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Autore: LorasWeasley    19/10/2023    1 recensioni
Omegaverse [kuroken]
Alpha|Kuro Omega|Kenma
"A ventiquattro anni Kuro non aveva ancora trovato il suo omega, ma non disperava, sapeva che prima o poi sarebbe arrivato: credeva nel destino e nelle anime gemelle, doveva solo dargli il tempo di raggiungerlo.
Aveva immaginato molte volte come sarebbe potuta andare: loro che si incontravano in un bar e incrociavano lo sguardo, loro che si scontravano a una festa, Kuro che sentiva il suo odore a una partita di pallavolo… erano milioni le possibilità che Kuro aveva immaginato, tutte belle e relativamente tranquille.
Allora perché si era trovato coinvolto in una sparatoria? Perché si era preso una pallottola al braccio per salvare un bambino? Perché non si era fatto i fatti propri come tutti gli altri?"
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Omegaverse | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I'll protect you
 

Kuro Tetsuro era un alpha di successo ed era più che soddisfatto della sua vita. Possedeva una grande azienda, aveva più soldi di quanti gliene servissero davvero, era carismatico, aveva diversi amici e un padre che l’aveva sempre supportato e amato.
A ventiquattro anni non aveva ancora trovato il suo omega, ma non disperava, sapeva che prima o poi sarebbe arrivato: credeva nel destino e nelle anime gemelle, doveva solo dargli il tempo di raggiungerlo.
Aveva immaginato molte volte come sarebbe potuta andare: loro che si incontravano in un bar e incrociavano lo sguardo, loro che si scontravano a una festa, Kuro che sentiva il suo odore a una partita di pallavolo… erano milioni le possibilità che Kuro aveva immaginato, tutte belle e relativamente tranquille.
Allora perché si era trovato coinvolto in una sparatoria? Perché si era preso una pallottola al braccio per salvare un bambino? Perché non si era fatto i fatti propri come tutti gli altri?
 
Era una giornata come tante altre, il cielo si era ormai tinto del viola della sera e il sole era tramontato oltre l’orizzonte. Stava tornando a casa da lavoro e si era fermato con la macchina nella sua pasticceria di fiducia. Era qui che spesso comprava dolci per le sue colazioni, preferiva i dolci ai mirtilli e alle fragole, ma quella sera era tutto finito e si dovette accontentare della crostata di mele.
Si stava dirigendo verso la propria macchina con la busta del dolce in mano, quando qualcosa di piccolo sbatté contro le sue gambe.
Kuro si voltò per trovare un bambino che gli arrivava praticamente alle ginocchia, aveva i capelli neri scompigliati, gli occhi dorati cerchiati di rosso e pieni di lacrime, le sue piccole mani stavano tremando mentre si aggrappava alle gambe di Kuro.
L’adulto sentì una stretta al petto e subito si chinò per essere alla sua stessa altezza, stava per chiedergli se stesse bene o dove fossero i suoi genitori, ma il bambino lo precedette e sussurrò terrorizzato “aiutami”.
L’odore del bambino era spaventato e angosciato, ma la prima cosa che Kuro notò fu l’odore della sua anima gemella. Non era di per sé l'odore del bambino, ma ne era impregnato, come se fosse stato a stretto contatto con questa. E fu quello a instillare in Kuro un forte senso di protezione verso di lui.
-Kea- una nuova voce si aggiunse all’equazione. Era una voce fredda e infastidita, una voce che fece sussultare il bambino e lo fece aggrappare di più a lui.
-Ti ho già detto di smetterla di importunare le persone che non conosci. Torna qui e forse non ti punirò.
Kuro si mise nuovamente in piedi per mostrare la sua supremazia da alfa, ma anche l’uomo che aveva davanti lo era, i suoi capelli erano rasati, aveva una cicatrice sul volto e puzzava in modo agro, ma soprattutto stava usando i suoi feromoni per portare all’obbedienza il bambino e per far andare via lui.
Kea pigolò piano -No…- e l’uomo si infuriò ancora di più, ma non sembrava voler fare una scenata in mezzo alla strada, quindi cercò di mantenere un tono e un’espressione calma -Kea, non lo ripeterò una seconda volta.
Ma quando vide che il bambino non si muoveva, decise di rivolgersi direttamente a Kuro -Deve perdonarmi, mio figlio è nella sua fase ribelle, lo lasci andare. Le consiglio di non intromettersi nella nostra situazione familiare.
