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Autore: Blackellrick    24/08/2023    1 recensioni
Sfrecciò lungo la strada senza una meta, senza nessuna canzone in sottofondo. Quando si fermò, sgranò gli occhi e scostò gli occhiali, puntando gli occhi gialli sulla stessa identica libreria dove lo avevano portato i suoi piedi.
Scese dalla macchina, lasciando che lo sportello si chiudesse con un suono secco. Fece scivolare le mani in tasca e avvicinandosi annusò l'aria.
“È così che utilizzi i tuoi miracoli?” Parlò prima di sentirlo apparire alle sue spalle.
Aziraphale boccheggiò, tenendo la mano a qualche centimetro dalla sua schiena. Non fu necessario toccarlo per avvertirlo della sua presenza. Quando Crowley si voltò, la riportò congiunta all'altra, schiarendosi la voce mentre un evidente imbarazzo lo riempiva.
“Solo per cose importanti.”Puntualizzò, sistemandosi la giacca grigia.
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il tempo non scorreva mai troppo lentamente, né accelerava il suo passo di qualche secolo improvvisamente. Era quieto, puntuale ed irritabile com'era sempre stato. Il tempo muoveva le lancette dell'orologio senza sbagliare mai, senza tornare indietro. Se fosse stato possibile tornare indietro, Crowley probabilmente non lo avrebbe mai baciato, o meglio, se avesse potuto comandare al suo cuore qualcosa, gli avrebbe chiesto di spegnersi e non battere più ferocemente per qualcuno che lo aveva abbandonato. Se quel tempo gli avesse concesso di tornare indietro, di certo avrebbe cambiato tante cose, si domandava tuttavia se questo sarebbe mai riuscito a colmare quella sensazione straziante che lo aveva sempre fatto sentire fuori posto. Troppo lontano dall'essere un angelo, troppo lontano dall'essere un demone, e manifestare in sé il male. 

Bene e male, giorno e notte, luce e buio...

Aziraphale e Crowley. 

Era solo Crowley, e da più di un secolo ormai. 

Era facile individuare il bene nel male, ma per scovare il male nel bene serviva tempo e quel tempo, cominciava ad odiarlo. 

Il male nel bene lo aveva captato tantissimo tempo fa. Se lo era ripassato in bocca quel marcio all'interno di una mela apparentemente perfetta. Aveva visto e capito e gli era costato più di quanto pensasse. Nel credere di essersi divincolato da certi pesi, si era ritrovato con il mondo sulle spalle e lo teneva tremante come Atlas da quando Aziraphale lo aveva lasciato. A ripesarci, nemmeno Dike aveva avuto pietà per Atlas. 

Per quanto Crowley potesse odiare il tempo, svolgeva il suo lavoro perfettamente, perché quel secolo era passato con i tempi precisi e impeccabili con cui generalmente passa un secolo. Ed era stato snervante. Triste, doverlo passare senza ricevere telefonate da un angelo che puntualmente si cacciava nei guai, o che era annoiato. Non sentire l'odore antico dei libri, non varcare più la porta di quella libreria avvolta dall'aroma del tè e senza qualche torta fumante sulla scrivania. 

In verità, qualche chiamata era arrivata, ma Crowley non aveva mai risposto; e in verità, si erano incrociati raramente davanti alla libreria, tuttavia Crowley si era dileguato prima ancora che Aziraphale sollevasse il dito e aprisse le labbra per sospirare qualcosa. 

Il desiderio che la bontà e la salute si diffondesse per il mondo erano un pensiero puro da parte di Aziraphale, peccato che quell'angelo in un modo o nell'altro finisse sempre per incasinare le cose e ritrovarsi nei guai. 

Crowley non si sorprendeva ora di vedere il male incrociarsi con il bene davanti ai suoi occhi ed inghiottire quello spiraglio di luce. Se il tempo glielo avesse concesso, sarebbe piacevolmente tornato a creare le stelle. Non essendo così, si ritrovava per l'ennesimo anno chiuso in casa, con una serie di bottiglie di vino vuote, tutte perfettamente ordinate sul tavolo; nel suo caos, gradiva lasciare quel tocco che gli facesse capire non si fosse davvero perso del tutto. Aveva solo perso Aziraphale, infondo. 

