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Autore: stefy_81    08/08/2023    0 recensioni
"Era l’alba di un nuovo giorno quando tre piccole imbarcazioni raggiunsero la spiaggia dorata sotto il promontorio dove si trovava il giovane Reafly. Era un ragazzo di appena tredici anni, i capelli rossi incorniciavano un volto delicato sostenuto da penetranti occhi verdi e uno sguardo vivace di chi è in cerca di rivalsa."
Eragon e Saphira hanno lasciato Alagaesia per sempre come aveva predetto Angela. Nuove ed emozionanti avventure attendono il giovane caliere !
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh | Coppie: Eragon/Arya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Arya era stesa nel letto, Jill le era accanto tenendole una mano e le sorrideva.
- Devi respirare piano – le stava dicendo mentre piccole gocce di sudore imperlavano la sua fronte.
- Avrei voluto che Eragon fosse qui al momento del parto. -
- Non credo che le tue bambine possano aspettare tanto Arya. -
le rispose lei posando una mano sul pancione.
Accanto al loro l'ostetrica stava sistemando una bacinella d'acqua accanto al letto. Dei teli puliti erano stati già poggiati sul bordo.
- Come va? - chiese la donna facendo cenno a Jill di farsi da parte.
La giovane donna lasciò la mano di Arya con riluttanza. Arya sembrava così fragile, Jill decise che sarebbe stata forte per entrambe.
Dei rumori da fuori attirarono la sua attenzione. I rumori aumentarono di intensità e le tre donne si guardarono negli occhi.
- Che cosa è stato? - chiese Arya a denti stretti
- Non lo so. - Jill aggrottò la fonte e fece per andare alla porta quando questa si spalancò e di fronte a loro comparve una figura femminile ammantata. Gli occhi di Jill si spalancarono dallo stupore
- Tu? - Di fronte a loro c’era Isobel.
- Sorpresa di vedermi Jill? Per tua fortuna non sono qui per te. Per ora. -
Jill estrasse il suo corto pugnale e lanciò un fendente alla donna. Jill si trovò, senza neanche sapere come, scaraventata al muro della parete alle sue spalle. - Jill! - gridò Arya.

Jill ebbe solo la forza di emettere un sordo suono poi si accasciò al suolo senza dare più nessun cenno di movimento. Isobel si girò verso l'ostetrica che stava accanto a Arya
- Tu donna vai fuori prima di fare la sua stessa fine! - minacciò Isobel indicando con lo sguardo il corpo immobile di Jill.
L’ostetrica non si mosse dal capezzale di Arya, non poteva abbandonarla, andava contro tutti i suoi principi. Vedendo che la donna non si muoveva Arya disse:
- Vai, non preoccuparti per me. - l'elfa strinse con forza la mano della donna - Ma Signora! - protestò lei con vigore.

