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Autore: hikarigaoka    23/10/2023    0 recensioni
[Hanamichi Sakuragi x OC]
Mirai Sasaki ha molte cose da pensare su Hanamichi Sakuragi quando lo vede per la prima volta. É molto alto, con un ciuffo strano, e un ottimo fisico da giocatore di pallacanestro. Ed é anche davvero bravo a fare a botte, perché non aveva mai visto un ragazzino stendere di pugni tre liceali tutto da solo.
Il giorno in cui Sakuragi salva Mirai sarà l’inizio della loro storia, un racconto dove lei proprio non sa come consolare i dolori del suo cuore martoriato dai due di picche. Forse perché Mirai é solo stanca di non essere mai guardata come vorrebbe.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A BOY IS A GUN

scritto da hikarigaoka

tw. rating giallo giustificato da un'iniziale scena di tentata violenza sessuale, e da un linguaggio generalmente scurrile. per il resto non sono presenti temi pesanti o di difficile lettura. 

ATTO 1 - Good for You

La prima volta che Mirai Sasaki incontrò Hanamichi Sakuragi ebbe molto di cui pensare su di lui.
Innanzitutto, era estremamente alto. Rasentava probabilmente il metro e ottanta, il che era notevole per uno studente delle medie. Forse era del terzo anno.
Poi aveva dei capelli assurdi. Un ciuffo ribelle spiccava dalla sua testa, quasi comicamente, era un taglio molto in voga tra i delinquenti. Però stava cominciando ad appiccicarsi alla fronte dalla fatica di dover picchiare tre ragazzi alla volta. Mirai si strinse lo zaino al petto, scivolando a terra. Per quanto strani, le piacevano molto.
E Sakuragi, di cui ancora ignorava il nome, sapeva davvero come si facesse a botte. Non doveva essere la sua prima volta, a giudicare dalla sicurezza di sé nello sferrare pugni. Le prendeva anche, ma incassava i colpi stringendo i denti e senza battere ciglio. Mirai comprese subito che era coraggioso, fino alla fibra più viscerale del suo corpo. Lo aveva capito nel momento in cui lui era apparso, ponendosi a scudo tra lei e i tre ragazzi che la stavano aggredendo.
Era successo in un pomeriggio del dopo-scuola, in seguito agli allenamenti con il club di pallacanestro femminile. Mirai Sasaki si considerava una ragazza audace, che sapeva difendersi da sola perché non era gracile, anzi. Praticava strenuamente sport e poteva tenere testa anche a ragazzi molto più grossi di lei. Ma il campo da pallacanestro era diverso da quello che stava per diventare teatro di una violenza sessuale in piena regola.
Servendosi del favore del crepuscolo, tre ragazzi del liceo adiacente si erano avvicinati a Mirai in un vicolo. Senza nemmeno che se ne accorgesse, l'avevano messa all'angolo, le mani viscide e sudate protese nella sua direzione. Mirai, in pochi minuti, era stata strappata via di tutta la sicurezza di sé stessa che aveva consolidato negli anni. Improvvisamente aveva scordato come si tenesse testa a un uomo, come si smarcasse un avversario e come si facesse a gara di sguardi. Aveva provato paura nella sua vita, ma in quel momento era convinta che in realtà non l'avesse mai sentita davvero fino a quel giorno.
Poi era arrivato lui. Un ragazzino più piccolo di quei tre, scapestrato, ma di cui sentiva montare una rabbia che non sapeva descrivere.

"Non solo mi fanno incazzare i liceali che se la prendono con quelli delle medie, ma per giunta con una ragazza!"

E allora Mirai si ritrovò lì, a 13 anni, con lo zaino stretto al petto mentre Hanamichi Sakuragi la difendeva. Li pestò per bene tutti e tre nonostante fosse in svantaggio numerico e visibilmente più piccolo di loro. Mirai tremò, insieme al suo labbro inferiore che minacciava un pianto, ma non riuscì a staccargli gli occhi di dosso.
Poi tutto finì. I tre delinquenti a terra, Hanamichi in piedi con un rivolo di sangue che colava dall'angolo della bocca e i capelli scompigliati. Mirai ancora respirava affannosamente, la schiena premuta contro un muro di mattoni lercio. Il ragazzo si giró di tre quarti per guardarla con la coda dell'occhio. Poi si avvicinò a passo deciso verso di lei, torreggiando con la sua stazza. Rapidamente, si accovacciò davanti a Mirai. Lei non disse niente, ancora spaventata e con gli occhi sgranati dallo sconvolgimento. Le lacrime che le avevano offuscato la vista fino a quel momento finalmente erano rotolate lungo le sue guance, fino al collo.
Lui allungò una delle sue mani grandi e le toccò l'orlo della gonna.

