Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: PerseoeAndromeda    18/11/2023    0 recensioni
Lui, il genio, colui che non era mai stato bambino, che era sempre stato ritenuto da tutti un ragazzino speciale con i suoi 250 QI, aveva conosciuto la semplicità del sentirsi un ragazzo normale in mezzo ad altri quattro ragazzi normali…
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rowen Hashiba, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fanfic scritta per il writober indetto da Fanwriter.it.
Lista: Pumpink
Prompt: 7. Vergogna
Titolo: Il ragazzo speciale
Fandom: Yoroiden Samurai Troopers
Personaggi: Touma e Seiji
Rating: verde
Genere: introspettivo, fluff, leggero angst, romantico, sentimentale
 

 
IL RAGAZZO SPECIALE


 
Un plateale sbadiglio interruppe il corso delle battaglie, narrate in una sequenza densa e infinita, dal saggio sull’era Sengoku che Touma aveva iniziato il giorno prima.
Si era pentito: i saggi potevano essere davvero noiosi, qualunque fosse l’argomento trattato, soprattutto per una mente come la sua che aveva ben pochi segreti, fin da quando era bambino, nutrita di nozioni immesse una dopo l’altra durante le lunghe giornate passate da solo a casa, in cui i libri erano il solo suo nutrimento e unica compagnia.
Tutte le cose contenute in quel mattone lui le sapeva praticamente da quando aveva imparato a leggere, ad un’età molto precoce, tra l’altro, e quelle righe fitte di date e nomi gli procuravano la medesima sensazione di pedanteria dei maestri prima e professori poi che, comunque, ne avevano sempre saputo molto meno di lui.
Quante volte aveva taciuto su loro errori o notizie incomplete, solo per evitare di metterli in difficoltà…
Non sempre, tuttavia, era riuscito a trattenersi.
Era capitato che non se ne rendesse conto: non voleva offendere ma, a volte, era più forte di lui far notare le mancanze e parlare a sproposito.
Non era mai stato molto bravo, Touma, a vivere nel mondo.
I libri e il sapere non avevano segreti per lui, ma i rapporti umani erano un ricettacolo di misteri in cui i malintesi erano sempre all’erta.
I nakama gli avevano insegnato molto, il livello di socializzazione, con loro, era giunto ad un punto che neanche nei suoi sogni più remoti, neanche nelle più fervide fantasie sarebbe mai stato in grado di immaginare.
Amore…
Lui innamorato…
Lui circondato da quattro coetanei che gli avevano aperto il cuore fino a rendere dolorante quello che, per anni, aveva considerato solo, in maniera freddamente scientifica, un muscolo involontario che pompa sangue per consentire all’organismo di respirare e vivere.
Certo, il cuore la favoriva eccome la vita ma, da quando era andato un po’ più a fondo, non era solo il corpo a sentirsi vivo.
La vita dello spirito era qualcosa di davvero straordinario: lui che si era sempre perso nella contemplazione del cielo e delle stelle, ora si era veramente elevato verso quella distesa infinita che era il cosmo.
Tutto grazie a loro.
Quella consapevolezza, tuttavia, aveva risvegliato in lui una sensazione molto meno gradevole di tutto il resto: la vergogna.
Il non sentirsi degno.
Lui, il genio, colui che non era mai stato bambino, che era sempre stato ritenuto da tutti un ragazzino speciale con i suoi 250 QI, aveva conosciuto la semplicità del sentirsi un ragazzo normale in mezzo ad altri quattro ragazzi normali…
Anzi no…
Era lui quello normale, così mediocre da considerarsi insignificante.
Loro erano quelli speciali.
Sbuffò, chiedendosi da dove spuntassero tali problemi: quei quattro lo avevano davvero fatto rincitrullire se la sua mente si metteva a divagare, così dal nulla, su certe questioni.
Buttò il libro sul pavimento, si stirò in tutta la sua lunghezza e si esibì in un nuovo sbadiglio, ancora più esplicito del precedente.
Avrebbe anche potuto addormentarsi su quel divano comodo ma, stranamente, decise di resistere alla sonnolenza e si tirò su, si stropicciò gli occhi e, stancamente, si trascinò fino alle scale.
Salì al piano superiore e camminò ancora fino al bagno, intenzionato a darsi una rinfrescata.
Appena entrò, la sua attenzione cadde sulla propria immagine riflessa nello specchio.
Era una calda giornata estiva, indossava solo un paio di pantaloni corti ed era a petto nudo.
Fece una smorfia di fronte a quella figura insignificante, alta e secca, priva di attrattive, dal volto anonimo e una zazzera di capelli sempre spettinati.
Rieccolo di nuovo a perdersi in insicurezze che non aveva mai conosciuto…
O, almeno, così credeva: forse, dopotutto, erano sempre state dentro di lui.
Tuttavia, un tempo era in grado di concentrarsi su altre cose. Dal momento in cui i nakama erano giunti a stravolgere la sua esistenza, invece, si era trovato circondato da quattro meraviglie.