- Avverti Rebekha e Reafly che la regina è qui, loro sapranno come mettersi in contatto con Eragon o con Murtagh. - aggiunse sotto voce. A quelle parole l'ostetrica sembrò come riscuotersi e una luce di determinazione si acese nei suoi occhi, guardò Arya  quindi annuì e si avviò a passo svelto verso la porta per uscire e correre via di corsa.
Isobel sorrise soddisfatta
- Molto bene Arya, finalmente siamo riuscite a incontrarci. Non sai da quanto tempo ho desiderato che arrivasse questo momento. -
Arya non aveva la forza ne la voglia di replicare.
- Ma perché tutto sia perfetto manca ancora un elemento. - disse avvicinandosi al suo letto con passo sinuoso. - Per questo motivo devo chiederti di seguirmi per un tratto. Sarà questione di poco poi potrai di nuovo stendersi. -
La regina prese Arya per un polso e la trascinò fuori dalla stanza. Arya lottò contro la presa della regina, ma nelle sue condizioni non avrebbe potuto opporre resistenza alla donna neanche se lo avesse voluto. Strinse i denti e con la mano libera tenne la pancia a proteggere le due vite che portava dentro di se.
Come avesse abitato sempre dentro quel palazzo, Isobel la spinse senza alcuna esitazione fino alla sala del trono. Nel percorso Arya notò diverse guardie a terra, colpite dalla donna nel suo tragitto verso la sua stanza.
La regina aprì la porta e una volta entrate la sigillò con la magia, quindi lasciò libero il braccio di Arya.
L'elfa si ritrasse raggiungendo una sedia e sorreggendosi per non crollare a terra. - Ora nessuno potrà disturbarci. Le tue figlie nasceranno qui. -
Arya ebbe un moto di disgusto
- Se solo proverai a toccarle! -
- Che cosa farai allora? - Chiese la regina che nel frattempo stava togliendo il telo che celava le uova di drago che erano ancora conservate. Gli occhi della sovrana di Zàkhara vennero catturati dalla luce che emanava la superficie lucida dei loro gusci. Socchiuse gli occhi verso Arya.
- Sono delle gemelle. Due bambine. Il numero di uova rimaste da schiudersi tra quelle che avete portato con voi da Alagaësia. - Costatò la regina con voce asciutta. Il respiro di Arya si fece più inteso, quindi avvertì qualcosa di bagnato colargli in mezzo alle gambe bagnandole la veste. Dopo un attimo di smarrimento comprese che le dovevano essersi rotte le acque. Ora davvero nulla poteva impedire che le bambine potessero nascere. Fuori dalla sala scoppiarono alcuni rumori come di colpi di ariete. Le guardie del palazzo stavano attaccando la porta con ogni mezzo disponibile nel tentativo di aprila.
- Non ci daranno fastidio principessa, almeno fino a quando le tue bambine non saranno nate. - Isobel le si avvicinò lasciando che una delle due uova scivolasse di nuovo dentro la cassa. Anche Arya si stese sul pavimento e la regina si chinò su di lei e le posò una mano sul suo ventre. Le gemelle si agitarono.

- Non toccarmi! - ringhiò Arya con voce roca. Isobel non fece nemmeno caso alle sue minacce e sorrise - Le alleverò come se fossero mie. - La rabbia affiorò in lei come nona aveva mai provato prima nella sua vita. La sua rabbia era dettata dalla volontà di difendere le sue bambine.
- Finché sarò in vita tu non le toccherai. - sibilò Arya a denti stretti. L'elfa iniziava a sentire che il tempo era quasi arrivato al termine ed era troppo debole per riuscire a combattere la regina. Tutte le sue energie dovevano concentrarsi nel parto, ma qualcosa poteva ancora farla dopo tutto, qualcosa che solo un Elfo era in grado di fare. Puntò il su sguardo su Isobel che le sorrideva con disprezzo. Avrebbe atteso il momento opportuno.
- Spesso le donne non sopravvivono al loro primo parto. - la sentì dire.

- Se poi a nascere sono in due, per la madre le probabilità di una morte aumentano. -
Arya chiuse gli occhi mentre sentiva la pancia contrarsi una volta di più, aspettò che dolore scemasse, ma appena riprese fiato ecco arrivarne un'altra ondata e un'altra ancora, ognuna più dolorosa dalla prima.
Urlò per scacciare la via il dolore, poi iniziò ad aspirare e espirare con lentezza. Durante quei mesi il suo spirito e il suo corpo si erano preparati solo per quel momento. Poteva sentire perfettamente come le bambine premevano per uscire fuori; non poteva farle aspettare oltre senza mettere in pericolo le loro vite; non poteva aspettarsi che qualcuno arrivasse a salvarle.
Il dolore le impediva di pensare con lucidità, Arya doveva cercare di essere lucida se voleva avere una possibilità di poter neutralizzare la regina; doveva fare in modo di mantenere il dolore sotto controllo. Subito, si rese conto che l'impresa era più facile a dirsi che a farsi. Prese a respirare lentamente e in maniera regolare ma una nuova ondata di dolore più forte delle altre le mozzò il fiato in gola costringendola a ricominciare la respirazione da capo. Isobel le si avvicinò con un fazzoletto tamponandole la fronte imperlata di sudore.

Arya provò un brivido - Ora rilassati - le disse la sovrana con voce ferma. La regina la fece stendere a terra posizionandole delle coperte dietro la schiena. Senza che Arya se ne rendesse conto le aveva fatto divaricare le gambe. Il dolore era aumentato e tutta la sua attenzione si andò in un attimo a concentrare sulla respirazione e Isobel si posizionò davanti a lei.