"Ma guarda, ti hanno strappato la gonna. Stronzi di merda..." borbottò.

Mirai lanciò uno sguardo giù. La mano di Sakuragi era sporca di sangue, con le nocche sfregiate e arrossate. Peró reggeva il tessuto della sua gonna rotta con così tanta delicatezza. Non riuscì a dire niente, con il cuore che le martellava in petto dalla paura.

"Come ti chiami?" le chiese lui.

Lei raccolse un po' di coraggio per tirare fuori la voce "Mirai...Mirai Sasaki, del primo anno"

"Anche io sono del primo anno, mi chiamo Hanamichi Sakuragi"

Mirai poteva credere che fosse del secondo anno, ma del primo era piuttosto inverosimile. Eppure non vedeva un motivo per cui quel ragazzo dovesse mentirle, non dopo averla salvata.

"Vieni con me, prima che quei tre si ripiglino"

Mirai annuì, mettendosi in piedi con gambe traballanti. Sakuragi le fece strada lungo il vicolo buio e stretto dietro la loro scuola, facendole da scudo anche se non c'era più nessuno a minacciarli. Mirai stava dietro di lui in silenzio, tacitamente d'accordo. All'improvviso un' altra piccola banda di 4 ragazzi era apparsa nel crepuscolo, diretti verso di loro. Mirai guardò con curiosità il modo in cui Sakuragi si avvicinò a loro, facendo cenni con la testa ai tre liceali ancora a terra.

"Tienili d'occhio, Yohei, mi hanno fatto davvero incazzare"

Un altro ragazzo dal grosso ciuffo, a quanto pare Yohei, annuì.

"Sono tuoi amici?" chiese Mirai, a bassa voce.

Hanamichi sorrise "Sì, sono la mia truppa. E si assicureranno che quelli non diano mai più noie a una ragazza, anche se spero che la lezione gli sia bastata oggi"

Sakuragi si avvicinò insieme alla ragazza alla rastrelliera delle biciclette, slegando la catena della sua e facendola scivolare fuori.

"Tu non hai una bici?" chiese a Mirai.

"S-stavo andando a prendere l'autobus, quando quei tre mi hanno accerchiata..."

Sakuragi strinse le sopracciglia spesse al solo ricordarsi della scena terribile alla quale stava assistendo. Strinse i denti e sbuffò con un grugnito.

"Sali sul portapacchi" disse, mettendosi a cavalcioni sul sellino della bici.

Mirai lo guardò con curiosità, prima di sedersi lentamente sul portapacchi metallico.

Sakuragi roteò verso di lei "Reggiti! Non voglio che caschi, poi la tua gonna si rovinerà ancora di più"

"Oh! D'accordo..." Mirai annuì, e non appena strinse entrambe le braccia attorno alla vita di Hanamichi lui sfrecciò via dalla scuola.

Sakuragi aveva tanta forza per pedalare nonostante avesse appena fatto rissa con tre ragazzi adulti, determinato a portare Mirai più lontana possibile da lì.

"Mia mamma é bravissima a cucire, se vuoi ti può riparare la gonna finché non te ne arriva una nuova"

Mirai strinse l'uniforme di Sakuragi tra le dita e chiuse gli occhi contro la sua schiena. Il vento le sferzava i capelli bronzei e tagliati fin poco sopra le spalle.

"Mi piacerebbe"

Sakuragi sorrise, anche se lei non poteva vederlo, e prese a pedalare più velocemente per arrivare a casa sua.
Sfrecciare tra le strade di Kanagawa con quel ragazzo appena conosciuto, era stata una boccata di aria fresca che Mirai non si sarebbe mai aspettata. Ormai stava calando il sole, ed erano pochi i passanti. C'erano solo lei, lui, il rumore del vento e della bicicletta che sferragliava sulla strada.
Quando arrivarono davanti a casa del ragazzo, Hanamichi aspettò che Mirai scendesse. Legò la bicicletta alla rastrelliera di casa sua e suonò al campanello. Ad aprire fu quella che doveva essere la signora Sakuragi, una donna sulla quarantina dai capelli neri come quelli del figlio.

"Hanamichi! Che succede? E che ti sei fatto alla faccia?!" chiese la donna, con apprensione.

"Tre ragazzi hanno cercato di approfittarsi di lei e li ho presi a botte, le hanno strappato la gonna"

La donna si portò una mano al petto e guardò Mirai con occhi di una tenerezza profonda. Erano gli occhi del figlio, anche se lui era permanentemente accigliato.

"Oh povera piccola, ti hanno fatto del male?" chiese, avvicinandosi.

