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Autore: musa07    11/10/2023    1 recensioni
[OsaSuna]
"“Per Osamu condividere il proprio cibo era la più alta forma d’amore possibile e immaginabile.
Non a caso suo fratello poteva contarle sullae dita di una mano le volte in cui ciò era avvenuto, e Atsumu sapeva perfettamente che quando accadeva era il suo modo per venire in pace e sotterrare l’ascia di guerr4 dopo un litigio.
A Rintarou, però, ci volle quel periodo di rodaggio per capirlo. Che fare metà del suo pranzo, o preparargli del cibo, nel linguaggio di Osamu voleva dire che provava dell’interesse per lui[…]”
Storia scritta per il #Writober indetto da #Fanwriter e per l'OsaSuna Day
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Osamu Miya, Rintarō Suna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al #Writober indetto da #Fanwriter
 
 
Fanfic scritta per il #writober indetto da #Fanwriter


Lista: PumpFic
Prompt: Hurt/Confort #11giorno

 
 
Scopro per puro caso che oggi è l’OsaSuna Day (e ci sarei anche potuta arrivare da sola!), quindi ET VOILA’
 
 
 
 
 
 
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Per Osamu condividere il proprio cibo era la più alta forma d’amore possibile e immaginabile.
Non a caso suo fratello poteva contarle sulle dita di una mano le volte in cui ciò era avvenuto, e Atsumu sapeva perfettamente che quando accadeva era il suo modo per venire in pace e sotterrare l’ascia di guerra dopo un litigio (oltre al fatto che a lui, Osamu dimostrava il bene che li legava in tanti altri modi)..
 
A Rintarou, però, ci volle quel periodo di rodaggio per capirlo. Che fare metà del suo pranzo, o preparargli del cibo, nel linguaggio di Osamu voleva dire che provava dell’interesse per lui e che stava cercando di farglielo capire.
Se a Rintarou ci volle quel comprensibile periodo di tempo, ad Atsumu invece fu da subito lapalissiana la cosa. E non perse occasione per dare il tormento a suo fratello e, al contempo, lanciare frecciatine velate a Rintarou. Frecciatine che divennero esasperate quando Atsumu, con grande sconcerto, vide come Rintarou non avesse ancora capito cosa significasse quel cibo condiviso.
Ok, suo fratello aveva quell'incapacità di usare le parole per comunicare anche le cose e i significati semplici e lo faceva attraverso i gesti, ma miseriaccia: Rintarou era una persona dotata di un acume fuori dal comune, colui il quale – al pari suo – era in grado di leggere il muro avversario o le intenzioni dell’alzatore, come miseria era possibile che non ci fosse ancora arrivato?! Era veramente, veramente!, frustrante per Atsumu.
Forse quell’argutezza di Rintarou era riservata solo al campo di gioco e non nei rapporti umani, chissà…
 
- Samu guarda che se non glielo dici apertamente che ti piace e che vuoi uscirci insieme, Sunarin non lo capirà mai. – gli ripeté per l’ennesima volta Atsumu quella mattina di inizio Gennaio mentre stavano andando a scuola, al loro secondo anno di Liceo, imbacuccati nelle loro sciarpe. Una morsa di gelo aveva deciso di invadere ulteriormente la città.
- Lo sai che io, a differenza tua, ho pazienza. – non si scompose minimamente l’altro.
- Eh! Magari qualcuno o qualcuna ci prova prima di te e aloha. –
- Non credo proprio. –
- Perché: lo o la elimineresti fisicamente? – ridacchiò Atsumu, dandogli una piccola spallata, divertito all’idea di vedere suo fratello – solitamente così flemmatico, a parte quando litigava con lui – scatenare la propria ira funesta.
- Penso che me ne sarei accorto. – rispose, mantenendo la sua solita espressione apparentemente annoiata e distratta. Cosa, questa, che condivideva con Rintarou.
- Cos’è: hai il Sunarin-radar? – si divertì a punzecchiarlo di nuovo.
- Quello sei tu con Sakusa. – gli rese la piccata Osamu mentre entrava nella sua classe con un piccolo sorrisetto divertito. Sorrisetto che però scomparve quando vide che il posto occupato solitamente da Rintarou era vuoto. Si accigliò, recuperando il cellulare dalla tasca dei pantaloni e digitano un veloce messaggio per assicurarsi sulle condizioni dell’altro prima che il capoclasse passasse a ritirare i telefoni di tutti per l’inizio delle lezioni.
Ragion per cui Osamu poté aver notizie di Rintarou solo durante la pausa pranzo e scoprire così che era rimasto a casa perché si era beccato un potente raffreddore, che gli aveva fatto salire anche la febbre.
 
