Serie TV > Il paradiso delle signore
Ricorda la storia  |      
Autore: InvisibleWoman    11/10/2023    0 recensioni
Il titolo ovviamente è ironico lol, ma ci tenevo a riscrivere la scena della puntata di ieri in cui la signora aggredisce e insulta Delia davanti a tutti. Non mi è piaciuto, né ho trovato adatto dato che adesso lei è la capocommessa, che Irene sia rimasta ferma a guardare e non abbia raggiunto in camerino Delia. Sarebbe stato un bel parallelismo con la scena in cui era stata Gloria a farlo con lei. In più avrebbe mostrato la sua crescita che in questi anni è avvenuta eccome, anche se spesso se lo dimenticano. Quindi spero vi piaccia!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Lo vedete chi avete davanti ? Una poco di buono!” diceva la signora Biagioli.
Irene rimase qualche istante immobile a guardare la donna che inveiva contro Delia nel bel mezzo della galleria. Finché non si accorse che tutta la gente lì presente, proprio come lei, si era fermata a osservare quella scena. Qualcuno sembrava incuriosito, altri sconvolti, qualcuno persino indignato. E Delia, mortificata e sull'orlo del pianto, rimaneva impietrita davanti alle offese di quella moglie infuriata.
Che la signora avesse ragione o meno, il suo ruolo le imponeva un’azione, una reazione, ma quella era la prima volta che si trovava a fronteggiare una simile situazione ricoprendo la posizione di capocommessa. Era suo compito preservare il buon nome del Paradiso, difendere le sue veneri, anche quando sembravano indifendibili, e riportare tutti alla calma. Cosa avrebbero fatto Gloria, Clelia, e le capocommesse venute prima di lei? Cosa avrebbe detto il dottor Conti se si fosse affacciato dal suo ufficio e l’avesse trovata lì immobile? Allungò per un attimo lo sguardo proprio sulla scalinata, ma nessuno ai piani alti sembrava essersi accorto di nulla. Fece così un lungo sospiro e poi, con la sua cartelletta stretta al petto si avvicinò alle due. 
"Signora" Irene le toccò la spalla. "Devo chiederle di uscire" sentenziò con voce seria.
La signora trasalì e la guardò inorridita. "Preferite difendere una scostumata anziché una persona per bene come me? Sono questi i valori del Paradiso? Non ci metterò più piede!" disse lasciandosi accompagnare all'uscita da Irene.
"Mi dispiace sentirglielo dire, ma il Paradiso per lei resterà sempre aperto" cercò di mediare, senza darle né torto e né ragione, sebbene da come la raccontava al momento sembrava avere ogni motivo per aver inveito in quel modo contro Delia. Ma non era il momento, né il luogo, per quelle sceneggiate, per nessuna delle due. A Delia avrebbe pensato lei dopo in spogliatoio.
"Quindi rimuoverete quella ragazza?" lo sguardo della signora si illuminò.
"Ne dubito" rispose subito Irene. "Ma, ripeto, sarà la benvenuta se vorrà tornare a trovarci. E magari le faremo anche un piccolo sconto" provò a comprare il suo silenzio.
Per tutta risposta, la signora le rivolse uno sguardo furioso, prima di voltarsi e allontanarsi con aria impettita e la sua scatola tra le mani.
Irene sospirò nel chiudere la porta e cercò di minimizzare l'accaduto in modo impacciato. "Non è successo niente" disse alla clientela. "E voi tornate al lavoro" aggiunse alle veneri. Dovevano tenere impegnati i clienti e soddisfare tutte le loro richieste, affinché il ricordo di quella sfuriata venisse offuscato dall’ottimo servizio e da piacevoli distrazioni.
"Ma Delia…" provò a obiettare Clara.
"Al lavoro, ho detto" ribadì ferma. Mentre accompagnava la signora, si era persa l’uscita di scena ad effetto di Delia, che si era rintanata in spogliatoio per la vergogna. 
“E’ in spogliatoio” le suggerì Clara e Irene annuì.

Trovò Delia in preda alle contorsioni per cercare di abbassare da sola la cerniera della sua divisa. Trasalì tra le lacrime quando vide arrivare Irene. Poi cercò di ricomporsi. Irene si avvicinò a lei e l'aiutò a sfilare la divisa.
"Però io non ti ho licenziata e non ti ho dato il permesso di andartene" disse seria.
"Mi dispiace, ma io qui non posso restare" rispose Delia, tirando su col naso.
"Non è corretto senza un minimo di preavviso" Irene la scrutò con aria giudicante. “Dovrò trovare qualcun altro a gestire il reparto uomo, dovrò cercare una nuova venere così all’improvviso e…”
"Mi dispiace, hai ragione, ma non posso… e poi neanche il dottor Conti vorrebbe che…"
"Quello che è successo è inaccettabile" sentenziò mentre Delia, che aveva appena finito di cambiarsi, si accasciava sul divanetto e si copriva il volto con le mani.
"Lo so, mi dispiace, non credevo che…"
"Ne va del buon nome del Paradiso."
"Per questo sto andando via" ammise tra le lacrime.
"Quello che fate nel vostro privato non mi riguarda, ma qui… È per questo che hai voluto gestire il reparto uomo? Speravi di rivederlo? Vi siete dati appuntamento?" la incalzò Irene.