"N-no..." balbettò Mirai, stringendosi l'orlo della gonna sgualcita "é arrivato prima lui e mi ha aiutata"

"Grazie al cielo! Entra pure cara, se mi dai il numero di tua mamma la chiamiamo così ti viene a prendere. Hanamichi, mentre le ricucio la gonna tu prepara del té e sciacquati il viso"

Il piccolo Sakuragi annuì con un cenno militaresco, prima di correre con un sorriso a preparare un pentolino di acqua calda.
La serata passò così a casa Sakuragi. La madre di Mirai era accorsa non appena la signora Sakuragi aveva telefonato, abbracciando stretta la figlia. Mentre la madre di Hanamichi ricuciva la gonna di Mirai, Sakuragi e la ragazza provavano a raccontare quanto successo.

"Per fortuna c'ero io, che sono un campione a fare a botte" asserì Hanamichi, con un certo orgoglio.

"Hana-chan non...lui non fa a botte" ridacchiò nervosamente la signora Sakuragi.

Ma la madre di Mirai non era riuscita a non continuare ad abbracciare, ringraziare e baciare sulle guance Hanamichi per aver protetto sua figlia. Sebbene il ragazzino minimizzasse il tutto come una cosa di poco conto e di cui non necessitava ringraziamento, sotto sotto Mirai aveva notato il suo sguardo orgoglioso e tronfio. Lei gli sorrise. Faceva bene ad andarne fiero.
Al limitare dell'ora di cena, la signora Sasaki teneva per mano la figlia sull'uscio della porta di casa Sakuragi. Sorrideva a madre e figlio, anche loro sollevati che le cose si fossero messe a posto.

"Signora Sakuragi, non vorrei essere inopportuna ma volevo chiedere una cosa a suo figlio..."

Mirai lanciò uno sguardo curioso alla madre, che teneva le mani giunte tra di loro.

"Hanamichi-kun, per favore, ti dispiacerebbe riaccompagnare a casa Mirai dopo gli allenamenti di basket?"

Mirai sbarrò gli occhi, e il cuore fece una piccola capriola. Allungò entrambe le mani in avanti.

"Mamma! No guarda Sakuragi, non ce n'è biso-"

"Certo! Ci penso io a riportarla a casa!"

Hanamichi, un occhio ancora gonfio e un pollice puntato al petto, sorrideva con sicurezza. Mirai non lo poteva sapere, ma le pupille dei suoi occhi castani si dilatarono.

"La riporterò io a casa dopo gli allenamenti, così non le succederà mai niente"

"Oh, grazie! Sei un tesoro di ragazzo"

La signora Sasaki sospirò, e poi guardò Mirai.

"A te sta bene, Micchan?"

Mirai stava per controbattere, perché non aveva bisogno che un ragazzo la accompagnasse a casa dopo tutti gli allenamenti. Perché se la poteva cavare, e non aveva bisogno di qualcuno in più.
Eppure, guardando l'espressione sinceramente volenterosa e buona di quel ragazzo che l'aveva difesa fino alla fine da quei delinquenti, si sciolse.

"Mi piacerebbe"

É così che la loro amicizia era iniziata. Era iniziata con Mirai che tutti i mercoledì pomeriggio si stringeva alla schiena di Sakuragi sulla sua bici, mentre lui sfrecciava tra le strade di Kanagawa per riportarla a casa.
Assistettero a tutti i cambiamenti sostanziali dell'uno e dell'altro.
Mirai vide Sakuragi farsi ancora più alto, e più muscoloso. Passava interi pomeriggi ad allenarsi insieme alla sua truppa, che talvolta si univa alle loro biciclettate e che lei aveva avuto modo di conoscere bene. La sua costituzione era muscolosa di natura, ma unita alla stazza e agli allenamenti al parco, lo avevano reso inusualmente grosso per uno che stava frequentando le medie. In terza media arrivò al metro e 88 di altezza. La voce nel tempo si era spezzata, diventando profonda e di un ragazzo cresciuto. Lui aveva mostrato trionfalmente a Mirai ogni pelo sotto le ascelle che aveva fatto capolino nel tempo, finché lei non aveva dovuto pregarlo di smetterla di sbattergliele in faccia.
E poi i suoi capelli. Un mese dopo aver incontrato Mirai, dunque ancora in prima media, lei era andata a trovarlo per la seconda volta a casa sua. Aveva portato la quinta torta che sua madre aveva cotto per ringraziare i Sakuragi di aver aiutato la figlia quel pomeriggio fatidico. Hanamichi l'aveva invitata a salire nella sua camera, e poi aveva tirato fuori un sacchetto di plasticaccia puzzolente contente delle scatole di cartone.

"Mirai, vorrei che mi tingessi i capelli" disse Hanamichi, porgendole il sacchetto.

Lei ci aveva messo il naso dentro con curiosità "Vuoi tingerti i capelli?"

