libera tenne la pancia a proteggere le due vite che portava dentro
di se.
Come
avesse
abitato sempre dentro quel palazzo, Isobel la spinse senza alcuna
esitazione
fino alla sala del trono. Nel percorso Arya notò diverse
guardie a terra,
colpite dalla donna nel suo tragitto verso la sua stanza.
La
regina
aprì la porta e una volta entrate la sigillò con
la magia, quindi lasciò libero
il braccio di Arya.
L'elfa
si
ritrasse raggiungendo una sedia e sorreggendosi per non crollare a
terra. - Ora
nessuno potrà disturbarci. Le tue figlie nasceranno qui. -
Arya
ebbe
un moto di disgusto
-
Se solo
proverai a toccarle! -
-
Che cosa
farai allora? - Chiese la regina che nel frattempo stava togliendo il
telo che
celava le uova di drago che erano ancora conservate. Gli occhi della
sovrana di
Zàkhara vennero catturati dalla luce che emanava la
superficie lucida dei loro
gusci. Socchiuse gli occhi verso Arya.
-
Sono
delle gemelle. Due bambine. Il numero di uova rimaste da schiudersi tra
quelle
che avete portato con voi da Alagaësia. - Costatò
la regina con voce asciutta.
Il respiro di Arya si fece più inteso, quindi
avvertì qualcosa di bagnato
colargli in mezzo alle gambe bagnandole la veste. Dopo un attimo di
smarrimento
comprese che le dovevano essersi rotte le acque. Ora davvero nulla
poteva
impedire che le bambine potessero nascere. Fuori dalla sala scoppiarono
alcuni
rumori come di colpi di ariete. Le guardie del palazzo stavano
attaccando la
porta con ogni mezzo disponibile nel tentativo di aprila.
-
Non ci
daranno fastidio principessa, almeno fino a quando le tue bambine non
saranno
nate. - Isobel le si avvicinò lasciando che una delle due
uova scivolasse di
nuovo dentro la cassa. Anche Arya si stese sul pavimento e la regina si
chinò
su di lei e le posò una mano sul suo ventre. Le gemelle si
agitarono.
-
Non
toccarmi! - ringhiò Arya con voce roca. Isobel non fece
nemmeno caso alle sue
minacce e sorrise -
Le alleverò come se fossero mie. -
La rabbia affiorò in lei come nona aveva mai provato prima
nella sua vita. La
sua rabbia era dettata dalla volontà di difendere le sue
bambine.
-
Finché
sarò in vita tu non le toccherai. - sibilò Arya a
denti stretti. L'elfa
iniziava a sentire che il tempo era quasi arrivato al termine ed era
troppo
debole per riuscire a combattere la regina. Tutte le sue energie
dovevano
concentrarsi nel parto, ma qualcosa poteva ancora farla dopo tutto,
qualcosa
che solo un Elfo era in grado di fare. Puntò il su sguardo
su Isobel che le
sorrideva con disprezzo. Avrebbe atteso il momento opportuno.
-
Spesso le
donne non sopravvivono al loro primo parto. - la sentì dire.
-
Se
poi a nascere sono in due, per la madre le probabilità di
una morte aumentano.
-
Arya
chiuse
gli occhi mentre sentiva la pancia contrarsi una volta di
più, aspettò che
dolore scemasse, ma appena riprese fiato ecco arrivarne un'altra ondata
e
un'altra ancora, ognuna più dolorosa dalla prima.
Urlò
per
scacciare la via il dolore, poi iniziò ad aspirare e
espirare con lentezza.
Durante quei mesi il suo spirito e il suo corpo si erano preparati solo
per
quel momento. Poteva sentire perfettamente come le bambine premevano
per uscire
fuori; non poteva farle aspettare oltre senza mettere in pericolo le
loro vite;
non poteva aspettarsi che qualcuno arrivasse a salvarle.