Kuro notò tre cose tutte insieme: la prima era che dietro l’uomo c’erano altre due persone losche un po’ nascoste nell’ombra; la seconda cosa fu il tono di questo, un tono di ammonimento di chi sta minacciando e non consigliando; la terza era che aveva una pistola.
Ora, Kuro aveva una vita perfetta, quindi che motivo aveva di intromettersi in situazioni familiari di persone che non conosceva? Che motivo aveva di sfidare un alpha in possesso di una pistola mentre intorno a loro non c’era nessuno? Sarebbe stato così semplice fingere di sorridere cortesemente, scrollarsi il bambino di dosso e lasciarli alle loro questioni, sarebbe stato così facile…
Ma eccolo lì il suo motivo: Kea, un bambino che conosceva da meno di un minuto per il quale tuttavia sentiva un grande senso di protezione; Kea che aveva su di sé l’odore della sua anima gemella; Kea che aveva appena pianto -tu non sei il mio papà.
Il cuore di Kuro iniziò a correre veloce, l’adrenalina a mille mentre capiva cosa avrebbe dovuto fare.
Sorrise all’uomo e annuì mentre mentiva -Certo, capisco perfettamente.
Prese Kea in braccio, fece finta di riportarlo verso l’altro adulto e poi iniziò a correre, lasciandolo spiazzato e guadagnando del tempo per aumentare la loro distanza.
Continuò a correre anche quando sentì il colpo di pistola e un dolore lancinante alla spalla. Non si fermò perché Kea si stava aggrappando al suo petto con disperazione, gli occhi chiusi mentre cercava di trattenere i singhiozzi. L’istinto di metterlo in salvo era più forte di quello di sopravvivenza.
Passarono pochi minuti quando Kuro capì che era riuscito a seminarli, o almeno sperava, ma aveva corso tra i vari cunicoli a zig zag e non sentiva più nessuno dietro di lui.
Si accasciò contro un muro per riprendere fiato e sibilò quando la sua spalla ferita toccò la parete.
Kea lo fissò con un misto di ansia, preoccupazione e un pizzico di curiosità.
-Ti fa male?- chiese piano.
-É solo un graffio- mentì -non preoccuparti.
Il labbro del bambino iniziò a tremare, segno che stava per tornare a piangere -Ti hanno colpito per colpa mia…
-No, no- si affrettò a rassicurarlo afferrandolo con il braccio non ferito e stringendolo nuovamente contro il petto -mi hanno colpito perché sono delle persone cattive, tu non c’entri nulla.
-Anche la mia mamma dice che sono delle persone cattive…- sembrò riflettere sulle sue parole, poi i suoi occhi tornarono a farsi lucidi -voglio la mia mamma…
Kuro attivò subito il suo odore per rassicurarlo -Tranquillo, ti riporterò dalla tua mamma, è una promessa. Sai dove si trova?
-Non lo so- pigolò piano, poi iniziò a raccontare in modo confuso -eravamo a casa e stavamo facendo la cena, poi hanno suonato e quel signore ha detto che era il mio papà, ma mamma ha urlato che non ho un papà e io credo alla mamma, quindi non è vero, giusto?
Kuro era confuso, ma sembrava che il bambino avesse bisogno che gli dicesse che aveva ragione prima di continuare, così annuì e questo riprese.
-Allora hanno iniziato a litigare e stavano urlando, ma poi lui ha fatto male alla mamma e mi ha portato via e ho visto la mamma che ci rincorreva dalla macchina e poi non l’ho visto più.
Kuro si era fatto un’idea di quello che era successo, immaginò che non fosse sicuro portare il bambino e casa (senza contare che non sapeva neanche se questo sapesse dirgli dove effettivamente abitava) e decise di optare per la stazione di polizia più vicina, inoltre doveva urgentemente farsi curare la spalla, poiché sentiva ancora il proiettile dentro e il dolore che si faceva sempre più forte.
-Adesso andiamo dalla polizia, così loro ci aiuteranno a trovare la tua mamma, che ne pensi?
Kea ci pensò per qualche secondo, poi annuì.
Kuro si rimise in piedi con fatica e prese il bambino per mano.
-Signore, sta dimenticando la sua torta.
Kuro non si era neanche accorto che, per tutta la corsa, si era portato dietro la busta con la crostata di mele, ma dopo che si era accasciato a terra evidentemente l’aveva lasciata andare.
-Oh… ti piace?
Gli occhi di Kea si illuminarono e annuì velocemente.