"Sì, di rosso! Così farò cagare sotto qualsiasi ragazzo voglia metterti le mani addosso"

Mirai si sentì diventare purpurea proprio come il colore che Hanamichi le aveva proposto.

"Ma tua mamma é d'accordo?"

"Non credo, ma ci farà l'abitudine!"

Non voleva protestare. Lei gli doveva un favore, e aiutarlo a tingersi i capelli forse poteva essere un modo tutto suo per ringraziarlo.
Lui si mise in ginocchio sul pavimento, lei dietro. Prese a toccargli i capelli con una certa timidezza, separandoli in ciocche con cura. Poi prese a miscelare la tinta, girandola come l'impasto di pancake, e cominciò ad applicarla su ogni ciocca con un pennello altrettanto spiccio fornito insieme alle scatole.
Hanamichi guardava la scena dal riflesso sulla porta finestra di camera sua, fuori faceva buio.

"Sai Hanamichi, tu hai il fisico da giocatore di pallacanestro"

Sakuragi sobbalzò, facendo spaventare anche lei. Una goccia di tintura rossa le finì sulla guancia.

"Per carità, non sopporto il basket!" esclamò lui, stringendo le braccia al petto.

Mirai divenne torva "E perché?"

"Sia chiaro che mi sta bene riaccompagnarti a casa dopo gli allenamenti, però io lo odio. Tutte le ragazze stravedono sempre per i giocatori di basket!"

A Mirai si colorarono le gote di color ciliegia, mimetizzando la goccia di tintura che si era seccata sotto il suo occhio.

"Tutte le...ragazze?"

"Sì! Ci credi che mi sono dichiarato già a 15 ragazze quest'anno e più di una di loro mi ha rifiutato per qualcuno del club di pallacanestro? Scommetto che anche tu stravedi per qualche cestista allampanato!"

Mirai prese tra le dita una delle ciocche nere di Hanamichi, spennellandola di rosso. L'odore chimico le saliva fino alle narici.

"Non ho una cotta per nessuno del club maschile, a me il basket piace per quello che é"

"Sarà, ma piuttosto che giocarci mi raso i capelli!"

La tintura di Hanamichi venne molto meglio del previsto. Mirai lo aveva aiutato a risciacquarsi la testa dentro alla vasca da bagno, entrambi inginocchiati davanti ad essa con lui che ci ficcava la testa dentro. L'acqua chiazzata di rosso scorreva giù dallo scarico con la dolcezza. Infine, gli aveva asciugato i capelli con il phon e poi aspettato pazientemente che lui si aggiustasse il pompadour con il gel. Quello era un compito troppo difficile per lei.
Alla fine, si erano fissati attraverso il grande specchio rettangolare del bagno di Hanamichi. Il rosso era di un colore molto più acceso e vibrante di quanto si aspettassero, ma a Sakuragi donava davvero.

"Sai, sei piuttosto fico con questo colore" disse Mirai, guardandolo negli occhi attraverso il riflesso.

Hanamichi sospirò "Vorrei avere una fidanzata che mi dicesse che sono fico"

Mirai era sempre stata orgogliosa di quel piccolo momento tra loro due. Era stata parte integrante di uno dei vanti più grandi di Hanamichi, ovvero la sua chioma fiammeggiante. Ed era cambiato anche per lei.
Anche Mirai era cambiata negli anni. Si era tagliata i capelli fino alle spalle, e un ciuffo ribelle le cadeva sempre a lato della fronte. Si era fatta più alta, più atletica. Aveva cominciato ad andare in palestra oltre che agli allenamenti di pallacanestro, diventando più tonica delle compagne di classe. Il suo parlare era diventato più audace, sfacciato, forse condizionata proprio dal suo compagno di scorribande Sakuragi e dalla sua truppa. Una volta, per quanto esasperasse che la violenza non era la soluzione, aveva persino fatto rissa anche lei, mollando un pugno a un ragazzo che si era preso gioco del suo migliore amico. Il rosso l'aveva rimproverata per ore dicendo che non dovesse mettersi in pericolo così, e avevano litigato di brutto tutta la sera prima di addormentarsi insieme sul pavimento di camera di lui. Se prima era Sakuragi che si prendeva cura di lei, adesso capitava sovente che succedesse il contrario. Spettava lei il compito di tirare le orecchie a tutti quando saltavano scuola per andare a giocare a pachinko, oppure quando finevano per fare a botte con qualcuno. Mirai a quel punto portava Hanamichi a casa sua e gli medicava le ferite del viso, tamponandole con il disinfettante e applicando dei cerotti che conservava a pacchi nel suo bagno proprio per quell'evenienza.
Ogni volta, a pochi centimetri dal viso di lei, Hanamichi le faceva la stessa domanda.

"Sei arrabbiata con me?"

