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Autore: InvisibleWoman    17/09/2023    0 recensioni
Irene e Alfredo | Premessa: non so dove porterà, quanto ne scriverò, quanto andrà avanti. Non so niente, quindi prendetela per come verrà. Quando ho letto dell'arrivo della famiglia Puglisi ci sono rimasta male perché secondo me la famiglia di Alfredo avrebbe dato spunti interessanti e perché volevo che per una volta fosse Irene a supportare Alfredo, nonché trovasse la sua famiglia in quella di lui. Ovviamente questa cosa andrà fatta per gradi e spero di poterlo mostrare in futuro se continuerò.
Riscriverò sostanzialmente le scene che ci saranno nella soap, con le mie aggiunte. Sarà una collezione di one shot, quindi non ci sarà necessariamente una grande trama dietro. Insomma, spero qualcuno possa essere interessato a questo mio delirio, nonostante le premesse non esaltanti. E spero vi piaccia
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Alla radio suonava l’ultimo disco di Mina, unico suono proveniente da quell’appartamento, a parte i fogli che Irene sfogliava della sua rivista, con i piedi sopra le gambe di Alfredo. Entrambi in silenzio, pensierosi, erano tornati a casa insieme dopo quella fallimentare giornata lavorativa al Paradiso. 

Irene non era ancora riuscita a trovare la commessa di cui avevano bisogno e iniziava a sentire la pressione di quella scelta. La situazione era complicata, il Paradiso stava perdendo clienti per colpa della Galleria Milano Moda e non poteva permettersi di compiere la scelta sbagliata o avrebbe gravato ulteriormente sulla situazione già precaria del negozio per cui lavorava. Non poteva disattendere le aspettative e la fiducia che il dottor Conti aveva riposto in lei. Non era il momento di perdere tempo a istruire una ragazza inesperta com’era stata Clara. Dovevano trovare una venere perfetta.

Alfredo, dal canto suo, con lo sguardo vacuo massaggiava i piedi di Irene, stanca dopo la giornata intera passata sui tacchi e stressata per i colloqui per la nuova venere. Era preoccupato, il giorno successivo suo fratello Filippo avrebbe iniziato a lavorare per il Paradiso. I suoi lo avevano pregato letteralmente per tutta l’estate e alla fine Alfredo lo aveva proposto e Armando aveva deciso di accettare e dargli fiducia. Ma come poteva stare tranquillo, se nemmeno Alfredo aveva fiducia in lui? Era una situazione paradossale: per tutti al Paradiso Alfredo era il ragazzo scapestrato, sbruffone e bugiardo. Nella sua famiglia questo era Filippo. A sedici anni aveva deciso di lasciare la scuola per lavorare, sebbene non avesse poi lavorato a sommarli nemmeno tre mesi in due anni, e aveva iniziato a circondarsi di cattive compagnie e frequentare piccoli teppistelli e criminali di zona. Alfredo era sempre stato vivace e sì, anche un po’ bugiardo. Gli piaceva divertirsi, arrabattarsi come poteva e, fino a prima di incontrare Irene, era stato superficiale nelle relazioni. Ma in fondo era un bravo ragazzo, altruista quando chi aveva bisogno era qualcuno a cui teneva. Disposto a farsi in quattro e lottare contro la propria pigrizia e scarsa voglia di impegnarsi, se serviva a rendere felice chi amava. Filippo no. Filippo era tutto e il contrario di tutto e sembrava si divertisse proprio a cacciarsi nei guai e causare le ire dei suoi genitori.

“Potrebbero rubarci in casa e non ve ne accorgereste” commentò Maria con una smorfia mentre richiudeva la porta. Era appena rientrata in casa e nessuno dei due, preso dai propri pensieri, si era reso conto di niente.

“Cosa?” Irene si voltò.

“Andiamo bene” sbuffò lei.