Tetsuro la tirò fuori dalla busta e gliene diede una fetta -Tieni, mangia.
Lo fece per distrarlo e così che non parlasse, in modo che se qualcuno fosse ancora sulle loro tracce non li avrebbe sentiti e, soprattutto, Kuro poteva concentrarsi e capire dove andare e come.
 
Quando Tetsuro e Kea raggiunsero la stazione di polizia più vicina (dopo che riuscirono a recuperare la macchina senza nuovi incontri) ed entrarono dentro, fu il piccolo omega che stava urlando contro due enormi agenti alpha ad attirare la loro attenzione.
-MA HA RAPITO IL MIO BAMBINO!!
Fu questa l’unica cosa che Kuro riuscì a sentire e capire prima che Kea gli lasciasse la mano, urlasse “mamma!” e corresse nella sua direzione.
La mamma del bambino era un omega maschio, non fu difficile per il corvino notarlo quando si voltò di scatto verso la voce del figlio e gli corse contro raggiungendolo a metà strada.
L’omega si gettò in ginocchio con forza, lo afferrò tra le braccia e lo strinse come se ne valesse della sua vita, aveva iniziato a piangere mentre gli sussurrava parole dolci e di conforto. Infine, dopo che si fu accertato che stesse bene, lo strinse ancora di più per proteggerlo e alzò uno sguardo di fuoco su Kuro, ringhiando nella sua direzione.
Kuro alzò le mani in segno di resa, pronto a spiegargli la situazione, ma quella semplice mossa lo portò a sibilare per il dolore.
-Signore, sta perdendo sangue- fece notare un nuovo detective.
-Mi hanno sparato mentre facevo scappare quel bambino dai suoi rapitori- spiegò trattenendo il fiato per il dolore e il detective si affrettò a chiedere l’intervento di un’ambulanza.
Prima che fossero separati, Kuro riuscì a vedere l’omega che spalancava gli occhi incredulo e gli lanciava uno strano sguardo che il corvino non avrebbe saputo intepretare, ma almeno fece in tempo a rendersi conto che quei bellissimi occhi dorati Kea li aveva ereditati dalla madre.
 
-
 
Kuro aveva progettato la sua serata con una pizza mentre guardava l’ultima partita di pallavolo in tv della squadra che sponsorizzava il suo team di vendite. E invece si ritrovò sotto i ferri mentre gli estraevano il proiettile dalla spalla e lo ricucivano.
Rise per l’assurdità della situazione mentre si trovava nella camera singola che gli avevano dato, meditando se chiamare il padre per avvertirlo o fargli sapere tutto con calma il giorno dopo per non farlo preoccupare, quando bussarono brevemente alla sua porta.
Kuro si aspettava un’infermiera, ma l’omega che aveva visto alla stazione di polizia mostrò il suo volto con imbarazzo -Possiamo?- chiese piano -Volevo solo ringraziarti e poi ti lascio riposare.
Kuro si mise subito seduto mentre il suo cuore iniziava a battere più veloce e, quasi impacciato, si affrettava a rispondere -Certo!
L'uomo entrò in stanza e finalmente Kuro poté ammirarlo come si deve: era bello, più bello di chiunque avesse mai visto. Più basso e magro di lui anche se sembrava avere la sua stessa età, aveva i capelli tagliati a caschetto e colorati di biondo (sapeva che era tintura dalla ricrescita nera alla radice ben visibile), i suoi occhi erano ancora più belli da vicino e la sua guancia era rossa e gonfia, quello gli riportò alla mente le parole di Kea "ha fatto male alla mamma". Infine, Kuro fu investito dal suo profumo, profumo di torta di mele ed erba tagliata, il profumo della sua anima gemella.
Si fissarono per quelli che sembrarono minuti interi, ma che dovevano essere stati solo pochi secondi. Kuro cercò qualcosa da dire, qual era la prima frase (anche se non era esattamente la prima) da dire alla propria anima gemella? Qual'era il modo giusto per approcciarla?
Non dovette pensarci a lungo perché fu Kea a mettersi in mezzo, il bambino corse da lui e saltò sul letto mentre lo fissava con gli occhi luminosi ed esclamava -Sei un eroe!
-Kea- lo rimproverò piano l'omega mentre si affrettava a raggiungerlo -sta male, non puoi saltargli sul letto così!
Kuro si affrettò a rassicurarlo -Non preoccuparti, può stare qui, non mi da fastidio.
