Anime & Manga > Haikyu!!
Ricorda la storia  |      
Autore: Vibesbygin    07/10/2023    0 recensioni
Il torneo primaverile è arrivato, l'Inarizaki è pronto a giocarsela ma il suo più talentuoso giocatore non si sente bene e ciò lo porta a giocare la peggior partita di sempre. Riuscirà a riprendersi?
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Osamu Miya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Viaggiare era una delle cose che i ragazzi più giovani amavano fare. Avere la possibilità di poter scoprire nuovi luoghi, assaggiare nuove pietanze e conoscere nuove persone era una novità che non tutti potevano permettersi. Certo, è vero che a volte era stancante intraprendere lunghi viaggi, ma arrivati a destinazione tutta la fatica veniva ripagata dalla voglia di esplorare il nuovo posto. Per Atsumu però non era così facile pensarla così. Secondo lui due ore di treno erano più infernali di un compito in classe, per non parlare del fatto che a lui non interessava niente della città dove era diretto. Il suo unico obiettivo era quello di vincere una competizione e di portarsi a casa la soddisfazione guadagnata. Sarebbe andato tutto secondo i piani, se in quel treno non ci fosse stato suo fratello.

A volte doveva proprio ammetterlo, sarebbe meglio una spina nel fianco che dover avere a che fare con uno come lui. Era incredibile, ma per qualsiasi piccola cosa i due riuscivano a litigarci su, finendo quasi col prendersi a botte. Infondo tutti i fratelli spesso e volentieri litigano, perciò è normale un rapporto del genere. Ma sul serio, per quanto quei due litigassero per idiozie, Suna era completamente sicuro che qualcosa non andava in loro. In due anni di liceo erano rare le volte dove i due si parlavano con gentilezza o non cercavano di darsi fastidio a vicenda; chissà che combinavano dentro casa. Magari nelle mura della loro stanza erano i più angelici gemelli mai visti, ma non a scuola. Per grazia di Dio però l’inarizaki oltre ad avere questa fastidiosa relazione fraterna, aveva con sé un angelo mandato dal cielo. Kita era l’unico che riusciva a mettere fine a tutte le discussioni dei due ragazzi, facendo così tornare la pace o almeno la tregua per un po’. Ed è proprio grazie a Kita che in questo lungo viaggio verso Tokyo i due non si fossero picchiati.

Ho detto bene, la piccola squadra della prefettura di Hyogo, conosciuta come la seconda più forte del paese, era diretta verso la grande capitale per affrontare un torneo molto importante. Sarebbe dovuto essere quello il loro pensiero fisso della giornata, invece i due gemelli preferirono litigarsela per un’idiozia. Come spesso capitava Atsumu era molto rigido sulla pallavolo e il solo vedere Osamu non impegnarsi abbastanza lo faceva arrabbiare. Osamu in sua difesa non aveva quel grande sentimento verso quello sport perciò era difficile comprendere il comportamento del fratello. Eppure Atsumu era fin troppo infastidito. Anche se Kita era arrivato lì a mettere il punto su quella discussione, Atsumu sentiva come una morsa al cuore che lo preoccupava e infastidiva.

Arrivati a Tokyo la maggior parte della squadra fu incuriosita dalla città, mentre camminavano per quelle viette alzavano lo sguardo al cielo incontrando solo i grandi grattacieli sopra di loro. Non erano abituati a questa grande città, la loro prefettura era molto periferica. L’unico a cui davvero non importava niente era proprio Atsumu. Quel dolore al petto che lo accompagnava stava diventando fastidioso e lo stava rendendo malinconico. Non era abituato ad avere problemi d’umore, soprattutto prima di una partita. Era sempre stato quello più sicuro di tutti gli altri, quello pronto a vincere e che riusciva a dare il meglio sempre. E se quella volta non ci fosse riuscito?

Dopo venti minuti di camminata ed un passaggio sulla navetta, la squadra arrivò nel dormitorio. Era un piccolo edificio che ospitava poche camere, abbastanza per una ventina o più di ragazzi. Non sarebbe stato comodo dormire tutti nella stessa stanza con i letti praticamente vicini, ma non potevano sicuramente pretendere un hotel a cinque stelle. Ad ogni modo il giorno dopo avrebbero avuto la loro prima partita, perciò Kita ricordò loro di mangiare un pasto caldo prima di andare a dormire e di riposarsi per bene per essere carichi la mattina dopo. Atsumu pensò che il suo problema si potesse risolvere dopo una dormita, non c’era niente di meglio infondo.