Aveva perso il suo migliore amico. 

Aveva perso. 

Mentre il sole sorgeva e tramontava di nuovo in una giornata che sarebbe stata splendida in altri tempi, Crowley uscì fuori quando fu andato via del tutto. 

La città non era silenziosa come la sua voce nella testa. Le luci lampeggiavano vivacemente creando scintille colorate sugli occhiali che non celavano più occhi accesi di giallo folgorante; era rimasto solo del giallo scolorito. 

Mentre camminava ondeggiando di un'eleganza unica e personale, si faceva avanti lungo la strada fingendo una totale noncuranza per tutto. Era cambiato tanto in quel secolo, ma Crowley restava sempre Crowley. 

Non avrebbe voluto che i propri piedi lo portassero proprio davanti alla libreria, ma quando questo avvenne, si colorò di rabbia e sbuffando si voltò per tornare indietro. 

L'odore nell'aria era diverso, e non era lui che andava a fuoco. 

Si girò verso il negozio, scrutandolo mentre stringeva fiocamente le dita in tasca. I vetri delle finestre erano opachi e all'interno sembrava si fosse depositato uno strato di polvere che avrebbe giurato di non aver mai visto. 

Non era più passato da lì per molto tempo, tuttavia non sembrava ci fosse andato qualcun altro. Se ricordava bene, Muriel spesso se ne prendeva cura e quelle rare volte che aveva incrociato Aziraphale, era sicuro avesse rimesso qualcosa a posto. 

Si voltò nuovamente, sollevando le spalle con un atteggiamento di totale disinteresse. Tornò indietro, nella vaga speranza che la sua amata  Bentley lo portasse altrove, non come i propri piedi. 

Sfrecciò lungo la strada senza una meta, senza nessuna canzone in sottofondo. Quando si fermò, sgranò gli occhi e scostò gli occhiali, puntando gli occhi gialli sulla stessa identica libreria dove lo avevano portato i suoi piedi. 

Scese dalla macchina, lasciando che lo sportello si chiudesse con un suono secco. Fece scivolare le mani in tasca e avvicinandosi annusò l'aria. 

«È così che utilizzi i tuoi miracoli?» Parlò prima di sentirlo apparire alle sue spalle. 

Aziraphale boccheggiò, tenendo la mano a qualche centimetro dalla sua schiena. Non fu necessario toccarlo per avvertirlo della sua presenza. Quando Crowley si voltò, la riportò congiunta all'altra, schiarendosi la voce mentre un evidente imbarazzo lo riempiva. 

«Solo per cose importanti.» Puntualizzò, sistemandosi la giacca grigia. 

Crowley aggrottò la fronte, sviando lo sguardo altrove. Avrebbe preferito sparire, ma gli era impossibile, grazie al piccolo miracolo di Aziraphale. 

«Cosa vuoi?» Scandì, umettandosi le labbra con la lingua. 

«Be'...Niente, direi. Niente di materiale o..» 

Crowley gli fece scivolare gli occhi addosso, assottigliando lo sguardo dietro gli occhiali scuri. 

«Ah! Va dritto al punto.» 

Aziraphale esplose in uno dei suoi soliti sospiri rotti e carichi di pressione. Era quello che sembrava fare ogni qual volta volesse cercare di rimettere apposto le cose, ma subito dopo le peggiorava. 

«Non ti fermavi mai. Non hai mai risposto alle mie chiamate, non mi hai mai dato la possibilità di parlarti-» Il rosso lo interruppe dal suo discorso accelerato, facendosi di qualche passo più vicino. «Tu hai scelto il paradiso a me. Non gettarmi addosso colpe che non sono mie.» Sibilò, tenendo il tono basso affinché ogni parola potesse uscire graffiata dalla propria bocca. Forse anche troppo.