- Sembra che tu sia arrivata alle doglie espulsive. Sei pronta per spingere? - le chiese ancora. Arya avrebbe voluto che la sua voce cessasse di parlare. Non le piaceva il suo timbro. Arya annuì con una smorfia quindi lasciò andare indietro la testa e spinse con tutte le sue forze.

***

Eragon sentì il suo corpo perdere lentamente peso, tutto intorno a lui si dissolse in una luce accecante e un forte calore gli infuocò le vene facendolo gridare. Era la prima volta che usava quella particolare magia e sperò che questa imprudenza non gli sesse costando la vita o peggio. Sentì la forza dei draghi che lo sorreggeva infondendogli la loro energia, quelle era stata l'unica cosa che lo trattenne dal non cadere nel panico che altrimenti minacciava di sopraffarlo. Passarono alcuni minuti che gli parvero eterni poi il mondo iniziò a ritornare a lui, Eragon percepì di nuovo il peso del suo corpo e lentamente aprì gli occhi.
Un manipolo di soldati lo circondò con le lance puntate prima di riconoscerlo e abbassarle.
- Cavaliere Eragon! - Eragon si alzò e guardò il capitano farsi largo tra la fila dei soldati.
- Non ho idea quale incantesimo voi abbiate usato per arrivare qui, ma siete arrivato nel momento giusto. - L'uomo si girò verso la grande porta che chiudeva la sala del trono del palazzo di Antàra. - Abbiamo sentito le urla provenire da dentro fino a poco tempo fa. Sono cessate solo da poco. Ogni uomo all'interno del castello ha usato ogni oncia della sua forza per poter forzare la porta, ma è stata sigillata con un incantesimo. Neanche I cavalieri Rebekha e Reafly sono riusciti a rompere il sigillo. -
- Dove sono loro? - Eragon si chiese corrucciando la fronte
- Eragon! - Rebekha gli corse incontro e lo abbracciò fino a quasi toglierli il fiato. Eragon rimase fermo completamente travolto dalla foga con cui la ragazza lo aveva abbracciato in lacrime. Dietro di lei Jill e Reafly attesero per poter salutare anche loro il cavaliere.
- Jill, cosa è successo. - Una fasciatura vistosa le cingeva la testa. - Isobel è comparsa nella camera di Arya e l'ha portata dentro la sala del trono. È accaduto alcune ore fa. Io ho tentato di fermarla Eragon, ma lei mi ha fermata scaraventandomi contro un muro prima ancora che potessi anche solo raggiungerla.