Quel torneo tanto atteso e ambito finalmente era arrivato. Probabilmente l’Inarizaki se n’era accorto non appena mise piede dentro quell’edificio, ma non era la prima volta. Per una squadra talmente forte come la loro ormai sembrava normale arrivare fino a quel livello, ormai non sentivano quell’adrenalina come la prima volta. Era una sensazione ormai conosciuta per bene, non come quella che stava dando problemi al biondo. Neanche dormire riuscì a risolvere quel problema. La malinconia iniziò a portare anche delle paranoie ad Atsumu, cose a lui sconosciute. Per un ragazzo tanto sicuro di sé, quello era un sentimento nuovo che adesso lo distraeva e basta.

Riuscirò a giocare? Non scherziamo, devo riuscirci.

Era questo che continuava a ripetersi, ma questa sua finta convinzione non funzionava e ne ebbe la conferma direttamente in campo. La prima partita del torneo, la più facile no? Era sicuro che l’Inarizaki avrebbe vinto, non si può competere la seconda squadra più forte del paese con una appena arrivata quell’anno. Infatti le volpi riuscirono a passare, eppure era evidente che qualcosa non andava. La loro carta vincente, il loro prodigio, il grande alzatore talentuoso prossimo alla nazionale giovanile aveva giocato la peggiore partita mai giocata in vita sua. Le alzate erano scomposte, le sue ricezioni quasi del tutto sbagliate e non riuscì a fare più di due ace. Tutti se ne accorsero, i suoi compagni, i suoi avversari, il pubblico. Ed ora non c’era nient’altro di cui si parlava, la notizia che l’alzatore più talentuoso del torneo fosse a pezzi arrivò alla bocca di tutti ed era impossibile non gioirne. Forse quest’anno l’Inarizaki non avrebbe vinto il torneo e c’era la speranza per altre piccole squadre. Forse Atsumu era troppo sopravvalutato ed il suo talento era sparito. Insomma, se ne dicevano di tutti i colori. Persino i suoi compagni di squadra non capivano cosa fosse successo, non fecero in tempo nemmeno a chiederlo ad Atsumu che quest’ultimo scappò dal campo non appena finita la partita.

Non avrebbero avuto altre partite perciò in quel momento era libero di andare dove voleva, il problema era che voleva scappare di lì. Gli occhi delle persone erano puntati solo verso quel biondo dal giacchetto rosso che camminava a testa bassa per i corridoi dell’edificio. Non era da lui abbassare il viso, non era da lui nemmeno scappare. Chiunque conosceva Atsumu Miya era sicuro che fosse una persona arrogante, pronta ad avere l’ultima e a non mostrarsi mai e poi mai debole. Alle critiche rispondeva a tono, non si lasciava intimidire e a chiunque lo ritenesse incapace riusciva a fargli capire il contrario. Quella volta però non sembrò in lui. Con la testa china cercava di evitare tutti quegli sguardi e quelle conversazioni alle sue spalle che lo definivano un “fallito”. C’era chi ne parlava ad alta voce davanti a lui, chi cercava di nasconderlo sussurrando e chi invece si piazzò proprio davanti a lui impedendogli di proseguire la camminata.

Atsumu si fermò, questa volta alzò leggermente il capo per vedere negli occhi i suoi avversari. Anche se i suoi occhi erano spenti e molto infastiditi, non ebbe paura di mostrarli. Anche se si sentiva davvero debole, non voleva sembrare patetico. A fermarlo furono due ragazzi di un’altra squadra e se la memoria del biondo non sbagliava, l’Inarizaki li aveva sconfitti molte volte. Probabilmente avere il coltello dalla parte del manico li faceva sentire meglio, finalmente potevano mettere con le spalle al muro il biondo.

« Non ricordavo che Miya Atsumu fosse così scarso, eppure sei stato chiamato per la nazionale giovanile non è così? » disse in maniera arrogante il ragazzo.

« Siete riusciti a vincere solo perché la tua squadra ti ha guidato, se non fosse stato per quello avreste perso! » aggiunse quello accanto.

