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Autore: Angel TR    23/09/2023    7 recensioni
Due luoghi differenti, due persone differenti, gli stessi ultimi scorci d'estate.
#1: Perché lui ha ancora una famiglia e io no?
#2: Quelle cose si dicevano sottovoce, in un sussurro...
Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hwoarang, Jin Kazama
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ashes denote that Fire was'
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Agosto



*


1# Papà


Salt air, and the rust on your door
I never needed anything more




Yakushima, Quinta Edizione del Torneo del Pugno di Ferro

Le onde, sottili linee che increspavano il mare altrimenti cristallino del porto di Miyanoura, si infrangevano sulla battigia, seguendo il movimento dei suoi pensieri tempestosi.
A voler essere sinceri, se la marea avesse dovuto sincronizzarsi con la sua mente in tumulto, avrebbe dovuto scatenarsi uno tsunami di proporzioni epiche, abbastanza violento da spazzare via l'intera isola di Yakushima. Spazzare via il suo passato che racchiudeva la sua pacata vita tra gli alberi di cedro, spazzare via il centro dove la mamma aveva prestato servizio, spazzare via ogni traccia di lei, spazzare via il resto della sua esistenza lì trascorsa – la scuola, i bulli, i progetti per il futuro, i terribili manicaretti della mamma che lui ingoiava a fatica, fingendo entusiasmo ma fallendo miseramente.
Aveva rivisto uno dei bulli che l'avevano torturato durante la sua adolescenza – il più grosso di tutti, il più violento, quello che gli aveva detto che avere il cognome della mamma equivaleva essere figlio di puttana; come se un uomo rendesse automaticamente degna e rispettabile una donna e la sua progenie. L'aveva rivisto passeggiare in piazza, mano nella mano con una ragazza dal sorriso luminoso, e per un attimo un'invidia profonda, oh, così profonda si era sprigionata in lui, avvelenandogli il cuore e la mente, risvegliando maliziose melodie.
Perché lui, un bullo senza né arte né parte che ha reso la mia vita qui un inferno, che ha insultato la mamma e chissà che altro, deve essere così felice? Che diritto ha lui? Perché lui sì e io no? Perché lui ha ancora una famiglia e io no?, aveva pensato e qualcosa, qualcosa di oscuro doveva avergli macchiato le iridi limpide perché il bullo era rabbrividito e la ragazza si era stretta al suo braccio, impaurita, nascondendosi dietro il corpo ancora pingue eppure, per lei, eroico del suo fidanzato.
Erano entrambi spaventati, si era reso conto Jin, ed erano spaventati da lui. Ah, com'erano cambiate le cose!, aveva riflettuto, amaramente divertito, suo malgrado. Una volta, quel ragazzo era stato il suo terrore – per carità, avrebbe dato qualunque cosa per far sì che quel patetico bulletto tornasse a essere la sua maggiore preoccupazione; al tempo, purtroppo, non avrebbe mai potuto immaginare cos'aveva in serbo per lui la vita –, in quel momento, invece, lo aveva osservato come se fosse un predatore a caccia e lui fosse la sua preda.
Nella sua testa, era passato in un rapido flash la visione del demone che si leccava le labbra, pregustando il pasto. L'immagine l'aveva disgustato e Jin si era riscosso. Si era accorto solo allora che il bullo aveva allargato un braccio per proteggere la compagna dietro di sé e, quando gli occhi di Jin caddero sul particolare angolo che il braccio grassoccio ma possente del ragazzo aveva formato, si era reso conto che non stava proteggendo solo la ragazza ma anche la leggera rotondità che gonfiava il suo vestitino di cotone.
Era incinta.
Jin aveva sollevato di scatto lo sguardo per guardarla in viso.
