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Autore: JeanGenie    11/11/2023    0 recensioni
"Quei racconti erano stati come sassi che gli erano piovuti addosso"
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Scritta per la Challenge "Cinque Ricordi" del gruppo FB "Fondi di Caffè"
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Finn, Generale Hux, Rey, Rose Tico
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La via per Endelaan'
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Era bello scendere a terra, di tanto in tanto, interrompere quel lunghissimo viaggio e abbandonare a bordo la tensione e le aspettative. Quel piccolo pianeta ignoto non era esattamente un paradiso, ma aveva un corso d’acqua e pianure ricoperte di erba. Ed era di un giorno più vicino ad Endelaan. Ranea aveva detto che le ricordava il vecchio campo Jedi. Che cosa strana. Facevano davvero cose così comuni durante l’addestramento? Campeggiavano? Rose non l’avrebbe mai detto. Armie stava contestando il fatto che quello non fosse affatto un pianeta ma una minuscola luna. Proprio non ce la faceva a non polemizzare e lei lo adorava anche per questo. Dopotutto, l’idea di scendere era stata sua. Perché Rose compiva gli anni proprio quel giorno e lui aveva deciso di festeggiare bevendo e arrostendo carne e verdure alla brace.

“A Rose” disse Armie, sollevando il bicchiere verso di lei. Lei si scoprì ad abbassare gli occhi. Il suo sguardo innamorato la faceva sentire come una bambina ingenua.  

“Al futuro” aggiunse Finn. La sua voce le provocò un sussulto. Perché quel brindisi? Voleva essere benaugurante? Era diretto a lei o a tutti loro? Lui se ne stava un po’ in disparte. Rose si chiese se quel disagio tra loro sarebbe mai passato.

“Al passato” aggiunse Rose, fissandolo direttamente. Avevano avuto un legame. Una volta si volevano bene. Se c’era un modo di ripartire da quel punto, lei aveva intenzione di trovarlo.

“Non ne parli mai” le disse  Rey.

“Credi che dovrei?” No. Non poteva essere un obbligo. Non le avrebbe fatto bene. E non voleva affrontarne le conseguenze inevitabili.

“Credo che dovremmo tutti.” La voce di Rey aveva quel suono, quello che faceva vibrare la sua volontà e le faceva coraggio.

Rose si riempì di nuovo il bicchiere e lo sollevò. “Allora, a Hays Minor.”

“Com’era?” chiese Finn.

“Felice.” Una stretta allo stomaco e poi venne soverchiata dalla voglia di piangere.  “Una volta. Anche se dovevamo lavorare tanto. Esportavamo minerale, sai… Poi…” Esitò cercando di non guardarlo. Eppure Armie teneva gli occhi fissi su di lei in attesa, quindi Rose non poté fare a meno di fare altrettanto.

“Puoi dirlo” la invitò. Armitage Hux. L’ufficiale del Primo Ordine che aveva fatto tabula rasa della sua vita. E ora era lì, che le sorrideva e la incoraggiava a buttare fuori tutto.

“Poi è arrivato il Primo Ordine e tutto è andato in rovina. Hanno saccheggiato le nostre miniere. Hanno testato le loro armi su di noi. Siamo fuggite, io e mia sorella. Abbiamo cercato la Resistenza. E non eravamo lì quando tutto è finito. Non abbiamo potuto dire addio.”

Distolse lo sguardo da Armie. Non aveva mai preteso le sue scuse. Sapeva che non sarebbero servite a niente. Eppure lui non si tirava mai indietro quando si trattava di fronteggiare le sue colpe. Sembrava quasi che fosse una sfida che lo rendeva più forte.

“Non importa.” Era tornata a guardare Finn. Non erano tutti la prova che il passato poteva fornire le basi per qualcosa di nuovo e migliore? Bisognava sempre farci i conti. E guardare al futuro. “Hai ragione, Finn. Al futuro.  Alla rinascita e al perdono.”

“A volte un passato nemmeno ce l’hai “ disse Finn con un sorriso amaro.

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Non ricordava niente del prima. Non c’era neppure un ‘prima’. Sapeva di essere stato portato via da casa. Sapeva di avere una sorella da qualche parte, perché ricordava la sua mano mentre la strappavano via da lui, ma erano solo sensazioni vaghe. Quanti anni poteva avere quando erano arrivati? Non più di un paio. La sua vita era iniziata con l’addestramento, con il codice e le regole. La sua casa erano le camerate. I suoi fratelli erano gli altri bambini. Aveva conosciuto da subito l’ostilità, la rivalità  e la necessità di sopravvivere.

E aveva capito subito che non bisognava fare domande, anche se, nella sua testa, ne aveva davvero troppe. Tutti quei ‘perché’ gli toglievano il sonno. E ricordava le punizioni, ogni volta che venivano pronunciati. Aveva trascorso più di vent’anni in quel modo.

Aveva imparato a sparare a distanza. Era diventato un artigliere. E sapeva di essere uno dei migliori. Ma le domande continuavano, venivano taciute, si annidavano dietro un casco e un’armatura bianca da assaltatore. Era considerato una testa calda. Per questo veniva sempre spedito in punizione. Perché aveva dubbi. E allora finiva a fare i lavori più umili.

