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Autore: M a k o    25/11/2023    11 recensioni
• Datastormshipping (Ryoken/Yusaku)
• Mini long Modern!AU scritta per la Year of the OTP indetta su Tumblr e ispirata alla Everybody Needs A Hug Challenge indetta dal forum Siate Curiosi Sempre
• Dal testo:
A un tratto, Yusaku avvertì il suo respiro frammisto ai singulti diventare una cosa sola con quello di Ryoken. Il tempo si cristallizzò in quell'attimo perfetto in cui le gocce di pioggia parevano cantare un'indefinita canzone d'amore e non esistevano altro se non loro due e quel sentimento nascente e crescente che li stringeva in un legame impossibile da sciogliere.
Cielo, Ryoken lo stava baciando con una delicatezza inenarrabile e quando Yusaku chiuse gli occhi sentì qualcosa esplodere dentro di sé, una ipernova immensa pronta ad accecare l'universo intero.
Erano così belli, in quell'auto ferma sotto la pioggia, mentre si scambiavano il loro primo bacio, che per un attimo Yusaku credette di aver compreso cosa fosse la felicità assoluta.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Ryoken Kogami/Revolver, Yusaku Fujiki/Playmaker
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Datastorm mini long'
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IPERNOVA 1 WELL, POSSO SPIEGARE.
Questa storia non era in programma, o meglio, non era in programma il fatto che diventasse una mini long, dato che doveva trattarsi della OS di novembre da inserire nella Raccolta I can live because of this love.
Ho deciso di trasformarla in una mini long per il semplice motivo che sono arrivata a 7k parole e ancora non ho finito di scriverla, ho davvero tante cose da sviluppare e non nego che questa stesura mi stia bellamente prosciugando, quindi ho optato per dividerla in due parti per poter respirare un attimo.
Poi, a dirla tutta, si tratta pure della storia per il mio compleanno — in ritardo ma vabbé, dettagli, ormai il 7 novembre è passato —, e per me ha un significato molto importante.

Il titolo di questa storia è omonimo alla mia canzone italiana preferita: Ipernova di Mr.Rain, quindi vi lascio immaginare la gioia di aver finalmente scritto qualcosa basandomi sulle parole di questa canzone.
Troverete alcuni frammenti della suddetta sia in questo capitolo che in quello successivo, quando lo pubblicherò.

In questa storia affronto una tematica importante; non è la prima volta che ne parlo, ma in questo caso non si tratta di qualcosa di canonico per i personaggi, come invece è successo in un'altra storia che ho scritto — poi capirete a cosa mi riferisco.

Questa storia ovviamente partecipa alla Year of the OTP indetta su Tumblr (per il mese di novembre ho scelto il prompt Growth), mentre è solo ispirata a una delle Challenge sul mio forum Siate Curiosi Sempre in quanto si tratta di una mini long e quindi niente, mi piace sabotarmi da sola, lol
Dato che in questa prima parte il prompt del forum non compare, ve ne parlerò meglio nel secondo capitolo.

Giuro che ora vi lascio alla lettura (!), vi chiedo scusa per avervi tediati così tanto, ma mi sembrava giusto spiegarvi per bene come stanno le cose, visto tutte le modifiche che ho attuato per la Raccolta.
Vi auguro buona lettura e vi aspetto a fine storia con altre N.d.A. — SCUSATEMI (!)



IPERNOVA

(Prima parte)



1

Comunque vada andrò dritto per la mia strada
Sarai sempre la colonna sonora della mia vita
Tra tutte le persone sei la sola che colma
Perfettamente lo spazio che ho tra le dita