Il
dolore
le impediva di pensare con lucidità, Arya doveva cercare di
essere lucida se
voleva avere una possibilità di poter neutralizzare la
regina; doveva fare in
modo di mantenere il dolore sotto controllo. Subito, si rese conto che
l'impresa era più facile a dirsi che a farsi. Prese a
respirare lentamente e in
maniera regolare ma una nuova ondata di dolore più forte
delle altre le mozzò
il fiato in gola costringendola a ricominciare la respirazione da capo.
Isobel
le si avvicinò con un fazzoletto tamponandole la fronte
imperlata di sudore.
Arya
provò un brivido - Ora rilassati - le disse la sovrana con
voce ferma. La
regina la fece stendere a terra posizionandole delle coperte dietro la
schiena.
Senza che Arya se ne rendesse conto le aveva fatto divaricare le gambe.
Il
dolore era aumentato e tutta la sua attenzione si andò in un
attimo a
concentrare sulla respirazione e Isobel si posizionò davanti
a lei.
-
Sembra
che tu sia arrivata alle doglie espulsive. Sei pronta per spingere? -
le chiese
ancora. Arya avrebbe voluto che la sua voce cessasse di parlare. Non le
piaceva
il suo timbro. Arya annuì con una smorfia quindi
lasciò andare indietro la
testa e spinse con tutte le sue forze.
***
Eragon
sentì il suo corpo perdere lentamente peso, tutto intorno a
lui si dissolse in
una luce accecante e un forte calore gli infuocò le vene
facendolo gridare. Era
la prima volta che usava quella particolare magia e sperò
che questa imprudenza
non gli sesse costando la vita o peggio. Sentì la forza dei
draghi che lo
sorreggeva infondendogli la loro energia, quelle era stata l'unica cosa
che lo
trattenne dal non cadere nel panico che altrimenti minacciava di
sopraffarlo.
Passarono alcuni minuti che gli parvero eterni poi il mondo
iniziò a ritornare
a lui, Eragon percepì di nuovo il peso del suo corpo e
lentamente aprì gli
occhi.
Un
manipolo
di soldati lo circondò con le lance puntate prima di
riconoscerlo e abbassarle.
-
Cavaliere
Eragon! - Eragon si alzò e guardò il capitano
farsi largo tra la fila dei
soldati.
-
Non ho
idea quale incantesimo voi abbiate usato per arrivare qui, ma siete
arrivato
nel momento giusto. - L'uomo si girò verso la grande porta
che chiudeva la sala
del trono del palazzo di Antàra. - Abbiamo
sentito le urla provenire da dentro fino a
poco tempo fa. Sono cessate solo da poco. Ogni uomo all'interno del
castello ha
usato ogni oncia della sua forza per poter forzare la porta, ma
è stata
sigillata con un incantesimo. Neanche I cavalieri Rebekha e Reafly sono
riusciti a rompere il sigillo. -
-
Dove sono
loro? - Eragon si chiese corrucciando la fronte
-
Eragon! -
Rebekha gli corse incontro e lo abbracciò fino a quasi
toglierli il fiato.
Eragon rimase fermo completamente travolto dalla foga con cui la
ragazza lo
aveva abbracciato in lacrime. Dietro di lei Jill e Reafly attesero per
poter
salutare anche loro il cavaliere.
-
Jill,
cosa è successo. - Una fasciatura vistosa le cingeva la
testa. - Isobel è
comparsa nella camera di Arya e l'ha portata dentro la sala del trono.
È
accaduto alcune ore fa. Io ho tentato di fermarla Eragon, ma lei mi ha
fermata
scaraventandomi contro un muro prima ancora che potessi anche solo
raggiungerla.
-
Mi
dispiace. Non abbiamo idea di cosa sia successo lì dentro,
ma questo silenzio è
più inquietante delle urla di Arya. - Eragon si trattenne
dal mostrare la sua
preoccupazione, serrò la mascella e annuì serio.
