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Autore: Sofyflora98    31/08/2023    0 recensioni
[Tian Guan Ci Fu]
- Se starete qui per un po’ è meglio che facciate attenzione. Ascoltate, lui è facile da riconoscere. È terribilmente pallido, con delle strisce nere sul viso e dei fiori blu tra i capelli. Si manifesta solo di notte, e inizia facendo delle domande. -
- A volte ci sono dei lamenti, daozhang. Se sentite dei lamenti e vedete le ombre muoversi, beh... allontanatevi rapidamente. -
- Che domande fa ai passanti, se posso chiedere? -
- Sempre le stesse, daozhang. “Qual è il vostro nome?”, “Siete il mio padrone?”, e “Mi detestate?” -
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Questa storia è stata scritta per:
MuLian Week 2023 "Blooms of Our Yearning", Giorno 6 "Iris": Calamity AU
[Mu Qing X Xie Lian]
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie 'Let me in through your open wounds'
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Era da un bel pezzo che faticava a vedere, attorno a sé, le stesse tinte che c’erano nei suoi ricordi. Quando Xie Lian si guardava attorno, ora, quasi sempre pioveva o c’era una foschia che spegneva i colori del mondo circostante. Aveva avuto il pensiero che anche questa fosse una delle tante sfortune che la sua presenza faceva abbattere sul mondo, ma alla fin fine lui non era così importante nel mondo. Una realizzazione che quando era più giovane e speranzoso non avrebbe mai nemmeno preso in considerazione.
- Sei ancora lì, Wu Ming? - mormorò, tanto per rompere un po’ il silenzio.
- Sì, Vostra Altezza. – gli rispose da dietro la voce morbida del fantasma mascherato. Ancora non riusciva a capire perché continuasse a seguirlo, ma non gli importava più di tanto. Se voleva andare incontro alla rovina, ancora più di quanto non avesse già fatto morendo, non sarebbe stato lui a fermarlo. Era stanco.
La strada di terra battuta passava in mezzo a dei campi incolti, che un tempo dovevano aver sfamato molte famiglie. Ora erano lasciati a sé stessi, e vi crescevano delle erbe alte e dagli steli duri, e non potevano nutrire nessuno. Forse se si fosse addentrato lì in mezzo avrebbe trovato delle case diroccate dove avevano vissuto i proprietari della terra o i contadini che l’avevano lavorata. Chissà se era stato a causa della guerra.
Tornò a pensare a ciò che doveva fare. Voleva trovare un posto dove passare la notte senza disturbo, possibilmente lontano dagli occhi della popolazione. Forse un tempio. Aveva passato molte notti nei templi, erano molto comodi. O una casa abbandonata da tempo. Wu Ming avrebbe preferito un tempio. Beh, alla fin fine non era affar suo pensare cosa preferisse il soldato fantasma.
- Vostra Altezza. – il fantasma si era bloccato sul posto, e fissava immobile qualcosa più avanti.
- Cosa, cosa c’è? – rispose Xie Lian non senza un po’ di stizza, e cercò di seguire dove era diretto il suo sguardo.
Per un attimo non capì cosa avesse visto Wu Ming. Poi, però, iniziò a distinguere una cosa scura sul ciglio della strada, non troppo distante. Da lì non riusciva a capire cosa fosse.
Si avvicinò cautamente, Wu Ming dietro di lui, e iniziò a distinguere una forma umana adagiata scompostamente. Aveva degli abiti scuri, e dall’angolazione si intravedeva una massa di capelli neri.
- Questo è morto. – disse Wu Ming, avvicinandosi cautamente. Niente di strano, avevano trovato molte volte cadaveri di persone di ogni età nel loro vagare. Probabilmente nelle strade delle città, nei bassifondi, ce n’erano ogni due passi.
Eppure, era normale quella cosa? Quel sussurrare che gli pareva di sentire nello stormire del vento che soffiava piano da quella notte, quel bisbigliare agghiacciante? Sentì uno strano peso sullo stomaco, ed ebbe l’impressione inspiegabile che qualcosa si stesse prendendo gioco di lui.
- Andiamo avanti. – intimò Xie Lian, e passò accanto al corpo, scavalcando una mano pallida e affusolata.
Si fermò con il piede a mezz’aria. Abbassò lo sguardo di nuovo su quella mano.
Il viso era nascosto, rivolto a terra, ma c’era una mano che sembrava quasi protendersi verso di lui. Era una mano incredibilmente bianca, dalle dita lunghe ed aggraziate. Delle belle mani, se fossero appartenute a un vivo.
Il cuore per qualche ragione aveva iniziato a martellare dolorosamente nel suo torace. Il bisbigliare si fece più forte.
- Vostra Altezza? – la voce di Wu Ming non era così nitida e chiara come la ricordava.
Xie Lian si inginocchiò lentamente sotto lo sguardo del soldato fantasma, ed allungò una mano per voltare il cadavere nella sua direzione.
Di quei tempi spesso si sorprendeva ad avere piccole allucinazioni. A riconoscere volti noti sui visi di estranei, o ad avere l’impressione che quello che vedevano i suoi occhi non era lo stesso di tutti gli altri. Sperò che anche quel giorno fosse così.
Prese la spalla del cadavere, che sentì fredda sotto le dita anche attraverso la stoffa, e lo voltò, con il cuore in gola.
La prima cosa che vide fu un’ampia ferita sul torace. Il sangue era scuro, secco e raggrumato, e impregnava le vesti in tutta la parte frontale. Era orribile.
Poi il suo sguardo, lentamente, rallentato da una paura che era ormai così familiare per lui, salì sul viso. Era bianco come un cencio, e anche nella morte il volto sembrava contratto dal dolore o dalla paura.
Le braccia iniziarono a tremargli, e Wu Ming, senza dire una parola gli si avvicinò, ma anche lui si bloccò quando vide il viso senza vita di Mu Qing.
Lo sguardo di Xie Lian continuava a spostarsi dagli occhi ancora spalancati di Mu Qing al suo torace dilaniato, per poi tornare al viso esangue. Provò a dare un senso a ciò che stava vedendo, a cercare di vedere oltre quell’allucinazione, ma il viso di Mu Qing non voleva sparire da quello del cadavere, e lui iniziava a respirare sempre più a fatica.
Sentì la voce apprensiva di Wu Ming cercare di chiamarlo, ma si faceva più fioca e ovattata. Quel fischio, quei bisbigli, erano diventati un lungo rantolo, e si chiese da dove venisse per diversi istanti prima di sentire la propria gola vibrare e capire che era il suo.
- No… - bisbigliò con un filo di voce. – No, no. Non puoi… - e non sapeva che cosa lui stesso intendesse, ma con movimenti convulsi raccolse il corpo freddo, che tra le sue braccia era pesante e privo di tensione come Mu Qing non era mai stato, e lo strinse al petto senza riuscire a guardarlo.
Ti prego. Ti prego, non essere tu. Quando guarderò di nuovo sii qualcun altro. Chiunque. Anche qualcuno che conoscevo. Anche qualcuno di innocente. Ma non tu. Non tu.
Abbassò lo sguardo di nuovo, sperando che fosse cambiato. Doveva essere cambiato.
Non lo era. Vide di nuovo zigomi alti, occhi lunghi e scuri, graziose labbra che un tempo erano state rosee ma ora erano biancastre.
Una fitta lancinante al torace lo fece piegare in due su sé stesso. Un grido lamentoso uscì dalla sua gola, lacerando il silenzio in quel giorno nebbioso.
Decine di lame gli trafiggevano il petto, la gola, gli arti, e lui non riusciva a muoversi.
Trafiggetemi di nuovo. Fatelo ancora e ancora, ma fate sparire questa vista dai miei occhi.
- Vostra Altezza… - sentì la mano di Wu Ming sulla spalla, sentì qualche parola che gli diceva che forse era meglio se lasciasse andare quel corpo, ma Xie Lian strinse i denti e soffiò, ritraendosi dal tocco del fantasma e stringendo il corpo di Mu Qing con tutta la forza che aveva.
Quindi era così? Non bastava la morte del popolo di Xianle, dei suoi genitori, non bastava che lui stesso fosse stato ucciso cento volte? 
Se fosse stato vivo gli avrebbe fatto male da come strinse le dita sulla sua carne. Non venne nessuna lamentela da lui, però.
Gli mancò l’aria. Con il torace contratto da delle fitte, Xie Lian spalancò la bocca ed iniziò ad annaspare nel tentativo di prendere un respiro.
Wu Ming gli stava dicendo qualcosa, ma faceva fatica a sentire la sua voce. Sentiva solo i propri lamenti strozzati, il bruciore in gola, e i solchi bollenti delle lacrime che gli scendevano sul viso, così bollenti da scavargli la pelle.
 
