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Autore: Quebec    18/09/2023    0 recensioni
Quando tutto ciò che conosce le crolla attorno, una bambina è costretta a prendere una decisione importante.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Mamma sfoggia un altro dei suoi bellissimi sorrisi

Quando mamma è in forze, mi porta sempre al laghetto vicino casa. Mi piace tantissimo andare al laghetto. Ci sono le anatre, i pesci e poi gli scoiattoli sugli alberi. A me piacciono molto gli scoiattoli. Hanno qualcosa di buffo. E poi sono così teneri con quegli occhietti piccoli piccoli. Mi piacciono tantissimo.
Mamma mi ha messo una ghianda in mano e mi ha detto di posarla sotto un albero. Io non so perché devo farlo, così glielo chiedo.
Mamma mi sorride come fa sempre quando mi guarda. — È una sorpresa.
Lascio la ghianda sotto l'albero e le corro incontro tutta contenta.
Mamma si piega dietro di me, le mani sulle mie spalle. — Guarda.
Fisso la ghianda, ma quella resta ferma.
Lei intercetta il mio sguardo. — Guarda l'albero. Quel ramo lì? Lo vedi?
Annuisco. Ci sono solo rami e foglie. Non capisco.
Poi uno scoiattolo sbuca da dietro le foglie e scende a metà albero con i suoi occhietti neri. Ci scruta senza muoversi.
Io saltello per la felicità, ma mamma mi tiene ferma. — Non muoverti, o lo spaventerai.
Rimango immobile a osservare lo scoiattolo. È così carino. Mi viene voglia di stringerlo forte forte e fargli tante coccole.
Lo scoiattolo scende rapidamente la corteccia dell'albero e zampetta altrettanto velocemente verso la ghianda. Io sono così felice che vorrei gridare e saltare sul posto, ma rimango ferma. Non voglio spaventare lo scoiattolo. Mi sentirei incolpa.
Lui raggiunge la ghianda e la annusa. Poi ci scruta per un attimo, prende la ghianda e zampetta rapidamente verso l'albero.
— Mamma! Ha preso la ghianda!
Lei sorride. — La sta portando nella sua tana.
— Dove ci sono gli altri scoiattoli? — domando con gli occhi sbarrati dalla felicità.
— È probabile.
— E dov'è la sua tana? Possiamo andarci? Posso vederla?
Mamma sfoggia un altro dei suoi bellissimi sorrisi. — Non possiamo.
— Perché? — chiedo, delusa.
La mamma sembra pensarci un po' su, ma non ne sono sicura. La mamma ha sempre avuto la risposta pronta, ma ora è così pallida. I suoi occhi verdi mi guardano e non mi guardano. Ultimamente fa sempre così. Non so cosa le prende, ma lei non me lo vuole spiegare. Mi dice di non preoccuparmi, che va tutto bene. Ma non le credo. Mamma è malata, lo so. Certi giorni non riesce ad alzarsi dal letto per quanto è debole. E altri giorni, invece, sprizza di energia. Oggi è un giorno di questi, ma ora è pallidissima.
— Mamma, cos'hai?
Lei si stringe il petto e cade a terra.
Avverto una fitta allo stomaco e un formicolio in testa. Mi chino su di lei, la scuoto. — Mamma! Mamma!
Lei non si muove, non respira, gli occhi fissi al cielo. Il suo viso è così bianco.
Scoppio a piangere e la scuoto ancora più forte. Ho un groppo in gola e non riesco a parlare. Mi viene solo da vomitare.



2. Sotto l'albero di pesche

Non so perché mamma è volata in cielo. Nonno non me l'ha detto e non vuole parlarne. Io piango sempre. Mamma mi manca tantissimo. Mi manca tutto di lei. Il suo sorriso, il suo sguardo, le sue coccole, le sue attenzioni. Mamma era speciale. Era una donna forte. Mi ha cresciuta con nonno dopo che papà è andato via. Lei mi ha detto che papà è partito per la guerra, ma io non le credo. Nonno litigava spesso con mamma per via di papà. Non capivo perché, poi la sera facevano pace davanti al camino e si dicevano cose banali per ritornare a parlarsi.
— Sta piovendo — diceva nonno.
— Sì — rispondeva mamma.
— Domani vado al mercato per vedere se la croce rossa distribuisce da mangiare — diceva nonno dopo un breve silenzio.
— Allora domani mattina darò io da mangiare alle galline — rispondeva mamma.
Erano frasi banali, che mi rendevano felice. Mamma e nonno non potevano restare arrabbiati per tutto il giorno. Si volevano troppo bene. E io volevo troppo bene a loro.
E ora mamma è sulle nuvole.
L'indomani mattina seppelliscono mamma sotto l'albero di pesche, accanto a nonna. È avvolta in un lenzuolo bianco dalla testa ai piedi. Ci siamo solo io, nonno e due uomini che hanno scavato la fossa. Io ho gli occhi rossi dal pianto e mi bruciano moltissimo. Poi i due uomini calano mamma nella fossa e io ci salto dentro, disperata.
— Mamma! Torna da me! Ti prego, torna da me! Mamma... — Non voglio lasciare mamma e non voglio che lei mi lasci. Piango e singhiozzo sul suo corpo, finché nonno mi tira fuori. Mi tiene in braccio e io piango sul suo petto, sporcandogli il giaccone nero di lacrime e muco.
Tengo gli occhi chiusi per tutta la durata del funerale. Mi sembra un brutto incubo. Uno di quelli brutti brutti che vorrei dimenticare. Allora penso che è davvero un incubo, che mi basta aprire gli occhi e mamma sarà qui con me. Li apro e tutto sembra uguale a prima. I due uomini si stanno allontanando. E nonno mi tiene ancora in braccio con il viso indurito e gli occhi fissi sulla tomba coperta di mamma.
Scoppio a piangere.