Aziraphale lo guardò con una confusione innocente, addolcendo lo sguardo che sembrò addolorato. 

«Oh, Crowley..» 

«Basta così.» Tagliò il rosso, passandogli avanti. Non andò verso l'auto, bensì continuò a piedi nel tentativo di allontanarlo per quanto possibile. 

«Crowley!» Aziraphale accelerò il passo dietro di lui, fino a raggiungerlo e sorpassarlo di quanto bastava per fermarlo, tenendo le mani aperte a qualche centimetro dalla sua giacca scura.

«Ti prego, ho qualcosa da dirti, di importante.» Spiegò, col tono rotto.

Crowley indietreggiò, ringhiando qualcosa tra i denti. 

«So benissimo cosa sta per succedere, angelo. Ma se sei venuto qui solo per darmi un'ultima possibilità di salvezza hai sbagliato strada.» Disse secco, riprendendo a camminare. «Non è ridandomi l'aspetto angelico che diventerei perfetto.» Sussurrò ad una certa distanza, col tono dolorante che avrebbe preferito nascondere sotto valanghe di rabbia.

Si arrestò per l'ennesima volta, quando Aziraphale con un'espressione più convinta gli si parò nuovamente davanti, sta volta poggiandogli la mano sul petto. 

«Lo so.» Balbettò. Crowley sentiva appena le sue dita tremare sopra la giacca aperta. 

«Ed è per dirti che lo so che sono qui. Non per darti salvezza, né per chiederti una cosa tanto stupida come ho fatto in passato.» Ansimò. 

Crowley si fece indietro, staccandosi dal suo tocco. 

«Mi dispiace, Crowley. Mi dispiace infinitamente. Sono stato accecato da un desiderio che in cuor mio nutrivo da troppo tempo. Non ho visto la realtà, non ho visto te e non so dirti quanto mi senta...In colpa. Nulla era come mi aspettavo, niente era-» 

«Oh, per piacere. Cosa vorresti dire? Sei salito fin lì e nel vedere quanto fosse corrotto sei tornato da me a dirmi che ti dispiace?» 

Gli occhi di Aziraphale brillarono sotto le luci fioche dei lampioni, riempiendosi di lacrime. 

«P-Pensavo solo che le cose potessero essere migliori...Che potessi cambiare in meglio e che sarei tornato da te per la prima volta nella mia vita a dirti che ero riuscito almeno in qualcosa di buono! Non a dirti che avevo bisogno del tuo aiuto per sistemare le cose...» 

Crowley si zittì nel sentire le ultime parole e lo lasciò continuare, senza investirlo. 

«Non mi manca il potere in paradiso, né la possibilità di fare qualcosa...» Raccolse tutto il suo coraggio per pronunciare l'ultima frase: «A me lì manchi tu, e non è nel cielo che sto bene. Io credo di...Di sentirmi bene in qualsiasi posto a patto che anche tu sia lì con me.» Si risistemò la giacca, seppur non si fosse sgualcita. Lo guardò, riprendendo fiato mentre conteneva le lacrime all'interno degli occhi. 

Crowley avvertì il battito accelerare e risentì il sapore di tutto ciò che aveva provato prima di essere abbandonato. Risentì quel grido che continuava a riecheggiargli in testa nel tentativo di fargli confessare quell'amore che era stato maltrattato. Ricordò il tremore delle mani e del cuore che vibrava in attesa di una liberazione; il sapore di quel dolore gli risalì in gola e deglutendo, rimase in silenzio, davanti un Aziraphale impaziente, che come lui aveva fatto, aspettava in speranza che tornasse indietro. 

«Crowley...» 

Il piccolo miracolo che l'angelo aveva fatto cessò il suo effetto e come in fuga, Crowley sparì davanti ai suoi occhi.

 

 

Passarono giorni e i bagliori rossi nel cielo non tardarono ad arrivare. Fulmini che dilaniavano le nuvole; Crowley li osservava cadere davanti alla finestra, reggendo un ennesimo calice tra le mani. 