Kea gli sorrise felice, poi chiese curioso -Come ti chiami?
-Mi chiamo Kuro- disse al bambino prima di alzare lo sguardo sull'omega e presentarsi meglio -Kuro Tetsuro.
-Io sono Kenma- sussurrò piano l'altro avvicinandosi del tutto e mettendo una mano sulla testa del figlio in modo protettivo -lui è Kea. Ti ringrazio per averlo riportato da me, è tutta la mia vita e non so cosa avrei fatto se lui…
Non finí la frase, non ebbe bisogno di farlo perché Kuro capisse.
Il corvino sorrise genuinamente e diede un buffetto sulla guancia piena del bambino -il merito è tutto suo, è stato così bravo a scappare e a venire a chiedermi aiuto.
A quel punto Kenma allungò l’altra mano e gli porse una piccola busta di carta, Tetsuro lo fissò sorpreso e l’omega spiegò -Kea mi ha detto che avevi comprato una torta di mele, quindi ho pensato di prendertene una per ringraziarti. So che non è un ringraziamento equo ma…
-É perfetto, grazie.
Kenma sorrise timido, poi Kea si intromise -Provala!
Kuro rise e fece come richiesto prendendone un pezzo e poi un morso, probabilmente era influenzato dall’odore persistente dell’omega, ma la trovò squisita.
-Buona?- chiese in attesa il bambino.
-Buonissima- rispose sincero porgendogli una parte non morsicata -Provala anche tu.
E fu così che Kea monopolizzò la serata, iniziando a straparlare delle torte di mele che lui e Kenma facevano a casa insieme, per poi passare ai gatti che avevano adottato e a qualsiasi altra cosa gli venisse in mente.
Ma era pur sempre un bambino che aveva vissuto un mezzo trauma, inoltre si era fatto pure tardi, quindi non dovette passare troppo tempo prima che iniziasse a sbadigliare assonnato.
-Va bene, si è fatto tardi- concluse Kenma mentre lo prendeva in braccio senza resistenza e lo faceva sistemare sul suo petto.
Kea salutò con la mano Kuro, sbadigliò ancora e chiuse gli occhi poggiando la testa sulla spalla della mamma, addormentandosi quasi subito.
Kenma gli lasciò un bacio tra quei capelli nerissimi, poi tornò a rivolgersi a Kuro con uno sguardo quasi triste -Grazie ancora Kuro, mi dispiace per tutta la situazione in cui ti sei trovato coinvolto.
Fece un passo indietro pronto ad andarsene e il panico attraversò il corpo del corvino, di conseguenza neanche ci pensò quando agì d’istinto nel spingersi avanti e bloccarlo con una mano sul braccio.
-Dove vai?- chiese urgentemente.
Kenma ora sembrava confuso, un brivido attraversò entrambi a quel tocco -Cosa…?
-Non puoi andartene! Aspetta… sento solo io che sei la mia anima gemella?- il panico si ampliò.
Il volto dell’omega andò a fuoco, abbassò lo sguardo e sussurrò -No, ovvio che no… ma ho un bambino e la nostra situazione è davvero pessima, non vorrei mai trascinarti in tutto questo.
Kuro riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere istericamente -Sono già dentro tutto questo e, anche se non fosse, sei la mia anima gemella, non ho intenzione di lasciarti andare dopo che ti ho trovato.
-Kuro… non capisci…
-Allora spiegami.
Kenma sospirò sconfitto e, capendo che non l’avrebbe lasciato andare fino a quando non gli avrebbe almeno fatto capire la situazione, si sedette sul bordo del letto, sistemò meglio Kea tra le sue braccia in modo che fossero entrambi comodi e, dopo che si accertò che stesse effettivamente dormendo, iniziò a raccontare.
-L’uomo che ha rapito Kea questo pomeriggio mi ha stuprato al liceo. Ho sempre saputo che faceva parte di una famiglia e di una banda di delinquenti, ho sentito storie da brividi su quello che la sua organizzazione ha fatto agli omega come me, quindi dopo che è successo… sono scappato. Ho cambiato città, mi sono tinto i capelli e ho cercato di vivere nell’ombra. Ma adesso, dopo quattro anni dalla nascita di Kea, mi ha trovato. Non so come abbia fatto, ma non è felice, nessuno era mai scappato così e voleva farmela pagare, per questo ha preso Kea. So che non ha nessun interesse nei suoi confronti, ma ha minacciato di richiedere l’affidamento esclusivo solo perché può e vuole farmela pagare. E poi mi ha colpito e io… non l’ho saputo difendere e me l’ha portato via.