 
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Di certo Rintarou non si sarebbe aspettato di trovare Osamu sulla soglia del suo micro appartamento, monolocali che la scuola metteva a disposizione all’interno del Campus vicino al Liceo per i propri studenti atleti che venivano da fuori.
Sbatté per un attimo gli occhi, convinto di aver le visioni e di star delirando a causa della febbre alta, ma poi tale “visione” pensò bene di fargli aumentare ulteriormente la temperatura posandogli una mano sulla fronte.
- Sei bollente. – proferì Osamu, con un tono che faceva trapelare il fatto che non si stesse sorprendendo della cosa – Ti decidi a farmi entrare o no? –
- E-eh…? - i suoi riflessi erano indubbiamente ovattati e rallentati perché ci mise veramente tanto a realizzare quello che Osamu gli stava dicendo e poi, con un colpo di tosse che gli fece temere di aver un alien in petto pronto a squarciarglielo per uscire, si fece da parte per farlo entrare.
- Osamu esattamente: che cosa ci faresti qui? – domandò, stringendosi maggiormente addosso la coperta nella quale si era involtinato per andare ad aprire quando aveva sentito suonare.
- Mi sembra ovvio. – proferì solamente Osamu, sollevando le braccia per far vedere le due borse stracariche di roba.
- A-ah… ma non dovevi. Così rischi di ammalarti anche tu. –
Osamu, dopo essersi tolto le scarpe nel gekkan e averle riposte in modo perfettamente allineato a fianco a quelle di Rintarou, posò una mano sul fianco e piegò di poco la testa di lato, osservandolo attentamente.
- Quando è stata l’ultima volta che hai mangiato, Rin? –
Altro colpo di tosse da parte di Rintarou, che costrinse Osamu ad affiancarlo.
- Hum… ieri sera, quando sono tornato a casa dall’allenamento. –
Quasi ventiquattro ore fa?! Ad Osamu fu come se gli avessero appena insultato la madre.
- Vai di filata a letto! Son qui apposta per preparati qualcosa. Adesso ci penso io a te. – disse, con un fervore e un luccichio che gli si vedeva raramente ma comunque sempre quando riguardava il cibo, togliendosi sciarpa, cappello e giubbotto.
Rintarou capì che era inutile tentare di protestare o obiettare, si sentiva veramente troppo debole per opporre resistenza, e poi Osamu aveva detto “adesso mi prendo io cura di te”. Era quasi certo di non esserselo sognato e insomma: era bello che qualcuno si prendesse cura di lui.
Soprattutto se era la sua cotta stratosferica.
 
Avanzò verso il piccolo corridoio all’ingresso e fortunatamente Osamu fu lesto a recuperarlo per un braccio nel momento in cui lo vide barcollare a causa di un abbassamento improvviso di pressione.
- È ok, Osamu… – stavolta sì che provò a protestare nel momento in cui Osamu gli passò una mano sul fianco, per sorreggerlo in caso di bisogno nel breve tragitto dall’ingresso al letto.
- Rin! – lo rimproverò l’altro non ammettendo repliche, scrutandolo attentamente in volto e vedendo le occhiaie sotto gli occhi.
- È ok – ripeté Rintarou, rintanandosi sotto alle coperte, tremando, nel momento in cui venne depositato sul letto – sei qui con me… - proferì flebile flebile, chiudendo gli occhi e perdendosi come quelli di Osamu si sgranarono per quelle ultime parole.
- Sì, sono qui con te... – ripeté Osamu, addolcendo il tono, andando a recuperare le borse e svuotandone il contenuto nel piccolo piano di lavoro della cucina.
- Queste te le manda mia mamma. – disse, tirando fuori le medicine e le indicazioni scrupolose che la donna, da bravo medico quale era, aveva riportato sulle confezioni.
- E questo invece te lo manda Tsumu. – lo informò, avvicinandosi al letto e porgendogli un piccolo peluche di vabo-chan che Rintarou accolse con un piccolo sorriso, soprattutto nel momento in cui Osamu glielo appoggiò sul cuscino.
Era incredibile come Rintarou, che si dimostrava sempre apparentemente apatico e indifferente nei confronti di ciò che lo circondava o delle sue sensazioni ed emozioni, in quella condizione di malessere fisico avesse gettato tutte le sue maschere difensive e stesse permettendo ad un’altra parte di lui di emergere.
 
L’ultima cosa che sentì furono le dita di Osamu che, gentili, gli scostarono i capelli dalla fronte per appoggiargli il cerotto di ghiaccio. E poi i sensi Rintarou iniziarono a vagare per quello strano alternarsi di dormiveglia e incoscienza dato dalla febbre alta, dove gli arrivò tutto ovattato...
I rassicuranti suoni dell’acqua per il tè che bolliva, il rumore del coltello sul tagliere mentre sminuzzava finemente verdure, il suono del mestolo che girava il brodo. L’armonia della voce di Osamu nel momento in cui mandò un audio ad Atsumu per rassicurarlo sulle sue condizioni…
Così come erano confortanti i profumi che gli arrivarono ai sensi. Il brodo di pollo e verdure caldo. Il Soba cha, il tè di grano saraceno tostato indicato nei casi di stati di raffreddamento. Il profumo della pelle di Osamu le varie volte in cui si avvicinò al letto per assicurarsi stesse bene…
 