3. Cuore di burro

Passo un mese a piangere disperata sul letto. Mamma mi manca tantissimo. Non ho voglio di fare niente. Mangio poco e me ne sto tutto il giorno sul letto con la faccia affondata nel cuscino. Ogni tanto nonno si affaccia nella stanza e mi guarda per un po'. Non dice niente. Non parla più. La casa è così silenziosa.
Quando esco dalla mia camera per andare in quella di mamma, nonno è sempre seduto davanti al camino spento con la testa china. In mano stringe la foto di mamma da bambina. L'unica sua foto. Ogni tanto singhiozza e si volta verso la sedia accanto, dove si sedeva mamma la sera. Ci appoggia una mano per un momento, poi ritorna a guardare la foto di mamma. A me viene da piangere, ma mi trattengo. Nonno soffre moltissimo, ma non lo dà a vedere. Non si è mai mostrato fragile davanti a noi. È sempre stato serio e pochissime volte concede un sorriso o una risata.
Mamma mi ha detto che nonno è un uomo troppo buono e con il cuore di burro. — Non fa avvicinare le persone, perché il suo cuore poi si scioglie.
— Ma se si scioglie, poi resta senza — rispondevo, perplessa.
Mamma sorrideva. Era la sua unica risposta alla mia domanda.
Il giorno dopo resto per tutta la giornata nella stanza di mamma, il viso immerso nel suo cuscino che profuma di pesca. Mamma profumava sempre di pesca. Aveva un solo profumo. Non sono sicura che sia un profumo perché non abbiamo mai comprato un profumo, ma mamma diceva di sì. Lo faceva lei. Non so come faceva, ma l'odore è meraviglioso e ti resta addosso per ore.
Trovo il profumo sul cassetto davanti all'armadio con l'anta cadente. Lo prendo e lo avvicino al naso. L'odore mi fa venire un nodo in gola e scoppio a piangere. Crollo sul letto di mamma e stringo il suo cuscino. Lo stringo così forte che ci grido dentro tutta la mia rabbia e il mio dolore. Poi il vuoto mi avvolge e mi addormento.



4. Per mille anni

Tre giorni dopo accompagno nonno al mercato. È sabato mattina e siamo diretti in un quartiere della città non bombardato. Ci sono pochi veicoli lungo la stradina sterrata. Nonno guida una macchina verde tutta arrugginita, ma non conosco i modelli. Per me sono tutti uguali. L'abitacolo puzza di benzina e olio di motore. Ci sono tante carte e una pistola nel portaoggetti. Sbarro gli occhi e guardo il nonno. Lui tiene gli occhi puntati sulla strada. Forse non si è accorto che lo guardo?
Cosa ci fa nonno con una pistola? Quella cosa uccide le persone.
Un giorno mamma mi ha detto che papà è stato costretto ad andare in guerra, che lo hanno prelevato da casa con la forza.
— Non è vero! — ho risposto, arrabbiata. — Papà ci ha abbandonati. Lo dice anche nonno. Se mi voleva bene, restava con me. E papà non mi vuole bene. Non più!
— Tu non c'eri quella mattina — ha detto mamma in lacrime. — Sono venuti verso mezzogiorno, poco prima che il nonno ti accompagnasse a casa. Erano in otto, tutti armati. Tuo padre ha cercato di dire loro che aveva una famiglia da mantenere e che non poteva andare in guerra, ma ai soldati non importava. Hanno preso tuo padre e l'hanno trascinato su un furgone.
— Non ti credo! — ho detto ancora più arrabbiata. — Se i soldati hanno preso papà, allora perché non hanno preso anche nonno?
— Perché il nonno è avanti con l'età e tuo padre è giovane.
— Non ti credo! Non ti credo! Non ti credo!
Mamma ha cercato di abbracciarmi, ma io sono corsa via. Me ne sono andata al laghetto a guardare le anatre e gli scoiattoli sugli alberi.
Dopo la morte di mamma non ci sono più andata. Ho paura. Ho paura perché è anche il suo luogo preferito. Ci andava da quando era bambina. E se ci vado di nuovo, poi finisco per stare ancora più male. Non voglio stare male. Non voglio essere triste. Mamma è con gli angeli e non vuole che io stia male. Quando ero triste, lei faceva di tutto per strapparmi un sorriso. Poi un sorriso tirava l'altro e mi faceva dimenticare perché ero triste. Era bravissima.
Guardo le nuvole e abbozzo un sorriso. Forse mamma mi sta guardando da lassù. Ora è con nonna. Lei vuole molto bene a nonna. Magari ora stanno ridendo e scherzando come facevano prima che nonna morisse durante il bombardamento. Magari stanno parlando di me e di nonno. Nonna diceva sempre che nonno era troppo serio, che qualche sorriso gli avrebbe portato fortuna e allungato la vita. Quando chiedevo a mamma perché nonna era morta anche se sorrideva e rideva sempre, mamma si rattristava e io cambiavo discorso.
Ancora adesso non capisco perché nonna sia morta. Lei sorrideva e rideva sempre, quindi doveva essere la nonna più fortunata del mondo. Niente poteva farle del male e doveva vivere per mille anni. Invece è morta. E adesso è morta anche mamma che rideva e scherzava come lei. Non è giusto. Dovevano vivere per sempre.
Nonno ferma la macchina e abbassa il finestrino con la manovella. Un soldato raggiunge il nonno e io mi faccio piccola piccola sul sedile. Ho paura dei soldati. Sono tutti cattivi e ti trattano male. Ecco perché papà è andato in guerra. Perché è cattivo e non mi vuole più bene. Ma io non voglio credere a quello che ha detto mamma. Però un pochino ci credo. Mamma non diceva bugie. Forse papà è in guerra per davvero.
— Scenda dall'auto! — dice il soldato al nonno. — Anche la bambina.
— Ma lei...
La portiera si apre e un soldato mi trascina fuori di peso. Io mi divincolo dalla sua presa e corro ad abbracciare nonno. Tremo, ma le sue mani ruvide e callose mi fanno sentire al sicuro. Siamo fermi a un posto di blocco. Ci sono quattro soldati dietro al filo spinato e sacchi di sabbia. Un quinto ci scruta da sopra una macchina con una strana e grande arma tra le mani che sembra un tutt'uno con la macchina. Non ho mai visto un veicolo così.
Mentre il primo soldato controlla l'auto del nonno, il secondo ci tiene d'occhio. Io guardo la grossa arma che tiene nelle mani. È una pistola stranissima. Forse una pistola gigante, come quella sulla macchina di quel soldato, ma più piccola e meno lunga. Mi stringo ancora di più a nonno e lui mi circonda le spalle con le mani.
Il primo soldato esce dall'abitacolo con la pistola del nonno e gliela sventola sotto il naso. — Questa cos'è?
Nonno non risponde.
Il secondo soldato si avvicina a due passi da noi con l'arma un poco sollevata.
Affondo le dita e il viso nel giaccone nero del nonno. Sono terrorizzata.
— Allora?! — chiede il primo soldato. — A cosa ti serve una pistola? Cosa vuoi farci? Vuoi ammazzare uno dei nostri?! Sei un ribelle? Un traditore della patria?
Il nonno continua a non rispondere.
Io ho così paura che mi metto a piangere.
— Fai stare zitta quella mocciosa! — dice il secondo soldato a nonno.
Lui mi accarezza la testa. È la prima volta che mi mostra affetto, così smetto lentamente di piangere.
Il primo soldato sfodera la pistola e la punta contro la testa del nonno. — Parla, o ti faccio saltare la testa davanti alla ragazzina!
— È una pistola scarica — balbetta nonno, le mani ancora più strette sulle mie spalle. Non l'ho mai visto così spaventato. — È molto vecchia. Non spara più. La utilizzo per spaventare i ladri.
Una macchina sta arrivando alle nostre spalle. Tutti i soldati ci puntano gli occhi.
Il primo soldato esamina la pistola per un momento, poi la getta nel prato a lato della strada sterrata e indica la macchina del nonno con la pistola. — Toglietevi dai piedi!