“Ah, ciao Maria” rispose Alfredo accennando un sorriso. Poi si voltò verso Irene che stralunata guardava ancora la sua amica e sorrise teneramente anche a lei. Dopo un’estate serena insieme, entrambi adesso stavano affrontando problemi e responsabilità che erano piombati loro addosso di colpo.

“Mamma mia, il ritratto della gioia siete” Maria roteò gli occhi al cielo e posò la borsetta sul piccolo frigo accanto all’ingresso. “Si può sapere che succede?”

“Non è ancora riuscita a trovare la venere perfetta” le spiegò Alfredo, come se avesse dato per scontato che l’unico problema che potesse interessare a Maria fosse quello relativo alla sua amica.

“E lui è preoccupato per suo fratello” Irene ricambiò, dato che Alfredo aveva appena sbandierato così a Maria le sue difficoltà. 

“E quindi per questo stasera non si mangia?” chiese Maria mettendosi il grembiule e incrociando le braccia al petto. “Clara?”

“E’ in camera sua.”

“Ho capito, qua devo fare tutto io. Se non cucino io non si mangia” sbuffò iniziando a riempire una pentola d’acqua.

“Resti a cena, Alfredo?” domandò poi.

“Volentieri” commentò lui.

“Ecco, allora, uno di voi due apparecchi la tavola ché non sono la vostra cameriera.”

Alfredo scattò subito in piedi, seppur controvoglia. Allora Irene lo afferrò per la mano, piagnucolando, cercando di riportarlo sul divano in modo che continuasse a massaggiarle i piedi come desiderava. 

“Eh, mamma mia, Irè, sta apparecchiando la tavola, non sta partendo in guerra. Tra poco torna” Maria la prese in giro, mentre Alfredo si chinò per dare un bacio alla mano di Irene che aveva provato a trattenere la sua.

“Ma quindi, com’è che ti preoccupa tanto l’arrivo di tuo fratello?” chiese Maria mentre Alfredo metteva i piatti sulla tavola. 

Raccontare dei guai combinati da Filippo non gli sembrò il modo più giusto di presentarlo al gruppo del Paradiso. Si sarebbero creati dei pregiudizi, che non voleva arrivassero al dottor Conti. Quella era una cosa che sarebbe rimasta tra lui, Armando e Irene. O almeno così sperava.

“E’ un po’... un piantagrane” si limitò a dire, mentre Irene alzò gli occhi al cielo e fece un suono che portò Maria a guardarla con aria indagatrice. 

“No, niente, è una testa calda e Alfredo dovrà tenerlo d’occhio, tutto qua.”

“Eh vabbè, che sarà mai. Testa calda più, testa calda meno” disse ironica riferendosi a Irene. “Ormai ci sarà abituato.”

“Ma se sono un angioletto” Irene si difese.

“Sì, quando dormi” commentò l’amica.

“Neanche” si intromise Alfredo e poi aggiunse a bassa voce a Maria. “Russa.”

“Non è vero, io non russo!” Irene si rimise in piedi, lanciando la rivista addosso ad Alfredo. 

 

Aveva trascorso l’ennesima notte tormentata, in cui si era rigirata nel letto pensierosa. Quella mattina, tuttavia, era bene intenzionata a non rimuginare sul letto inutilmente, ma alzarsi e correre al Paradiso per fare gli ultimi colloqui. Immaginava che avrebbe trovato lì prima del solito anche Alfredo, a meno che Filippo non avesse rinunciato all’ultimo minuto. 

Irene non aveva frequentato troppo la famiglia di Alfredo. Quell’estate l’avevano trascorsa perlopiù con suo padre e la sua matrigna. Ma quei pochi incontri le erano bastati. Era abbastanza sicura che la signora Laura, la madre di Alfredo, non la apprezzasse particolarmente. Il padre Vincenzo, invece, sembrava di tutt’altro avviso. E vedendoli scherzare insieme, Irene poté notare quanto in realtà Alfredo e suo padre si somigliassero, sia esteticamente che nel modo di fare. La madre sembrava un bel tipetto anche lei e non era mai stata sgarbata nei suoi confronti, ma la guardava con aria guardinga, come se la stesse studiando e stesse ancora valutando se fosse la persona giusta per il suo Alfredo. 