Sai cosa diceva lui, quest'uomo con il quale stai per avere un figlio, di mia madre, di me?, aveva pensato, e aveva pensato di dirglielo davvero giusto per il gusto di rovinare quel dolce quadretto familiare, giusto per dare al bullo un assaggio degli smacchi che gli aveva dato in gioventù, di ciò che tutti loro avevano fatto passare alla mamma… ma poi aveva visto il viso della ragazza farsi bianco. Aveva circa la sua età, circa la stessa età che aveva la mamma quando aspettava lui, e quel dato l'aveva colpito immensamente. La mamma era solo una ragazzina quando l'aveva messo al mondo; immaginandosi nelle sue condizioni, Jin non poteva minimamente immaginare di essere capace di dare la luce a un'altra vita. Era un atto eroico quello, che andava ben oltre le sue possibilità.
E allora il suo sguardo si era addolcito e, finalmente, il suadente flauto del demone si fu acquietato. La ragazza aveva dovuto percepire il cambiamento nel suo stato d'animo perché si era rilassata e gli aveva rivolto un sorriso timido.
«Allora devi essere tu il famoso compagno di classe del liceo. Haruto-kun mi ha parlato molto di te…» si era leccata le labbra, visibilmente imbarazzata. «Sai, lui è cambiato ed è molto dispiaciuto delle cattiverie che ha detto su di te e sulla tua famiglia. Me lo dice tutte le sere: ah, Minako-chan, vorrei solo poter chiedere scusa a Kazama-san!» gli aveva raccontato, recitando le esatte parole del fidanzato.
Al suo fianco, il bullo si era agitato appena, attirando la sua totale attenzione, e Jin si era finalmente deciso a osservarlo. Sfoggiava ancora le cicatrici dell'acne giovanile sul viso rubicondo ma il suo sguardo era più maturo, più pacato, la vecchia rabbia incontrollata dell'adolescenza finalmente spenta, sostituita da un'altra fiamma più dolce, meno distruttiva. Aveva sollevato quegli occhi da futuro giovanissimo padre di famiglia su di lui e l'aveva guardato, l'aveva guardato davvero, accogliendo nelle sue iridi tutto ciò che componeva Jin.
E quindi si chiamava Haruto – Jin nemmeno lo sapeva, ai tempi era solo "il bullo grosso" ma, considerando le circostanze, lo ritenne un nome che ben rappresentava la trasformazione da ragazzino brutale a uomo responsabile. "Volare verso il sole" doveva proprio voler dire quello: innalzarsi dalle brutture terrene, dalla solitudine, dalla furia cieca, per finalmente approdare su lidi sereni, essere accolti dalla propria famiglia al rientro da una dura giornata di lavoro, sentire i battiti del cuore regolarizzarsi, sentirsi avvolti dal calore e dai profumi di casa. Sì, doveva proprio voler dire quello.
«Già, ha ragione. Kazama-san, mi dispiace veramente tanto, per tutto. Ho saputo…» aveva lasciato il discorso in sospeso e Jin aveva scosso la testa, liquidando la faccenda.
«Non ti preoccupare. L'importante è che tu sia cambiato... puoi chiamarmi Jin, dài. Auguri per tutto» gli aveva rivolto un accenno di sorriso sentito.
Come non meravigliarsi davanti alla forza creatrice di una nuova vita, nonostante la sua di vita stesse andando completamente alla deriva e stesse probabilmente per concludersi in un patetico, deludente finale?
A quel pensiero, Jin inspirò profondamente, godendosi gli ultimi scampoli d'estate, gli ultimi scampoli di agosto – il mese del suo compleanno! –, che, beffardamente, coincidevano anche con gli ultimi stralci di vita che gli restavano. Si stese sulla schiena, seppellendo una parte del corpo nella sabbia fredda, sperando di poter diventare un tutt'uno con essa, con la natura selvaggia e incontaminata dell'isola di Yakushima.
L'incontro con il bullo gli aveva ricordato che, malgrado le sue tragedie personali, la vita andava avanti, la gente viveva e amava e ciò gli aveva dato un nuovo scopo: Jin avrebbe sacrificato qualsiasi cosa perché il mondo continuasse a girare e la gente a vivere, in tutta sicurezza, senza la minaccia che il suo sangue maledetto rappresentava.
La mamma sarebbe stata fiera di lui.