-
Voi avete
fatto del vostro meglio. Ora lasciate che me ne occupi io. - Nei suoi
occhi
brillò una luce di determinazione e di forza che
lasciò tutti in silenzio. Jill
Rebekha e Reafly si fecero da parte lasciando Eragon avanzare da solo
verso la
porta della sala. Eragon allargò la sua mente attinse alla
magia degli èldunarì
e saggiò la barriera. Un leggero sorriso affiorò
sulle sue labbra: la regina
aveva previsto che il suo blocco venisse forzato e aveva fatto in modo
che
reggesse alla forza di un cavaliere, ma non a quello di più
draghi. Gli bastò
pronunciare alcune parole in antica lingua e le porte si spalancarono.
Eragon
corse subito al suo interno, seguito a ruota da Jill Rebekha e Reafly.
La
scena
che gli si presentò di fronte gli gelò il sangue
nelle vene. Il corpo di Arya
era riverso a terra al centro della sala. Il sangue macchiava il
pavimento e le
vesti e la pelle dell'elfa. Eragon corse da lei e le si
inginocchiò accanto.
Con delicatezza le mise una mano dietro la nuca e l'altra dietro la
schiena la
tirò su da terra - Arya!! Ti prego rispondimi! - il suo viso
era pallido e
sudato. Eragon temette il peggio, poi la sua testa fece un lieve
movimento e
gli occhi si socchiusero appena
-
E...Eragon?
- Eragon sorrise di gioia
-
Sì amore
mio. Sono io. - il cavaliere le accarezzò la guancia con il
pollice e le baciò
la fronte. Le lacrime scendevano dal suo viso bagnando quello di Arya.
-
Sono
riuscita a scoprire il suo vero nome Eragon, non può
allontanarsi dal palazzo,
ma non ho potuto impedirle di prendere le bambine. Ero troppo debole. -
Sul
volto
di Eragon si dipinse un'espressione di stupore. Nonostante il suo stato
Arya
era riuscita colpire la regina e a indebolirla. Eragon
ripensò a quando nel Farthen
Dùr Eragon aveva chiesto
ad Arya di non partecipare alla battaglia e lei come lei lo avesse
rimproverato
dicendogli che le donne elfo erano molto più forti delle
umane. Eragon non
avrebbe mai più messo in dubbio quella frase, ma ora toccava
a lui finire ciò
che Arya aveva incominciato, guardò l'elfa negli occhi
– Arya, rivelami il suo
nome, in modo che possa raggiungerla. La costringerò a
ridarci le nostre figlie.
- Arya annuì quindi prese il volto di Eragon tra le mani e
avvicinandolo alle
sue labbra ma prima di rivelargli il nome lo avvertì:
-
Un
animale ferito è dieci volte più pericoloso
perché è impaurito. Le sue azioni
sono imprevedibili, stai attento! -
Poi
Arya
sussurrò alcune parole in antica lingua e lentamente
lasciò andare la sua presa
su di lui. Eragon socchiuse appena la bocca mentre gli occhi dell'elfa
si
chiusero lentamente. Il cavaliere rimase a fissare il suo volto per un
attimo
prima di riuscire a pronunciare il suo nome - - Arya! - la scosse piano
ripetendo ancora il suo nome, ma il corpo dell'elfa rimase immobile.
-
Arya,
svegliati. Arya non lasciarmi! -
Con
la
vista annebbiata dalle lacrime Eragon osservò il corpo della
sua amata quindi
posò il palmo della sua mano sul suo ventre e trovato il
punto dove era il
danno iniziò a formulare le parole di guarigione per
riparare i tessuti
lacerati. Impiegò del tempo per riuscire a formulare
perfettamente ogni singola
parola dell'incantesimo. Alla fine del lavoro Eragon ritirò
la sua mano
tremante.
Arya
era
ancora priva di sensi ma il suo respiro era tornato regolare anche se
debole.
Eragon sperò di non essere intervenuto troppo tardi.