Aveva scoperto di essere la prima ragazza che Alfredo portava a casa a conoscere i suoi e per questo aveva sentito forte le aspettative, e allo stesso modo era comprensibile e giustificabile persino il comportamento circospetto della signora Laura. Tuttavia, Irene si era sentita a disagio, fino a che non aveva conosciuto Filippo. Non si era mostrato particolarmente simpatico o affabile, ma se non altro con i suoi drammi e i suoi battibecchi con i genitori, aveva distolto l’attenzione da lei. Lei che in genere amava essere al centro della bocca di tutti. Ma non in quella situazione, in cui si sentiva come un animale allo zoo e tutti sembravano osservare solo lei.

Non aveva conosciuto nessun altro, per ora. Quando erano tornati insieme, Irene aveva accettato di conoscerli, ma voleva andarci piano. Era troppo per lei conoscere l’intero parentado, e poi con le vacanze estive non c’era stata occasione di organizzare altri raduni di famiglia. Per sua fortuna. L’altro fratello, Simone, viveva in Argentina da anni. Una volta, da quando avevano installato il telefono in casa, gli avevano fatto una brevissima telefonata di presentazione. E Irene era sbiancata all’idea di quella chiamata internazionale a suo carico, ma si rasserenò quando capì che sarebbe stato Simone a chiamare. Il secondogenito Alberto, invece, abitava a Monza, era sposato e aveva due bambini e non avevano ancora avuto modo di incontrarsi. Non che Irene ci tenesse particolarmente.

Mentre si incamminava verso il Paradiso, dopo aver inveito quella mattina con Maria che aveva riempito la casa di puzza di olio fritto, notò Filippo in sella alla sua bicicletta. Le suonò il clacson a mo’ di saluto, che Irene ricambiò con un cenno della testa. 

“Sei in ritardo” vide Alfredo con già indosso il camice da lavoro e le braccia incrociate al petto che rimproverava il fratello. Quell’atteggiamento così severo non era proprio da lui. Irene sorrise a vederlo così serio e impettito.

“Non esattamente una prima buona impressione” gli fece notare Irene e Filippo ricambiò con un’occhiataccia.

“Vedo che la svogliatezza è di famiglia” commentò Armando uscendo dal magazzino con le chiavi per aprire il furgone e scaricare gli scatoloni. 

“Lo scusi, signor Armando” provò a dire Alfredo.

“Sarà stata l’agitazione del primo giorno” Irene continuò l’opera di salvataggio lanciando a Filippo un salvagente che lui, invece, non aveva alcuna intenzione di raccogliere.

“No, è che proprio non volevo venire” ammise candidamente e Alfredo gli tirò una gomitata.

“Iniziamo benissimo” Armando sbuffò sconsolato. “Ma a me chi me l’ha fatto fare?”

“Il suo buon cuore, signor Armando?” provò ad adularlo Irene. “Si ricorda com’era Alfredo quando è arrivato? Adesso è un perfetto magazziniere.”

“Sì, quando ha voglia de lavurà” le rispose. “E per l’80% delle volte non ce l’ha.”

“Ma che dice, che saranno mai due pausette al giorno.”

“Due la mattina, due al pomeriggio e due alla sera fanno sei” il capo magazziniere continuò con le prese in giro. 

Filippo ridacchiò e Alfredo lo fulminò con lo sguardo. “Tu non hai proprio niente da ridere, anzi fila dentro e corri a mettere il camice.”

Filippo sbuffò e lanciò un’occhiata a tutti e tre, prima di arrendersi e iniziare quella che al momento riteneva letteralmente una tortura. 

Irene sorrise e poi si avvicinò ad Alfredo per dargli un veloce bacio sulle labbra. “Vedrai che farà il bravo.”