Back when we were still changin' for the better
Wanting was enough


2# Segreti




In un angolo imprecisato del Giappone, Ottava Edizione del Torneo del Pugno di Ferro

Lo sguardo cristallino di Lars Alexandersson lo scrutava attentamente, scandagliando le profondità del suo essere. Hwoarang cercava di evitarlo in tutti i modi – un po' scostandosi un ciuffo ribelle dagli occhi, un po' dandosi un tono, un po' giocherellando con il pesce che arrostiva in bilico sotto a un falò di emergenza su una lingua di spiaggia. Già, perché in quel l'avventura alla ricerca di Jin Kazama – stupido Kazama –, le sue abilità da ragazzotto di strada e quelle di leader di un'armata di ribelli si stavano rivelando particolarmente utili.
Ti piace il pesce alla Hwoarang, Mishima vichingo?
Si riprese per aver pensato a Lars in quei termini. A volerla dire tutta, quel tempo speso con lui gli aveva dato modo di scoprire il lato leale e coraggioso dell'uomo; adesso Hwoarang capiva perché centinaia di uomini avevano voltato le spalle alla Zaibatsu, rischiando le proprie vite, pur di seguirlo. Probabilmente, Lars Alexandersson era l'unico Mishima degno di essere salvato – oltre Jin.
Si maledisse mentalmente. Stupido Hwoarang, sempre a pensare a quel musone depresso.
«Ancora non mi hai detto perché vuoi aiutare tanto Jin. E non spararmi la storiella della rivincita che non me la bevo» ruppe il silenzio Lars, nella sua voce una nota di comando che non sarebbe mai riuscita ad abbandonare, talmente era calato nel suo ruolo di leader.
Il dolce scoppiettare del fuoco scandiva il ritmo dei pensieri di Hwoarang. Si schiarì la gola. «Voglio semplicemente aiutare, così sarò studiato un giorno dai ragazzini nelle scuole, ok?» sputò tra i denti; nel momento stesso in cui uscirono le parole, Hwoarang seppe di aver commesso un errore. Insomma, sono una grande stronzata persino per me.
Inspirò profondamente e lanciò un'occhiata pietosa verso Lars, un'occhiata che implorava di non insistere e rigirò il pesce allo spiedo. Il generale inarcò un sopracciglio.
«Hwoarang… io sono innamorato di un androide. Credi che potrei mai giudicare qualcun altro?» disse a voce alta, ferma, scandendo bene le parole.
A Hwoarang si mozzò il fiato: quelle cose si dicevano sottovoce, in un sussurro, affinché le trasportasse via la brezza estiva; e invece Lars le aveva pronunciate per bene, ad alta voce, indomito, senza paura.
«Io non…» biascicò, in un estremo tentativo di erigere uno scudo che fallì miseramente quando Lars gli poggiò una mano sulla spalla in un tocco fraterno, disintegrando ogni sua difesa. Hwoarang sollevò lo sguardo, quasi intimidito dalla possibile reazione dell'uomo, ma il suo viso, illuminato dalle fiamme del falò, mostrava solo comprensione.
Lars non disse nulla più e ad Hwoarang andava bene così.


For me, it was enough
To live for the hope of it all

Taylor Swift - August


N/D: questa sciocchezzuola così, insomma, giusto per, in attesa di un rinnovo della seconda stagione dell'anime, altrimenti non so, boh.
La prima parte si ricollega alla flash "Dov'è papà?", la seconda è semplicemente Hwoarang che fa Hwoarang, rinnegando la qualunque.
Ma c'è gente che pubblica oltre me??? Incredibile!!

  
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