- Mi dispiace. Non abbiamo idea di cosa sia successo lì dentro, ma questo silenzio è più inquietante delle urla di Arya. - Eragon si trattenne dal mostrare la sua preoccupazione, serrò la mascella e annuì serio.
- Voi avete fatto del vostro meglio. Ora lasciate che me ne occupi io. - Nei suoi occhi brillò una luce di determinazione e di forza che lasciò tutti in silenzio. Jill Rebekha e Reafly si fecero da parte lasciando Eragon avanzare da solo verso la porta della sala. Eragon allargò la sua mente attinse alla magia degli èldunarì e saggiò la barriera. Un leggero sorriso affiorò sulle sue labbra: la regina aveva previsto che il suo blocco venisse forzato e aveva fatto in modo che reggesse alla forza di un cavaliere, ma non a quello di più draghi. Gli bastò pronunciare alcune parole in antica lingua e le porte si spalancarono.
Eragon corse subito al suo interno, seguito a ruota da Jill Rebekha e Reafly.
La scena che gli si presentò di fronte gli gelò il sangue nelle vene. Il corpo di Arya era riverso a terra al centro della sala. Il sangue macchiava il pavimento e le vesti e la pelle dell'elfa. Eragon corse da lei e le si inginocchiò accanto. Con delicatezza le mise una mano dietro la nuca e l'altra dietro la schiena la tirò su da terra - Arya!! Ti prego rispondimi! - il suo viso era pallido e sudato. Eragon temette il peggio, poi la sua testa fece un lieve movimento e gli occhi si socchiusero appena
- E...Eragon? - Eragon sorrise di gioia
- Sì amore mio. Sono io. - il cavaliere le accarezzò la guancia con il pollice e le baciò la fronte. Le lacrime scendevano dal suo viso bagnando quello di Arya.
- Sono riuscita a scoprire il suo vero nome Eragon, non può allontanarsi dal palazzo, ma non ho potuto impedirle di prendere le bambine. Ero troppo debole. -
Sul volto di Eragon si dipinse un'espressione di stupore. Nonostante il suo stato Arya era riuscita colpire la regina e a indebolirla. Eragon ripensò a quando nel Farthen Dùr Eragon aveva chiesto ad Arya di non partecipare alla battaglia e lei come lei lo avesse rimproverato dicendogli che le donne elfo erano molto più forti delle umane. Eragon non avrebbe mai più messo in dubbio quella frase, ma ora toccava a lui finire ciò che Arya aveva incominciato, guardò l'elfa negli occhi – Arya, rivelami il suo nome, in modo che possa raggiungerla. La costringerò a ridarci le nostre figlie. - Arya annuì quindi prese il volto di Eragon tra le mani e avvicinandolo alle sue labbra ma prima di rivelargli il nome lo avvertì:
- Un animale ferito è dieci volte più pericoloso perché è impaurito. Le sue azioni sono imprevedibili, stai attento! -
Poi Arya sussurrò alcune parole in antica lingua e lentamente lasciò andare la sua presa su di lui. Eragon socchiuse appena la bocca mentre gli occhi dell'elfa si chiusero lentamente. Il cavaliere rimase a fissare il suo volto per un attimo prima di riuscire a pronunciare il suo nome - - Arya! - la scosse piano ripetendo ancora il suo nome, ma il corpo dell'elfa rimase immobile.
- Arya, svegliati. Arya non lasciarmi! -
Con la vista annebbiata dalle lacrime Eragon osservò il corpo della sua amata quindi posò il palmo della sua mano sul suo ventre e trovato il punto dove era il danno iniziò a formulare le parole di guarigione per riparare i tessuti lacerati. Impiegò del tempo per riuscire a formulare perfettamente ogni singola parola dell'incantesimo. Alla fine del lavoro Eragon ritirò la sua mano tremante.
Arya era ancora priva di sensi ma il suo respiro era tornato regolare anche se debole. Eragon sperò di non essere intervenuto troppo tardi.
- Jill, Rebekha. - chiamò piano il cavaliere, la sua voce ridotta quasi a un sussurro. - Per favore vegliate voi su Arya e chiamate dei guaritori. -
- Tu cosa intendi fare? - gli chiese Jill. Eragon si alzò da terra e volse le spalle alla donna
- Devo cercare Isobel -
- Io verrò con te! Non intendo lasciare che tu combatta da solo - si intromise Rebekha.
Eragon si girò lentamente verso la ragazza stringendo la sacca con dentro gli èldunarì. - Non sarò solo Rebekha. -
La ragazza fissò i suoi occhi - Eragon, lo so che non sono forte quanto te o Murtagh, ma Zàkhara è la mia terra e in qualche modo è una mia responsabilità. Permettimi di venire con te. -  

Reafly guardò Eragon contrariato - Eragon non puoi permetterglielo. Dimmi che gli dirai di no. -
Eragon emise un sospiro e prese una decisione. - Non alcun diritto di vietarglielo. – Reafly lo guardò esterrefatto e anche sul volto di Jill di dipinse un'espressione sorpresa. - Ho detto che potrai venire. Ma non potrai intervenire fino a quando non te lo dirò io, e solo se strettamente necessario. Inoltre vorrei che tu tenessi questo dentro una delle tasche della tua cintura. Isobel te ne affidò la cura altre volte. – Detto questo Eragon gli porse uno degli èldunarì che aveva dentro la sua sacca. Nel prenderlo tra le su mani Rebekha ricevette subito una scossa di energia che le attraversò il braccio e lasciandole una sensazione di benessere. - Come le hai avute? - chiese la ragazza. Eragon strinse le sue mani intorno a l'èldunarì e la guardò negli occhi.

