POV: Nana Osaki

«Perché Nobuo deve essere sempre così corretto?»
Urlo battendo una mano aperta sul tavolo con così tanta violenza da far scivolare il posacenere colmo di cicche e cenere.
Tu non ti scomponi, come sempre, ti chini e lo raccogli per rimetterlo al suo posto.
«È questo a farti rabbia? Che Nobuo sia onesto?»
Mi chiedi con la tua pacata voce profonda.
«Ma certo! È normale che la gente si approfitti di uno come lui, deve cominciare farsi valere di più, altrimenti il mondo continuerà a mettergli i piedi in testa! Ma non lo capisci? Ha condannato Hachi ad una vita infelice con un uomo che non la merita, e tutto perché non ha le palle di prendersi ciò che è suo di diritto!»
Mi lascio cadere sul letto e mi accendo l’ennesima sigaretta della serata.
Quella era la sua ultima occasione, se avesse aperto la porta dell’appartamento 707, si sarebbe trovato davanti un’Hachi fragile e volubile, un’Hachi confusa con il solo bisogno di sentirsi consolare, e chi poteva farlo meglio di lui?
Ma Nobuo aveva di nuovo agito da pusillanime, si era fatto da parte ancora una volta, spingendo la donna amata verso le braccia incatenanti di Takumi. Perché?
«Io trovo che Nobuo sia tutto, meno che un vigliacco.»
Sollevo il capo e ti fisso. Ti sei acceso una Black Stones e ne hai aspirato una lunga boccata. Espiri sonoramente.
«Anzi, penso proprio che sia estremamente coraggioso.»
«Ma di che diavolo parli?»
Ti chiedo velenosa, issando un pugno in aria.
«Se fosse coraggioso lotterebbe per la sua donna, non credi?»
Mi fissi negli occhi e anche se non posso vedere le tue pupille avverto un rimprovero.
«Sarebbe stata una lotta pulita? Approfittarsi delle pene di una donna tormentata?»
Sbuffo infastidita.
«Ma che importa? Perché non può giocare sporco a sua volta?»
«Perché per Nobuo la felicità di Nana è più importante della sua, come fai a non capirlo?»
Dici alzando il tono di voce, ma non stai urlando. Spalanco gli occhi, come se le tue parole mi avessero colpita.
Ti togli gli occhiali per massaggiarti le tempie e questa volta riesco a vedere le tue iridi. Hai lo sguardo sconfitto e sento una morsa stringermi il cuore. Quella delusione la conosco bene, la scorgo spesso sul viso di Nobuo e non riesco più a tollerarla. Perché i membri della mia band sono destinati a soffrire?
«A lui importa solamente che lei stia bene, che continui a sorridere, che conduca una vita tranquilla. Non gli importa di sottrarla dalle mani di Takumi, perché gli basta che lei stia bene, con o senza di lui.»
Sento i miei occhi inumidirsi.

Stiamo ancora parlando di Hachi e Nobuo, vero Yasu?

«Ma con lui sarebbe più felice, non trovi?»
Sorridi, è un sorriso amaro, privo di gioia e mi guardi per la prima volta negli occhi. È buffo, quando lo fai sento l’istinto di coprirmi, mi sento nuda davanti al tuo sguardo, è come se tu potessi leggermi dentro.
«Non posso saperlo questo. E non lo può sapere neppure Nobuo. Forse teme proprio questo, di non essere in grado di farla stare come lui vorrebbe, come ritiene lei meriti. È consapevole che Takumi può darle molte più sicurezze e per questo preferisce farsi da parte.»
Aspiri un’altra lunga boccata, il profumo delle Black Stones si espande per tutto il perimetro di quella squallida stanza del dormitorio.
Espiri fissando il soffitto, come se riuscissi a vedere oltre esso e guardassi le stelle luminose appese al cielo notturno.
«Quando ami qualcuno, temi sempre di non essere mai abbastanza.»
Concludi. Spengo la mia Seven Star.

Stai ancora parlando di Hachi e Nobuo, vero Yasu?

«È una paura stupida.»
Ti dico e non riesco a nascondere la rabbia nella mia voce.
«Nobuo è più che abbastanza per Hachi.»
Dico, e ci credo davvero. Quando Hachi stava con Nobuo era raggiante di felicità, ricordo il giorno in cui si tuffò nella vasca dove stavo facendo il bagno per raccontarmi di quella confessione d’amore ricevuta da Nobuo.
«Lei con lui si sente al sicuro, lui la rende felice come non lo è mai stata prima.»
Dico serrando i pugni e qualcosa ti costringe a distogliere lo sguardo dal tetto per rivolgerlo verso di me.
«E lei se la merita la felicità.»
Dico e quasi mi pento un attimo dopo.

Sto ancora parlando di Hachi e Nobuo, vero Yasu?
 
«La felicità non si presenta sempre nella forma che immaginiamo, Nana»
«O forse noi umani siamo solo troppo sciocchi per riconoscerla quando l’abbiamo davanti agli occhi.»
Mi fissi, ma non rispondi e tra noi cala il silenzio. Un silenzio carico di tensione, un silenzio che nasconde parole mai dette.

Ma noi stiamo ancora parlando di Hachi e Nobuo, vero Yasu?

«Io credo…»
Dici, ma ti interrompi per cercare le parole più opportune.
«Credo che la felicità non arrivi dal nulla, siamo noi stessi a stabilirla.»
«Che vuol dire?»
«Dico che decidiamo noi cosa ci rende felici.»
No, Yasu, non è così. A volte la felicità l’abbiamo sì di fronte agli occhi, ma ci rifiutiamo di vederla chiaramente per quella che è.
Noi umani siamo esseri ingrati e avidi, e anche quando la felicità ci viene servita su un piatto d’argento noi la rifiutiamo e la cerchiamo altrove, perché ci piace complicarci inutilmente la vita.

Ma io sto ancora parlando di Hachi e Nobuo, vero Yasu?

«Ad ogni modo è inutile stare qui ad arrovellarci il cervello su questa faccenda, lui ha preso la sua decisione e non cambierà idea.»
Dici infine, schiacciando la paglia consumata sul fondo del posacenere.
«Quindi sì, è meglio che lei sia felice, o il suo sacrificio sarà del tutto vano.»
Annuisco e ti osservo aprire la porta e lasciare la mia stanza.

Stavi ancora parlando di Hachi e Nobuo, vero Yasu?