“Se il buongiorno si vede dal mattino ne dubito.”

“Tu non lo trattare male, dagli una possibilità.”

“Io non devo trattare male qualcuno? Si è rivoltato il mondo” commentò sarcastico lui. Irene aggrottò le sopracciglia e si voltò offesa.

“Dai, scusa, hai ragione” ammise infine. “E tu stai tranquilla, la venere la troviamo.”

“Sì, e dove? Hai una bacchetta magica?”

“Magari l’occasione giusta si presenterà semplicemente davanti a te” concluse ricambiando il bacio, per poi staccarsi e correre dentro a controllare che Filippo non stesse già combinando qualche guaio dei suoi. In quel momento si ritrovò a pensare a sua volta chi glielo avesse fatto fare.




 

“Cosa stai facendo?” Alfredo sbucò all’improvviso alle spalle di Filippo. 

“Cristo!” esclamò il fratello con un sussulto, rischiando di cadere giù dalla scaletta. Dopo essersi ripreso dallo spavento, tornò il solito testone imbronciato. “Mi avete assunto per lavorare? Quindi sto lavorando, no?”

“E perché stai rovistando negli scatoloni?” ridusse gli occhi a due fessure.

Armando era andato in pausa pranzo, mentre Alfredo e Filippo avevano portato un panino da casa e per colpa sua adesso il più grande si ritrovava bloccato in magazzino, anziché fuori con la sua fidanzata. Cosa che, pensandoci, non avrebbe potuto fare comunque dato che Irene stava sfruttando la pausa per fare il colloquio alla ragazza che gli aveva presentato Elvira poco prima. 

“E tu perché stai nascondendo quella rossa a Irene?” Filippo lo provocò scendendo dalla scala. 

Alfredo lo tirò per un braccio. “Tu… non… Non sono cose che ti riguardano” gli disse in preda al panico. Non che avesse fatto niente di male, dopotutto aveva promesso a Irene che avrebbero trovato una nuova venere. Ma conosceva bene la sua fidanzata da sapere come avrebbe reagito se avesse scoperto che aveva agito alle sue spalle, seppur a fin di bene. Per Irene erano concessi solo i suoi di giochetti, ma se erano gli altri a farli a lei, perdeva ogni ragione e obiettività.

“E allora non riguarda te nemmeno quello che facevo là sopra.”

Alfredo, solitamente paziente e tranquillo, gli tirò uno scappellotto sulla nuca, proprio come era solito fare Armando con lui ancora adesso.

“Sembri Armando” in quell’esatto momento Irene fece il suo ingresso, dando voce ai suoi pensieri. Si avvicinò a lui e gli schioccò un bacio sulla guancia. “Ma sono certa che te lo meritassi” aggiunse poi rivolta a Filippo.

“E figuriamoci” sbuffò lui. “Stavo solo dando un’occhiata al contenuto degli scatoloni, ma per lui stavo rubando delle camicette viola.”

“Lilla” lo corresse Irene, notando la manica di una delle camicette che fuoriusciva dallo scatolone dietro di lui. “E non si rovista dentro gli scatoloni, le camicette vanno lasciate ben piegate o altrimenti si sgualciscono.”

“E non vogliamo che alle clienti arrivino camicette sgualcite, non è vero?” lo guardò Alfredo con aria minacciosa.

“Figuriamoci! Peccato capitale” rispose Filippo alzando le mani in segno di resa. “Sia mai che i miei terribili errori rovinino la vostra reputazione in un negozietto da quattro soldi.”

“Piano, che intanto il negozietto da quattro soldi ti sta dando un lavoro, e pure ben pagato. E per ora non sei neanche un magazziniere, sei solo in prova” lo riprese Irene con tono da maestrina, che Filippo iniziò subito a imitare, facendole il verso.

“Non mancare di rispetto alla mia fidanzata!” gli disse lui puntandogli il dito.