 
Il pensiero che Mu Qing fosse nella Capitale Celeste l’aveva confortato, almeno un po’. Anche se tutto era andato a catafascio, almeno lui era salvo. Poteva contare sul fatto che, nonostante la loro brutale separazione, lui stesse bene, come Xie Lian aveva sempre desiderato. Almeno una cosa era riuscito a proteggerla. Era riuscito a salvare almeno qualcuno della gente comune.
Ovviamente, era un illuso.
- Vostra Altezza. volete seppellirlo? Se lo lasciamo qui potrebbe venire mangiato da degli animali. –
Wu Ming aveva ragione, ovviamente. Xie Lian però non riusciva ad alzarsi da dov’era accasciato. Alla fine fu il fantasma a farlo per lui. Tolse il cadavere dalle sue braccia e cercò qualcosa per scavare. Lo fece per bene. Scavò una fossa profonda, e sistemò i vestiti e i capelli di Mu Qing come meglio poteva prima di calarlo lentamente sotto terra.
Xie Lian stette a guardare, ma non si sentiva nel proprio corpo. Era come se ci fosse un velo tra lui e ciò che gli accadeva davanti. Perché non poteva essere.
- Volete fare qualcosa per lui prima che lo ricopra? –
Xie Lian aprì la bocca più volte, senza sapere cosa dire. Alla fine si trascinò accanto alla fossa e diede uno sguardo al corpo di Mu Qing.
Perdonami, pensò. Perdonami per non averti protetto. Avevi ragione. Non so come sopravvivere da quando te ne sei andato.
 
 
Quando Wu Ming lo portò quasi di peso nella piccola casa decrepita che avevano scovato nei pressi di un tempio, Xie Lian si lasciò cadere in un angolo e non si mosse.
Rimase lì per un tempo che non seppe definire. Giorni. Forse settimane, non ne aveva idea. Il tempo significava poco quando non potevi invecchiare né morire.
Le sue membra si erano fatte pesanti, e i suoi polmoni dovevano avere qualcosa che non andava. Non poteva essere normale che l’aria bruciasse così tanto, o che il petto gli facesse così male. Era costante, e gli impediva di fare qualsiasi cosa.
Con lo sguardo fisso sul soffitto, rivedeva le palpebre timidamente abbassate di Mu Qing quando erano al palazzo reale di Xianle, e il broncio grazioso delle sue labbra. Rivedeva i suoi occhi illeggibili e la linea dura e nervosa della sua bocca, le sue mani tremanti, il giorno in cui l’aveva cacciato via. Rivide i suoi occhi spenti e le labbra esangui mentre giaceva tra le sue braccia, freddo e immobile.
Aveva raramente conosciuto il rimpianto. Il dolore, la frustrazione, l’umiliazione erano qualcosa che ormai gli era noto. Ma il rimpianto, quello lo sentì ferocemente in quel momento, mentre sentiva Wu Ming che cercava di convincerlo a bere dell’acqua. Non avrebbe mai dovuto dirgli di non farsi rivedere, lo seppe con certezza, e il pensiero che la sua rabbia avesse potuto spingere Mu Qing su una strada che l’aveva condotto alla morte era insopportabile.
Avrebbe dovuto ascoltarlo, forse. Trattenersi dall’esplodere. Non dire ciò che aveva detto, seguirlo correndo e pregarlo di rimanere, dire che a lui la rabbia sarebbe passata e l’avrebbe perdonato. Anzi, che l’aveva già fatto. Sì, avrebbe dovuto dire così. E impedirgli di allontanarsi di un passo da lui.
O forse il problema era nato ancora prima. Avrebbe dovuto essere lui stesso a suggerire che aiutassero anche la madre di Mu Qing, prima che lui potesse anche solo pensare di andare in giro solo.
Non avrebbe dovuto dirgli di andarsene.
Eruppe in un nuovo attacco di singhiozzi, e Wu Ming fu immediatamente al suo fianco, ma Xie Lian a malapena lo percepiva. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era il labbro tremante di Mu Qing in quel dannato giorno, l’ultima volta che l’aveva visto, e al riso tra i suoi capelli, il taglio sul viso che lui gli aveva provocato.
Era così ironico che più provava a salvare ciò a cui teneva e più ne causava le disgrazie. Mai avrebbe pensato, però, che sarebbe stato la disgrazia anche di Mu Qing.
 
 
 
 
 
Alla fine, andò avanti. Non che fosse stato intenzionale, o che ne avesse la forza, ma semplicemente accadde. La corrente trascina via tutti, che abbiano la forza di nuotare o meno. E Xie Lian, da immortale, non sarebbe potuto annegare comunque.
Provò a dimenticare, disperatamente. In parte ci riuscì.
 
 
 
 
 
- Non preoccupatevi per il cibo, daozhang. Avete lavorato molto duramente per aiutarci, potete prendere quello che volete. Consideratelo parte del compenso. –
Xie Lian sorrise e ringraziò il venditore, e prese qualche mantou e un po’ di verdura dal suo carretto. Il signore era un contadino che, assieme alla sua famiglia, lavorava i campi del villaggio, e si guadagnava da vivere vendendo parte dei prodotti della terra e un po’ di cibo caldo. Qualche settimana prima aveva avuto un infortunio che gli aveva ridotto male la gamba. Purtroppo questo accadeva proprio nel periodo del raccolto, e i suoi figli da soli non potevano occuparsi di tutto in tempo. Xie Lian era giunto in quel villaggio giusto in tempo per sentire l’annuncio in cui offriva un compenso per chi avrebbe aiutato.
Tempo prima, Xie Lian sarebbe inorridito all’idea di lavorare nei campi, ma il tempo e gli elementi smussano persino la roccia, quindi non c’era motivo per cui non avrebbero dovuto farlo anche con lui. E cinquecento anni sono molto tempo, anche per un immortale.
- Volevo farvi una domanda, signore. In questa zona non ci sono templi? –
L’uomo fece un sorriso pacato. – Ce n’è uno, ma temo sia stato abbandonato molto tempo fa. Non ricordiamo nemmeno a quale dio appartenesse. –
- Capisco. Lo chiedevo perché è insolito che non ce ne sia nemmeno uno di frequentato nei pressi di una foresta. Chiedo perdono per l’insolenza, ma in quasi tutti i villaggi che ho frequentato le persone erano molto timorose degli spettri che possono aggirarsi tra gli alberi. –
L’uomo scrollò le spalle. – A volte le persone fanno offerte alla Maestra della Pioggia, ma nessuno ha mai sentito il bisogno di chiedere la protezione di un dio marziale. Non ci sono mai stati incidenti qui nei dintorni. –
- Questa è una grande fortuna. –
L’uomo ora sembrò dubbioso, e gli diede un’occhiata come se lo stesse valutando.
- Se devo essere sincero, daozhang, non so se si possa chiamare fortuna. Forse è più una questione di approfittare di una coincidenza. –
- Cosa intendete? –
La voce dell’uomo si fece più bassa. – Non veniamo mai aggrediti da spiriti maligni o bestie demoniache perché anche loro vengono predati da qualcosa. E quel qualcosa non è interessato a pesci piccoli come noi umani comuni, se capite cosa intendo. –
Xie Lian scosse la testa. - Temo di non averne idea. –
- La gente dice che lì si aggiri il Viso Piangente. –
Xie Lian non riuscì a cavargli di bocca molto altro, perché l’uomo sembrava stranamente intimorito dall’argomento. Aveva mormorato le parole “calamità” e “fantasma”, ma niente di più preciso.
Xie Lian si dovette confessare davvero incuriosito. Purtroppo non scoprì di più sulla cosa che cacciava gli altri fantasmi dalla zona.
 