- Ora non c'è tempo per le spiegazioni; ma se ti dovessi contare con la regina e avessi bisogno di forza, sai già che potrai avere accesso a una fonte quasi inesauribile di energia. - aspettò che Rebekha gli desse un segno che aveva capito, quindi riprese a parlare.
- Grazie ad Arya abbiamo un piccolo vantaggio su di lei: conosciamo il suo vero nome, ma non sappiamo come e con quanta forza potrebbe reagire. Se sei davvero decisa a venire con me devi essere pronta a combattere, Murtagh e Katrina potrebbero non fare in tempo ad arrivare. - Rebekha deglutì a vuoto.
- Sono pronta. -
In quello stesso momento il capitano delle guardie raggiunse Eragon.

- Cavaliere Eragon, le nostre sentinelle hanno seguito la regina Isobel. E' stata avvistata mentre si aggirava lungo le mura che costeggiano il palazzo. Non sappiamo il motivo per cui non le abbia ancora supera ma nella sua ritirata ha portato con sé anche Ismira, la figlia di Roran Fortemartello e del cavaliere Katrina. –

Eragon strinse i pugni lungo i fianchi. Lui sapeva il motivo per cui la regina era ancora all'interno delle mura del palazzo. Arya aveva trovato il suo vero nome e con le ultime forze doveva aver vincolato la donna al castello. Prendendo Ismira Isobel cercava solo di guadagnare tempo. - Vi ringrazio capitano, me ne occuperò personalmente. Fate in modo che a nessuno si avvicini a noi mentre l'affronterò. -
il comandante annuì in silenzio batté un pugno sul petto e diede segno ai suoi soldati di indicare a Eragon il luogo in cui Isobel era stata avvistata.
Eragon si girò appena dietro di lui. – Rebekha, per favore, fino a quando Isobel non mi attaccherà vorrei che tu rimanessi nelle retrovie insieme alle altre guardie. - Mentre percorreva la strada che lo avrebbe portato da lei un piano si venne a creare nella mente di Eragon. Il giovane cavaliere sperò con tutto il cuore di riuscire a evitare uno scontro aperto.


***

Eragon trovò Isobel nel punto in cui il soldato gli aveva indicato.
L'ex sovrana di Zàkhara si trovava in ginocchio e il suo volto sembrava stravolto da un dolore tanto profondo da lacerarle l'anima. Eragon sapeva che il dolore derivava dall'essere venuta a conoscenza del suo vero io.
- Stai lontano da me Eragon! - la sua voce, come il suo volto era stravolta. Il suono era stridulo e non c'era stato più nulla del tono seducente che Eragon ricordava bene. Il giovane cavaliere si bloccò sul posto. Il suo sguardo andò a posarsi all'altezza delle petto dove Isobel teneva gli èldunarì rubati a Vespriana. Poco lontano da lei Eragon udì il pianto delle sue bambine che proveniva da una culla improvvisata e accanto a lori Ismira che cercava di accudirle.

La bambina riconobbe Eragon ma rimase in silenzio. Il suo volto si fece duro per non far trasparire la sua paura. Eragon tornò a guardare Isobel.
- Permettimi di prendere le bambine e di riportarle alla loro madri. Io ti prometto di non usare il tuo vero nome su di te. -
- Ah, e perché dovrei crederti Cavaliere? -
- Perché so il motivo del tuo terrore Isobel. So come ci si sente quando ti viene rivelata la parte più nascosta e intima del tuo essere, che cosa significa doversi confrontare con la conoscenza nuda e cruda di te stesso senza gli artefatti e le maschere che ci costruiamo sopra di noi nel corso degli anni. Tutti noi cerchiamo di nascondono la nostra vera natura, scoprirla lascia terrorizzato chiunque. Non devi vergognarti di questo. Accettarlo è il primo passo verso la vera comprensione di noi stessi. -
- Io no sono affatto terrorizzata Eragon Ammazzaspettri. - Tagliò corto la donna, ma nella sua voce c'era stata una leggera inclinazione. Eragon assunse un'espressione di dolore.