Ne bevve un sorso, portando il bicchiere alle labbra, respirando pesantemente sul vetro ancora poggiato alla bocca. Aziraphale era entrato come una spina nel suo cuore, e ora che l'aveva estratta, non cessava di perdere sangue. Risentiva ancora la sua voce nella testa, non bastava il vino ad annebbiarne il ricordo e ora anche l'olfatto gli faceva credere di averlo a qualche centimetro dal naso. Sapeva di cannella, tè e vaniglia, con una nota lontana di cioccolato. 

Ci mise un po' a capire che non lo immaginava soltanto, ma lo fiutava davvero. 

Puntò gli occhi sulla porta, sbuffando mentre si accarezzava le tempie con la mano libera. Se fosse stato davvero dietro la porta, non avrebbe saputo come reagire. Se era diventato lui il problema, quell'angelo avrebbe dovuto dare tutto se stesso per risolverlo, perché Crowley non avrebbe fatto un bel niente. 

Aziraphale bussò, Crowley pensò di aspettare in silenzio e fingere di non essere vivo. 

Passò un'ora, il rosso smise di sentirne il profumo e si alzò, camminando verso il tavolo per afferrare un'altra bottiglia. Quando si girò verso il divano, sobbalzò nel vedersi davanti Aziraphale, in un abito color panna che risaltava il suo viso decisamente meglio del grigio. 

«Non sarei mai entrato se non fosse stato importante.» Mormorò. «Ho bussato..» Puntualizzò poco dopo, per sentirsi meno in colpa. 

Crowley tirò via il tappo dalla bottiglia e la portò alle labbra, bevendone un lungo sorso. 

«Quante cose importanti in questi ultimi giorni.» Sibilò. 

Aziraphale lo guardò come se fosse ovvio. Si schiarì la voce e passando le mani sulla giacca si avvicinò di qualche passo, tenendo il mento in alto. 

«È sempre e solo una cosa importante.» Chiarì, cercando disperatamente i suoi occhi dietro gli occhiali scuri. «Tu.» Sussurrò. 

Crowley tossì, sentendo il vino scendere di traverso. Pressò il polso contro le labbra, tenendo stretto il collo della bottiglia tra le dita, mentre gli faceva scivolare gli occhi addosso e avvampava. Lanciò via la bottiglia, che si infranse contro il pavimento, imbrattando le pareti di rosso scuro. Una volta con le mani libere, aprì le braccia con fare esasperato e sospirò pesantemente, ringhiando qualcosa di indefinito tra i denti. 

Avrebbe voluto lasciarsi andare al peggio; saltellare sul posto e incendiarsi fino a fumare, ma si limitò ad un mormorio sconnesso, stanco, carico di frustrazione e straziato si lasciò andare alla parete dietro di lui, poggiandoci la schiena. 

«Stupido.» Mormorò, vedendo Aziraphale avvicinarsi. 

«Come puoi venire qui dopo così tanto tempo e..» Si interruppe, boccheggiando. 

«Crowley...Ti prego...» Ansimò agitato l'angelo. 

«Il mondo crolla là fuori.» Puntualizzò secco il rosso, e proprio a quel punto Aziraphale parve perdere ogni briciolo di autocontrollo. Gli tremarono le mani, che cautamente andò a poggiare sulle spalle dell'altro. 

«Il mio mondo è già crollato.» Sussurrò, deglutendo. «Ero eccitato dall'idea di averti con me. Quel giorno ho pensato che tu avessi rifiutato una delle migliori scelte per il nostro futuro. Mi sbagliavo, mi sbagliavo Crowley, e sarei disposto a farti tutte le danze delle scuse da qui all'eternità.» 

La sua voce tremava, come le dita strette alla maglia di Crowley. 

«Io ho...Ho bisogno del tuo perdono.» Disse. 