5. Non mi piace quando il cielo è grigio

Non smetto di tremare. Ho la bocca secca e non riesco a deglutire senza strozzarmi. Nonno mi passa la sua borraccia e bevo una lunga e veloce sorsata d'acqua. La sento scendere giù lungo il corpo, poi tossisco.
— Bevi piano — dice nonno, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Obbedisco, poi gli rendo la borraccia.
— Tienila tu.
Me la lego a tracollo.
Nonno parcheggia davanti a una fila di fatiscenti condomini di otto piani con le facciate puntellate da numerosi fori. Oltre, svettano i resti scheletrici dei palazzi sventrati dalle bombe. Metri e metri di macerie e veicoli carbonizzati.
Scendiamo dalla macchina e nonno mi prende per mano. C'è una lunga fila di persone in direzione di un gazebo e altre sono sparpagliate vicino a tre furgoni. Il cielo si è ingrigito. Non mi piace quando il cielo è grigio. Le persone sono sempre di cattivo umore e accadono cose brutte.
Nonno e io ci facciamo largo tra la gente e arriviamo vicino a un lungo bancone dietro cui ci sono otto persone. Sono vestite molto bene e sembrano molto pulite. Nonno e io siamo sporchi e puzziamo e abbiamo vestiti lerci e rattoppati. La donna che ho di fronte profuma come mamma. Solo che il suo profumo è diverso e sa di fiori. Forse anche lei ha creato un suo profumo. Sembra molto più forte di quello di mamma. Io mi sono messa il suo profumo, ma dentro la macchina di nonno è sparito.
Scruto la donna da dietro le gambe del nonno. È bella come mamma. Ha lo stesso naso adunco, ma la sua carnagione è più scura e le labbra sono molto più sottili. Lei mi sorride e io mi nascondo ancora di più dietro a nonno. Non mi piace essere osservata. Mi fa sentire a disagio.
Poi il nonno e la donna iniziano a parlare. Io mi guardo attorno e ci sono tante persone come me e nonno, ma pochi bambini. Tutti hanno i visi stanchi e addolorati. Tutti indossano abiti sporchi. Ci sono anche persone senza un braccio o una gamba. E c'è un fortissimo odore di sudore e sporco come di formaggio o cacca di gallina e di pecora. Io sono abituata all'odore, ma alcuni hanno i fazzoletti legati attorno alla bocca e il naso. Forse è per questo che li hanno messi. Mamma mi ha detto che alcune persone hanno paura di ammalarsi, così se li mettono. Io non so se sia vero, ma non ce li hanno tutti.
Mentre nonno chiude il grosso sacco nero che le ha dato la donna, un fortissimo fischio risuona tutt'attorno. Sembra la sirena della polizia, ma più fastidiosa, come un lungo lamento. Mi tappo le orecchie con le mani, ma il suono è insopportabile. La gente inizia a correre da tutte le parti e nonno mi trascina lontano dai tre furgoni. Il suo viso è bianco quasi come quello di mamma prima che morisse e in mano ha il grosso sacco nero.
Poi scorgo qualcosa nel cielo grigio. Sembra un uccello, ma non sbatte le ali. Vola dritto senza volteggiare o cambiare direzione come fanno gli uccelli.
— Nonno, guarda! — dico. — Cos'è quella cosa? È un uccello?
Nonno guarda la cosa che sembra volare immobile nel cielo e sbarra gli occhi. Mi prende in braccio e si affanna verso la sua macchina. Avverto la fatica nei suoi respiri. Nonno è magro e vecchio e non so dove abbia trovato la forza di correre mentre mi tiene in braccio. Forse mamma si sbagliava. Nonno è forte. Poteva andare in guerra assieme a papà, ma non ha voluto perché non è cattivo. I soldati hanno capito che nonno non è cattivo, così non l'hanno preso. Oppure mamma mi ha detto una bugia e papà non è mai andato in guerra.
La gente strilla e si scontra tra loro e contro nonno. Perché c'è tutto questo caos? Non capisco. È per lo strano uccello? Per il fischio?
Poi un boato mi fa sussultare e mi volto nella direzione del suono. Una grossa nuvola nera s'innalza da dietro alcuni palazzi e diventa sempre più grande e più grossa. Arriva a toccare il cielo in una colonna nera grandissima. E poi le grida. Le persone strillano. Non ho mai sentito urla del genere. Sono bruttissime. Assomigliano alle urla di quando mi ero tagliata il dito con il coltello del nonno, ma molto peggio.
Nonno mi fa scendere dalle sue braccia e apre la portiera della macchina. Appena faccio per entrare, un altro boato fa tremare la terra. Una parete di fumo nero avanza velocemente verso di me e nonno. Io urlo con le lacrime agli occhi. Nonno mi fa stendere per terra e mi copre con il suo corpo. La nuvola nera ci travolge e l'aria calda mi brucia gli occhi. Tossisco forte, mi manca l'aria e in bocca ho il sapore della cenere.
— Copriti la bocca e il naso — dice nonno.
Io obbedisco, terrorizzata. Non so cosa sta succedendo, ma è terribile. È peggio di ogni mio incubo. Brutto quasi come la morte di mamma.
Nonno mi fa salire in macchina e poi parte velocissimo. Ci sono tante persone e veicoli in strada. Non so come faccia nonno a guidare, perché non si vede niente. Il fumo è ovunque e oscura il cielo. È come essere dentro la nebbia, solo più fitta e colorata di rosso. Sembra simile all'immagine del mio libro di religione in cui è dipinto l'inferno.
Una macchina sbuca dalla parete di fumo e nonno sterza a sinistra.
— Nonno, attento!
La faccia di una donna si spiaccica contro il parabrezza per un secondo, poi il suo corpo scivola giù dal veicolo.
Sono scioccata. Il cuore mi martella nel petto e ho una fortissima nausea. Scorgo una ciocca di capelli biondi insanguinati appiccicata a una delle crepe del parabrezza.
Nonno fa retromarcia.
— Dobbiamo aiutarla! — grido con il volto rigato delle lacrime. — Fermati! Dobbiamo aiutarla! — Giro la manovella per aprire la portiera, ma non si apre. È bloccata.
Nonno mi lancia uno sguardo e accelera.
— Fermati! — gli urlo, ma lui non mi ascolta.
Altri boati e il veicolo sombalza un poco. L'abitacolo diventa sempre più caldo e inizio a sudare. Così mi sbottono il giubbotto, ma nonno mi afferra un polso e scuote la testa. Mi riabbottono e nonno schiaccia a tavoletta il pedale dell'acceleratore.
Poco dopo il fumo si dirada e usciamo dalla città. Il cielo è di nuovo grigio. Seguiamo lo stesso tragitto da cui siamo arrivati per andare al mercato. I soldati non ci sono più, ma ci sono molte persone e veicoli che scappano lungo la strada.
Mi volto a guardare la città da cui si solleva un'enorme colonna nera punteggiata di striature di rosso. Sono stati quegli strani uccelli a fare tutto questo?