 
A volte faceva ancora dei sogni su di lui. Il suo volto non era così nitido nei suoi ricordi, ma i suoi occhi lo erano. Neri come l’abisso, così scuri che bastava poca luce per farli risplendere come un cielo stellato. Ricordava anche i suoi passi aggraziati, le sue mani quando tenevano una spada, e la sua voce soffice. Quando era un ragazzo gli aveva fatto tremare il cuore nel petto.
Ora però quando lo sognava si trasformava presto in un corpo freddo e immobile, lo sentiva tra le braccia con una sensazione nauseante. Quando si svegliava era peggio.
Cercava di cacciarlo via dalla sua mente, anche dopo tutto quel tempo. Si sentiva terribilmente in colpa per questo, ma ricordava il dolore e la paura di quei giorni, e sentiva il gelo strisciare sul suo corpo quando ci ripensava.
 
 
Aveva quasi scordato quella faccenda al villaggio quando, una manciata di decenni dopo, non sentì quel nome di nuovo.
I due ufficiali celesti lo avevano guardato stralunati quando lui li aveva chiamati per chiedere se per caso sapevano se c’era qualcuno che aveva bisogno di due mani in più nei dintorni. Ad essere onesti, lui non aveva capito subito che erano ufficiali celesti. Li aveva presi per due ragazzi che si aggiravano attorno ad un tempio al limitare del bosco, e aveva pensato che fossero paesani.
- Voi riuscite a vederci? – domandò uno dei due, stupefatto.
Il suo compagno gli diede una gomitata, e squadrò Xie Lian da capo a piedi.
Xie Lian sorrise, e stava già per congedarsi, quando la voce di uno dei due lo fermò.
- Siete un immortale, daozhang? Non sembrate un normale coltivatore. –
- Ah, temo di sì. Voi, invece…? – fu a quel punto che riconobbe le loro vesti come uniformi. – Ah, oggi sono stato fortunato. Imbattermi in due ufficiali celesti non è una cosa comune. –
I due sembrarono ancora più a disagio, fino a che il secondo non assottigliò gli occhi. Si chinò a sussurrare nell’orecchio dell’altro, e tutti e due lo guardarono meravigliati prima di avvicinarglisi.
- Siamo vice-dei del Generale Nan Yang, signore. –
Ah, un nome che conosceva. Sentì una fitta di nostalgia nel petto. – Molto piacere. Non dovreste rivelarvi così facilmente, però. Non è contro il regolamento? –
- Sicurezza, daozhang. Voi siete un immortale, non è contro il regolamento avvertirvi del pericolo. –
- Pericolo? –
- Daozhang, abbiamo ragione di credere che questa foresta sia attualmente il luogo dove si cela la Calamità Pallida, Viso Piangente che Vaga nell’Ombra. –
Lo sguardo vacuo di Xie Lian dovette essere più che eloquente, e il coltivatore stette a sentire mentre gli spiegavano rapidamente di come una manciata di fantasmi avevano accumulato così tanto potere da diventare una categoria a sé stante. Non aveva sentito nominare nessuno degli altri, ma rabbrividì quando citarono Bai Wuxiang. Nascose come meglio poté la scarica di paura che ancora gli causava, e stette a sentire.
- Viso Piangente è un enigma, a dir la verità. Non ha mai aggredito per primo un ufficiale celeste, ma qualcuno è finito tra le sue mani. Lui vaga per le strade, e ancora di più per le foreste. Dicono si sposti attraverso l’ombra, e che la muova a suo piacimento. Dicono che lui stesso sia fatto d’ombra. Quando si imbatte in un passante fa loro delle domande. Sempre le stesse parole, daozhang. Non sempre succede qualcosa a chi non sa rispondere, ma sembra che chi gli abbia mentito abbia poi perso la memoria. –
- Sembra spaventoso. E non si sa nulla sulle sue origini? –
- Nulla, solo che è uscito da Monte Tonglu quattrocento anni fa, e ancora non ha trovato quello che sta cercando. Negli ultimi tempi alcuni dei marziali hanno dimenticato il loro stesso nome dopo averlo incontrato. Quelli che sono stati mandati a cercarlo per abbatterlo sono stati feriti gravemente. Noi siamo qui per controllare la situazione. Il Generale Nan Yang ha ricevuto l’incarico di occuparsene. –
Quei due erano troppo chiacchieroni, pensò Xie Lian, ma almeno erano cortesi. E aveva soddisfatto una curiosità.
- Spero davvero di non imbattermi in lui, allora. –
- Se starete qui per un po’ è meglio che facciate attenzione. Ascoltate, lui è facile da riconoscere. È terribilmente pallido, con delle strisce nere sul viso e dei fiori blu tra i capelli. Si manifesta solo di notte, e inizia facendo delle domande. -
- A volte ci sono dei lamenti, daozhang. Se sentite dei lamenti e vedete le ombre muoversi, beh... allontanatevi rapidamente. -
- Che domande fa ai passanti, se posso chiedere? -
- Sempre le stesse, daozhang. “Qual è il vostro nome?”, “Siete il mio padrone?”, e “Mi detestate?” -
 