“Se no cosa fai? Mi licenzi?” ridacchiò Filippo. “Fai pure, mi faresti solo un favore. Io mi libero di questo lavoro e potrò dire a mamma che sei stato tu a trovare il modo di buttarmi fuori” si appoggiò con il sedere alla scrivania di Armando con aria strafottente. Irene aveva appena trovato qualcuno che la mandava al creatore più di Alfredo, ma non reagì, non voleva peggiorare le cose.

“Io…” Alfredo alzò una mano con tutta l’intenzione di tirargli via almeno una delle sue due orecchie, ma Irene lo bloccò. 

“Non fare il suo gioco, allora” gli ricordò. “Se vuole provocarti per essere buttato fuori, tu fai il contrario” guardò poi Filippo con aria di sfida e lui si imbronciò.

“Hai ragione, amore mio” Alfredo le prese il viso con le mani per darle un bacio. Filippo si portò un dito alla bocca per simulare un attacco di vomito.

“Non hai altre scatole da recuperare?” gli lanciò una matita, mentre il fratello finalmente si allontanava, lasciandoli da soli. 

“Mi sto davvero trasformando in Armando, vero?” le chiese scoraggiato e Irene annuì con un sorriso divertito. 

Alfredo non era uno che si abbatteva facilmente, non si arrendeva mai ed era sempre disposto a lottare per quello che voleva. D’altronde ci aveva messo un anno per conquistare Irene. Ma con suo fratello la questione era diversa. Era l’ultimogenito, arrivato quando i suoi genitori non pensavano più a pannolini e biberon. Aveva monopolizzato le attenzioni di tutti, specialmente i suoi genitori, dapprima perché era il più piccolo della famiglia, poi perché era diventato quello più scapestrato. C’erano alcuni anni di differenza tra lui e Filippo e non era riuscito a stringere con lui con legame altrettanto forte come con i suoi due fratelli più grandi, specialmente con Simone, che gli mancava sempre da morire. Voleva bene a tutti loro, indistintamente, ma con Simone si era creato un legame diverso. Mentre con Filippo era da sempre stato un rapporto ben più contrastato. 

“Sono sicura che riuscirai a farlo rigare dritto” disse con convinzione, cercando di tirarlo su di morale. Gli accarezzò una guancia e poi lasciò cadere la mano dietro la sua nuca. 

Alfredo sorrise e strofinò la fronte con quella di Irene. Non era abituato a essere supportato da lei. Per quell’anno intero in cui le aveva fatto la corte, era stato lui a muoversi verso di lei, difenderla, aiutarla, fare qualsiasi cosa pur di renderla felice. E da Irene, doveva ammettere, aveva ricevuto poco in cambio. Era piacevole adesso sapere che anche lei era dalla sua parte e non doveva affrontare da solo quel problema. Erano una coppia e le loro preoccupazioni riguardavano entrambi. Per Alfredo quella era una responsabilità, lo doveva al Paradiso, a cui non voleva che Filippo creasse dei problemi, e lo doveva ai suoi genitori, ai quali aveva promesso di tenerlo d’occhio. 

“Cos’è, non si lavora oggi?” Armando disse dopo essersi schiarito la voce per farsi notare. “Signorina Cipriani, le sue veneri non l’aspettano in galleria?”

“Certo, signor Armando. Ero venuta per il riassortimento di…” si staccò da Alfredo, ma continuavano a tenersi per mano dietro le loro schiene.

“Sì, sì, il riassortimento” commentò lui velatamente sarcastico. “E presumo che il signor Perico le abbia già dato quello che stava cercando, giusto?”

“Giusto. Infatti ora torno in galleria” disse un po’ imbarazzata, mentre Filippo se la ridacchiava alle spalle del signor Armando. 

“E tu, vai a sistemare quegli scatoloni” aggiunse quest’ultimo rivolto ad Alfredo. 

Lui si avvicinò al suo capo e sussurrò piano al suo orecchio. “Così mina la mia autorità con mio fratello, però.”