-
Jill,
Rebekha. - chiamò piano il cavaliere, la sua voce ridotta
quasi a un sussurro. -
Per favore vegliate voi su Arya e chiamate dei guaritori. -
-
Tu cosa
intendi fare? - gli chiese Jill. Eragon si alzò da terra e
volse le spalle alla
donna
-
Devo
cercare Isobel -
-
Io verrò
con te! Non intendo lasciare che tu combatta da solo - si intromise
Rebekha.
Eragon
si
girò lentamente verso la ragazza stringendo la sacca con
dentro gli èldunarì. -
Non sarò solo Rebekha. -
La
ragazza
fissò i suoi occhi - Eragon, lo so che non sono forte quanto
te o Murtagh, ma Zàkhara
è la mia terra e in qualche modo è una mia
responsabilità. Permettimi di venire
con te. -
Reafly
guardò Eragon contrariato - Eragon non puoi permetterglielo.
Dimmi che gli
dirai di no. -
Eragon
emise un sospiro e prese una decisione. - Non alcun diritto di
vietarglielo. – Reafly
lo guardò esterrefatto e anche sul volto di Jill di dipinse
un'espressione
sorpresa. - Ho detto che potrai venire. Ma non potrai intervenire fino
a quando
non te lo dirò io, e solo se strettamente necessario.
Inoltre vorrei che tu
tenessi questo dentro una delle tasche della tua cintura. Isobel te ne
affidò
la cura altre volte. – Detto questo Eragon gli porse uno
degli èldunarì che
aveva dentro la sua sacca. Nel prenderlo tra le su mani Rebekha
ricevette
subito una scossa di energia che le attraversò il braccio e
lasciandole una
sensazione di benessere. - Come le hai avute? - chiese la ragazza.
Eragon
strinse le sue mani intorno a l'èldunarì e la
guardò negli occhi.
-
Ora
non c'è tempo per le spiegazioni; ma se ti dovessi contare
con la regina e
avessi bisogno di forza, sai già che potrai avere accesso a
una fonte quasi
inesauribile di energia. - aspettò che Rebekha gli desse un
segno che aveva
capito, quindi riprese a parlare.
-
Grazie ad
Arya abbiamo un piccolo vantaggio su di lei: conosciamo il suo vero
nome, ma
non sappiamo come e con quanta forza potrebbe reagire. Se sei davvero
decisa a
venire con me devi essere pronta a combattere, Murtagh e Katrina
potrebbero non
fare in tempo ad arrivare. - Rebekha deglutì a vuoto.
-
Sono
pronta. -
In
quello
stesso momento il capitano delle guardie raggiunse Eragon.
-
Cavaliere
Eragon, le nostre sentinelle hanno seguito la regina Isobel. E' stata
avvistata
mentre si aggirava lungo le mura che costeggiano il palazzo. Non
sappiamo il
motivo per cui non le abbia ancora supera ma nella sua ritirata ha
portato con
sé anche Ismira, la figlia di Roran Fortemartello e del
cavaliere Katrina. –
Eragon
strinse i pugni lungo i fianchi. Lui sapeva il motivo per cui la regina
era
ancora all'interno delle mura del palazzo. Arya aveva trovato il suo
vero nome
e con le ultime forze doveva aver vincolato la donna al castello.
Prendendo Ismira
Isobel cercava solo di guadagnare tempo. - Vi ringrazio capitano, me ne
occuperò personalmente. Fate in modo che a nessuno si
avvicini a noi mentre
l'affronterò. -
il
comandante annuì in silenzio batté un pugno sul
petto e diede segno ai suoi
soldati di indicare a Eragon il luogo in cui Isobel era stata avvistata.
Eragon
si
girò appena dietro di lui. – Rebekha, per favore,
fino a quando Isobel non mi
attaccherà vorrei che tu rimanessi nelle retrovie insieme
alle altre guardie. -
Mentre percorreva la strada che lo avrebbe portato da lei un piano si
venne a
creare nella mente di Eragon. Il giovane cavaliere sperò con
tutto il cuore di
riuscire a evitare uno scontro aperto.
***
Eragon
trovò Isobel nel punto in cui il soldato gli aveva indicato.