 
La curiosità l'aveva cacciato dei guai diverse volte sia prima che dopo la sua caduta. Aveva imparato a farsi gli affari propri un po' di più, di recente, ma le parole dei vice-dei avevano catturato la sua attenzione, ed era tanto che non si imbatteva in qualcosa che lo incuriosiva davvero. Decise che sarebbe andato a guardare, magari accompagnando qualche altro viandante. Se il fantasma si fosse manifestato e avesse attaccato qualcuno, lui avrebbe aiutato a proteggere i mortali. Se si fosse rivelato innocuo, sarebbe stata una bella avventura. In entrambi i casi ne veniva qualcosa di buono.
I vice-dei avevano assunto delle sembianze mortali per cercare di convincere il mercante a non passare per la foresta, e piuttosto girarci attorno, ma l’uomo li aveva liquidati con uno sguardo sprezzante e qualche affermazione buttata lì sui suoi guadagni e sul tempo che avrebbe perso. Xie Lian non aveva dubbi che nessuna perdita avrebbe davvero danneggiato le finanze dell’uomo, a giudicare dai suoi vestiti e dai materiali con cui aveva adornato i carri in cui trasportava la sua merce. Non disse niente, comunque, e chiese cortesemente se fosse un problema se lui si fosse accodato a loro. Il mercante l’aveva squadrato da capo a piedi e aveva alzato le spalle. I due vice dei gli lanciarono un’occhiata supplicante, come a volergli chiedere di tenere quell’idiota lontano dai guai.
Dopo mezza giornata di cammino si erano inoltrati nel bosco, camminando sulla strada sterrata a passo sostenuto. Non avevano speranze di raggiungere la fine della foresta fino al mattino seguente, e quando il sole iniziò a calare fu deciso che entro un paio d’ore si sarebbero fermati per accamparsi per la notte. C’erano due mercenari al seguito del mercante preparati a fare la guardia e difenderlo da animali selvatici e banditi, in ogni caso. Il coltivatore camminava in fondo alla piccola carovana.
- Forse è il caso che vi fermiate, signore? – domandò a bassa voce Xie Lian, adocchiando gli occhi stanchi degli attendenti dell’uomo. Ormai era buio pesto.
- Tsk. Come se avessi tutto questo tempo da perdere. Ci riposeremo tra un’ora, non prima. Voglio fare più strada possibile prima di assecondare questi scansafatiche. Mangiano dalla mia mano, e pure hanno delle pretese. –
Xie Lian sospirò, e si trattenne dallo scuotere la testa. Si augurò che almeno pagasse a sufficienza quelli che lavoravano per lui, altrimenti non sarebbe passato molto tempo prima che si cercassero un nuovo impiego.
Uno dei due mercenari si fermò di colpo, sgranando gli occhi.
- Signore! – chiamò, guardandosi attorno.
- Cosa c’è? –
- Non… non avete sentito? –
- Non ho sentito nulla. –
- Ssh! – esclamò l’altro mercenario, e mise una mano sull’elsa della spada. Gli attendenti si erano fatti stretti tra loro, guardandosi attorno con aria apprensiva.
Il mercante, suo malgrado si fermò a sua volta, e tese l’orecchio.
Inizialmente, Xie Lian non sentì altro che lo stormire delle foglie e il basso soffio del vento. Poi un suono soffice ruppe quel silenzio. Istintivamente, si sentì contrarre, ma non fu fino a che non lo sentì di nuovo più forte che capì il perché.
- C’è qualcuno che sta piangendo? – mormorò uno degli attendenti.
- Siamo nel mezzo di una foresta. Forse un altro viaggiatore è rimasto ferito? –
Ma il viso dei mercenari era terreo.
- Viso Piangente… - sussurrò il più alto al suo compagno.
Il lamento si fece più forte, e Xie Lian riuscì a sentirlo chiaramente. C’erano dei singhiozzi che venivano dalla foresta, attutiti come se la persona si stesse coprendo la bocca.
- Andiamo avanti. – disse con urgenza il mercante, e tutti gli accompagnatori furono immediatamente d’accordo.
Anche se avanzavano, però, i lamenti non diventavano più fievoli. Anzi, forse il contrario.
Xie Lian guardò i bordi della strada, dove le ombre create dalle loro lanterne erano proiettate sul terreno, e gli parve di vedere la sagoma del carro tremare in modo innaturale. Aguzzando la vista, c’era uno sfarfallio in quell’ombra, ma quando provò a metterlo più a fuoco sparì.
Faceva più freddo, gli sembrava. E poi, d’un tratto, sentì dei bisbigli all’orecchio. Un brivido gli scese lungo la schiena, ma anche se si guardava attorno e provava a sentire la presenza di una creatura non mortale, non riuscì a trovare nulla. Le parole che venivano sussurrate nel suo orecchio erano incomprensibili, eppure provò un dolore sordo nel petto. Erano parole tristi, ne era sicuro. La lingua in cui venivano dette, però, non era una che conosceva. Era una lingua che non apparteneva a quelle che si potevano imparare, era un sussurro che veniva dall’anima, in un linguaggio che poteva essere capito solo da essa.
Il buio si era fatto più intenso, e con un grido sorpreso il mercante fece fermare il carro.
- Cosa c’è? –
Xie Lian vide i mercenari farsi tesi come la corda di un arco, e imprecarono a bassa voce. Il buio attorno a loro, se possibile, si fece ancora più profondo.
- Fatevi da parte, gentile signore. – disse il mercante, guardando qualcosa che Xie Lian non riusciva a vedere da dove si trovava. Si spostò lentamente per cercare di scrutare ciò che era davanti al carro.
- Siamo solo dei viandanti che cercano di raggiungere il centro abitato più vicino per vendere la nostra merce. Non vogliamo crearvi nessuna grana. –
Ora Xie Lian scorse una figura umana di fronte al carro. Non riuscì a distinguere il viso, ma aveva delle vesti così nere da essere più cupe della notte.
- Qual è il vostro nome? –
La voce non era umana. Era un soffio del vento, un mormorio nel buio, il vibrare dell’aria. Era soffice come la seta, dolce come il miele.
Xie Lian si sentì stringere lo stomaco.
Il mercante dovette provare lo stesso, perché spalancò la bocca con un’espressione vacua.
- Cao Huan. – mormorò, e solo dopo aver detto il proprio nome sembrò riscuotersi. Con nuova determinazione e un’espressione dura sul viso, scese dal carro e si mise di fronte al nuovo arrivato.
Il mormorio nell’ombra si fece più forte.
- Siete il mio padrone? –
Il mercante si fermò, e Xie Lian vide i pensieri scorrere sul suo viso con una chiarezza preoccupante. Sperò davvero che non stesse per fare ciò che lui pensava, ma non ne era sicuro. Aveva visto comportamenti più stupidi di quello di fronte al pericolo. Tuttavia, si augurò per il bene dell’uomo che non pensasse di poter convincere il fantasma a fare ciò che voleva.
Il mercante aggrottò le sopracciglia.
- Sì, lo sono. – disse con voce dura, e Xie Lian sentì il forte desiderio di prenderlo per i capelli e trascinarlo via di lì.
Per un po’ calò uno strano silenzio, e il fantasma strinse le braccia attorno a sé, come se stesse pensando. Poi fece tre passi più vicino al mercante. Xie Lian fu distratto da un movimento a terra, e con stupore vide che l’ombra del fantasma pareva avere vita sua, e si muoveva e staccava dal terreno in fili di fumo color inchiostro.
- Bugiardo. –
Il mercante lanciò un unico grido lancinante quando Viso Piangente gli strinse le dita sulla fronte, e si afflosciò ai suoi piedi come una bambola.
Gli attendenti e i mercenari urlarono di paura, e senza guardarsi indietro corsero via terrorizzati.
Xie Lian fissò il corpo del mercante. Non era morto, né ferito, ma fissava il vuoto vacuamente, come se non sapesse dove si trovasse.
Il bisbigliare delle ombre crebbe ancora, e gli venne la pelle d’oca. Senza guardare cosa stesse facendo il fantasma, si allontanò rapidamente, quasi di corsa. Sperò che quella cosa, qualsiasi cosa fosse, non stesse andando a cercare il resto dei viandanti. Si guardò attorno, e vide una scia di rami spezzati dove qualcuno era passato. Forse erano andati in quella direzione. Doveva cercarli ed assicurarsi che la Calamità non stesse infierendo su di loro.
Seguì le tracce, ma più proseguiva e più gli sembrava che si stesse addentrando sempre di più dove nessun umano era solito passare. Vedeva sempre meno la luce delle stelle e della luna fare capolino tra le fronde degli alberi, e si chiese se i mortali non avessero sbagliato strada.
Il suono di un singhiozzo interruppe i suoi ragionamenti, e si fermò. Non sentiva il bisbigliare delle ombre, e non le vedeva muoversi e tremare, ma c’era il suono di qualcuno che piangeva. Più ascoltava quei lamenti e più gli sembrava che il suono di quella voce non gli fosse estraneo. Forse era una delle abilità del fantasma, copiare voci conosciute per attirare i viandanti.
Quei lamenti, però, gli fecero piangere il cuore, e non sapeva nemmeno perché. Sentì un impulso irrefrenabile di cercare la persona che stava singhiozzando così debolmente e raccoglierla tra le braccia.
Scosse la testa, cercando di tornare in sé. Decise comunque di seguire quei lamenti e vedere di che si trattasse.
Man mano che si avvicinava alla fonte di quel suono, vedeva della luce morbida filtrare tra gli alberi. Raggiunse una radura, e si ritrovò inondato da una luce violacea. Forse si stava facendo vicina l’alba. Aveva davvero camminato tutta la notte senza rendersene conto?
Non sentiva più il lamento.
- Qual è il vostro nome? –
Trattenne il respiro, senza osare voltarsi. Guardò ai propri piedi, e come aveva pensato vide la propria ombra spostarsi e torcersi su sé stessa come tanti filamenti.
- Xie Lian. – mormorò. – Il mio nome è Xie Lian. –
Sentì l’energia spirituale del fantasma alle proprie spalle, a quel punto, rivelatasi per la prima volta quella notte, ma lui ancora non osò guardarlo.
- Siete il mio padrone? –
- Io non sono il padrone di nessuno. E nessuna persona dovrebbe avere un padrone. –                       
Attese, sperando che il Viso Piangente accettasse la sua risposta. Aveva risposto con sincerità, ricordando le parole dei vice-dei. Forse il fantasma l’avrebbe percepito.
Sentì la sua presenza più vicina, solo due passi dietro di sé.
- Mi detestate? –
La sua voce era cambiata, ora. Era più umana, più chiara, e Xie Lian sentì qualcosa di freddo calargli nello stomaco.
Ogni fibra del suo corpo gli gridava di fuggire e non guardarsi indietro, di non guardare e non cercare di sapere perché il fantasma parlasse con quella voce, ma il sobbalzo del suo cuore gli disse di fare tutt’altro.
Si voltò, lentamente, sperando che il fantasma non fuggisse.
Inizialmente non vide nulla, se non una sagoma evanescente, poi riuscì a mettere a fuoco la figura di un uomo, terribilmente vicino a lui. Vesti nere come l’inchiostro, lunghe e fluenti, quasi traslucide. Vide vagamente una toppa sul torace, una sagoma color porpora cucita con punti irregolari e quasi furiosi. La sagoma di un cuore, gli parve, ma quei punti lo facevano sembrare martoriato. Poi un collo, un viso, così bianchi da parere trasparenti, che mai potrebbero appartenere ad un vivente. E infine riuscì a distinguerne i lineamenti. Il volto era bellissimo, ma in modo tragico. I suoi occhi neri sembravano non riuscire a metterlo a fuoco, ed era sicuro che quelle che scendevano sulle sue guance fossero lacrime nere. Dei fiori celesti erano intrecciati nei suoi capelli. Dei nontiscordardime.
Il labbro gli tremò quando incrociò lo sguardo del fantasma. Si sentì cadere a terra in ginocchio, le gambe molli d’un tratto.
- No… - bisbigliò, guardando la figura torreggiare su di lui. – No, non ti ho mai detestato. Non ti ho mai detestato. –
 