Delia la fermò subìto. "No" si affrettò a rispondere. “Quando l’ho visto arrivare l’altro giorno ho cercato di evitarlo, ho obbligato Clara a servirlo al posto mio, te lo giuro” le spiegò mentre Irene tirava fuori dalla tasca il suo fazzoletto e glielo porgeva.
"Quindi la signora non aveva ragione? Non hai una relazione con suo marito?" Irene poggiò la cartelletta sul tavolino e si sedette accanto a Delia.
"No, lei è la proprietaria del salone di bellezza nel quale lavoravo" si asciugò le lacrime col fazzoletto di Irene. “Lui… io…”
“Lui, tu, cosa?” la incalzò con poco tatto, per poi mordersi la guancia, rendendosene conto. 
“Ci provava con me in modo… insistente. Io gli dicevo che non ero interessata, che lavoravo per sua moglie, ma lui continuava, allungava le mani. Un giorno mi ha seguito e ha tentato di baciarmi, la moglie ci ha visti e lui ha dato la colpa a me e lei mi ha licenziata.”
“Per questo sei venuta a lavorare qui?” domandò Irene.
“Sì. Io non ho fatto niente per provocarlo, lo giuro” disse Delia con aria supplicante. “Non sono una poco di buono.”
Irene sospirò, pensierosa. Quelle parole riportarono alla mente ricordi diversi. Quando era stata accusata di aver rubato al Paradiso e aveva dovuto giustificarsi, aveva pensino pensato di licenziarsi, dato che temeva che nessuno le avrebbe mai creduto. Eppure qualcuno lo aveva fatto, si era fidato di lei e delle sue parole e l'aveva convinta a restare. Ma le ricordò anche l’entusiasmo che aveva provato nell’indossare l’abito british di Gabriella, essere finita al centro di quell’immagine pubblicitaria esposta per tutta Milano. E ricordava fin troppo bene anche l’altro risvolto della medaglia. Quell’orlo un po’ troppo corto che aveva destato non poco scandalo. La clientela che aveva per qualche tempo disertato la galleria, le occhiate di disapprovazione che aveva ricevuto, e persino qualche insulto. Ma la cosa che le aveva fatto più male era stata essere giudicata proprio da suo padre. Ricordava bene quella telefonata e la sua sfuriata in galleria e Dora e Gabriella accorse in sua difesa. Tutti l’avevano fatta sentire sbagliata, sporca, una poco di buono solo per aver mostrato qualche centimetro in più di gambe.
“Non hai niente per cui vergognarti” disse Irene, ricordando le parole che proprio Gloria aveva rivolto a lei durante quello scandalo. “Non devi permettere a nessuno di farti sentire giudicata, specialmente se non hai fatto niente di sbagliato.”
Delia annuì, tirando su col naso. “Hai capito?” ripeté Irene. “E quella signora può dimenticarsi lo sconto che le ho promesso. Anzi, guai a lei se si fa rivedere al Paradiso.”
La ragazza accennò un sorriso. Non era mai stata difesa così da nessuno. Le sue colleghe del salone avevano preferito restare in silenzio e dare ragione al signor Biagioli, pur di non perdere il posto. 
“Ma… come faccio a tornare là fuori? Tutti i clienti che hanno assistito… non posso sopportare le loro occhiate” abbassò la testa.
“Anche mio padre una volta ha fatto una sfuriata come quella in galleria. La gente poi dimentica e va avanti.”
“Tuo padre?” chiese incuriosita.
“È una storia lunga, magari un giorno te la racconterò.”
Delia sorrise e poi si lanciò su Irene, abbracciandola. Lei si lasciò stringere per qualche istante, senza muovere un dito, poi tornò a vestire i panni dell’algida capocommessa e scattò subito in piedi.
“Forza, rimettiti la divisa e torna di là, ché abbiamo bisogno di te.”
“Io non… posso prendermi almeno il resto della giornata? Domani sarò in postazione, promesso.”
Irene si lasciò intenerire e annuì, concedendole il pomeriggio libero. “Va bene, ma sistema la divisa sulla gruccia, altrimenti si sgualcisce. Ordine, signorina Bianchetti.”
“Grazie” accennò un sorriso. “Non sei così…”
“Non ti permettere” la riprese subito Irene, guardandola con aria serissima, prima che la venere si lasciasse andare a smancerie o dichiarazioni di qualsiasi tipo. Delia sorrise e annuì, alzandosi a sua volta per prendere la borsetta e il soprabito.
“Ah, e se dovesse ripresentarsi, non usare strategie e sotterfugi per sottrarti, ma fammelo sapere. Me ne occuperò io stessa” disse Irene mentre stava per tornare in galleria. 
“E il fazzoletto?” domandò Delia d’un tratto, mentre osservava quel pezzo di stoffa bagnato e sporco di mascara che teneva tra le dita.
“Domani me lo restituirai lavato. E ben stirato, mi raccomando” disse con aria seria, ma lasciandosi scappare un piccolo sorriso, prima di tornare al lavoro. 
Quando suo padre l’aveva offesa e le clienti l’avevano giudicata, Gloria l’aveva difesa e rassicurata e le sue colleghe le erano rimaste accanto, le avevano fatto scudo e in segno di solidarietà nei suoi confronti avevano accorciato le divise per protesta. Non si era mai sentita tanto parte di una famiglia come in quel momento. Adesso che era lei capocommessa, non poteva essere da meno.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il paradiso delle signore / Vai alla pagina dell'autore: InvisibleWoman