6. Anche io ti voglio bene

Nonno non mi ha voluto dire cosa è successo. Quando gli ho chiesto della donna che ha travolto, se ne è andato fuori a dare da mangiare alle galline. Io non so cosa fare. Piango sul letto di mamma e stringo e grido dentro il suo cuscino. Mi sento sola e spaventata. Mamma mi manca tantissimo. E poi mi sento incolpa per la donna che nonno ha travolto. Ho l'immagine della sua faccia contro il parabrezza e la ciocca di capelli biondi insanguinati incastrata in una delle crepe. E più cerco di scacciarla, più mi tormenta.
Verso sera nonno tossisce molto forte. Sputa sangue e sembra soffocare. Quando cerco di avvicinarmi, lui mi scaccia con una mano. Non voglio che anche lui voli in cielo. Nonna ha già mamma a farle compagnia. Lei e gli angeli lo devono capire. Non possono portare in cielo anche nonno. Non possono. Non pensano a me? Non pensano che rimarrò sola?
Mamma mi ha detto che nonno ha il cuore di burro e non lascia avvicinare le persone. Forse perché è debole di cuore? Una mia amichetta di scuola aveva il papà debole di cuore. È morto nei campi. Sì è accasciato a terra e non si è più rialzato. Anche nonno morirà? Anche lui si accascerà per terra come il papà della mia amichetta?
Nonno indica il sacco nero con il dito. — Lì dentro ci sono cibo e acqua per due settimane. Aprilo.
Lo apro e ci scruto dentro. Poi guardo nonno. — Cosa devo farci?
— Devi razionare cibo e acqua, capito? Mangia poco e bevi poco. Ti durerà almeno un mese.
— Perché mi dici questo? — chiedo in lacrime. Conosco già la risposta, ma non voglio crederci. Non posso. Nonno non può morire. E poi perché sta morendo? Perché mi ha preso in braccio mentre correva alla macchina? Si è sforzato troppo? È colpa del fumo? Oppure è tutta colpa mia? Sì, è tutta colpa mia. Solo mia. Non dovevo urlargli in macchina. Forse si è spaventato e il suo cuore di burro si è sciolto ancora di più.
Lui mi stringe dolcemente la mano. — Devi essere forte... Ti voglio bene.
Lo abbraccio con tutte le mie forze. — Anche ti voglio bene, nonno! Tanto tanto! Tantissimo! — Nonno tossisce e cerca di allontanarmi, ma io lo tengo stretto. Non voglio che muoia. Non voglio. Deve restare con me. La nonna e gli angeli lo devono capire. Non possono portarlo in cielo. Forse se lo abbraccio forte forte, il suo cuore di burro guarirà.
Nonno gira la testa e tossisce sangue per un momento. Poi mi guarda. — Devi essere forte, pensare a te stessa... Cerca altre persone, ma non fidarti di tutti, capito? Quando starai per finire cibo e acqua, viaggia verso ovest. Lì troverai la... — Tossisce.
— Cosa troverò? — chiedo con gli occhi arrossati dal pianto. — E dov'è l'ovest? Cosa devo fare quando ci arrivo?
Nonno tossisce più forte e soffoca nel suo stesso sangue.
— Nonno! — urlo.
Lui mi stringe la mano e mi guarda negli occhi. La sua presa è molto debole e i suoi occhi sono spalancati come due grosse pesche. Non so cosa fare e mi viene da vomitare per l'ansia. Nonno continua a tossire sangue, a boccheggiare, a dimenarsi. Poi resta fermo, gli occhi arrossati fissi nei miei.
Scoppio a piangere e affondo la testa sul suo petto, lo abbraccio e gli bacio la fronte ruvida. Poi riaffondo la testa sul suo petto. — Nonno... rispondi... nonno! Non mi lasciare. Anche io ti voglio bene... Nonno...



