Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: solandia    11/08/2023    2 recensioni
Un Diavolo incompleto.
Due zingare di periferia.
E un Angelo bruno sullo sfondo del cielo lontano.
Una favola dark sulla scoperta di se stessi e del proprio io.
Una favola su un'inestinguibile anelito alla Libertà.
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa e' la revisione di una mia vecchia fanfiction, risalente addirittura al lontano 2009. L'idea alla base e' puittosto semplice: se, anziche' un mezzodemone nel senso di mezzo hanyou, Inuyasha fosse un mezzo diavolo, come noi nella nostra mitologia e nel nostro linguaggio comune intendiamo la cosa?

Va da se' che l'ambientazione, in questo caso, sara'  tutto fuorche' giapponese: spero che possiate gradire comunque. E che vi andra' di commentare!!

Buon divertimento!

Solandia


PS: la stessa storia e' fruibile anche come racconto originale nella sezione Soprannaturale - Angeli e Demoni di questo stesso sito. Identica, con solo i nomi e l'aspetto dei personaggi modificati, per non escludere dalla lettura chi non conosce l'opera della nostra Rumiko.

NB: Alcuni dei personaggi di questa storia non mi appartengono, ma sono proprieta' di Rumiko Takahashi. Questa storia e' scritta senza alcun fine di lucro.


DANNATO

Prologo

La nonnina Cantava.

Raggomitolata su quella vecchia seggiola, i piedi appoggiati sulla stufa, si dondolava avanti e indietro e Cantava.

Cantava di Angeli e Demoni.

Cantava di un mondo invisibile, dolcissimo e perverso.

Cantava delle Leggende che permeano la Realtà e del Reale che alimenta ogni Leggenda.

E le due bambine la ascoltavano incantate.

La nonnina era più vecchia di qualsiasi altra donna esse avessero mai visto: non era la madre della loro madre, forse ne era la trisavola, o un'antenata ancor più lontana. Gitana, aveva girato il mondo e assaporato i colori di molte terre e molte genti, senza mai desiderare per sé un posto diverso da quella seggiola sdrucita accanto alla stufa, in un angolo del carrozzone.

Non desiderare è la chiave per non essere schiavi, diceva.

E lei non era mai stata schiava di nessuno, neppure delle usanze di quel popolo senza nazione con cui aveva scelto di migrare sulla pelle della Terra per un'esistenza intera.

Regina senza regno, signora di se stessa, aveva visto il mondo cambiare sotto un sole che sorge e tramonta identico ogni volta; aveva visto le grandi idee degli uomini ergersi e sgretolarsi sotto il cielo, dopo aver condotto a guerre e rivoluzioni; aveva visto la povera gente sollevarsi e lottare per i propri diritti fino a barricarsi dietro ad essi, lasciando indietro nuove generazioni di disperati; aveva visto la Vita passeggiare a braccetto con la Morte e ridere del dibattersi degli uomini.

Aveva visto l'immaginazione farsi realtà e il reale scivolare nell'immaginario.

Eppure, a detta dei più, non era che una vecchia pazza. Una creatura bislacca e inquietante, delle cui parole sibilline farsi burla.

Chi le viveva accanto, però, mai avrebbe osato ridere di lei. Perché sapeva che la nonnina comprendeva il mondo fin nei suoi più reconditi recessi e afferrava i moti del cuore di chiunque le si accostasse.

E li Cantava ogni giorno nelle sue Canzoni.

Avendo la fortuna di ascoltarla Cantare, si aveva l'impressione che l'esistenza diventasse semplice, di un'onestà sconcertante.

Era facile vivere, avendo la vecchia come guida. Per questo la sua discendenza l'aveva sempre amata e rispettata e, come lei, aveva vissuto libera e fiera, pur nella miseria più stringente.

Ma la nonnina si era spenta, un giorno.

Anche se ormai tutti, scherzando, la dicevano immortale.

Il Tempo aveva avuto la meglio persino sul suo spirito indomito e l'aveva strappato a quel corpo rinsecchito, trascinandolo a correre nel vento.

E le due bambine erano rimaste sole con la donna che le aveva date alla luce. Ella cantava ogni giorno le stesse Antiche Canzoni, eppure la vita non era stata più semplice né onesta senza la guida della vecchina: tutto si stemperava in una nebbia che nascondeva il futuro e confondeva la strada da imboccare nel presente.

Infine, anche l'anima della loro madre se n'era andata a correre nel vento, strappata al suo corpo da una malattia che aveva un nome difficile, di quelli che riempiono la bocca e svuotano il cuore, e le due bambine erano rimaste sole.

La sera si accoccolavano ancora davanti alla stufa e la sorella maggiore, guardando la luna che faceva capolino dall'oblò del carrozzone, cantava per la piccina.

Ma, quando si è soli e la Realtà è desolazione senza via di uscita, fa male al cuore Cantare di Angeli e Demoni, di Mondi invisibili e dolcissimi, eppur perversi come quello reale. Così la ragazza, diventata donna troppo in fretta, aveva cessato gli Antichi Canti. La sera intonava per la sorellina solo ballate di quella che credeva essere la sua gente, ma i suoi occhi non brillavano più di stupore e gioia, al vibrare delle note: restavano freddi e spenti, oppure si riempivano di lacrime, come quella notte.

Un notte intrisa di umidità e gelo, della quale aveva contato ogni minuto.

In cui aveva vegliato.

In cui solo a tratti aveva sognato.

Sogni confusi, dilavati fra la foschia che avvolge i Mondi.

Sogni che erano visioni, ma non progetti.

Solo sul far del mattino era caduta addormentata: un torpore leggero, avaro di ristoro.

E nel dormiveglia le era sembrato di sentire lo scricchiolio della seggiola che dondolava, come un tempo. E la nonnina che Cantava, con i piedi poggiati alla stufa.

Cantava di Angeli e Demoni.

Cantava di un mondo invisibile, dolcissimo e perverso.

Cantava delle Leggende che permeano la Realtà e del Reale che alimenta ogni Leggenda.

E quella che affidava al vento era una Canzone d'Amore.

  
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