L'ex
sovrana di Zàkhara si trovava in ginocchio e il suo volto
sembrava stravolto da
un dolore tanto profondo da lacerarle l'anima. Eragon sapeva che il
dolore
derivava dall'essere venuta a conoscenza del suo vero io.
-
Stai
lontano da me Eragon! - la sua voce, come il suo volto era stravolta.
Il suono
era stridulo e non c'era stato più nulla del tono seducente
che Eragon
ricordava bene. Il giovane cavaliere si bloccò sul posto. Il
suo sguardo andò a
posarsi all'altezza delle petto dove Isobel teneva gli
èldunarì rubati a
Vespriana. Poco lontano da lei Eragon udì il pianto delle
sue bambine che
proveniva da una culla improvvisata e accanto a lori Ismira che cercava
di accudirle.
La
bambina riconobbe Eragon ma rimase in silenzio. Il suo volto si fece
duro per
non far trasparire la sua paura. Eragon tornò a guardare
Isobel.
-
Permettimi
di prendere le bambine e di riportarle alla loro madri. Io ti prometto
di non
usare il tuo vero nome su di te. -
-
Ah, e
perché dovrei crederti Cavaliere? -
-
Perché so
il motivo del tuo terrore Isobel. So come ci si sente quando ti viene
rivelata
la parte più nascosta e intima del tuo essere, che cosa
significa doversi
confrontare con la conoscenza nuda e cruda di te stesso senza gli
artefatti e
le maschere che ci costruiamo sopra di noi nel corso degli anni. Tutti
noi
cerchiamo di nascondono la nostra vera natura, scoprirla lascia
terrorizzato
chiunque. Non devi vergognarti di questo. Accettarlo è il
primo passo verso la
vera comprensione di noi stessi. -
-
Io no
sono affatto terrorizzata Eragon Ammazzaspettri. - Tagliò
corto la donna, ma
nella sua voce c'era stata una leggera inclinazione. Eragon assunse
un'espressione di dolore.
-
Non
puoi mentirmi Isobel. Non puoi farlo perché anche io come te
ho dovuto affrontare
gli stessi fantasmi. Quando mi misurai con Galbatorix, il re fece
appello a
un'antica magia e riuscì a scoprire il mio vero nome e il re
lo usò al fine di
piegare la mia volontà al suo volere. So esattamente come ti
senti Isobel e per
questo non vorrei dover usare quest'arma contro di te. Ma lo
farò se tu non mi
darai altra scelta. -
-
Tu non
oserai tanto! -
Eragon
fece
un passo in avanti. - Le lascerai andare? - le chiese Eragon facendo un
cenno a
Ismira. Una luce di follia attraversò lo sguardo della
donna. - Mai! - Disse
lei e dalla sua mano comparve uno degli èldunarì.
La luce che scaturì dal cuore
le illuminò il volto formando delle lunghe ombre sul suo
viso. L'energia infusa
del cuore passò attraverso il palmo alla sovrana e Isobel
sembrò riprendere un
po’ del suo vigore.
Eragon
serrò la mascella quindi pronunciò il suo vero
nome impartendole l'ordine.
Scandì lentamente ogni sillaba in modo da infondervi dentro
ogni briciola della
sua volontà e, insieme alla sua, anche di quella dei draghi
di cui aveva preso
la forza. Fu una questione di attimi e la sovrana cadde a terra sulle
ginocchia
ed emise un urlo. Strabuzzò gli occhi incredula di quello
che era appena
successo. - Come ha fatto Arya a scoprirlo? - Chiese ancora
esterrefatta dal
potere che aveva percepito. Eragon decise di prendersi il lusso di
sorridere
appena. – sarebbe troppo complesso spiegarlo, ma ti consiglio
di non
sottovalutarci. Te lo chiederò solo una volta di
più: lascia le bambine. -
Isobel emise un singulto.
-
Va, va
bene. Le lascerò andare. –
Eragon
annuì solo e tenendo gli occhi puntati sulla sovrana fece un
cenno con una mano
dietro le sue palle. Rebekha comparve camminando verso la regina.