“Qui dentro l’unica autorità sono io, quindi entrambi, filate a lavorare” disse mettendo una mano sulla spalla dei due per invitarli a darsi una mossa, mentre Irene tornava in galleria dalla sua nuova venere in prova.

 

L’ultima giornata lavorativa della settimana era filata liscia per entrambi. Erano andati al lavoro insieme, come facevano quasi ogni giorno da quando Alfredo aveva preso l’appartamento che era stato del signor Armando. Tuttavia, il magazziniere avrebbe faticato a pagarne l’affitto in solitaria, quindi si stava già attrezzando per trovare qualcuno con cui dividerlo. Suo fratello Filippo era, chiaramente, fuori discussione. Anche se in quel modo doveva ammettere che sarebbe riuscito a controllarlo meglio. Ma non era certo di volersi portare le preoccupazioni anche a casa. Lì voleva stare tranquillo e sereno con la sua Irene.

Quel giorno il piccolo Perico aveva affrontato con più rassegnazione la giornata lavorativa. E i due non avevano passato a battibeccare più tempo del solito. Aveva visto Irene in pausa pranzo, erano andati a mangiare in una caffetteria un po’ più distante, in attesa che il Gran Caffè Amato aprisse proprio quella sera. 

Filippo osservava seduto che Alfredo sistemasse gli ultimi scatoloni. Il signor Armando era già uscito per aiutare l’allestimento in caffetteria e aveva affidato a suo fratello l’onere di chiudere il magazzino.

“Vengo pure io?” aveva chiesto Filippo con un tono più morbido, per timore che il fratello rifiutasse. Non che una serata tra vecchi in una caffetteria fosse il suo ideale di serata, ma dopo essere stato confinato agli arresti domiciliari dai genitori per quell’unico errore che aveva commesso, persino un’uscita come quella gli sembrò meglio che tornare a casa da loro. Specialmente adesso che era l’unico a vivere ancora con i genitori, adesso che anche Alfredo era andato a vivere da solo.

Alfredo, però, non fece in tempo a rispondere che vide Irene sbucare in magazzino e la accolse come se avesse appena visto l’apparizione della Madonna. Con quel vestito giallo era stupenda. Si rese conto di essere a bocca aperta solo quando quello stupido di suo fratello gliela richiuse con un dito. 

“Sei ancora così? Faremo tardi! Sono già tutti lì” lo rimproverò. Alfredo alzò il braccio per controllare l’orario e gli sembrò di essere ancora in tempo per cambiarsi velocemente d’abito. Lo aveva portato quella mattina, proprio come Irene, dato che non avrebbero fatto in tempo a tornare a casa.  “E tu? Non vieni?” chiese poi a Filippo, inconsapevole di quella risposta affermativa che il minore dei Perico non aveva ancora ricevuto.

“Sì, sono già pronto” Filippo colse la palla al balzo, senza aspettare che Alfredo gli mettesse un freno, e si sfilò il camice. Lui non aveva un cambio, ma d’altronde non sarebbe stata chissà quale festa mondana, ma un banale rinfresco in una altrettanto banale caffetteria. 

Alfredo decise di non controbattere e Filippo sorrise. Aveva capito velocemente chi era che comandava tra i due e che per ottenere qualsiasi cosa avrebbe dovuto essere gentile con Irene. 

“Stai benissimo” le disse infatti, lusingandola. Ma Irene era più esperta di lui a quel gioco e sebbene inizialmente quei complimenti nutrirono il suo ego, poi capì immediatamente dove volesse andare a parare. 

“Non è adulando me che otterrai quello che vuoi” lo redarguì con un sorriso furbo che Filippo accolse con una sbuffata. Uno a zero per Irene. “Ma grazie” aggiunse poi.

“Però ha ragione, sei incantevole, Irene” rispose Alfredo pronto ad avvicinarsi per darle un bacio su una guancia. Irene lo bloccò all’istante, dandogli un colpetto sulle mani prima che le sfiorassero il vestito.