E Mirai sospirava, seria "Non riesco ad arrabbiarmi con te"

Quelle che Mirai aveva paura di medicare erano le ferite del suo cuore. Non sapeva come si facesse, e temeva di non volerlo imparare. Gli altri della truppa, seppur prendendo Sakuragi in giro, lo facevano, e lei no. Aveva cominciato a sentirsi immancabilmente fuori posto per questo motivo. Ormai era parte in tutto e per tutto della sua truppa, sebbene definita dal capo un "membro onorario" (perché le ragazze non fanno a botte, aveva detto lui, e noi ne meniamo tante). Avrebbe dovuto unirsi agli altri nel consolare Hanamichi dopo l'ennesimo rifiuto da parte di una ragazza, eppure non riusciva mai a farlo per questa viscerale sensazione di ipocrisia. Non ci riuscì nemmeno al cinquantesimo rifiuto da record a ridosso dell'inizio del liceo.

"50 rifiuti! Mirai, io morirò solo. Solo e scapolo, ti dico io!" esclamò Hanamichi, prendendole le spalle tra le grosse mani.

Lui torreggiava su di lei, e Mirai era molto convinta che stesse addirittura rasentando il metro e ottantanove. Ed era tutto muscoli, che le stringevano le spalle con una forza quasi dolorosa.

Sei bello anche quando sei patetico, accidenti.

Mirai sospirò, sgrullandosi le sue manone dalle spalle.

"Non morirai scapolo, dannazione, sei un bel ragazzo"

Yohei, accanto a loro nel corridoio della scuola insieme al resto della truppa, ridacchiò. Se qualsiasi altra ragazza gli avesse detto che era bello, avrebbe avuto un collasso istantaneo.

"Ma detto da te non conta, Mira-chan! Lo dici solo perché sei mia amica!"

"Ah sì?"

"E per altro il mio ultimo rifiuto é stato per colpa di un altro giocatore di basket! Non accetto consigli da chi si allea con il nemico, sia maledetto quello sport!"

Mirai sospirò, ormai era abituata alle sue invettive violente contro il suo sport. Gli diede le spalle.

"E vabbé, fai come cazzo ti pare"

Sakuragi le sventolò un dito contro "Oi, le ragazze non dovrebbero dire le parolacce! Se le tue amiche ti sentissero non ti vorrebbero più parlare"

Mirai gonfiò le guance e marciò via a passo deciso lungo il corridoio della scuola "Sto gran cazzo Hanamichi, io me ne vado a lezione con Yoko e Makoto. E vai a cagare!"

Sakuragi roteò gli occhi e incrociò le spalle al petto, prima di poggiare la schiena al muro. La truppa era scoppiata fragorosamente a ridere.

"Sarà, ma Mirai é carina anche quando ti prende a parole" disse Takamiya, mettendosi le mani in tasca con un sorriso divertito.

"E non dovresti dirle che Yoko e Makoto l'abbandonerebbero, lo sai che non é vero" aggiunse Ohkusu.

"Anche perché se lo facessero sarebbe la nostra fine, non avremmo più modo di rimorchiarle!" esclamó Takamiya, sinceramente preoccupato.

Hanamichi minacciò a entrambi delle testate, al che Yohei sospirò e si issò a sedere sul davanzale della finestra adiacente.

"Mirai ci prova a tirarti su il morale" disse.

Yohei sapeva di star mentendo. Quando si trattava di essere rifiutato dalle ragazze sapeva che Mirai non ci provava davvero a risollevarlo. Faceva sforzi appena impegnati e svogliati. Non glielo avrebbe mai fatto notare però, perché sebbene con le sue amiche fosse ancora una ragazza composta e serena, con la truppa era diventata una versione in miniatura di Sakuragi stesso e non esitava a sbraitare, sebbene in dose minore e con un volume più ridotto di volgarità.

"Sarà, ma niente farà mai sbocciare la mia primavera. Non finchè continuerò a prendere due di picche dalle ragazze" 

La depressione di Hanamichi si trascinò fino all'inizio del liceo, dunque qualche settimana. I sakura erano in pieno fiore, e le coppiette uscivano insieme mano per la mano per vederli sbocciare. In questa atmosfera romantica fin quasi allo stucchevole, Sakuragi si sentiva profondamente inadeguato.
Per quanto riguarda la truppa, compreso il membro onorario Mirai Sasaki, si era iscritta al liceo Shohoku come il suo capo. Non vi erano opzioni che li ispirassero particolarmente, era piuttosto vicino, e volevano stare tutti compatti e quanto più uniti possibile. Anche le due amiche di Mirai, Yoko e Makoto, si erano trasferite alla Shohoku, ed erano riuscite ad ampliare il loro gruppetto tutto femminile che la gang di Sakuragi aveva già tentato di conquistare.
Mirai non aveva più tentato di consolare Hanamichi da quella volta, ed era diventata sempre più irritata dal comportamento lagnoso del ragazzo. E sebbene non lo avrebbe mai dato a vedere, lei ci stava anche male a vederlo così. Perché le dava fastidio il modo in cui le altre ragazze non riuscissero a vedere che ragazzo di valore fosse davvero Hanamichi, non solo un teppista scorbutico e arrogante.
Mirai aveva comunque visto Sakuragi crescere nei suoi difetti. Lui era testardo, scorbutico, arrogante, infantile,  manesco e una testa calda. Però aveva anche tante qualità, dei principi e una gentilezza dentro di lui che nessuna vedeva e che solo Mirai credeva di percepire.