Pur infastidito Atsumu non aprì bocca. Sentiva di non potersi difendere perché avevano ragione su tutto. Aveva fatto davvero schifo e se non fosse stato per la sua squadra non avrebbero nemmeno vinto. Non che fosse solo lui a portare alla vittoria la squadra, ma senza un buon alzatore non c’era nulla da fare. Era come se una casa non avesse le fondamenta, da sola non può reggersi in piedi.

« Se non sai giocare allora sarebbe stato meglio mandarti in panchina. »

Atsumu sgranò gli occhi ed il petto sembrò bruciare ancora di più. Quella frase, anche se pronunciata dal uno dei due ragazzi, risuonò nella mente di Atsumu come pronunciata da suo fratello. Gli si spezzò il cuore, pensare a quante volte era stato lui a dire “sei una nullità, era meglio far giocare qualcun altro” ad Osamu lo faceva stare male. Solo adesso riusciva a rendersi conto di quanto facevano male quelle parole. Quel dolore al petto era sempre più doloroso.

La pallavolo era una parte fondamentale della vita di Atsumu. Non era solo uno sport, era un sentimento che ogni volta che giocava lo faceva stare bene, lo rendeva felice. E se Atsumu era riuscito a diventare così forte, era perché amava davvero ciò che faceva. Avere l’opportunità di migliorare, di svolgere tornei come quelli e giocare partite sudate e combattute con giocatori ancora più forti di lui, lo incitava a continuare. Quando arrivò la notizia che era promesso alla nazionale giovanile, quello fu il segnale che gli fece capire che tutte le sue fatiche erano state ripagate e che di quella grande passione poteva farne un lavoro.

E adesso cosa ne sarebbe stato di lui? Perché il suo corpo non funzionava come sempre ed il suo cuore non smetteva di far male?

« Adesso smettetela. »

Una voce a lui familiare sembrò arrivare in suo soccorso, scacciando via quei cattivi pensieri e acquisendo l’attenzione dei due ragazzi avanti a lui. Atsumu decise di non voltarsi, aveva già sentito quella voce ma era anche sicuro che non era nessuno della sua squadra. Forse in qualche intervista, qualcuno che gli capitava spesso di incrociare al torneo o forse ne aveva già avuto a che fare in passato. Solo quando vide quella schiena pararsi davanti a lui riuscì a capire chi fosse, sorprendendosi così tanto da rimanere quasi a bocca aperta.

Era alto e imponente, indossava un giacchetto giallo e verde e aveva dei riccioli neri. Ora era impossibile da distinguere. Uno dei migliori schiacciatori del paese, per lo più nella squadra più forte del torneo, lo stava difendendo. Quel ragazzo era Sakusa Kiyoomi.

« Non si prende gioco di qualcuno solo perché debole, è umano. »

La sua voce trasmetteva una serietà glaciale, più del normale. Atsumu non poteva vederlo, ma i suoi occhi erano freddi e severi. Il volto coperto da una mascherina. Quel ragazzo aveva sedici anni, eppure sapeva farsi rispettare in modo sbalorditivo. I due ragazzi davanti a lui rimasero impietriti, finché uno dei due non si scusò a bassa voce per poi andarsene insieme all’altro. La scena venne vista anche dalle persone lì attorno, ma non appena videro la serietà di Sakusa fulminarle con lo sguardo, ognuno tornò a pensare a tutt’altro, come facendo finta che lui e l’alzatore non esistessero.

Rimasero Sakusa e Atsumu lì, nel bel mezzo del corridoio. L’alzatore sembrò senza parole, adesso oltre a non capire cosa gli prendesse, iniziò a chiedersi cosa fosse successo a quel ragazzo lì. Per quel poco che conosceva di Sakusa Kiyoomi sapeva che era un tipo che evitava il contatto umano, che fosse fisico o sociale. Cosa voleva da lui? Aveva mandato via quei due per prendersi il gioco di lui in privato? Anche se fosse Atsumu non sarebbe stato in vena di ribattere. Non disse niente, né un grazie né chiese il perché di quel gesto. A parlare fu il moro.

« Al ritiro della nazionale non eri così scarso. » commentò con voce fredda e distaccata il ragazzo più alto.

Spostò il suo sguardo su Atsumu, rendendosi quasi conto solo in quel momento che aveva davvero qualcosa che non andava. L’alzatore aveva un’espressione quasi disperata, stringeva una mano sul petto come per contrastare qualcosa ed i suoi occhi si riempirono di lacrime che non intendevano scendere.