“Non ti azzardare a sporcarmelo. Fila a cambiarti, piuttosto.”

Filippo sogghignò sotto ai denti, trovando conferma nelle sue conclusioni. Mentre Alfredo annuì al suo Generale e corse in bagno per darsi una rinfrescata e cambiarsi.

Irene appoggiò la sua borsetta sul bancone e iniziò a guardarsi in giro in silenzio. Il magazzino sembrava bene organizzato, tutto in ordine, nessuna camicetta che fuoriusciva dagli scatoloni e rischiava di prender polvere. Osservò poi Filippo che seduto, a testa bassa, aveva la mente persa verso chissà quali pensieri. Non somigliava molto ad Alfredo. Se quest’ultimo era più simile al padre Vincenzo, Filippo era la copia di sua madre. Aveva i capelli biondicci, riccioli come quelli di suo fratello se entrambi li avessero lasciati liberi dalla brillantina, e gli occhi di un bellissimo blu scuro, profondi come il cielo di notte. Ma aveva ancora i tratti dolci di un bambino, che stonavano con quella personalità ribelle e combinaguai. Nessuno si sarebbe mai aspettato che dietro quell’aspetto angelico ci fosse una peste. Indossava una camicia bianca e dei pantaloni marrone scuro e, nel frattempo, aveva portato un dito alla bocca e aveva iniziato a mangiarsi le pellicine.

“Stai fermo” gli disse Irene spostandogli la mano con un gesto veloce. “Sei stato bravo, oggi” aggiunse poi, non col tono di una domanda, ma di un’affermazione. “Mi sembra tutto in ordine.”

“Ah, sì” rispose lui facendo spallucce. Non era abituato a sentirsi dire che era bravo. Da tutti era considerato la pecora nera della famiglia, quello buono solo a fare danni. Doveva ammettere, però, che anche lui ci metteva del suo a portare avanti quella narrazione.

Irene si avvicinò a lui e si appoggiò al bancone. Non aveva ancora capito perché sentisse una particolare connessione verso quel ragazzo, lei che in genere mal sopportava il prossimo, specialmente se tanto invadente e fastidioso come solo lei sapeva essere. 

“Alfredo ti vuole bene” gli disse d’un tratto, cercando di fargli capire che tutto quello che faceva, lo stava facendo per il suo bene.

Filippo alzò la testa e iniziò a mangiucchiarsi l’interno della guancia. “Anche a te” ammise tra i denti. Non lo aveva mai visto così felice come da quando stava con Irene. Per quanto ne potesse sapere lui dell’amore, era certo che lei dovesse pur c’entrare qualcosa. 

“Già” rispose Irene con un sospiro. Alfredo era sicuramente più bravo di lei ad amare e farsi amare. Irene aveva un carattere particolare, difficile, che la portava spesso a non trovare il consenso di chi le stava attorno. Bisognava conoscerla bene e andare a fondo, prima che riuscisse a mostrare il suo grande cuore agli altri. E in genere erano in pochi ad avere la pazienza di aprire, uno per uno, i pezzi di quella matrioska. Alfredo lo aveva fatto, e ogni tanto Irene si chiedeva ancora perché. 

“Eccomi, amore mio” proprio in quel momento Alfredo tornò in magazzino vestito di tutto punto con giacca e cravatta. 

“Sembri un pinguino” commentò Filippo con una smorfia.

“Non lo ascoltare, non ne capisce niente. Stai benissimo” rispose Irene prendendo la borsetta, pronta ad andare, mentre Alfredo chiudeva a chiave la porta che dava sull’uscita laterale del Paradiso.

Una volta dentro la caffetteria furono inondati da musica e risate. Irene si guardò intorno con aria un po’ dubbiosa, mentre il suo fidanzato sembrava ben più entusiasta.

“E’ bellissima, complimenti, Salvo” disse Alfredo.

“A me sembra uguale a prima” commentò Irene col suo solito piglio e ricevette in cambio un’occhiataccia da Alfredo.