Aveva iniziato a piangere silenziosamente e tutto in Kuro gli urlava di proteggerlo e consolarlo per il resto dei suoi giorni.
-Va tutto bene adesso- mormorò spingendosi in avanti e stringendolo tra le sue braccia, attivando la sua ghiandola odorifera per calmarlo e confortarlo -sei stato bravissimo a proteggere Kea da solo per tutto questo tempo, ma ora ci sono anche io e diventerà solo un brutto ricordo.
Kenma pianse più forte ma si lasciò andare contro di lui e respirò a pieni polmoni il suo odore.
-Vi proteggo io, te lo prometto, andrà tutto bene.
 
-
 
Kuro riuscì a mantenere la sua promessa nonostante dovettero passare un anno difficile.
L’uomo che minacciava Kenma e che voleva fargliela pagare per essere sfuggito al suo controllo si chiamava Suzuki Anzai e faceva parte della mafia. Kuro quindi dovette chiedere aiuto a un suo amico poliziotto, Daichi, e con questo capire quale fosse l’operazione migliore da svolgere.
Tornarono alla città natale di Kenma e qui, grazie anche ai suoi vecchi amici che l’avevano aiutato e protetto in passato (come Yamamoto, Yaku e Lev) riuscirono a trovare prove concrete che avrebbero incastrato l’alpha.
Ma non fu un anno solo di angoscia e paura, fu un anno nel quale Kuro li portò a vivere in casa propria, in cui si affezionò tanto a Kea come se fosse il suo bambino, in cui si innamorò completamente della sua anima gemella, portando Kenma a vari appuntamenti e svolgendo nel migliore dei modi tutta la parte del corteggiamento, facendogli regali, baciandolo e passando con lui il suo calore, finendo infine per marchiarlo e promettergli amore eterno.
E poi vinsero la causa. Dovettero lottare contro prove false e testimonianze create alla perfezione. Ma Suzuki non aveva messo in conto che Kuro era un uomo potente e che aveva i migliori avvocati della nazione dalla sua parte.
L’ultima volta che si incontrarono fu fuori dal tribunale, Suzuki sapeva di non poter far nulla davanti tutte quelle persone, ma ciò non gli impedì di minacciare Kenma.
Si avvicinò a loro e sibilò contro il piccolo omega -Potrai pure aver vinto adesso, ma ti ricordo che…
Kuro lo precedette, mettendosi davanti a Kenma e Kea e finendo la frase per lui con uno sguardo che poteva uccidere -che sei potente? Che sei in combutta con la mafia?- sorrise sadico -ma qui non siamo nella tua città o sbaglio? Qui ho più potere io. Se non ti ho ancora ucciso per quello che hai fatto alla mia famiglia è perché non voglio abbassarmi al tuo livello, quindi perché non smetti di tirare la corda e te ne torni nelle fogne dalle quali sei spuntato fuori?
Il tono basso e graffiante che Kuro aveva utilizzato fece venire i brividi lungo la schiena di tutti i presenti, anche se Kenma era sicuro che i suoi brividi di eccitazione e anticipazione erano un po’ diversi da quelli terrorizzati della sua “vittima”.
Kea si agitò tra le braccia di Kenma e si spinse in avanti per aggrapparsi a Kuro, poi fece venire fuori tutta la sua rabbia mentre urlava contro Suzuki -Sì infatti, ascolta il mio vero papà e non venire a darci più fastidio!- per concludere il tutto, gli fece pure una pernacchia.
Kenma scoppiò a ridere, mentre Kuro si voltò a fissare il bambino con gli occhi enormi e lucidi -Mi hai chiamato “papà”?- volle accertarsi con un sussurro.
-Certo! Tu stai con la mamma e ci vuoi bene e viviamo tutti insieme, quindi sei il mio papà, vero?- Kea non era sicuro di aver fatto qualcosa di giusto e iniziò ad agitarsi.
Kuro lo strinse in un abbraccio mentre sussurrava -Certo che sono il tuo papà se per te va bene, siamo una famiglia ormai.
Quell’ultima frase la disse mentre guardava Kenma, poi tirò anche lui nel suo abbraccio e tutto il resto fu dimenticato.
Magari la loro storia non era iniziata nel modo più tradizionale, ma aveva trovato e protetto la sua nuova famiglia e questo era tutto quello che importava. Sarebbero stati bene.
  
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