-
Lascerai
le gemelle e Ismira a Rebekha. - la giovane iniziò ad
avanzare con lentezza, ad
ogni passo poteva sentire lo sguardo di quella donna penetrarle fin
dentro
l'anima e prosciugare le sue forze. Rebekha stava lottando contro il
potere
incantatrice della donna.
-
Rebekha,
figliola. Mi dispiace vedere che alla fine ti sei lasciata sedurre da
questi
stranieri. Ti avrei fatto diventare una principessa mia cara. - le
disse la
sovrana, i capelli della donna erano arruffati e i suoi occhi rossi dal
pianto
quasi supplicarono la ragazza che aveva di fronte. Rebekha strinse a se
la
pietra che Eragon le aveva dato. La sua superficie bruna
pulsò dandole forza.
La voce antica e rassicurate di Telluria le venne in aiuto e Rebekha
poté di
nuovo respirare.
Tieni
duro Rebekha. Attingi alla mia forza.
Rebekha
fece come le era stato detto, chiuse gli occhi per un attimo e quando
li riaprì
era di nuovo padrona di sé stessa.
-
Non credo
più alle tue bugie Isobel. - il volto della sovrana si
contorse dalla rabbia,
ma un monito di Eragon la fece allontanare da lei con un gemito.
Eragon
vide
Rebekha prendere la culla con le gemelle da un lato e
dall’altro la mano di
Ismira allontanandosi dalla donna con passi malfermi.
-
Zio
Eragon? – chiese Ismira con voce incredula nel riconoscere lo
zio. Non lo aveva
mia conosciuto ma ne aveva sentito tanto sentito parlare nelle storie e
aneddoti
sulla guerra contro il cavaliere tiranno.
-
Sì
piccola. - La bambina si staccò da Rebekha e andò
ad abbracciarlo forte. Solo
in quel momento si concesse di piangere. Eragon la strinse tra le sue
braccia
scuotendola con dolcezza.
-
Sei
stata bravissima Ismira. Ma devi continuare ad essere forte per la
mamma e per
il papà. Puoi farlo? – la piccola si asciugo il
viso ed annuì. Poi Eragon si
affacciò sulla culla e conoscere così le gemelle.
Il palmo con il marchio si
illuminò mentre le accarezzava le guance. Il
loro pianti si attenuò fino a smettere.
Rebekha
lo guardò con stupore. Eragon le sorrise
-
C’è
l’hai fatta Bekha. – le disse sincero. –
Ora vai con Ismira e porta le bambine lontano
da qui. – Si guardò alle spalle nella speranza di
vedere Saphira o Murtagh, ma
non c’era traccia né della sua dragonessa
né del fratello.
-
D’accordo
ma tornerò presto. Non ti
lascio solo. –
Lo rassicurò Rebekha come a
leggergli il pensiero
Eragon
annuì poi tornò subito a concentrarsi su Isobel.
-
Hai
tenuto la tua parola Isobel. Ed io mi atterrò alla mia. -
disse Eragon all’ex
sovrana di Zàkhara. Lei aveva ancora le uova di drago di
Saphira e gli èldunarì
dei draghi che aveva preso a Vespriana, non poteva lasciarla ancora
andare.
-
Ora sai
che non scherzo Isobel. Mi ascolterai adesso? -
-
Che cosa
vuoi ancora Eragon? - Isobel si era alzata da terra e si stava
sistemando le
pieghe del vestito all'altezza della vita.
-
Lascia
che tu aiuti. -
-
Ah, Non
mi lascerò catturare da quei soldati in modo che possiate
processarmi e
mettermi a morte, non gli darò questa soddisfazione.
Ti
ho fatto
una promessa, striscerai ai miei piedi Eragon chiedendomi la grazia. -
la voce
di Isobel si abbassò fino ad assumere un tono di minaccia.