Ciascuno, a proprio modo, era davvero speciale, nel fisico e nella personalità.
Ryo, il leader, il selvaggio ragazzo di montagna, con il suo carisma e quell’espressione da gatto randagio eppure amabile, in grado di farsi seguire con il solo stimolo della sua presenza.
Shin, con la sua dolcezza, il suo sorriso generoso, la sua bellezza semplice che faceva tenerezza e una sensualità innata, di cui lui stesso era inconsapevole, che esplodeva in uno tsunami di emozioni quando faceva l’amore con loro.
E poi Seiji… la stella, la loro luce nel buio, un altro tipo di bellezza, sfolgorante, algida e irresistibile per ciascuno di loro, li prendeva per mano verso la giusta direzione se Ryo vacillava.
Seiji, non Touma, era il saggio: ragione di più per domandarsi cosa ci facesse lui, tra loro.
“A cosa servo davvero?” borbottò, rivolto a quel giovane ombroso che lo guardava dall’altra parte dello specchio.
Infine, c’era Shu, sempre così insicuro del proprio aspetto, diceva di ritenersi goffo in mezzo a tante bellezze e non si rendeva conto della bellezza che lui stesso emanava: quella interiore, certo, la bellezza di un ragazzo passionale, affettuoso, un vulcano di energia che tante volte aveva restituito a tutti la forza di vivere e di reagire. E anche lui era bello, con quel viso tondo e quei due occhi così grandi da sembrare un bambino mai cresciuto, che conquistavano al solo perdersi nel loro intenso blu, un fisico possente, ma armonioso, anche se lui non ci credeva.
“E io?” ripeté ancora, passandosi la mano sulle costole, sul ventre. Niente di che, solo forme piatte e un viso che si era meritato l’appellativo di “faccia da schiaffi”.
La porta del bagno si aprì e, prima ancora che lui se ne rendesse conto e potesse interrompere quella sua autocritica contemplazione, la mano sul proprio ventre fu coperta da un’altra, la figura nello specchio non era più sola.
Alle sue spalle comparve un angelo biondo che, nel momento stesso in cui avvolse il suo corpo, posò la fronte sulla sua spalla e il lungo ciuffo dorato gli accarezzò la pelle procurandogli un brivido con la sua morbidezza.
“Se… Seiji…”.
La mano sulla sua si chiuse intorno alle dita, l’altra mano gli accarezzò le spalle e scese sul petto. Al posto dei capelli, sulla spalla, percepì il tocco umido della labbra.
“Ti cercavo” sospirò nel suo orecchio una voce che era un incantevole amalgama di profondità e dolcezza.
“Pe… perché?”.
Ma, soprattutto, perché non smetteva di balbettare?
Non ci riusciva mai del tutto, nonostante il tempo passato, quando Seiji gli mostrava attenzioni.
Con Shin e Shu sapeva scherzare, prenderli in giro, fare a gare in duelli senza fine di lazzi e parole.
A Ryo sapeva tenere testa, soprattutto sapeva calmarlo quando le sue reazioni si facevano spropositate.
Seiji era il suo punto debole: lo inibiva, lo turbava.
Si sentiva insignificante paragonato a ciascuno di loro, ma Seiji era la sua stella: la sua bellezza, la sua perfezione rendevano Touma incapace, a volte, di mostrarsi completamente se stesso.
“Secondo te” Seiji intervallò le proprie parole con un bacio sulla guancia, “perché ti stavo cercando?”.
Touma ebbe il tempo di notare il rossore esploso sul proprio volto, prima di distogliere gli occhi da quell’immagine che lo imbarazzava in maniera insopportabile.
“Non… non lo so” borbottò a mezza voce. “Hai bisogno… di qualcosa?”.
Seiji, la mano di Touma ancora imprigionata nella sua, la spostò dalla precedente posizione e la tirò all’indietro, per posare sui polpastrelli del nakama le proprie labbra, prima di rispondere:
“Sì, Panda… di te…”.
Touma ingollò e non poté impedire a se stesso di irrigidirsi: era più forte di lui, faticava ad accettare gratificazioni nei suoi confronti, perché non le capiva, non si capacitava.
“Di… me…”.
“Mi mancavi…”.
“Non… non ci sono gli altri?”.
Seiji ridacchiò, mentre con il dito indice percorreva la spina dorsale strappando, suo malgrado, un gemito al nakama imbarazzato.
“Certo… ma in questo momento mi mancavi tu”.
“Perché?” esalò Touma in un sospiro, la parola che si spezzò quando il dito raggiunse l’osso sacro.
La mano di Seiji tornò davanti, sull’addome, il dito si mise a tracciare cerchi intorno all’ombelico e Touma si curvò leggermente all’indietro, mugugnando sillabe sconnesse.
“Ti sembra così strano?” lo incalzò Seiji.