Crowley restò in silenzio. Non aveva parole da dirgli e nemmeno con i gesti sarebbe riuscito ad esprimere ciò che provava, quindi, dal momento che lui si era imposto di non fare assolutamente niente per risolvere quel guaio, ancora una volta lasciò ad Aziraphale il compito di fare qualcosa. 

L'angelo tirò via le mani dalle sue spalle e cautamente, come quando si tagliano i fili di una bomba, poggiò le dita ai lati della sua testa e sfilò via gli occhiali. 

Gli sembrò di ritornare a respirare, in mezzo a quel mare giallo che lo avvolgeva in un abbraccio agognato. 

«Eccoti qua..» Sussurrò, poggiandogli la mano sul viso. 

Non lo aveva più guardato da quel giorno e ora che incrociava nuovamente i suoi occhi, capiva ancor di più quanto di Crowley gli fosse mancato. 

«È questo il posto perfetto per me.» Continuò, fino a sentire il respiro dell'altro rompersi. Aveva il viso rosso ora, ma non di rabbia, e il cuore tremante. 

«E va bene..» Mugugnò Crowley, staccandosi dalla parete, portando incredulo la mano sulla sua, ancora sul viso. 

«E va bene, angelo.» 

Aziraphale gli accarezzò la pelle, allargando le labbra in un sorriso che lo scaldò. 

«Ti perdono.» Disse a denti stretti. Ora che era senza occhiali, non poteva più celare niente dietro il vetro, nemmeno il tremolio indistinto delle sue parole. Si sentì tiepido, per la prima volta dopo tanto tempo; non bruciava più dentro la sua stesse agonia. 

Un fulmine squarciò il cielo e un boato li scosse, avvolgendo la stanza col bagliore della tempesta che infuriava fuori. 

Crowley si staccò, andando verso la finestra. Aziraphale gli andò dietro, poggiando le mani sul davanzale. 

«Hai un piano?» Domandò, guardandolo di sbieco. 

Aziraphale farfugliò qualcosa. 

«Be'...Tecnicamente...» I loro occhi si incrociarono e Crowley accennò un primo sorriso teso. 

«Presumo di no.» Asserì. 

Aziraphale ne sembrò offeso e fissando la tempesta aggrottò la fronte in quel modo che Crowley riteneva quasi tenero. 

«Eri tu il mio piano.» Confessò, seppur non del tutto fiero. 

Crowley si lasciò scivolare le mani in tasca, assottigliando lo sguardo. Aziraphale lo imitò, come di rimando. 

«Mmh.» Si lasciò scappare il rosso. 

«Posso sempre ancora pensarci! Insomma, ora che siamo insieme, oltre alla fine del mondo, non ho più nessun problema da risolvere.» Disse Aziraphale, sfoggiando uno dei suoi sorrisi più graziosi. 

Crowley addolcì lo sguardo, sbuffando. 

«Intanto raggiungiamo la Bentley.» Mormorò, girandosi verso la porta.

Aziraphale accelerò il passo, con un atteggiamento notevolmente più sereno. 

«Giusto, una volta raggiunta la nostra auto-» 

Crowley si voltò, portando l'angelo a sbattergli addosso. 

«La mia, macchina.» Puntualizzò, strizzando appena lo sguardo. «E ridammi gli occhiali.»

Aziraphale sospirò, sistemandoglieli di nuovo sugli occhi. 

«Ti preferivo senza.» Ammise, riprendendo a camminare. 

Le portiere dell'auto si aprirono ed entrambi si sistemarono all'interno.

«Ho visto bene, uhm? Una delle ruote era gialla.» 

Crowley sgranò lo sguardo, scioccando violentemente le dita. «No. Mai stata gialla.» Affermò, schiacciando il piede sull'acceleratore. La Bentley scattò in avanti e Aziraphale affondò sul sedile. 

«E smettila di guardarmi in quel modo.» Ringhiò. 

Il biondo sollevò le sopracciglia. 

«Non ti sto guardando in nessun modo.»

Crowley spostò gli occhi dalla strada ai suoi. 

«Non era gialla.» Puntualizzò, vedendolo sorridere.

   
 
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