Non ebbe la più pallida idea di quanto avesse vagato su e giù per quel limbo dei sensi. Quando schiuse gli occhi - avvertendo meno la spiacevole sensazione di aver un camion passato sopra, andata e ritorno, grazie al paracetamolo - vide Osamu seduto per terra, davanti al suo capezzale, che spostò immediatamente gli occhi grigi sul suo volto e vedendo che aveva ripreso un po' di colore pensò bene di uccid3rlo ulteriormente sorridendogli lieve.
- Va un po' meglio? – gli chiese.
- Un po' sì, grazie. – rispose Rintarou, mettendosi a sedere in modo cauto, per evitare fastidiosi giramenti di testa, sotto l’occhio attento di Osamu, pronto ad intervenire in caso di necessità – Mi è anche venuta fame. –
E quella era la cosa più bella che Osamu potesse sentirsi dire. E Rintarou lo sapeva.
- Vado subito a prenderti i piatti allora. – esclamò felice, dopo che il volto gli era divenuto raggiante e Rintarou non poté fare a meno di sentire il cuore fare una capriola. Per tentare di nascondergli il più possibile il rossore che gli era salito alle guance, Rintarou girò il volto verso la porta finestra a fianco del letto e vide che fuori era molto più buio rispetto a quando Osamu era arrivato.
- È tardi! – esclamò preoccupato.
- Va tutto bene, tranquillo. – lo rassicurò Osamu, posando con attenzione il vassoio con i piatti nel piccolo tavolino a fianco del letto.
È tutto così maledettamente invitante! pensò Rintarou, seguendo l’arzigogolare del vapore nel momento in cui Osamu scoperchiò il piatto con il brodo di pollo.
- Grazie… - sussurrò appena – Mi dispiace averti fatto perdere tutte queste ore. –
- Oddio, veramente Suna Rintarou si sta scusando per qualcosa? – lo prese bonariamente in giro Osamu.
- Ehy! Non sono mica tuo fratello. – gli rese la pariglia, ridacchiando con cautela perché l’alien nel petto era sempre pronto a far la sua comparsa, mentre si portava la prima cucchiaiata di brodo alle labbra e lo assaporò con gratitudine.
- È buono! –
- È solo un brodo di pollo e verdure - tentò di schernirsi Osamu – niente di così difficile preparazione. –
- No Osamu, sul serio: è veramente buono. È tutto buono quello che prepari tu. –
Osamu sbatté per un attimo gli occhi, cercando il modo migliore per levarsi da quell’imbarazzo che lo stava cogliendo prepotentemente.
- Beh, tenendo conto che quando cucini tu per te stesso, fondamentalmente vivi di cup ramen e di bento del kombini vicino scuola, non so se prenderlo come un grosso complimento questo. – ridacchiò Osamu,
- Scemo! – replicò Rintarou, nel momento in cui Osamu allungò una mano per toglierli il cerotto dalla fronte e sostituirlo con un altro. Ed ora i sensi di Rintarou erano lucidissimi e sveglissimi. Sentì la punta delle dita di Osamu sfiorarlo ancora prima che si posassero completamente.
- Scusa! Ti ho fatto male? – si scusò Osamu, avendolo visto sussultare e Rintarou scosse la testa, afferrandogli la mano prima che Osamu la spostasse totalmente da lui. Rintarou voleva ancora sentirne quel calore su di sé.
Quella sensazione di pesantezza al cuore e al petto, che nulla aveva a che fare con l’alien in quel caso, era una sensazione con la quale aveva dovuto alla fine farci i conti, perché non se n’era andata, ma anzi: si era ingigantita sempre di più.
Ed era la stessa sensazione che abitava da un bel po' anche il petto di Osamu.
 
Rintarou non riuscì a mantenere la sua solita poker face quando Osamu gli prese il volto tra le mani e lo vide avvicinarsi a lui. Quelle labbra, sulle quali i suoi occhi verdi si erano posati troppe volte, si appoggiarono sulle sue. Morbide. Invitanti. Calde…
- Fa… fa parte anche questo della cura? – chiese Rintarou sardonico, posandogli le mani sulle sue, quando quel frugale, ma intenso, contatto finì.
- Chissà… - gli rispose Osamu stando al gioco, poggiandogli la fronte sulla sua e sospirando di sollievo dentro di sé per non essere stato defenestrato dall’altro per quel bacio che gli aveva dato di impulso. D’altra parte, nelle ultime settimane si era trattenuto così tante volte dal farlo tipo per ogni istante che lo aveva avuto a fianco.
- Mangia ora. –
E con quelle due parole finalmente Rintarou ebbe la sua epifania! Finalmente capì cosa significasse per Osamu condividere con lui il proprio cibo o preparargli da mangiare.
Sgranò gli occhi di colpo, interdetto, emettendo un piccolo suono strozzato.
- Ce ne hai messo di tempo a capirlo, eh Rin? – lo piccò Osamu, con un piccolo sorrisetto storto indubbiamente divertito e soddisfatto mentre gli posava la tazza dopo averci versato il té.
   
 
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