7. Devo essere forte, come ha detto nonno

Sono passate due o tre settimane da quando nonno è con nonna e mamma. Ormai non conto più i giorni e possono essere passate anche più di tre settimane.
Il corpo del nonno ha iniziato a puzzare moltissimo e l'ho coperto con il lenzuolo del suo letto. Mi sono legata anche uno straccio attorno al naso e alla bocca, ma il tanfo è troppo forte. Così l'ho trascinato a fatica sotto la tettoia in cui è accatastata la legna. Ci ho impiegato tutto il giorno. Volevo scavargli una fossa accanto a mamma e nonna, ma il terreno è troppo duro, oppure sono io a essere troppo debole. E poi la pala è più grande di me e fatico a sollevarla. Mi è venuto in mente di chiedere aiuto ai due uomini che hanno seppellito mamma, ma sono troppo timida. Ho paura. Nonno mi ha detto di non fidarmi di chiunque. E se diventassero cattivi ora che nonno è in cielo? Io non li conosco quei due. Mamma non li conosceva. Solo nonno. E nonno non parlava di loro. Al funerale di mamma non gli hanno dato nemmeno le condoglianze. Hanno scavato la fossa e se ne sono andati subito dopo.
Devo essere forte, come ha detto nonno.
Il giorno dopo ho liberato le galline perché ho finito il mangime. Ho provato a dare loro qualche pezzettino di mela, ma non la mangiano. Io non so cosa fare. Non so come si accudiscono le galline. Se ne occupavano mamma e nonno. Loro erano bravi. Sapevano fare tutto, invece io non so fare niente. Piango e basta.
Nel pomeriggio ho visto dalla finestra lo stesso strano uccello che è volato sulla città. Ha volato velocissimo nel cielo come un auto. Forse non è un uccello, ma una macchina volante con le ali. Poi ne ho visto un altro e mi sono nascosta sotto il letto di mamma per paura che la terra tremi e che il fumo sbuchi dagli alberi. Ma non è successo. Per sicurezza sono rimasta là sotto per due ore.
In serata ho mangiato un pezzo di pane. Nonno mi ha detto di razionare cibo e acqua, ma il pane è diventato troppo duro e sono stata costretta ad ammorbidirlo con l'acqua. E poi su alcune pagnotte si è formata una strana cosa bianca. Non so cosa sia, ma puzza un po'. Magari si può mangiare lo stesso, se lo ripulisco con l'acqua. Forse dovevo mangiare prima il pane e poi il cibo in scatola. Non so cosa fare. Voglio mamma e nonno.
Un grido mi sveglia in piena notte. Non so se sia stato un grido o qualcosa del genere, ma non sono riuscita più a dormire e mi sono nascosta sotto il letto di mamma. Spero non siano i soldati, o entreranno in casa per portarmi via ora che nonno è sulle nuvole. Io non voglio andare con loro. Sono cattivi.
Una notte nonno è uscito fuori perché ha sentito mamma strillare. Io ho sentito un secondo grido, poi nonno e mamma sono rientrati in casa. Nonno era molto arrabbiato con mamma. — Devi avvisarmi quando esci di notte! Hai visto cosa è successo?! Non puoi uscire da sola! È troppo pericoloso! Là fuori si aggira gente pericolosa, lo capisci?!
Mamma non ha risposto. Lei era andata fuori solo per fare i suoi bisognini.
Il mattino seguente nonno ha scavato una fossa molto lontano da casa. Io lo ho osservato nascosta dietro un albero finché ha trascinato qualcosa che sembrava una persona avvolta in un lenzuolo. Mi sono spaventata e sono corsa da mamma, ma non le ho detto niente. Non ho detto niente nemmeno a nonno quando è rientrato. Ma sono sicura che lui mi abbia visto.
Scoppio a piangere. Mamma e nonno mi mancano tantissimo. Perché gli angeli li hanno portati in cielo? Perché? Gli angeli sono buoni. Non hanno visto che non volevo? Che già soffrivo per mamma? Perché hanno preso pure nonno?