“Anche se ero tra i migliori e lo sapevo” insistette Finn mentre vuotava il sacco per la prima volta in vita sua. E gli altri lo ascoltavano e lo osservavano come se lo vedessero per la prima volta.

Era andata così, fino a quando Phasma non lo aveva reclutato per il suo battaglione. Per la sua missione a terra, su Jakku. E allora era cambiato tutto. Allora aveva guardato l’orrore in faccia e aveva detto no. Aveva compreso di essere carne da macello. E aveva detto “Non più.” Quelli in alta uniforme se ne fregavano di loro. Non era giusto che loro continuassero a morire per qualcuno che gli aveva tolto tutto. Quelli in alta uniforme…

“So esattamente di cosa parli. “ aveva detto Hux inaspettatamente.

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Forte e violento, il peso che gli cresceva sulle ossa man mano che gli anni passavano, suo padre gli faceva paura. Odiava il suo sguardo gelido colmo di disgusto. Gli aveva dato il suo nome, ma ai suoi occhi rimaneva il figlio di una sguattera, un errore di percorso. Ma era suo. Gli somigliava. Aveva la sua pelle chiara e i suoi capelli rossi.

Ed era il piccolo servo da testare in continuazione, da umiliare e forgiare perché  potesse diventare forte e spietato e non lo mettesse mai in imbarazzo. Ogni pugno, ogni parola crudele, ogni punizione serviva a farlo crescere, o così diceva.

Non aveva conosciuto altro che non fosse un’educazione strettamente militare. Una disciplina ferrea e spalle dritte e rigide. Ma lo sguardo… lo sguardo doveva abbassarsi quando era in sua presenza. Lo aveva odiato anche per questo. Perché con lui si sentiva debole e sottomesso.

Anche quando i suoi motivi erano diventati altri, aveva scalato le gerarchie ed era diventato temuto e rispettato, Armitage Hux non si era mai chiesto se potesse esistere un’altra vita lontano dallo sguardo crudele di suo padre. Fino al giorno in cui lo aveva fatto uccidere.

“È terribile” disse la Jedi e Armitage Hux era pronto a  sfidare il suo sguardo di disprezzo. Invece aveva visto nei suoi occhi pietà e comprensione.

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“Sì, è terribile”. Rey non aveva mai riflettuto troppo su Hux e i suoi trascorsi. Era convinta che chiunque meritasse una seconda occasione, e lui stava usando la sua al meglio. Ma ora il suo racconto aveva suscitato in lei sentimenti contrastanti.

Era vissuta sognando il  ritorno dei suoi mentre lavorava fino a spezzarsi la schiena. Le era stato detto che l’avevano venduta e aveva preferito rimuovere quell’idea dalla sua mente di bambina. Eppure era rimasta lì, annidata, per anni, dietro la speranza. Dietro ad altri ricordi, caotici e insensati. Ricordi veri, ricordi falsi. Ricordi scomparsi. Era lì che Ben aveva scrutato, un giorno, ingannato dal suo stesso dolore.

Aveva versato lacrime per tutta la vita, in uno spreco di acqua e sale. E anche ora che conosceva la verità, non ricordava neppure i loro volti. Ma sapeva che quel senso di abbandono non l’avrebbe lasciata mai.

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“Allora?” La voce di Ranea lo strappò ai suoi pensieri, mentre tentava di distogliere invano lo sguardo dal volto triste di Rey.

Quei racconti erano stati come sassi che gli erano piovuti addosso. Ben ricordava perfettamente la propria infanzia. Ricordava il sorriso dei suoi genitori. E ricordava la tristezza, come un tarlo nella testa, fatto di voci e silenzi.  

“Allora, credo che mi piacerebbe poter tornare indietro e vivere in modo diverso" le rispose.

“Non è quello che hai fatto?” lei ammiccò come se sapesse cose a lui ignote. Ma non era il momento per ricordarle che lui non era il suo amico e compagno di addestramento. Aveva solo il suo stesso volto.

Forse aveva ragione. Ben aveva aiutato altri come lui. Ma ora non era forse troppo tardi? Aveva scelto la vita e forse era stata una decisione dettata dall’egoismo. Forse quello non era il suo posto. Forse sarebbe stato giusto se fosse tornato indietro, tra gli spiriti, e avesse provato a rendere felice l’infanzia di quelle persone. Salvare il pianeta di Rose. Restituire Finn ai suoi affetti. Rendere felice l’infanzia di Hux. E Rey, la sua Rey…

“Ben?” insisté Ranea.

Lui non avrebbe aggiunto nulla. Non in quel momento. Li avrebbe ascoltati ancora e forse sarebbe bastato tendere loro la mano nel momento presente. Forse quella che stava vivendo non era che un’altra pausa. Forse sarebbe scomparso quando non avessero più avuto bisogno di lui. Ma sorrise pensando che, in fondo, andava bene cosi. Perché quello sarebbe potuto diventare un bellissimo presente.

   
 
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