 
La furia di quel giorno, Xie Lian la ricordava così chiaramente. Eppure aveva provato a dimenticare. Aveva dimenticato molte cose. Aveva scordato molti dettagli di come era successo. Il suo volto era diventato indefinito nei suoi ricordi, e della sua voce aveva una parvenza. Però non aveva mai dimenticato ciò che aveva provato quando l’aveva visto provare a tendergli la mano dopo ciò che gli aveva fatto su quel dannato colle. Ricordava perfettamente, eppure non era in grado di descriverlo. Era la prima volta nella sua esistenza che era stato incapace di controllare le proprie reazioni. Stupefacente quanto Mu Qing fosse riuscito a tirare fuori da lui da quando l’aveva incontrato.
Si era domandato se anche quello era un falso ricordo. Dopotutto aveva scordato molto, quindi perché non anche quello? Forse aveva travisato ogni cosa, forse non era stato così orribile come lo ricordava. Forse aveva perso qualche dettaglio importante su ciò che Mu Qing aveva fatto o detto.
Forse aveva commesso un terribile errore quel giorno.
Ne aveva avuto la certezza quando aveva trovato il suo corpo senza vita. Avrebbe dovuto tenerlo con sé, nasconderlo dal resto del mondo, impedire che gli facessero del male. Lui, dopotutto, aveva sempre saputo che di fronte ad una scelta difficile Mu Qing avrebbe sempre scelto la via che avrebbe messo meno a rischio la loro esistenza. Mai la nobiltà cieca, questo non era lui. Non avrebbe dovuto esserne sorpreso quando, come prevedibile, aveva scelto di proteggere la propria fonte di sussistenza e far placare uno scontro. Se si fosse fermato a pensare qualche minuto in più, sarebbe riuscito ad evitare ciò che era accaduto dopo? Sarebbe riuscito a tenerlo con sé, vicino, dove le grinfie di nessuno avrebbero potuto raggiungerlo? Salvare la gente comune non era ciò che aveva sempre promesso, dopotutto?
Ma non era mai stato razionale con lui. Non lo era stato quando aveva usato uno sciocco incidente per portare via con sé quell’aggraziato servo del tempio, né quando aveva puntato la testa contro il Guoshi di Xianle per farlo ammettere tra i discepoli. Diceva che era la cosa giusta, ed era tutt’ora convinto che lo fosse, ma ripensandoci ora si rendeva conto che non era sicuro che lo avrebbe fatto se fosse stato qualcun altro. Non con tanta testardaggine, perlomeno.
No, non c’era niente di razionale. Se lo fosse stato, non avrebbe insistito per tenere così vicino a sé l’oggetto di un desiderio che non aveva il permesso di soddisfare.
 