8. Fuori piove

Sono tre giorni che vomito e le costole mi fanno malissimo per lo sforzo. Credo che il pane mi abbia fatto male. Ho tolto quella cosa bianca con l'acqua, ma non credo sia servito a qualcosa. Ho buttato tutte le altre pagnotte che puzzavano tantissimo e ora mi fa malissimo la pancia. Ho ingoiato le medicine che prendeva mamma quando non si sentiva bene. Spero che mi facciano passare il mal di pancia. Mi fa troppo male.
Verso sera mi sento troppo stanca per stare in piedi. Sudo molto e ho la fronte bollente. La stanza di mamma mi vortica tutt'attorno e vedo tutto appannato. La luce mi dà fastidio e mi sono messa il cuscino di mamma sulla testa. Ma ora ho ancora più caldo e la pancia continua a farmi malissimo.
Il giorno dopo mi sveglio ancora peggio. La testa mi fa malissimo, ma la pancia un po' meno. Mi sento debolissima e non riesco nemmeno ad alzarmi dal letto. A volte ho l'impressione che ci sia qualcuno nella stanza. Una specie di presenza, ma non mi fa paura. Anzi, mi fa sentire meno sola.
Fuori piove. La pioggia picchia sulla finestra e contro il tetto di legno che gocciola un poco. Ogni tanto esplode un tuono e mi sveglio di colpo, impaurita. Mamma e nonno mi mancano tantissimo. Vorrei stare sulle nuvole con loro. Non voglio stare qui da sola. Perché gli angeli non lo capiscono? Perché ora che sto male non mi portano in cielo? Perché sono così cattivi?
Qualche ora dopo mi sveglio. Qualcuno è accanto a me. Sussulto e una fitta alla testa mi fa chiudere gli occhi per il dolore. Quando li riapro, mamma e nonno sono accanto a me. C'è pure nonna. Mi sorridono. Mamma mi accarezza la testa e mi bacia sulla fronte. Sono felicissima. È stato solo un brutto sogno. Un orrendo incubo.
Cerco di parlare, ma non ci riesco. Le labbra sono sigillate.
Mamma mi accarezza i capelli. — Ricordati le parole del nonno.
La guardo, ma le mie labbra sono pesanti. Mi sforzo di aprirle con tutte le mie forza, ma è impossibile. Così grido, ma non ho più la voce. Il mio corpo è immobile come una statua. Guardo mamma in preda al panico.
Lei continua ad accarezzarmi i capelli. — Devi andare a ovest. Segui la strada per andare a scuola e poi vai sempre dritto.
Perché devo andare a ovest? Che cosa si trova là? Nonno e nonna mi raggiungono dall'altra parte del letto e mi baciano sulla fronte. Nonno non mi ha mai baciato sulla fronte. Quando capisco che è tutto un sogno, la stanza si oscura.
È notte. La pioggia picchia ancora contro la finestra e io scoppio a piangere. Mi sento così sola.



9. Nonna mi ha detto che i sogni sono desideri o paure

Due giorni giorni dopo mi sento un pochino meglio. Forse sono state le pillole di mamma, oppure non so. So solo che ho preso una brutta intossicazione. Mi è già successo in passato. Mamma mi cucinava sempre brodino di pollo quando mi ammalavo. Diceva che curava tutti i mali. Non so se sia vero, ma quando lo mangiavo poi mi sentivo meglio e guarivo dopo un po'.
Guardo il flacone della medicina. Ho finite tutte le pillole e non me ne sono nemmeno accorta. Quante ne ho prese? Perché non ricordo di averle ingerite? Ci sono anche tre bottiglie d'acqua vuote. Non ricordo neanche di averle bevute.
Mi alzo a sedere e la testa mi esplode in lancinanti fitte di dolore. Non ho più mal di pancia, ma mi sento ancora debole. Poggio un piede a terra e lo ritirò subito dopo. Il pavimento è cosparso di vomito. In alcuni punti è secco, in altri no. Scendo dall'altra parte e appoggio una mano sul muro. Fuori dalla finestra scorgo la tettoia dove ho lasciato nonno. Mi viene un nodo in gola e mi costringo a non piangere. Devo essere forte, come ha detto nonno.
Nel tardo pomeriggio mi sento un pochino meglio e la testa mi fa meno male. Ho mangiato tre scatolette di manzo e bevuto molta acqua. Nel sacco nero sono rimasti solo quattro scatolette di fagioli e due di tonno. L'acqua è quasi finita.
Nonno mi ha detto di andare a ovest. E poi ho sognato mamma che mi ha detto le stesse cose del nonno. Mi ha detto anche di seguire la strada per andare a scuola. Vorrei tanto sapere perché devo andare a ovest.
Nonna mi ha detto che i sogni sono desideri o paure. Il mio desiderio è di andare a ovest? Oppure è una mia paura? Più ci penso, più non capisco. Come può un sogno in cui c'è mamma, nonno e nonna essere una mia paura? Forse è solo un mio desiderio. Forse li incontrerò a ovest. Sì, deve essere così. Forse a ovest ci sono le nuvole e posso salirci sopra per andare da mamma.
Mentre vado a dormire, un forte boato scuote il pavimento e le pareti e una pioggia di polvere cadde dal soffitto di legno. Mi affaccio alla finestra e scorgo un bagliore rossastro sopra la volta degli alberi. La stesso bagliore che ho visto mentre la città bruciava.
Un secondo boato mi fa cadere a terra, i vetri delle finestre esplodono e una parte del soffitto crolla sul letto di mamma. Grido e mi precipito fuori, verso il bosco. Poi mi fermo e torno dentro per prendere il sacco nero. Quando esco di nuovo fuori, un altro boato mi fa cadere a terra e le cime degli alberi si piegano leggermente a destra. Le orecchie mi ronzano e una fortissima puzza di fumo e legno bruciato ammorba l'aria.
Corro senza guardarmi indietro, la testa che mi pulsa dal dolore. Voglio solo scappare da quei boati. Voglio solo mamma e nonno. Perché gli angeli non mi portano da loro? Rallento dopo una decina di passi e crollo di spalle in un cespuglio. La testa mi gira moltissimo e mi sento pesantissima. Mi addormento, la luna che filtra tra i rami.