“Be’… sì…” borbottò Touma, ormai al culmine dell’imbarazzo, un calore soffocante che risaliva dal basso e esplodeva in una fiammata violenta sul volto.
Seiji si fermò, le mani si posarono salde sulle sue spalle e, con una piccola, ferma pressione, lo invitò a voltarsi.
Si trovarono così faccia a faccia, cosa che non aiutò affatto Touma a sentirsi più rilassato. Gli dispiaceva reagire così agli occhi di Seiji, sapeva che per il giovane Date i propri occhi erano un problema.
Ma lui non li temeva per il medesimo motivo per cui li temevano gli altri, non li considerava affatto occhi demoniaci: erano, anzi, gli occhi più belli che si potessero contemplare e, a discapito dell’immediata apparenza, erano gentili. I nakama avevano il privilegio di conoscere a fondo la dolcezza che si celava in essi, nessun altro poteva condividere tale dono.
Tuttavia era difficile, per Touma, sostenerli: scavavano troppo a fondo in lui, affondavano nella sua anima, Touma non era mai stato abituato a venire fissato in quel modo.
Così abbassò i propri occhi e si ritrovò a puntare il pavimento.
In realtà non guardava nulla davvero, la sua mente era offuscata da una confusione che non riusciva a dominare.
Seiji non gli permise quella fuga, gli posò le mani sulle guance, gli sollevò il viso e lo tenne fermo. Lo guardava in modo talmente serio che il cuore di Touma prese a battere all’impazzata, credette sarebbe esploso o che gli avrebbe sfondato la gabbia toracica. Comprese cosa provava Shin quando il cuore pulsava tanto forte da fare male.
Ma perché, ora, succedeva anche a lui?
Si amavano tutti e cinque da tempo, ormai…
Perché, proprio quel giorno, le sue insicurezze lo riportavano indietro, a giorni in cui gli era impossibile credere a un legame tanto profondo, a quel sentimento che sbocciava in lui e che non aveva mai sperimentato prima di allora?
Oh, lo sapeva perché: Si trattava del modo in cui Seiji lo stava guardando.
In quegli occhi d’ametista c’erano un amore, un’adorazione che Touma non riusciva a capire.
Oh, certo, lui Seiji lo adorava, così come adorava gli altri nakama, ormai aveva fatto i conti con la consapevolezza che, per loro, avrebbe fatto qualunque cosa, dato la vita, certo, quello in fin dei conti era il meno, ma avrebbe gettato alle ortiche ogni briciola della sua dignità solo per scorgere, sui loro visi, l’ombra di un sorriso.
Ma che loro adorassero lui nella medesima maniera… era quello che non riusciva a capire.
Perché avrebbero dovuto?
Quale attrattiva potevano mai scorgere, in lui?
Le mani di Seiji sul suo viso erano calde.
Seiji aveva sempre le mani fredde, in qualunque stagione, eppure, in quel momento, Touma assorbiva da esse solo calore… bruciante quasi, le sue guance scottavano.
“Hai la pelle caldissima” mormorò Seiji, con quel suo tono che faceva andare fuori di testa.
“I…io?”.
Quindi era la sua pelle ad essere bollente?
La verità era che non riusciva più a distinguere se stesso e l’altro, dove finiva lui e dove cominciava Seiji.
“È piacevole per le mie mani” sospirò Seiji e le sue labbra si piegarono in un sorriso che faceva lo stesso effetto della voce, lasciando sgorgare in superficie la tenerezza insita nel suo cuore immenso.
Il viso di Seiji si spinse in avanti, i loro nasi si sfiorarono e Touma ingollò di nuovo, si morse il labbro, il calore raggiunse livelli difficilmente controllabili.
“Però… Touma…” il sorriso scomparve dal volto di Seiji, ma non la dolcezza.
“Co… cosa?”.
“La devi smettere”.
Una frase simile non se l’aspettava e non poté fare altro che ingollare ancora, più volte, prima di sentire il groppo nella gola abbastanza sciolto da consentirgli di parlare:
“La… devo… di che parli?”.
Si sentiva un ebete a parlare in quel modo, con quel tono, con balbettii sconnessi e voce che usciva a fatica.
Il tocco più deciso delle mani sulle sue guance non migliorò la situazione, così come le nuove parole con cui Seiji accompagnò la pressione dei polpastrelli:
“Di vergognarti…”.
“Ah…”. Non uscì altro, solo un aprirsi tremolante della labbra sotto gli occhi sgranati in tutta la loro ampiezza.
Con una mossa leggera, Seiji mise le loro fronti a contatto, le strofinò con un sospiro, chiudendo gli occhi:
“Di quello che noi proviamo per te e di quanto ti riteniamo importante”.
Prima che Touma potesse ribattere, cosa che, in quel momento, contrariamente ad altre occasioni, gli era tutt’altro che facile, Seiji sigillò le proprie parole con uno di quei baci possessivi e pieni di passione che non ammettevano repliche.
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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