"Tiene ancora su il broncio?" chiese Mirai.

La ragazza si issò con i palmi delle mani sul davanzale della finestra di uno dei corridoi dello Shohoku. Yohei Mito, che era con lei, la imitò.

"Sì, sembra davvero che quest'ultimo rifiuto sia stato il colpo di grazia per il suo orgoglio...e lo credo bene, 50 due di picche non sono pochi"

"Quando lo conobbi era già a 15 pensa un po'...come fai anche solo a prenderti una cotta per così tante persone?*

Yohei scrollò le spalle "Sai, Hanamichi si butta a capofitto sulla prima cosa che gli va a genio. Gli basta che una ragazza sia carina per farlo andare in cortocircuito, perché anche se magari non ha nulla a che spartire con lei é pur sempre una bella ragazza. Se al contrario odia qualcosa, non c'é niente che lo smuove. É un ragazzo con impulsi di pancia e con una risolutezza assurda"

Il nuovo soggetto della collera di Hanamichi era il basket, sport caro a Mirai ma da lui sempre odiato. Lei gli aveva proposto più volte di introdurlo, visto il suo fisico ideale, e di insegnargli i fondamentali. Ma lui si era sempre rifiutato in maniera furibonda, perché con la pallacanestro non ci voleva proprio avere nulla a che fare. Lo repelleva così tanto che non andava nemmeno ai match di Mirai. Purtroppo lo Shohoku non aveva un club femminile di pallacanestro, dunque Mirai era dovuta andare a cercare una squadra indipendente di Kanagawa scritturata sotto qualche associazione sportiva. Ne trovò una, fortunatamente, che non si fece problemi ad accoglierla. 

Mirai vide Hanamichi uscire dalla sua classe, le mani affondate nelle tasche e la testa china "Sarà, ma così facendo finirà solo per svilirsi sempre di più"

La cestista aveva appurato che le ragazze dello Shohoku guardavano Sakuragi con timore. Era altissimo, muscoloso e con una chioma sgargiante che solo un teppista poteva portare. Nemmeno bionda come quella di Ohkusu, no, addirittura rossa. Era noto per aver spesso fatto a botte alle scuole medie, e dunque era normale che fosse guardato con prudenza. Era stato anche visto prendere a testate chiunque nominasse la pallacanestro, Mirai era l'unica eccezione.
Dunque niente poté prepararla quando vide la scena che le si parò davanti. Una bellissima ragazza si avvicinò a Sakuragi, e gli fece una domanda scomoda.

"Ti piace il basket?"

Yohei e Mirai avevano soffocato un singulto. La peggiore domanda che potesse essere mai fatta ad Hanamichi dopo il suo cinquantesimo rifiuto. Si prepararono al peggio, ma presto la convinzione di Mirai nell'assistere a una baraonda crollò come un castello di carte. Sakuragi era diventato rosso come un peperone. Non era strano da parte sua, faceva così con ogni ragazza che non fosse Mirai. La cestista strinse forte le dita contro la gonna dell'uniforme quando l'altra ragazza fece qualcosa di inaspettato. Squadrò Hanamichi da capo a piedi con curiosità invece che con freddezza, aveva degli occhi dolci e da cerbiatta, davvero belli. Poi gli prese a tastare i muscoli delle braccia, del ventre, delle spalle, fino anche anche alle gambe. Glieli complimentava e ammirava, con un sorriso non malizioso ma colpito. A Mirai si era bloccato il fiato in gola. Poi Sakuragi, tutto teso, rispose alla fatidica domanda.

"Lo adoro! Sono un vero sportivo!"

Zack!

Mirai sobbalzò con un sussulto, Yohei ebbe la stessa reazione. Il ragazzo guardò verso il basso, dove gli occhi di lei puntavano. Aveva strappato la gonna con uno spacco netto fin sopra la coscia. Era sconvolta, lo sguardo vacuo fisso sul tessuto.

"S-scusami Yoh-chan, mi dispiace tanto" balbettò Mirai.