-
Non
costringermi a farti questo Isobel. - La donna scoppiò in
una risata malvagia
-
Facendomi
lasciare le tue figlie, Eragon mi hai sciolto il giuramento che mi
aveva imposto
Arya. Ora non ho nessun impedimento a fare appello alle forze dei mie
cuori.
Vedo che anche tu ne possiedi alcuni. Ne avevo avuto il sospetto quando
mi ha
respinto la prima volta, ma ne ho avuto la conferma solo quando Rebekha
è
venuta a me. Quella ragazza ha usato un cuore dei cuori per contrastare
il mio
potere, non ci sono dubbi, potevo vedere il meraviglioso bagliore della
loro
luce! –
Isobel
sembrava come estasiata. Estrasse
la spada che aveva al
fianco in un movimento fluido, nello stesso istante anche Eragon aveva
tirato
fuori la sua pronto a usarla. Isobel sapeva che non avrebbe potuto
usare il suo
nome nello stesso modo ancora una volta.
Iniziarono
a duellare con ferocia. Dopo una serie di colpi Isobel parò
un suo affondo e
alzò la lama e incrociandola con quella di Eragon lo
guardò negli occhi con un
sorriso. - Sarà uno scontro interessante, Cavaliere. -
Con
una
leggera pressione sulla lama scaraventò Eragon lontano da
lei mandandolo a
sbattere contro una parete; la testa del cavaliere sbatté
producendo un rumore
sordo.
La
visione
di Eragon si riempì di tanti pallini rossi. Attingendo alla
forza dei cuori
Eragon si tirò in piedi e ripresero ad duellare.
Eragon
sapeva
che bene che il loro scontro non si sarebbe deciso con le spade ma solo
con la
magia. Ruppe le barriere della sua mente e saggiò le difese
della regina
percorrendo i suoi confini, sfiorando al sua mente senza mai forzare
troppo o
darle la possibilità di poterlo attaccare. Eragon sentiva
che la Isobel si
stava innervosendo, anche lei era cosciente del fatto che scoprendo il
suo vero
nome Arya aveva indebolito di molto le sue capacità di
difesa, delle crepe
erano visibili tutto intorno alla barriera che la donna aveva eretto
intorno
alla sua mente. Nonostante questo il potere dei cuori le permettevano
di
resistere, ma era solo un'illusione, Eragon era consapevole di poterle
abbatterle anche subito e finire lo scontro, ma qualcosa dentro di lui
gli
implorava di non farlo.
-
Non
poterai reggere a lungo in questo stato Isobel. Ti prego, permettimi di
aiutarti. Stai candendo a pezzi, lo sento. -
Eragon
non puoi mostrarle pietà ora. Lei non lo farebbe per te, lo
sai. Finisci
l'incontro.
Dammi
ancora un'ultima possibilità Sigmar. Se anche allora non
dovessi farcela,
allora attaccherò.
Eragon
udì Sigmar emettere uno sbuffo.
Va
bene Eragon.
Eragon
attaccò con foga e fece arretrare la donna fino a farle
toccare il muro con le
spalle. Impegnò la lama della regina fino a bloccare
entrambe le loro spade.
-
Ora
mi ascolterai. -
-
Che cosa
vuoi fare? - Isobel
stava tremando come
una foglia. Con una mossa Eragon gli aveva impedito di contrattaccare.
La spada
del giovane cavaliere scivolò via dalla lama dell'altra,
Isobel non provò
neppure a resistere lasciò che le braccia cadessero lungo i
fianchi e con esse
anche la spada. Le mani di Eragon la afferrarono per le spalle e la
costrinsero
a guardarlo negli occhi
-
Isobel
guardami. Non ho intenzione di usare il tuo vero nome mentre sei
indifesa, ma
tu non devi lasciarti andare. Attingi alla forza degli
èldunarì. –
-
Finiscimi
ora cavaliere. - Isobel lo gelò con lo sguardo, ma
lasciò che il cavaliere la
sorreggesse quando le sue ginocchia cedettero miseramente.