 
- Non ti ho mai detestato… - mormorò ancora, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. Era un’illusione quella che vedeva? Se era così, il fantasma era libero di ucciderlo. Non poteva scavare così dentro di lui e poi lasciarlo andare.
Il fantasma lo guardò per un po’, e un po’ alla volta parve che i suoi occhi si facessero più a fuoco. Si abbassò lentamente, con movimenti circospetti, fino a che non fu in ginocchio di fronte a Xie Lian, che era quasi scivolato a sedere. 
Viso Piangente allungò una mano verso di lui, e gli sfiorò la mandibola, poi gli prese il mento con due dita e gli fece sollevare il viso verso di lui. Quando incrociò il suo sguardo, Xie Lian sentì delle scie bollenti rigargli il viso.
- Vostra Altezza…? –
Xie Lian scosse la testa, con un singhiozzo in gola che minacciava di uscire. – Non più. Non più, ormai. –
- Xie Lian? –
A quel nome annuì, e vide una serie di emozioni che non comprendeva attraversare il viso del fantasma. Lo sentì inspirare rumorosamente, sebbene non avesse bisogno di respirare, ma il fantasma rimase fermo com’era a quel punto, come se nemmeno lui sapesse cosa fare a quel punto.
Xie Lian lo guardò, lo guardò davvero, e riconobbe quei lineamenti. Ricordò come si era sentito, da giovane, a passare ore ad ammirarli e a cercare di intagliargli nella propria memoria. Gli occhi lungi e scuro, gli zigomi alti, le labbra imbronciate, gli erano così familiari. Alzò le mani tremanti fino a sfiorargli il viso. Il fantasma chiuse gli occhi e sembrò lasciar uscire un lungo sospiro. A quel suono Xie Lian gli prese il viso tra le mani, e con un dolore sordo al cuore stette a guardare, meravigliato, quel viso amato che credeva perduto per sempre.
- Cosa ti hanno fatto? – sussurrò, e il suo sguardo cadde sulla toppa a forma di cuore, ritagliata da avere persino la forma delle arterie, e rivide la ferita al torace che aveva trovato sul suo corpo secoli prima.
Il fantasma non rispose.
- Mu Qing. – disse ancora Xie Lian, scandendolo lentamente, saggiando ogni sillaba di quel nome che non pronunciava da così tanto tempo.
La calamità parve riscuotersi quando sentì il suo nome detto ad alta voce, e si ritrasse di scatto, con una strana espressione che gli tendeva il volto. Era la stessa che aveva avuto quando era venuto a chiedergli perdono con un sacco di riso.
No, non poteva permetterglielo.
Xie Lian si lanciò in avanti e gli afferrò il polso prima che potesse fuggire, il cuore che gli batteva furiosamente per il panico improvviso.
- Non andare! – lo supplicò, incurante di quanto spaventata suonasse la sua voce. – Ti prego, non andare! –
Mu Qing si fermò, e fissò la propria mano, che era stretta tra quelle di Xie Lian.
- Quindi sei vivo. – disse infine, e la sua voce aveva la stessa nota sarcastica, lo stesso timbro morbido di quando era giovane. E anche se lo disse con voce atona, il suo labbro tremava visibilmente.
- Sì. – rispose Xie Lian. – Sono ancora vivo. –
Mu Qing abbassò lo sguardo a terra, e per un istante fece per toccarsi il torace, dove doveva esserci la ferita che l’aveva ucciso.
- Se sei disgustato puoi dirlo. Non ho illusioni sul fatto che tu abbia una certa opinione di me in generale, quindi figuriamoci ora. –
Xie Lian sgranò gli occhi, e trovò qualcosa di simile al ragazzo che conosceva sul viso del fantasma. Il cuore gli dolette più forte, e sentì un impulso viscerale di stringerlo tra le braccia e impedirgli di sparire ancora.
- Non potrei mai. – mormorò, e sentì una nuova ondata di lacrime scendergli sul viso.
Mu Qing strinse le labbra esangui, e i fiori tra i suoi capelli parvero brillare un po’.
- Io… ho trovato il tuo corpo. Mu Qing, io… - la voce gli si spezzò, e si portò una mano sul viso, singhiozzando piano.
- Mi chiedevo chi fosse stato a seppellirmi. – disse piano Mu Qing. Il suo corpo era teso, come se fosse pronto a fuggire appena Xie Lian l’avesse lasciato andare. E anche il suo volto e la sua voce lo erano. – Spero non ti sia stato di troppo disturbo occuparti del mio cadavere. –
Mentre parlava le lacrime nere sul suo viso ripresero a scendere.
La sua voce non mostrava nessuna evidente emozione, ma Xie Lian aveva sentito quei lamenti, mentre si aggirava per la foresta, aveva sentito il fremito di quei sussurri nel petto, e aveva sentito quella voce inumana porre quelle domande disperate ai viandanti. Osservò quei fiori nei suoi capelli, e si sentì pervadere da un moto di tristezza.
- Mi sei mancato. – mormorò.
Mu Qing corrugò le sopracciglia, e in qualche modo sembrò terribilmente giovane.
- Non parlare solo per compiacermi. –
- È la verità. –
- Non posso credere alle tue parole. –
- Perché no? –
- Mi hai detto di andarmene. – la sua voce uscì esile, e finalmente sentì una briciola dell’emozione che aveva messo nei suoi lamenti.
Oh. Giusto. Era quello l’ultimo ricordo che Mu Qing aveva di lui. Non le sue braccia che stringevano disperatamente il suo corpo, non il viso del principe premuto sul collo mentre piangeva e gridava per il dolore. L’ultimo ricordo che aveva era il suo viso contratto dalla rabbia, urla, e un’intimazione di andarsene e non farsi rivedere più.
- Ho rimpianto quel giorno più di ogni altro. – la sua voce era debole, ma doveva dirglielo. – Quando ti ho trovato, sul bordo di una strada sterrata, mi sono maledetto così tanto. Mi sono detto che avrei potuto impedirlo se solo avessi fatto una scelta diversa. Che avrei potuto proteggerti. –
Mu Qing si inginocchiò di nuovo, con circospezione, come se temesse quello che Xie Lian avrebbe potuto fare.
- Ho pregato perché potessi almeno trapassare in pace. - si portò una mano ad asciugarsi le guance. Non servì che continuasse. Il fatto che Mu Qing fosse lì significava che non aveva avuto pace alcuna nella morte. Che qualcosa lo teneva legato a quel mondo.
Qual è il vostro nome? Siete il mio padrone? Mi detestate?
Sembrava che Mu Qing non riuscisse più a parlare, sopraffatto da qualcosa che gli bloccava la voce. Più taceva, però, e più il suo viso era contratto in quella che era sempre più chiaramente agonia.
- Era me che cercavi, Viso Piangente? – mormorò Xie Lian. Si sporse verso di lui, e portò una mano tra i suoi capelli. Sfiorò le ciocche intrecciate, i fiori delicati che erano tra di esse, e cercò lo sguardo di Mu Qing, che stringeva spasmodicamente le proprie vesti nere. – Mi ricordo di te. Non ti ho mai dimenticato. Non ho mai smesso di soffrire per te. –
Qualcosa spezzò la risolutezza del fantasma, e Xie Lian si sentì mancare il fiato quando un lungo lamento eruppe dalla gola di Mu Qing, forte abbastanza da essere sentito molto lontano nella foresta. Il suono sofferente continuò a lungo, e ad ogni secondo Xie Lian sentiva una fitta nel petto. Non era un suono umano. Era troppo lancinante, e infinito, troppo immateriale.
L’energia demoniaca del fantasma era agitata, e si dibatteva. Quando finalmente il lamento iniziò a scemare, però, si accorse che anch’essa era calata drasticamente rispetto a prima.
- Vostra Altezza… - ansimò il fantasma con voce sfiatata. – Vostra Altezza, io… ti stavo… -
Xie Lian lo afferrò e lo tirò a sé, premendoselo al petto con un’urgenza che non gli era familiare. Sapeva però che aveva bisogno di averlo vicino, sempre più vicino, dove non avrebbero potuto fargli del male. Mu Qing non si oppose, ma il suo corpo si era irrigidito tra le sue braccia inizialmente. Si rilassò, poi, ma era scosso da dei forti sussulti, e sussurrava e ansimava parole che Xie Lian non riusciva a distinguere.
Una nuova emozione iniziò a pervaderlo. Sollievo, un sollievo così fuori luogo visto che quello che aveva tra le braccia era un fantasma, visto che il suo Mu Qing era morto.
- Non andartene. Non andartene. – mormorò.
- Xie Lian… - sussurrò Mu Qing, aggrappandosi alle vesti del coltivatore.
Rimasero stretti l’uno all’altro per un tempo che Xie Lian non seppe definire. Era irreale, faticava ad accettare che una cosa simile fosse accaduta.
Se l’avesse lasciato uscire dalle sue braccia avrebbero dovuto parlare, prima o poi. Mu Qing avrebbe potuto scappare di nuovo. No, lui lo stava cercando. Il suo spirito lo stava cercando, non se ne sarebbe andato, si disse. Continuò a ripeterselo mentre iniziava a sfiorare con attenzione i suoi capelli.
Quando il cielo iniziò a schiarirsi, Xie Lian iniziò a muoversi, e si alzò lentamente. Dovette sciogliere le braccia da dov’erano strette attorno a Mu Qing, ma non riuscì a lasciarlo andare del tutto. Gli tenne un braccio in una presa salda, con una nauseante sensazione nello stomaco che gli diceva che se avesse smesso di toccarlo sarebbe scomparso.
Mu Qing si alzò con lui, ma non incrociava il suo sguardo.
- Resta con me. – mormorò Xie Lian. – Se dopo vorrai andare via, non proverò a trattenerti, ma solo per un po’… -
In realtà non sapeva se non avrebbe provato a trattenerlo. Solo il pensiero di lasciarlo andare ancora lo riempiva di angoscia. Quelle lacrime nere e quei fiori celesti erano ben più spaventosi della ferita sul suo torace, e sembravano un’accusa silenziosa.
Mu Qing si muoveva rigidamente, e sul suo volto una vena ansiosa e palese diffidenza si alternarono fino a che non abbassò lo sguardo dove Xie Lian gli teneva il braccio. Annuì, e iniziò ad incamminarsi in una direzione che apparentemente non guidava verso nulla.
Camminando in silenzio, Xie Lian fissò le sue vesti nere, di un materiale incomprensibile. Alla fine giunsero in uno spiazzo cupo nel bosco, dove una piccola abitazione sembrò quasi apparire dal nulla.
- I mortali non possono vederla. – disse Mu Qing, come se gli avesse letto nel pensiero.
- Abiti qui, quindi? –
Mu Qing gli fece cenno di seguirlo dentro.
- Ora sì. Non sempre. –
L’interno della casa era grazioso. Era semplice, ma a suo modo accogliente. Non ciò che si aspettava da un fantasma, né da Mu Qing. La calamità fece un gesto, e delle luci che quasi parevano lucciole illuminarono la stanza con un bagliore soffice.
In quella luce evanescente Mu Qing pareva ancora più irreale. Xie Lian aveva pensato che il suo volto fosse quasi del tutto scomparso dai suoi ricordi, eppure i suoi lineamenti, il suo sguardo, il suo modo di muoversi non facevano che gridare di familiarità, di ciò che aveva chiamato casa, di un luogo dove rifugiarsi. Anche se non era un luogo così ospitale.
Mu Qing lo fissò, e poi tirò un sospiro che sapeva di amareggiato.
- Sono una Devastazione. –
- Una Calamità. – sussurrò Xie Lian.
Mu Qing strinse le labbra.
- Non serve che provi ad essere gentile con me. So che sei consapevole di cosa significhi. –
- Che ti è stato fatto qualcosa che avrei dovuto evitare. –
- Non dipende tutto da te. –
- Eppure mi stavi cercando. So che era me che stavi cercando. A meno che tu non abbia avuto un altro padrone. –
Lo vide sussultare a quelle parole, e un po’ se ne pentì.
- Mu Qing. - disse a bassa voce, e fece un passo verso di lui. Mu Qing parve rinchiudersi in sé stesso, ma non indietreggiò. Xie Lian gli mise una mano sulla guancia, dove si diffuse un dolce colore rosato, e posò l’altra sul suo petto, dove c’era quella toppa rossa. – Che cosa ti hanno fatto? –
Mu Qing scosse la testa. – Non… non è importante… -
- Lo è invece! – Xie Lian si ritrovò ad alzare la voce. – Non dire il contrario, ti prego. Qualcosa ti ha trattenuto qui, e non posso credere che sia una cosa da nulla. Ti conoscevo, ed eri forte e determinato, anche quando il mondo ti era ostile. Non può essere una cosa non importante ad averti fatto questo. – E così dicendo prese un fiore dai suoi capelli e lo intrecciò a una sottile ciocca dei propri.
Mu Qing seguì i movimenti delle sue mani come ipnotizzato.
- Cosa ti hanno fatto, Mu Qing? – ripeté Xie Lian, con voce più bassa.
- Qualcuno mi ha ucciso… - sussurrò.
Xie Lian cercò di non farsi troppo soverchiare dal dolore che sentì a quelle parole, e gli prese le spalle tra le mani.
- Non sono sicuro di chi sia stato, però era vestito di bianco. Era un uomo, e credo avesse i capelli neri. Per un attimo avevo pensato… – si interruppe, il viso quasi spaventato.
- Cosa? –
- Avevo pensato che fossi tu. – la sua voce era poco più di un sussurro, e Xie Lian vide chiaramente il momento in cui iniziò a ritrarsi, spaventato dalle sue stesse parole.
Sarebbe stata una menzogna se avesse detto che non gli fece male sentire quelle parole, ma il tremore e il terrore dell’altro erano peggiori. Non lo aveva mai visto così. Mu Qing non aveva mai tremato, non si era mai ritratto in quel modo, e non era mai apparso vulnerabile. Non voleva dire che non lo fosse mai stato, o che fosse così freddo, ma per portarlo ad esserlo in modo così apparente…
- Non sarò così invadente da chiederti cosa ti ha trattenuto nel Regno dei Mortali. – disse invece.
- Tu sai già cosa mi ha trattenuto qui, però. Hai sentito, nella foresta. Hai risposto alle domande. –
Xie Lian deglutì, con un nodo alla gola.
- Sei rimasto a causa mia? –
Mu Qing non rispose, ma tenne lo sguardo incollato al pavimento.
- Cosa potrei mai aver fatto da essere la ragione per cui non riesci ad andare in pace? –
Questo riportò gli occhi neri dell’altro su di sé, ma non gli fu data nessuna risposta.
- Come puoi aver pensato che io avrei potuto ucciderti? – chiese ancora Xie Lian.
Mu Qing si raddrizzò, ma non lo guardò. Si torceva le mani nervosamente.
- Io… nel profondo ho sempre pensato che tu mi detestassi. –
Xie Lian si sentì schiacciare da qualcosa di pesante e cupo.
- Non l’ho mai fatto. –
 