A quell’immagine Sakusa rimase quasi sbalordito. Non aveva fermato quei ragazzi perché gli importasse di Atsumu, ma perché non sopportava l’arroganza delle persone. Li avrebbe fermati chiunque fosse stata la vittima. Però guardando la condizione del biondo si sentì come obbligato a doverlo aiutare. Quello non era lo stesso ragazzo che aveva visto un mese prima al ritiro e adesso se ne stava rendendo conto non solo in ambito sportivo, ma anche dal punto di vista emotivo. Non conosceva Atsumu prima del ritiro, ne aveva sentito solo parlare su qualche rivista di pallavolo, ma quando lo vide quella volta pensò che fosse molto fastidioso. Si comportava in modo gentile e disponibile con tutti, ma era chiaramente visibile che quella fosse una maschera. La cosa che lo colpì di più era vedere che sul viso di quel ragazzo c’era sempre un sorriso stampato. Che fosse ironico, finto o cattivo, non lo aveva mai visto triste. Cercava di conversare con tutti, si sforzava di essere amichevole e dava il massimo nel campo. Quello non sembrava proprio lui.

Sakusa non era una persona generosa, non era conosciuto per la sua gentilezza o simpatia, ma solo per il suo talento. Nessuno poteva ritenere di aver mai avuto una vera e propria conversazione con lui, e a lui andava bene così. Non aveva intenzione di voler aiutare qualcuno solo perché non riusciva ad eccellere nella pallavolo. Se non ci riesci significa che non ti alleni abbastanza, così la pensava. Ma non poteva usare di certo questa logica con uno degli alzatori più forti del torneo, se non il più forte. Se era arrivato lì c’era un motivo, in più Sakusa lo aveva visto giocare e sapeva che era forte. Non lo avrebbe mai ammesso, ma in quel momento Atsumu gli fece molta pena e si sentì in dovere di fare qualcosa.

Atsumu non ebbe il coraggio di guardare verso il ragazzo davanti a sé. A testa bassa cercava di nascondere quella parte debole che stava uscendo, cercò di trattenere le lacrime il più possibile e di far cessare quel dolore al petto. Farsi vedere in quello stato davanti ad uno dei suoi più grandi rivali era davvero imbarazzante, ma era così spaventato che non fece nemmeno un passo. In quel momento voleva scomparire dalla faccia della terra.

« Seguimi. »

Fu l’unica cosa che riuscì a dire Sakusa prima di cominciare a camminare e, senza avere scelta, Atsumu decise di obbedire. L’alzatore non alzò la testa, camminò a testa bassa per nascondere il suo viso dalle persone lì presenti. L’altro invece sembrò sicuro di dove stesse andando, come al solito la sua figura risultava fredda e severa. Passarono i minuti e dopo una camminata piuttosto lunga i due arrivarono in un punto cieco. Un corridoio praticamente vuoto con un’uscita di sicurezza in fondo. Solo in quel momento Atsumu fu sicuro di poter alzare il volto, poiché il luogo era praticamente isolato. Anche se aveva faticato per non permetterlo, le lacrime erano riuscite a rigargli il viso essendo ancora più visibili.

Essere arrivati lì non fu un colpo di fortuna, Sakusa conosceva quel luogo molto bene. Il primo anno di torneo ricordò la paura ed il disagio nel dover avere a che fare con un edificio colmo di persone. Le varie folle lo facevano stare male ed il suo capitano riuscì ad indicargli un luogo isolato nel quale rifugiarsi dopo le partite. Non era sempre solo, a fargli compagnia a volte c’era suo cugino Komori. Ma non questa volta.

La prima cosa che Atsumu fece fu sedersi con la schiena al muro ed affondare il volto tra le braccia posate sulle ginocchia, come per chiudersi a riccio. Era in parte sollevato che non ci fossero altre persone, ma voleva scomparire. Dopo aver infangato il nome della sua squadra, rischiato di perdere al primo girone, esser sembrato un idiota davanti a tutti, l’unica cosa che voleva era nascondersi.

Quel suo attimo di “pace” dal mondo intero svanì quando sentì qualcosa di plastica aprirsi. Alzò leggermente il volto, solo per permettere agli occhi di guardare oltre alle sue braccia incrociate, e vide un fazzoletto appena porto davanti a lui.