Yohei la guardò negli occhi, preoccupato.

"Perché ti stai scusando con me?" chiese lui.

"Perché é stato strano, non so cosa mi sia preso" disse lei, alzando gli occhi su Mito "non sono fatta così, non volevo"

Yohei annuì, era mortificato "Non ti scusare Mirai, prendi la mia giacca e legatela in vita finché non finiscono le lezioni oggi"

"Grazie, Yoh-chan, sei un vero amico"

Mirai si legò la giacca della divisa di Mito alla vita, nascondendo la gonna per bene. Poi gli della cestista tornarono su Sakuragi e l'altra ragazza, che si era congedata con un sorriso. Il rosso si stava dirigendo proprio verso loro due. Aveva un sorriso a trentadue denti spiaccicato in faccia, completamente ripreso dopo la batosta di qualche settimana prima.

"Avete visto? Si chiama Haruko Akagi, é proprio il mio tipo! Mi ha chiesto di entrare nella squadra di pallacanestro, non é meraviglioso?"

Tre anni. Tre anni di amicizia a suggerirglielo lei stessa, ma mai niente. Mirai era senza parole, e ferita. Strinse le labbra.

"Tu odi la pallacanestro, Hanamichi" disse Mirai, seria.

"Non se me lo chiede una ragazza così bella! Finalmente la mia primavera é arrivata Mirai, non sei contenta per me?"

Mirai lanciò un'occhiata di sbieco a Yohei, che era altrettanto sconvolto quanto lei.

"Certo che lo sono, però ora vado a lezione"

Mirai balzò giù dalla finestra, stringendosi la giacca di Yohei attorno alla vita.

"Ciao Yoh-chan, domani ti riporto la giacca. Quanto a te, Hanamichi, sono felice che ti senta meglio"

Se ne andó a passo spedito, sotto lo sguardo confuso di Sakuragi.

"É sempre arrabbiata nell'ultimo periodo, ha le sue cose?" chiese Hanamichi a Yohei, indicandola con il pollice.

Mito scosse la testa e chiuse gli occhi "Non osare chiederglielo"

"Ma ce l'ha con me?"

"Sakuragi, lei non ce l'ha mai con te"

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Sakuragi adesso era un vero giocatore di pallacanestro, perfino un Genio. Almeno, questo a detta sua. Sotto i perplessi occhi di Mirai, era entrato nel club di basket dello Shohoku insieme ad altri giocatori, tra cui il chiacchieratissimo Kaede Rukawa.
Mirai amava il basket come si amano le persone. E per questo non riusciva a non provare una punta di orgoglio nel vedere Sakuragi imparare a giocare, chiederle dei fondamentali, fogarsi all'idea di scendere in campo con il capitano Takenori Akagi. A proposito della famiglia Akagi. Haruko.
Haruko o Harukina, come Hanamichi la chiamava. Lui l'aveva presentata a Mirai. Era dolcissima, bella, simpatica e graziosa. Presenziava a molti degli allenamenti per sostenere il fratello, amava anche lei la pallacanestro sebbene avesse abbandonato per mancata coordinazione. Mirai la trovava dolce, e ci andava d'accordo, ma non riusciva a non volersi dare qualche aria nel parlare della sua attività da ala grande. Eppure poi smise, per il senso di colpa nel cercare di dimostrare qualcosa in maniera così arrogante. Diede la colpa alla sbruffonaggine di Sakuragi, contagiosa. Non voleva essere quella che si dava delle arie, e che si strappava la gonna dal nervoso. Voleva essere una ragazza che andava d'accordo con le altre ragazze.
Mirai conobbe anche Ayako, la manager della squadra. Si trovavano sulla stessa lunghezza d'onda, entrambe disperate nel cercare di insegnare a Sakuragi i fondamentali con il minor numero di danni possibili.
Tutto sommato, era un periodo positivo. Sakuragi era di buon umore e ci scazzottava meno spesso, anzi passavano ancora più tempo insieme con la scusa della pallacanestro. Invitava anche Ayako e Haruko a uscire insieme a Makoto e Yoko, formando un gruppo spensierato e a cui piaceva spassarsela ai quartieri dello shopping. La truppa di Hanamichi si divertiva a supportarlo in tutto e andare con Mirai ai suoi allenamenti.
Eppure era inquieta, si stavano agitando dei movimenti in lei che sapeva ma non voleva spiegare. Un giorno, davanti al cancello dello Shohoku, Mirai tirò Hanamichi per una manica per prenderlo da parte.

"Senti, venerdì prossimo ho la prima partita importante con la nuova squadra. Ora che sei un Genio del basket, verrai a vedermi?" gli chiese.

Sakuragi cominció a incamminarsi insieme a lei verso casa, non avevano ancora rotto quel rituale di tornare insieme il mercoledì, anche se lei non aveva più allenamenti a scuola.