 
Non ricordava cosa stava facendo quando era stato attaccato. Forse era una qualsiasi missione per il dio che stava servendo in quel periodo, o forse era sceso di nascosto per portare da mangiare a sua madre. Però ricordava quale era stato il suo ultimo pensiero.
Non aveva mai creduto realmente che Xie Lian potesse uccidere qualcuno che conosceva, eppure quando aveva visto quelle vesti bianche e quei lunghissimi capelli scuri, quando aveva visto il movimento fulmineo della spada prima che lo trafiggesse, era stato sicuro che non potesse trattarsi di nessun altro.
Dopotutto, perché non avrebbe dovuto essere lui? L’ultima volta che gli aveva parlato era andata così orribilmente. Se non aveva avuto una brutta considerazione di lui prima, per un motivo o per l’altro, ce l’aveva di sicuro ora. Non poteva nemmeno fargliene una colpa. Nemmeno lui aveva una buona opinione di sé stesso.
Prima che tutto diventasse buio aveva visto la sagoma sfuocata sopra di lui, come se volesse assicurarsi che stesse davvero morendo, e aveva sentito qualcosa lacerarsi nel suo petto.
So che ne hai il motivo. So che avresti le tue ragioni. Ma non essere tu. Ti prego, non essere tu.
Poi il buio. Si aspettava di sparire, ma dopo un tempo indefinito si rese conto che la sua coscienza era ancora lì. Poi iniziò a sentire una forma. Era piccola, debole, ma riusciva a spostarsi, e percepiva il mondo circostante. E poi vennero i ricordi, e quelle domande. Continuava a ripetersele ossessivamente nella sua mente, e prese a dirle tra sé come un mantra, come se fossero la sua unica ancora di salvezza. Aveva bisogno di una risposta. Non sapeva perché, ma lo sentiva. Non sarebbe mai stato in pace se non ne avesse avuta una, e divenne ciò a cui si aggrappò per tutti gli anni che seguirono.
Non fu difficile aumentare la sua forza. Era stato un soldato, e aveva combattuto a fianco di un dio. Non divorava indiscriminatamente, ma non fu difficile trovare degli umani disgustosi a sufficienza da permettergli di cibarsi di loro senza sensi di colpa. E poi sentì il richiamo.
Si sentì attratto da dentro, il suo nucleo che urlava perché lui andasse in una certa direzione, perché si facesse strada nell’oceano di anime e fantasmi strappando e lacerando, tagliando e urlando.
Dentro a Monte Tonglu era rimasto solo, infine. Non vedeva nulla, perso in un abisso senza capo né coda. A volte gli sembrava di strisciare in dei cunicoli, altre di galleggiare nel vuoto. Il suo corpo iniziò a mutare e sbriciolarsi, ricrearsi e bruciare, e non aveva mai provato così tanto dolore in vita sua. Si sentiva delirante, incapace di tenere stretto tutto ciò che lui era stato. Troppo dolore, troppo tempo che non riusciva a percepire, e quando riuscì a strisciare fuori, il nuovo potere che gli scorreva nel corpo appena plasmato lo inebriava e intossicava. Continuò a ripetersi quelle domande, quelle delle quali aveva bisogno di una risposta. Si aggrappò ad esse, e le usò per ricordarsi chi era, cosa desiderava, perché esisteva ancora in quel mondo.
Era una ricerca continua, e più tempo trascorreva più pensava che non era la speranza di trovare ciò di cui aveva bisogno a farlo andare avanti. Era la necessità di punire chi osava rispondere con il proprio nome alla seconda domanda invece che alla prima. Il bisogno di lanciare quel lamento nel vuoto e vedere chi si sarebbe avvicinato, e cosa avrebbe provato a fare di lui.
Quando il primo umano si avvicinò, lui iniziò a parlare.
Qual è il vostro nome? Siete il mio padrone? Mi detestate?
 