10. Il suo cuore di burro non si sarebbe sciolto

Mi sveglio con una fortissima tosse secca. L'aria è un poco irrespirabile. La testa non mi fa più male e il calore del sole che filtra tra i rami mi accarezza le caviglie. Soffia un vento caldo e il cielo è azzurro come non lo è da tanto tempo.
Mi metto in piedi e mi guardo intorno. C'è un forte odore di legna bruciata, ma il bosco sembra intatto e sono vicina al laghetto dove io e mamma andavamo sempre. Non ci vado da quando lei è morta. Mamma mi manca tantissimo. Ho paura di scoppiare a piangere e di stare malissimo, se ci vado. E se rivedo di nuovo lo scoiattolo a cui ho dato la ghianda? Mi ricorderà mamma. E io non voglio piangere e stare male.
Afferro il sacco nero e mi incammino nella direzione opposta. Devo andare verso la scuola, come ha detto mamma. Devo andare a ovest. Non so cosa ci sia a ovest o se l'ovest è verso la scuola, ma nonno vuole che ci vada. E io penso che ci siano le nuvole. Devono esserci per forza. Il mio sogno è un desiderio. E nonna mi ha detto che i desideri si avverano, se ci crediamo tantissimo.
Dieci minuti dopo mi fermo davanti a una radura ridotta in cenere. Gli alberi sono carbonizzati e spezzati a metà e sottili fumi neri si elevano dal terreno annerito. C'è un forte odore di fumo e carne bruciata, come di pollo misto maiale. Al centro c'è un grande cratere da cui esce altro fumo e oltre una grande macchina strana con una cosa lunga e sottile in cima come un cannone dei pirati. Non ho mai visto una macchina del genere. Non ha nemmeno le finestre, ma una specie di portello aperto sulla parte superiore. E poi è tutta nera. Il fuoco l'ha mangiata come ha mangiato gli alberi.
Giro attorno al terreno annerito e sbarro gli occhi. Una persona giace a terra in una posa contorta. Ha la pelle tutta bruciata e si vedono tutti i denti e le ossa delle orbite degli occhi. Vomito per terra e mi allontano in tutta fretta. Ci sono altri corpi carbonizzati. Alcuni sono sepolti per metà nel terreno. Uno ha i pantaloni militari un po' bruciacchiati. Forse erano tutti soldati. Tutti cattivi, come quelli che hanno fermato me e nonno. E come papà che mi ha abbandonata con mamma e nonno. Lui è super cattivissimo, perché non mi vuole più bene.
Aumento il passo e mi inoltro nel bosco. Vomito un'altra volta, poi mi incammino verso la scuola con un dolore fortissimo alle costole. L'immagine di quei corpi carbonizzati ce l'ho davanti agli occhi come una foto. Più cerco di scacciarla, più mi tormenta. Mi torna in mente anche la donna che nonno ha travolto in città, la sua testa spiaccicata sul parabrezza e la ciocca di capelli biondi incastrata in una delle crepe. Nonno poteva aiutarla. Perché non l'ha aiutata? Poi la faccia di nonno con gli occhi sgranati come due grosse pesche, spazza via la donna e le persone carbonizzate. Se non gli avessi gridato in macchina, nonno non si sarebbe spaventato e il suo cuore di burro non si sarebbe sciolto. È tutta colpa mia. Mi sento tristissima.