“Ma quale uguale a prima, cosa dici!” rispose Salvo offeso.

“Va bene, in più ci sono i divanetti” continuò a provocarlo. 

“Senti, non sei più la benvenuta” Salvo le mise le mani sulle spalle per spingerla fuori dal locale. 

“No, dai, stavo scherzando” rise lei facendo dietrofront. In realtà non stava scherzando affatto. La caffetteria le sembrava praticamente identica a prima, aveva giusto cambiato qualche dettaglio. Eppure quei divanetti e persino le sedute era certa li avrebbe sfruttati molto, davano l’idea di essere decisamente più comodi delle sedie che aveva prima. 

“Lui è Filippo, mio fratello” Alfredo glielo presentò. Filippo annuì e gli tese la mano, ma lui era più interessato a tutte le belle ragazze già presenti nel locale. Tuttavia, sembrava aver puntato una persona in particolare. 

“Vedo che voi Perico siete tutti uguali, ho capito. Vi fanno con lo stampino” commentò Salvo con una risata. “Fossi in te però lascerei perdere, non hai molte speranze” aggiunse a bassa voce, mentre Filippo scosse la testa imbarazzato.

Irene spostò lo sguardo in direzione della ragazza che Filippo aveva puntato. Era Agata, la sorella di Maria appena arrivata dalla Sicilia. Certamente con quel vestito blu a fiori che Maria doveva averle regalato quel giorno, faceva un effetto molto diverso rispetto a quella mattina quando l’aveva vista entrare al Paradiso accompagnata dalla madre con degli abiti cupi e marroni. 

“I Perico non si arrendono nemmeno davanti alle difficoltà, però” disse Irene prendendo il braccio di Alfredo. 

“Hai ragione, ma stavolta credo sia il caso di farlo” rispose lui dandole un bacio su una tempia, notando come il padre di Agata fosse particolarmente apprensivo nei confronti della figlia. Non avrebbe mai accettato che un ragazzino scapestrato come Filippo ronzasse attorno alla sua preziosa bambina. E poi Filippo doveva rigare dritto, senza farsi prendere da inutili e pericolose distrazioni.

“Agata” Irene chiamò la sorella di Maria e Alfredo si voltò verso la sua fidanzata per lanciarle l’ennesima occhiata di rimprovero della giornata. “Ti volevo presentare il mio fidanzato Alfredo” disse dapprima.

“Ah, piacere” rispose lei con un ampio sorriso. 

“Lui invece è Filippo, suo fratello” aggiunse poi.

“Ciao, Agata” lei gli allungò la mano, ma braccata a vista dal padre Ciro. Dato che Filippo non sembrava muoversi, Irene gli diede una spinta. Tuttavia rimase in silenzio e dopo quel breve incontro imbarazzante, Agata si allontanò chiamata da Roberto per ballare insieme a tutte le altre ragazze. Filippo sbuffò e, imbronciato, si andò a sedere sul divanetto da solo. 

“Perché l’hai fatto?” chiese Alfredo.

“Perché no? Magari l’amore per una brava ragazza gli farà mettere la testa a posto” commentò lei prendendo un bicchiere di spumante. “Come tu hai fatto con me, no?” 

Alfredo roteò gli occhi al cielo. Irene era sempre la solita, eppure non riusciva in alcun modo a resisterle. Era testarda, capricciosa, voleva sempre avere ragione, ma il modo in cui sembrava aver preso a cuore suo fratello, gli faceva passare ogni preoccupazione o arrabbiatura. Forse i metodi non erano quelli più consoni, ma voleva anche lei il bene suo e di Filippo.

E in fondo aveva ragione, forse mettersi d’impegno per conquistare una ragazza impossibile da ottenere, lo avrebbe tenuto fuori dai guai. Ma d’altro canto rischiava anche che una delusione così grande lo portasse a ricadere nelle vecchie abitudini. No, era meglio lasciare fuori Agata. Per il bene di tutti.

 
  
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