 
Qualcosa era riuscito a tirarglielo fuori, ad un certo punto. Non molto, ma quel poco che il fantasma gli aveva raccontato lo aveva portato di nuovo alle lacrime.
Quello che fece era irrazionale, e probabilmente non avrebbe portato a nulla, ma afferrò la testa di Mu Qing e se la strinse al petto.
- Non te ne andare più. – mormorò con voce rotta. – Resta con me. Mi prenderò cura di te, questa volta. Nel modo che preferisci. Ma ti prego, non sparire. –
Era patetico anche alle sue orecchie. Poteva forse evitarlo, però? Si era abituato a non avere nessuno, ma se l’avesse perso una quarta volta non avrebbe potuto sopportare di vivere.
- Semmai dovrei essere io a farlo. Tu a malapena sopravvivi. –
Vide spostando un po’ la testa che Mu Qing aveva roteato gli occhi. Sentire quella scintilla sarcastica nella sua voce, sebbene fosse rivolta a lui, portò un sorriso sulle sue labbra. Quanto gli era mancato sentirlo parlare in quel modo!
Probabilmente avrebbero dovuto parlare di molte cose. Non poteva dimenticare o ignorare il modo in cui si erano separati. Non poteva dire che non sentiva il morso dell’offesa, del risentimento. Però lui era qui. Non perduto, o lontano, o in un posto che Xie Lian nella sua immortalità non poteva raggiungere. Era tra le sue braccia, dove doveva essere. Al sicuro.
Dopo un lungo silenzio rotto solo dal respiro del dio, Mu Qing parlò di nuovo.
- Io… m-mi dispiace. Per quando, durante il tuo esilio… -
- Sono cose passate. Non c’è bisogno di rimuginarci su così tanto. –
- Pensi che riuscirai a perdonarmi? –
Xie Lian esitò, e quei secondi di attesa fecero scendere nuove lacrime scure sul viso del fantasma. Sembrava che andassero oltre il suo controllo, come se iniziassero a colare ogni volta che Mu Qing provava un’emozione troppo forte.
- Sì. – disse Xie Lian. – Sì, Mu Qing. –
Il fantasma annuì lentamente, e sembrò ricomporsi un po’. Poi abbassò lo sguardo.
- Hai detto che ti vuoi prendere cura di me. Nel modo in cui preferisco. –
Xie Lian annuì. – L’ho detto. –
- Allora, Vostra Altezza… -
Mu Qing si staccò, e Xie Lian non poté non sentire un moto di delusione. Poi però il fantasma gli prese una mano, esitante, spaventato quasi, e se la portò al torace. Xie Lian dapprima non capì cosa intendesse, ma poi lo vide sciogliere i lacci della propria veste e lasciare che si aprisse, facendo venire alla luce il suo petto e la ferita che gli aveva tolto la vita. Xie Lian trattenne il respiro quando Mu Qing gli fece posare una mano sul suo torace, e lentamente gliela fece spostare all’altezza del cuore, dove la sua carne era lacerata.
Xie Lian fece per ritrarre la mano, colto da un’improvvisa paura di fargli del male, ma Mu Qing non ne volle sapere. Premette con più insistenza la sua mano sulla ferita aperta, fino a che Xie Lian non sentì che c’era qualcosa. La carne si aprì facilmente alle sue dita, e qualcosa di freddo e liscio era appena lì sotto, nascosto dove una volta doveva esserci stato il cuore.
Quando il fantasma lo lasciò andare, Xie Lian aveva qualcosa tra le mani. Era un piccolo oggetto scintillante di un materiale che non sapeva riconoscere. Aveva la forma di un fiore, finemente intagliato e squisito alla vista.
Cercò lo sguardo dell’altro, sbigottito. Non poteva davvero averle date a lui. Non così facilmente.
- Queste sono…? –
- Le mie ceneri, sì. –
Xie Lian inspirò di colpo, e strinse il fiore con entrambe le mani, come se avesse paura di farlo cadere.
- Ma… ma tu non puoi… -
- Mi hai detto che vuoi prenderti cura di me nel modo che preferisco. –
Non sapeva neanche dove cominciare per accettare un dono del genere. Perché a me, voleva chiedere. Come poteva affidargli qualcosa di così importante, quando ad ogni passo aveva dimostrato di non saper proteggere le cose a cui teneva? Mu Qing stesso gliel'aveva detto più e più volte.
- Voglio che le abbia tu. -
- Ti fideresti di me per proteggere la tua anima in questo mondo? - domandò Xie Lian non senza un velo di ironia.
Mu Qing non rispose, ma non fece nulla per riprendersi le sue ceneri.
- Perché? - Xie Lian sentì la propria voce tremare.
Questo sembrò irritare il fantasma. - Le vuoi oppure no? - sbottò con voce impaziente, ma il modo in cui non incrociava il suo sguardo rivelava altro.
Ancora incredulo, il principe osservò i petali delicati del fiore che aveva trovato nel petto di Mu Qing. Alzò il gioiello all'altezza del viso e, delicatamente, senza smettere di guardare Mu Qing per vedere la sua reazione, premette le labbra sulla corolla di petali.
Quando lo fece Mu Qing sgranò gli occhi e inspirò, tremante, e Xie Lian si chiese se potesse sentire ciò che accadeva al fiore sul proprio corpo.
- Ti ringrazio. – mormorò.
 
 
Rimase con lui il resto della giornata, e tutta la notte ancora. Mu Qing lo aiutò a procurare qualcosa da poter cucinare e mangiare, e Xie Lian insistette per preparare la cena. Mentre l’aroma di quello che stava preparando iniziava a diffondersi, il viso del fantasma sembrò farsi un po’ meno esangue. O meglio, l’espressione disgustata lo fece sembrare più simile al giovane che ricordava. Quando lo convinse ad assaggiare almeno quella… cosa che era in pentola, per un istante temette di averlo ucciso di nuovo da come lo vide ingrigirsi e distorcere il viso. Accolse serenamente anche il commento tagliente che borbottò a quel punto, troppo divertito dalla sua espressione per offendersi alla critica alle sue capacità culinarie. Inoltre, non aveva nemmeno torto.
Il resto della sera era un ricordo incerto. Avevano parlato di qualcosa, probabilmente di alcuni strani aneddoti su cosa avevano fatto in quegli ultimi secoli, un po’ di spiegazioni su cosa era accaduto ad alcune conoscenze comuni. Xie Lian poi si era addormentato, sdraiato sul giaciglio che il fantasma gli offrì.
Non ricordava cosa avesse fatto Mu Qing la sera prima, non sapeva nemmeno se i fantasmi fossero soliti dormire, anche solo per abitudine, ma quando riaprì gli occhi c’era un peso caldo sulla sua spalla. Mu Qing era raggomitolato accanto a lui, gli arti piegati in una posizione difensiva, ma con la testa timidamente appoggiata sulla sua spalla.
Vedeva le tracce nere sul suo viso, probabilmente permanenti, ma non ce n’erano di nuove nei suoi occhi.
Allungò una mano e gli accarezzò i capelli. Un nuovo fiore era sbocciato dove Xie Lian ne aveva preso uno il giorno precedente. Mu Qing dischiuse le palpebre, e i suoi occhi erano troppo vigili per uno che si era appena svegliato. Non aveva dormito neanche un minuto.
- Vieni qui. Su, vieni qui. –
Xie Lian lo tirò più vicino, fino ad avere il viso del fantasma nascosto sotto al mento. Gli posò un bacio sulla fronte, e Mu Qing alzò lo sguardo, la sua espressione al contempo stupita e disperata. Come un gattino abbandonato, pensò Xie Lian.
Gli baciò di nuovo la fronte. Poi posò le labbra sul punto del naso in mezzo ai suoi occhi. La punta del naso. Una guancia, poi l’altra. Infine, esitante, tremante, gli baciò delicatamente le labbra.
Sentì il suo sospiro spezzato sulla propria bocca, e quando si staccò c’erano nuove lacrime scure. Era convinto, però, che stavolta non fosse un’emozione sgradevole a causarle.
Lo strinse di nuovo, sospirando di sollievo quando l’altro, esitante, avvolse le braccia attorno a lui. 

 
   
 
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