**
Saphira
atterrò sul terreno selciato di fronte ai cancelli del
palazzo di Antàra
seguita da Castigo e Validor. Murtagh e Katrina balzarono dalle loro
selle e
corsero all'interno del palazzo.
Non
impiegarono molto tempo a seguire le tracce lasciate dal passaggio
della regina
sui muri e le preziose decorazioni del palazzo, delle guardie corsero
loro incontro.
C'erano anche Rebekha con Ismira e le gemelle in braccio.
-
Mamma! – la piccola Ismira corse in contro alla madre.
Katrina le accarezzò il
viso e i capelli.
-
È
stato orribile mamma! Quella
donna ci ha
preso e voleva portarci via. Zio Eragon l’ha fermata.
È rimasto con lei! –
-
Ora
è tutto passato amore mio. – la
rassicurò la madre.
Murtagh
le
si affiancò.
-
Katrina.
Io, Castigo e Saphira andremo da Eragon, tu e Validor assicuratevi che
anche Arya
e tutti gli altri stiano bene -
-
Va bene
Murtagh. State attenti. – Murtagh si limitò ad
annuire.
-
Generale,
portami dove si trovano Eragon e Isobel. -
Quando
arrivarono Murtagh non riuscì a capire bene cosa stesse
accadendo, vide solo le
braccia di Isobel stringersi intorno al collo del fratello.
Gli
occhi
della regina incrociarono quelli del cavaliere rosso mentre stringeva
forte a sé
Eragon. Il fratello le stava dicendo di non aver paura. Improvvisamente
un
luccichio e una lama si materializzò sulla mano della donna;
Murtagh ebbe solo
un attimo per poter agire, alzò una mano e fece scaraventare
la donna addosso
al muro. Si udì il rumore sordo dell'osso che si spezzava.
Murtagh si sorprese
della facilità con cui era riuscito a rompere le sue difese
ed ora la donna
giaceva a terra mentre un sottile rivolo di sangue colava dall'angolo
della
bocca. Dietro di lui Saphira e Castigo ruggirono all'unisono concordi
con
quello che aveva fatto.
Eragon
si
girò di scatto verso Murtagh adirato.
-
Murtagh
che cosa hai fatto? -
Murtagh
lo
guardò confuso, se non fosse stato per lo sguardo serio del
fratello si sarebbe
messo a ridere, invece aggrottò le sopracciglia e fece un
passo verso il
fratello. - Ti ho salvato la vita. Isobel ti stava accoltellando. -
-
La stavo
aiutando, lei stava accettando il mio aiuto! -
Murtagh
scosse la testa con vigore.
-
Eragon,
aveva un coltello tra le sue mani! -
Eragon
è la verità.
Eragon
abbassò lo sguardo verso il corpo scomposto di Isobel. La
donna si mosse
appena, in mano ancora la lama.
Eragon
si
piegò su di lei e Isobel alzò la testa
-
Perché lo
hai fatto? -
-
Te l'ho
detto. Non mi prenderete mai. Non pu...puoi cambiare la mia
na...natura. -
-
Lo hai
fatto apposta? Lo hai fatto per essere colpita? -
Isobel
cercò di sorriso ma riuscì solo a far arricciare
appena le labbra. - Ti
rin...gra...zio, Eragon... per... averci provato. -
Gli
occhi
della donna si spalancarono in un ultimo disperato respiro. Eragon
piegò la
testa, le posò una mano sul volto e gli serrò gli
occhi
-
Eragon
tutto bene? -
-
Sì,
Murtagh. -
-
Isobel è
morta? -
-
Sì
fratello. È finita. -
Non
ancora. C'è un'ultima cosa. Eleonor
ha spezzato il vecchio sigillo su cui era fondato il vostro
patto di sangue e ne
ha imposto uno
nuovo. Ora tutti noi draghi siamo chiamati a fare una scelta.
Dovremo scegliere
se mantenere la magia del patto o scioglierlo per sempre. Una volta
presa la nostra
deciso non si potrà più tornare indietro.
***