11. Le nuvole si trovano a ovest e ci sono anche gli angeli

Mezz'ora dopo giungo davanti alla casa di una mia amichetta di scuola. Abita sulla strada principale che porta alla città. Lei e sua mamma sono sparite quando i soldati hanno invaso la città. Mamma mi ha detto che stavano bene, che si trovavano fuori dal paese quando sono arrivati i soldati, ma io non le ho creduto. La mamma della mia amichetta è molto povera. Non può andare fuori paese. I soldati sorvegliano i confini e non fanno entrare o uscire nessuno. Lo ha detto nonno a mamma. Ha detto pure che i soldati fucilano tutte le persone diverse dalla loro etnia. Io non so nemmeno cosa vuol dire etnia. È un paese?
Sicuramente la mia amichetta è morta come mamma e nonno. Forse tutti i miei amichetti sono morti. E loro non abitavano in Etnia, ma vicino a me.
Trattengo le lacrime e mi muovo attorno alla casa. Ha le finestre rotte e la porta d'ingresso spalancata. Ci sono moltissimi fori lungo le pareti di legno fino al tetto. Vorrei entrare dentro a controllare, ma non lo faccio. Ho paura. Forse ci sono i fantasmi. E se poi mi perseguitano?
Percorro velocemente il vialetto fino alla strada principale che conduce in città. La scuola è vicina. Ma una volta arrivata quale strada devo prendere? Nel sogno mamma mi ha detto di andare verso la scuola e poi proseguire dritto. Ma dritto, dove? Devo andare nella stessa direzione di ora? Le nuvole si trovano là? Forse vedrò degli angeli volare in cielo. Sì, deve essere così.
Un forte rombo mi fa sussultare. Uno strano uccello sorvola il cielo azzurro e mi nascondo dietro un muretto di pietra. Ne passano altri tre, poi sento il rumore di un auto. Sbircio dal muretto e spalanco gli occhi. Ci sono tantissimi soldati con grandi pistole e diverse macchine che svoltano l'angolo della collinetta in fondo alla strada. Non posso tornare indietro, o mi vedranno. Così mi trascino verso un cespuglio e mi nascondo tra quello e l'angolo del muretto.
I soldati mi passano accanto. Parlano un dialetto leggermente diverso dal mio, il loro accento è più marcato. Non è per niente simile a quello del soldato che ha fermato me e nonno al posto di blocco.
Io mi faccio piccola piccola con le lacrime agli occhi. Ho paura. Voglio mamma e nonno. Loro saprebbero cosa fare.
Resto ferma finché non sento più nessuno. Non so quanto tempo sia passato, ma non importa. Esco fuori e sbircio dal muretto. La strada è deserta. Tiro un sospiro di sollievo e mi incammino lungo il muretto. Poi tra un albero e un altro e alla fine mi fermo.
La città è davanti a me, ma la strada è sorvegliata dai soldati dietro sacchi di sabbia. La scuola è quasi alle loro spalle, accanto alla chiesa. Un soldato è affacciato sul campanile che svetta sugli edifici in rovina. Se esco da dietro l'albero mi vedrà di sicuro.
Così torno vicino casa della mia amichetta e faccio un giro lunghissimo attorno alla città. Passo da un albero all'altro e poi seguo un sentiero di campagna che mi porta accanto alla strada asfaltata. Mi blocco. Più avanti ci sono altri soldati. Non so cosa fare. La città sembra impenetrabile.
Mi siedo con la schiena contro un albero di pino e pesco una scatoletta di tonno dal sacco nero. La apro e la mangio con le mani sporche di terra, l'olio mi cola un po' sui pantaloni.
Scoppio a piangere. Mamma e nonno mi mancano tantissimo. Penso sempre a loro. Sempre. Cerco di non farlo, di essere forte come mi ha detto nonno, ma non ci riesco. Mi sento sola e triste. Voglio che gli angeli mi portino sulle nuvole con mamma e nonno. So che loro mi guardano da lassù insieme a nonna, ma io non voglio che mi guardino e basta. Io voglio stare con loro. Non me ne faccio niente degli sguardi. Voglio le carezze di mamma. Voglio stare di nuovo con mamma e nonno. Voglio che tutto torni come prima. Voglio vedere mamma e nonno seduti davanti al camino che parlano di cose banali e nonna che ride e prende in giro nonno.
Una volta mamma mi ha detto che prima che nascessi, non c'era la guerra. Tutti vivevano in pace e la sera uscivano per fare una passeggiata e mangiare un gelato. Io le ho detto che cos'è un gelato e lei mi ha sorriso. Poi, con un bacio in fronte e un abbraccio, mi ha promesso che mi avrebbe fatto assaggiare un gelato. Ma ora è morta.
Lei me l'ha promesso, però. Non è giusto. Voglio mangiare il gelato con mamma.
Singhiozzo e mi rannicchio ai piedi dell'albero. Non sono forte. Non lo sono mai stata. Nonno doveva capirlo. Non doveva lasciarmi da sola. Doveva dire agli angeli che io non sono forte, così loro avrebbero capito e nonno non sarebbe volato in cielo. Dovevano capirlo anche di mamma. Io avevo bisogno di lei. Lei era tutto per me. Perché gli angeli sono così cattivi? Perché?! Perché? Perché?
— Chi c'è là dietro? — chiede una voce da uomo dietro l'albero. Ha un accento molto pesante.
Sbarro gli occhi e stringo le braccia attorno alle ginocchia.
— Vai a controllare! — dice la stessa voce.
Io prendo il sacco nero, lo svuoto e me lo infilo in testa e poi lungo tutto il corpo. Non voglio che mi vedano. Forse così sarò invisibile. Penseranno che...
Il sacco nero si solleva di forza sopra la mia testa e un soldato giovane mi punta la grande pistola.
Io lascio partire un gridolino e mi rannicchio su me stessa, la testa affondata nelle spalle, gli occhi che scrutano dietro le fessure delle dita.
— È una bambina — dice il soldato giovane con l'accento del primo.
L'altro soldato si piazza davanti a me e mi squadra per mezzo secondo . — Quindi? Uccidila! — Si allontana.
Sbarro gli occhi con il cuore che mi batte in gola.
— Ma è una bambina! — dice il soldato giovane.
— Ti ho dato un ordine, soldato!
— Non...
— Obbedisci!
Il soldato giovane mi punta la grande pistola alla testa. I suoi occhi sono lucidi, le sue mani tremano.
Lo fisso per un secondo, poi scatto in piedi e corro nella direzione opposta con un nodo in gola. La testa mi formicola e ho la bocca secchissima. Non so dove abbia trovato la forza di scappare. E come se non avessi più il controllo del mio corpo.
Poi sento un tuono e un bruciore dietro la spalla. Un bruciore intenso che diventa sempre più insopportabile. Crollo in avanti. Piango e grido dal dolore. Mi fa malissimo. — Mamma! Mamma!
Il soldato giovane e l'altro mi raggiungono in un attimo. Quello giovane ha le lacrime agli occhi e la mano destra gli trema moltissimo.
L'altro ha una pistola in mano. — Adesso finiscila tu!
Io continuo a gridare. La spalla mi fa malissimo e mi brucia. — Mamma...
Il soldato giovane fa un passo in avanti e solleva un poco la grande pistola con il viso rigato dalle lacrime.
— Mamma... — bisbiglio in lacrime, le labbra sporche di muco. Mi fa male tutto.
Il soldato giovane trema e dietro di lui scorgo tre sagome sfocate. Superano lui e l'altro soldato e mi raggiungono.
Sgrano gli occhi. Sono mamma, nonno e nonna. Mamma si piega su di me e mi accarezza il viso con un sorriso. Nonno e nonna mi guardano e mi sorridono anche loro. Persino nonno mi sorride. Non ha il broncio come al solito, ma è molto felice. E poi dietro di loro ci sono delle strane creature contorte con le ali e tanti occhi. Sono gli angeli? Sono venuti per me? Vogliono portarmi sulle nuvole con mamma, nonno e nonna? Hanno capito che sono triste? Che voglio stare con loro?
Le sagome di tutti loro si sfocano per un momento quando il soldato cattivo spinge via il soldato giovane. — Codardo! Non sai nemmeno sparare a una bambina!
— Mamma... — sussurro, impaurita — Voglio venire con te. Non lasciarmi da sola. Non voglio stare da sola. Ho paura. Portami con te.
Lei mi accarezza la guancia. È così bella. La sua pelle è molto liscia e sembra emanare un bagliore caldo e rassicurante. Anche nonno e nonna e le strane cose contorte con le ali e tanti occhi emanano quella luce. Mi guardano e io guardo loro.
Il soldato cattivo mi punta la pistola.
Nonna ha ragione. I sogni sono desideri. E il sogno mi ha portato da loro. Le nuvole si trovano a ovest e ci sono anche gli angeli.
Sono così felice di...
   
 
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