- Non puoi mentirmi Isobel. Non puoi farlo perché anche io come te ho dovuto affrontare gli stessi fantasmi. Quando mi misurai con Galbatorix, il re fece appello a un'antica magia e riuscì a scoprire il mio vero nome e il re lo usò al fine di piegare la mia volontà al suo volere. So esattamente come ti senti Isobel e per questo non vorrei dover usare quest'arma contro di te. Ma lo farò se tu non mi darai altra scelta. -
- Tu non oserai tanto! -
Eragon fece un passo in avanti. - Le lascerai andare? - le chiese Eragon facendo un cenno a Ismira. Una luce di follia attraversò lo sguardo della donna. - Mai! - Disse lei e dalla sua mano comparve uno degli èldunarì. La luce che scaturì dal cuore le illuminò il volto formando delle lunghe ombre sul suo viso. L'energia infusa del cuore passò attraverso il palmo alla sovrana e Isobel sembrò riprendere un po’ del suo vigore.
Eragon serrò la mascella quindi pronunciò il suo vero nome impartendole l'ordine. Scandì lentamente ogni sillaba in modo da infondervi dentro ogni briciola della sua volontà e, insieme alla sua, anche di quella dei draghi di cui aveva preso la forza. Fu una questione di attimi e la sovrana cadde a terra sulle ginocchia ed emise un urlo. Strabuzzò gli occhi incredula di quello che era appena successo. - Come ha fatto Arya a scoprirlo? - Chiese ancora esterrefatta dal potere che aveva percepito. Eragon decise di prendersi il lusso di sorridere appena. – sarebbe troppo complesso spiegarlo, ma ti consiglio di non sottovalutarci. Te lo chiederò solo una volta di più: lascia le bambine. - Isobel emise un singulto.
- Va, va bene. Le lascerò andare. –

Eragon annuì solo e tenendo gli occhi puntati sulla sovrana fece un cenno con una mano dietro le sue palle. Rebekha comparve camminando verso la regina.
- Lascerai le gemelle e Ismira a Rebekha. - la giovane iniziò ad avanzare con lentezza, ad ogni passo poteva sentire lo sguardo di quella donna penetrarle fin dentro l'anima e prosciugare le sue forze. Rebekha stava lottando contro il potere incantatrice della donna.
- Rebekha, figliola. Mi dispiace vedere che alla fine ti sei lasciata sedurre da questi stranieri. Ti avrei fatto diventare una principessa mia cara. - le disse la sovrana, i capelli della donna erano arruffati e i suoi occhi rossi dal pianto quasi supplicarono la ragazza che aveva di fronte. Rebekha strinse a se la pietra che Eragon le aveva dato. La sua superficie bruna pulsò dandole forza. La voce antica e rassicurate di Telluria le venne in aiuto e Rebekha poté di nuovo respirare.

Tieni duro Rebekha. Attingi alla mia forza.
Rebekha fece come le era stato detto, chiuse gli occhi per un attimo e quando li riaprì era di nuovo padrona di sé stessa.
- Non credo più alle tue bugie Isobel. - il volto della sovrana si contorse dalla rabbia, ma un monito di Eragon la fece allontanare da lei con un gemito.
Eragon vide Rebekha prendere la culla con le gemelle da un lato e dall’altro la mano di Ismira allontanandosi dalla donna con passi malfermi.

- Zio Eragon? – chiese Ismira con voce incredula nel riconoscere lo zio. Non lo aveva mia conosciuto ma ne aveva sentito tanto sentito parlare nelle storie e aneddoti sulla guerra contro il cavaliere tiranno.

- Sì piccola. - La bambina si staccò da Rebekha e andò ad abbracciarlo forte. Solo in quel momento si concesse di piangere. Eragon la strinse tra le sue braccia scuotendola con dolcezza.

- Sei stata bravissima Ismira. Ma devi continuare ad essere forte per la mamma e per il papà. Puoi farlo? – la piccola si asciugo il viso ed annuì. Poi Eragon si affacciò sulla culla e conoscere così le gemelle. Il palmo con il marchio si illuminò mentre le accarezzava le guance.  Il loro pianti si attenuò fino a smettere.

Rebekha lo guardò con stupore. Eragon le sorrise

- C’è l’hai fatta Bekha. – le disse sincero. – Ora vai con Ismira e porta le bambine lontano da qui. – Si guardò alle spalle nella speranza di vedere Saphira o Murtagh, ma non c’era traccia né della sua dragonessa né del fratello.

- D’accordo ma tornerò presto. Non ti lascio solo. – Lo rassicurò Rebekha come a leggergli il pensiero

Eragon annuì poi tornò subito a concentrarsi su Isobel.