"Certo che ci sarò, farò un tifo fortissimo. E se provi a perdere mi incazzo!" disse, un sorriso convinto sul volto.

Era un sorriso diverso rispetto a quelli che lui rivolgeva ad Haruko, ma a Mirai piaceva sempre.

"Bene, inviterò anche il resto della truppa" 

"Sta a vedere che li sfiancherai tutti, perché sei la migliore ala grande della città, ovviamente dopo di me che sono un Genio"

Mirai scoppiò a ridere, portandosi una mano davanti alla bocca. Circondò il suo braccio attorno a quello di Hanamichi, reggendosi a lui. Lo faceva sempre quando tornavano a casa da scuola, senza nessun intento romantico o secondo fine, e lui la lasciava fare senza imbarazzo. Volevano prendere in giro gli anziani che andavano a coppia con le donne più giovani, perché Mirai si divertiva a dare ad Hanamichi del vecchio da quanto sembrava più grande. Eppure era rimasta una cosa loro, un linguaggio privato che voleva dire "ecco, questi siamo noi".

Eppure Mirai non sarebbe stata così felice il venerdì successivo. Perché Hanamichi il mattino della partita andò da lei nel corridoio della scuola, un sorriso ebete stampato sul volto.

"Hey Mirai, indovina! Haruko mi ha chiesto se oggi volessi andare con lei a comprarmi delle scarpe da basket nuove. Ci credi?! Sembra proprio un appuntamento!"

Mirai si pietrificò sul posto, le dita che subito andarono a stringersi a pugno ma nascondendole dietro alla schiena.

"Ah sì? Proprio oggi pomeriggio?" chiese, a denti stretti.

"Beh perché no? Non è che ci sia altro da fare" disse Hanamichi, grattandosi la testa.

A Mirai non piaceva fare giochetti. Non amava il gioco del silenzio, o i giochi di sguardi, o il gioco delle incomprensioni. Però non riuscì proprio, quel giorno, a ricordargli che lui si era già impegnato con lei. Forse perché glielo aveva ricordato così di frequente, o perché gli aveva lasciato il volantino dell'evento proprio ieri nel cestino della sua bicicletta. Forse perché dopo 50 e 1 ragazze era stanca e stava tracollando.

"Buon per te, Hanamichi. Sono davvero felice" disse, ancora con ipocrisia.

"Grazie, allora ci vediamo settimana prossima, mh? Ti farò sapere com'è andata"

Sakuragi, ancora quel sorriso spiaccicato in fronte, fece per voltarsi. Ma Mirai lo chiamò.

"Hana" disse, protendendosi verso di lui.

Fu lì per dirgli "stai con me, oggi pomeriggio" ma le parole le morirono in bocca a vedere quegli occhi lucidi di emozione nell'uscire con la ragazza che gli piace. Allora ritornò indietro sulle proprie parole.

"Air Jordan" fu l'unica cosa che disse.

Hanamichi alzò un sopracciglio "Mh?"

"Air Jordan 6. Comprati quelle. Penso che per te siano le migliori" disse, guardando a terra.

Hanamichi allargò il sorriso "Grazie, Mirai! Sei la migliore"

Mirai dopo andò da Yohei per chiedergli un passaggio a casa con il motorino, perché non si sentiva di stare da sola con i suoi pensieri per tutta la biciclettata del ritorno. Lui aveva capito che qualcosa non andasse, ma non volle chiedere.
I due camminarono fuori dallo Shohoku, e passarono davanti alla palestra. Mirai si voltò istintivamente nel sentire il cigolare di scarpe contro il pavimento, un rumore per lei piacevole e inconfondibile. Sapeva chi ci avrebbe trovato, ma non riuscì a smettere di guardare. Sakuragi che si allenava nei tiri insieme ad Haruko, che lo aiutava con un sorriso adorante in volto. E lui guardava lei proprio così.

"Yohei" disse Mirai.

Yohei sentì il cuore capriolargli in petto quando incrociò gli occhi di Mirai. Lo guardava fisso. Erano due occhi nocciola lucidissimi, annacquati, prossimi al pianto. E il labbro era piegato in una smorfia tremante come la sua voce dopo.

"Perché non mi può guardare come guarda lei?"

Non aveva mai detto niente a Yohei su ciò che provasse. Mai una parola. Ma Mirai sapeva che lui la capiva, che la leggeva e sapeva tutto quello che le passava per la testa. E lui la capì anche in quel momento, difatti le avvolse un braccio rassicurante attorno alle spalle e dopo la lasciò piangere quanto desiderasse contro la sua schiena, mentre la portava alla partita dove Sakuragi non ci sarebbe poi stato.
   
 
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