« Non fare il cane bastonato. » commentò il ragazzo in piedi mentre lo guardava dall’alto.

Atsumu non professò parola e decise di prendere quel fazzoletto, usandolo per asciugarsi il viso da quelle maledette lacrime. Sakusa si sedette accanto a lui con un’adeguata distanza, appoggiò la schiena al muro di poco e serrò le mani nelle tasche del giacchetto. Sembrò indeciso su cosa dire, consapevole che Atsumu non avrebbe parlato. In parte non poteva biasimarlo, sembrava come un incubo.

« Ho intenzione di scontrarmi con la tua squadra, perciò vedi di tornare in te e giocare come devi. Non voglio partite troppo semplici. »

Quelle parole sembravano dure e insensibili, ma erano solo un modo per nascondere la preoccupazione del moro. Sperava che continuando a parlare Atsumu avrebbe avuto il coraggio di dirgli qualcosa, e per quanto Sakusa non fosse di molte parole cercò di continuare a trovare pretesti per parlare. Ma non si sarebbe mai permesso di risultare troppo sensibile o comprensivo.

« Al ritiro non eri così. » disse lo schiacciatore volgendo di poco lo sguardo verso Atsumu per poi tornare a guarda il pavimento.

L’alzatore aveva lo sguardo fisso davanti a sé, il fazzoletto accartocciato in mano ed il volto completamente spento. Non credeva che Sakusa lo avrebbe potuto aiutare, ma doveva parlare con qualcuno ed ora l’unico disposto ad ascoltarlo era solo lui.

« Da ieri ho una strana sensazione. » la voce spezzata di Atsumu acquisì immediatamente l’attenzione di Sakusa, tanto che si voltò per sentirlo. « Un dolore al petto che non mi lascia vivere. È come se fosse un peso di cui non riesco a liberarmi. »

Detto in quel modo sembrava che l’alzatore stesse soffrendo molto. Un dolore di cui non riusciva a liberarsi era come una palla al piede che gli rendeva impossibile camminare. Sicuramente era qualcosa di emotivo, doveva essere successo qualcosa.

« Non hai idea da dove derivi questo dolore? » chiese Sakusa risultando chiaramente interessato alla questione.

In risposta Atsumu scosse leggermente la testa.

« Da quando abbiamo preso il treno lo sento.» disse semplicemente.

« Forse sei ansioso per il torneo. » Sakusa si sentì quasi stupido nel chiederlo ed infatti se ne pentì subito di averlo detto.

Atsumu lo guardò come se stesse scherzando e rispose con un “Si vede proprio che non mi conosci”. In quel momento sembrò che il solito Atsumu fosse tornato, ma tornò subito a spegnersi. Non sapere cosa gli stava succedendo lo stava mandando al manicomio.

« La pallavolo è tutto ciò che conta nella mia vita, non riuscire a dare il massimo mi fa sentire una nullità e le nullità non meritano di giocare. » commentò in maniera sprezzante Atsumu.

Era sempre stato evidente che per Atsumu vincere era l’obiettivo che contava di più e la cosa che odiava di più era perdere. E quando perdeva non ne aveva per nessuno. Se qualcuno aveva giocato male glielo faceva notare più e più volte, lo sottolineava. Per questo spesso e volentieri lui ed Osamu finivano col litigare. Adesso che la causa della brutta partita era lui, non aveva pietà. Durante tutto il mach si insultava nella mente, si malediva per non andare bene ed era consapevole di non meritare di entrare in quel campo. Non meritava nemmeno di indossare la maglia da gioco.

« Hai ragione non ti conosco, ma si vede che sei arrogante persino con te stesso. Come pretendi di giocare bene se hai questa mentalità. » disse con serietà Sakusa guardando Atsumu con uno sguardo quasi da rimprovero.

Se Atsumu fosse stato in sé avrebbe iniziato una lunga litigata, perché sentirsi dire quelle cose lo faceva davvero arrabbiare. Ma se avesse cominciato a litigare con quello lì solo perché si crede chissà chi, avrebbe fatto notte. Tirò un sospiro stanco e si infilò una mano tra i capelli.

Dall’altro lato Sakusa era convinto di ciò che aveva detto. Capitava anche a lui di prendersela con sé stesso per come poteva andare una partita, ma quel modo di arrendersi ai problemi gli dava sui nervi.