- Hai tenuto la tua parola Isobel. Ed io mi atterrò alla mia. - disse Eragon all’ex sovrana di Zàkhara. Lei aveva ancora le uova di drago di Saphira e gli èldunarì dei draghi che aveva preso a Vespriana, non poteva lasciarla ancora andare.
- Ora sai che non scherzo Isobel. Mi ascolterai adesso? -
- Che cosa vuoi ancora Eragon? - Isobel si era alzata da terra e si stava sistemando le pieghe del vestito all'altezza della vita.
- Lascia che tu aiuti. -
- Ah, Non mi lascerò catturare da quei soldati in modo che possiate processarmi e mettermi a morte, non gli darò questa soddisfazione.
Ti ho fatto una promessa, striscerai ai miei piedi Eragon chiedendomi la grazia. - la voce di Isobel si abbassò fino ad assumere un tono di minaccia.
- Non costringermi a farti questo Isobel. - La donna scoppiò in una risata malvagia
- Facendomi lasciare le tue figlie, Eragon mi hai sciolto il giuramento che mi aveva imposto Arya. Ora non ho nessun impedimento a fare appello alle forze dei mie cuori. Vedo che anche tu ne possiedi alcuni. Ne avevo avuto il sospetto quando mi ha respinto la prima volta, ma ne ho avuto la conferma solo quando Rebekha è venuta a me. Quella ragazza ha usato un cuore dei cuori per contrastare il mio potere, non ci sono dubbi, potevo vedere il meraviglioso bagliore della loro luce! –

Isobel sembrava come estasiata. Estrasse la spada che aveva al fianco in un movimento fluido, nello stesso istante anche Eragon aveva tirato fuori la sua pronto a usarla. Isobel sapeva che non avrebbe potuto usare il suo nome nello stesso modo ancora una volta.
Iniziarono a duellare con ferocia. Dopo una serie di colpi Isobel parò un suo affondo e alzò la lama e incrociandola con quella di Eragon lo guardò negli occhi con un sorriso. - Sarà uno scontro interessante, Cavaliere. -
Con una leggera pressione sulla lama scaraventò Eragon lontano da lei mandandolo a sbattere contro una parete; la testa del cavaliere sbatté producendo un rumore sordo.
La visione di Eragon si riempì di tanti pallini rossi. Attingendo alla forza dei cuori Eragon si tirò in piedi e ripresero ad duellare.
Eragon sapeva che bene che il loro scontro non si sarebbe deciso con le spade ma solo con la magia. Ruppe le barriere della sua mente e saggiò le difese della regina percorrendo i suoi confini, sfiorando al sua mente senza mai forzare troppo o darle la possibilità di poterlo attaccare. Eragon sentiva che la Isobel si stava innervosendo, anche lei era cosciente del fatto che scoprendo il suo vero nome Arya aveva indebolito di molto le sue capacità di difesa, delle crepe erano visibili tutto intorno alla barriera che la donna aveva eretto intorno alla sua mente. Nonostante questo il potere dei cuori le permettevano di resistere, ma era solo un'illusione, Eragon era consapevole di poterle abbatterle anche subito e finire lo scontro, ma qualcosa dentro di lui gli implorava di non farlo.
- Non poterai reggere a lungo in questo stato Isobel. Ti prego, permettimi di aiutarti. Stai candendo a pezzi, lo sento. -
Eragon non puoi mostrarle pietà ora. Lei non lo farebbe per te, lo sai. Finisci l'incontro.
Dammi ancora un'ultima possibilità Sigmar. Se anche allora non dovessi farcela, allora attaccherò.
Eragon udì Sigmar emettere uno sbuffo.

Va bene Eragon.
Eragon attaccò con foga e fece arretrare la donna fino a farle toccare il muro con le spalle. Impegnò la lama della regina fino a bloccare entrambe le loro spade.