« Non riesco a capire. L’unica cosa che è successa sul treno è stata la litigata con mio fratello, ma è normale lo facciamo sempre! » commentò Atsumu dopo aver appoggiato la guancia sulla mano.

Il moro sembrò interessato a ciò che disse l’altro, come se avesse la chiave per risolvere il problema.

« Perché avete litigato? »

« Perché come al solito il giorno prima aveva svolto gli allenamenti in modo fiacco. Siamo arrivati al torneo, non possiamo permetterci pause adesso! » disse Atsumu convinto di ciò che stesse dicendo.

In quel momento Sakusa capì ciò che era successo al ragazzo accanto a sé. Fu così banale e così da idioti che gli scappò una piccola risata. Era difficile che Sakusa ridesse ed Atsumu era riuscito inconsapevolmente a farlo. Fu pronto a voltarsi verso il moro per rimproverarlo, ma vederlo sorridere lo colpì molto. Com’era possibile che Sakusa Kiyoomi sapesse ridere?!

« Idiota. » commentò lo schiacciatore « Hai solo i sensi di colpa. »

Fu una sorpresa sentire che la causa dei suoi mali fossero i sensi di colpa. Atsumu non si era mai pentito di niente nella sua vita, non conosceva il dolore dei sensi di colpa. Ma perché avrebbe dovuto averli? Che aveva fatto?

E in quel momento lo capì. Adesso comprese la risata di Sakusa, era davvero stato un’idiota a non capirlo. Lo avrebbe dovuto capire fin da quando aveva sentito quella frase pronunciata da Osamu nella sua testa. Era davvero uno stronzo. Atsumu non aveva mai dato importanza ai sentimenti di Osamu, non si era mai chiesto se stesse bene o male, se c’era un motivo per cui non riusciva a giocare. Anche sentendosi nella sua stessa situazione non era riuscito a capirlo, la sua arroganza era talmente imponente che fu impossibile capirlo.

Ci volle quel ragazzo accanto a sé per capirlo. Quel ragazzo che non c’entrava nulla, aveva deciso di aiutarlo senza ricevere niente in cambio e aveva perso tempo dietro ad un idiota che si piangeva addosso. Per lo più quel ragazzo era uno dei migliori giocatori del torneo, era freddo e severo con tutti ma era riuscito a ridere davanti ad un disperato come Atsumu. Forse Sakusa non se ne rese conto, ma l’alzatore adesso si sentiva in colpa ancora più di prima. Da una parte per essere stato insensibile con Osamu, dall’altra per aver fatto perdere tempo a lui. Ma adesso doveva smetterla di piangersi addosso e doveva rimediare. Sarebbe corso da suo fratello, si sarebbe scusato come si deve e avrebbe dimostrato a tutti che l’alzatore promesso alla nazionale era tornato. Avrebbe difeso quel titolo con i denti.

Si alzò da terra, il sorriso era tornato a splendere sul suo volto.

Adesso Sakusa riuscì a rivedere quel ragazzo che aveva visto al ritiro. Il suo sorriso era sincero e vero, e questo lo fece sentire davvero sollevato. Fu felice di capire che Atsumu fosse tornato in sé.

« Grazie di tutto Sakusa-kun. » disse il biondo e senza perdere tempo si avviò in cerca della sua squadra.

Prima che Atsumu se ne fosse andato del tutto, Sakusa si alzò velocemente in piedi e lo seguì fermandolo.

« Aspetta. » disse ad alta voce prima di raggiungerlo.

Quando si ritrovarono uno di fronte all’altro Atsumu sentì il battito accelerare. Non capì perché e preferì non capirlo.

« Se in futuro avrai ancora bisogno di aiuto, scrivimi. » disse semplicemente Sakusa per poi passare il numero al ragazzo davanti a lui.

Atsumu fu sorpreso ma allo stesso tempo felice. Non ci pensò due volte a salvare quel numero sul suo telefono.

« Grazie ancora. »

« Mi devi un favore. » disse Sakusa guardandolo con serietà.

« Alla prossima allora. » rispose con un mezzo sorriso Atsumu.

Detto ciò Atsumu tornò a camminare alla ricerca della sua squadra, intento a sistemare le cose con Osamu e a far sapere a tutti che dovevano temere l’inarizaki. L’alzatore Atsumu Miya era tornato.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: Vibesbygin