- Ora mi ascolterai. -

- Che cosa vuoi fare? -  Isobel stava tremando come una foglia. Con una mossa Eragon gli aveva impedito di contrattaccare. La spada del giovane cavaliere scivolò via dalla lama dell'altra, Isobel non provò neppure a resistere lasciò che le braccia cadessero lungo i fianchi e con esse anche la spada. Le mani di Eragon la afferrarono per le spalle e la costrinsero a guardarlo negli occhi
- Isobel guardami. Non ho intenzione di usare il tuo vero nome mentre sei indifesa, ma tu non devi lasciarti andare. Attingi alla forza degli èldunarì. –

- Finiscimi ora cavaliere. - Isobel lo gelò con lo sguardo, ma lasciò che il cavaliere la sorreggesse quando le sue ginocchia cedettero miseramente.


**

Saphira atterrò sul terreno selciato di fronte ai cancelli del palazzo di Antàra seguita da Castigo e Validor. Murtagh e Katrina balzarono dalle loro selle e corsero all'interno del palazzo.
Non impiegarono molto tempo a seguire le tracce lasciate dal passaggio della regina sui muri e le preziose decorazioni del palazzo, delle guardie corsero loro incontro. C'erano anche Rebekha con Ismira e le gemelle in braccio.

- Mamma! – la piccola Ismira corse in contro alla madre. Katrina le accarezzò il viso e i capelli.

- È stato orribile mamma!  Quella donna ci ha preso e voleva portarci via. Zio Eragon l’ha fermata. È rimasto con lei! –

- Ora è tutto passato amore mio. – la rassicurò la madre.
Murtagh le si affiancò.

- Katrina. Io, Castigo e Saphira andremo da Eragon, tu e Validor assicuratevi che anche Arya e tutti gli altri stiano bene -
- Va bene Murtagh. State attenti. – Murtagh si limitò ad annuire.
- Generale, portami dove si trovano Eragon e Isobel. -

Quando arrivarono Murtagh non riuscì a capire bene cosa stesse accadendo, vide solo le braccia di Isobel stringersi intorno al collo del fratello.
Gli occhi della regina incrociarono quelli del cavaliere rosso mentre stringeva forte a sé Eragon. Il fratello le stava dicendo di non aver paura. Improvvisamente un luccichio e una lama si materializzò sulla mano della donna; Murtagh ebbe solo un attimo per poter agire, alzò una mano e fece scaraventare la donna addosso al muro. Si udì il rumore sordo dell'osso che si spezzava. Murtagh si sorprese della facilità con cui era riuscito a rompere le sue difese ed ora la donna giaceva a terra mentre un sottile rivolo di sangue colava dall'angolo della bocca. Dietro di lui Saphira e Castigo ruggirono all'unisono concordi con quello che aveva fatto.
Eragon si girò di scatto verso Murtagh adirato.

- Murtagh che cosa hai fatto? -
Murtagh lo guardò confuso, se non fosse stato per lo sguardo serio del fratello si sarebbe messo a ridere, invece aggrottò le sopracciglia e fece un passo verso il fratello. - Ti ho salvato la vita. Isobel ti stava accoltellando. -
- La stavo aiutando, lei stava accettando il mio aiuto! -
Murtagh scosse la testa con vigore. 

- Eragon, aveva un coltello tra le sue mani! -
Eragon è la verità.
Eragon abbassò lo sguardo verso il corpo scomposto di Isobel. La donna si mosse appena, in mano ancora la lama.
Eragon si piegò su di lei e Isobel alzò la testa
- Perché lo hai fatto? -
- Te l'ho detto. Non mi prenderete mai. Non pu...puoi cambiare la mia na...natura. -
- Lo hai fatto apposta? Lo hai fatto per essere colpita? -
Isobel cercò di sorriso ma riuscì solo a far arricciare appena le labbra. - Ti rin...gra...zio, Eragon... per... averci provato. -
Gli occhi della donna si spalancarono in un ultimo disperato respiro. Eragon piegò la testa, le posò una mano sul volto e gli serrò gli occhi
- Eragon tutto bene? -
- Sì, Murtagh. -
- Isobel è morta? -
- Sì fratello. È finita. -
Non ancora. C'è un'ultima cosa. Eleonor ha spezzato il vecchio sigillo su cui era fondato il vostro  patto di sangue e ne ha imposto uno nuovo. Ora tutti noi draghi siamo chiamati a fare una scelta. Dovremo scegliere se mantenere la magia del patto o scioglierlo per sempre. Una volta presa la nostra deciso non si potrà più tornare indietro.


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