Era un pomeriggio come tanti, alla caffetteria Cyberse. Il cielo di novembre era plumbeo e il sole era pallido come una grande perla dispersa nel cielo; il suo calore, in quel momento della giornata, era quasi del tutto inesistente.
Yusaku aveva servito bevande bollenti di tutti i tipi, aveva lavato tazze, piattini e posate sotto il getto dell'acqua calda del lavabo e aveva pulito il bancone con uno strofinaccio pregno di disinfettante innumerevoli volte. Tutte azioni reiterate per ore intere in un giorno qualunque che, però, non gli pesavano affatto. A dirla tutta, negli ultimi anni quelle azioni quasi meccaniche erano ciò che lo avevano tenuto in piedi e gli avevano dato il supporto necessario per non crollare e impedire alla paura e all'incertezza di fagocitarlo in un buco nero senza fine.
Amava lavorare alla caffetteria. Aveva scoperto di essere portato per la cappuccino art e spesso si dilettava a creare figure nuove e sempre più graziose con la schiuma, come i coniglietti che molti clienti apprezzavano e richiedevano esplicitamente nelle loro bevande calde — di solito erano giovani studenti delle scuole medie e superiori, ma anche alcuni universitari gli avevano riservato non poche sorprese.
Ma lo stupore più grande non aveva potuto che offrirglielo proprio quella persona, quel nome che Yusaku faticava ancora a pronunciare dopo cinque anni di lontananza sia fisica che emotiva. Proprio quell'uomo che, negli ultimi giorni, si era introdotto nuovamente nella sua vita con passo calmo e al contempo deciso, prendendo posto in un punto preciso del cuore

    (proprio al centro, dove tutto è più tenero e vulnerabile).


2

Tutte le persone più importanti della sua vita
    (più una)
quel giorno erano lì.
In quel pomeriggio di metà novembre come tanti altri, pronte a colorargli la giornata con la loro sola presenza e le loro voci che Yusaku avrebbe riconosciuto tra milioni.
Jin e Miyu avevano ordinato rispettivamente un caffè macchiato e un espresso; lui frequentava un corso serale di pasticceria mentre lei studiava pedagogia all'università, intenzionata a lavorare poi in un asilo. E a tal proposito, nell'ultimo periodo la mole di studio era diventata molto più importante, tanto che Miyu si era abituata in fretta alla botta amara che il caffè espresso rilasciava sulle papille gustative. Sosteneva di aver bisogno di una carica di energia adeguata ad affrontare le ore serali di studio e la bevanda amara nella tazzina pareva l'ideale, in netto contrasto con la bontà della ragazza, una dolcezza sia fisica data dai lineamenti delicati del volto che caratteriale.
Poi c'era Yusei, il primo amico che Yusaku avesse mai avuto, un angelo caduto per sbaglio dal cielo come lo definiva in gran segreto nei suoi pensieri. Aveva ordinato un latte macchiato e Judai ci aveva messo tutto l'impegno del mondo per preparargli il latte macchiato più buono che Yusei avesse mai assaggiato, soprattutto dopo che quest'ultimo si era presentato alla caffetteria con una mano completamente fasciata. Un piccolo infortunio sul lavoro, nulla di così grave — poteva capitare di tagliarsi in maniera più o meno profonda riparando il motore di un'auto o di una moto —, ma che per Judai aveva assunto connotazioni talmente catastrofiche che aveva trascorso dieci minuti buoni a preoccuparsi per il suo ragazzo, lasciando a Yusaku l'arduo compito di preparare una decina di bevande calde nel minor tempo possibile.
Non era stato un problema, in realtà. Anzi, questo l'aveva aiutato a concentrarsi meglio sul lavoro e non pensare che di lì a poco le carte in tavola sarebbero mutate drasticamente. Perché, per quanto tentasse di mantenere la propria compostezza intatta, dentro di sé urlava.
    (E forse solo la causa del suo tumulto emotivo avrebbe potuto udirlo).


3

È come se ci stessimo aspettando da sempre, ma…

Dunque, ecco le quattro persone
    (più una)
che per Yusaku valevano più dell'oro: Miyu — la sua migliore amica—, Jin — il ragazzo della sua migliore amica —, Yusei — il suo migliore amico — e Judai — il ragazzo del suo migliore amico.
E poi c'era Ryoken. Era arrivato da poco e aveva preso posto a un tavolino un po' in disparte, vicino alla grande vetrata della caffetteria che offriva uno scorcio di una delle tante arterie trafficate di Den City. C'era Ryoken, ora intento a parlare con un cameriere, e Yusaku, anche quella volta, non riuscì a frenare i battiti cardiaci che si erano fatti improvvisamente più concitati.
    (C'era Ryoken, e Yusaku sentì di amarlo come il primo giorno).
Il cameriere gli si avvicinò e, prima ancora che potesse esprimere a parole quale fosse l'ordinazione, Yusaku sapeva già cosa doveva fare.
Un cappuccino. Ryoken desiderava un cappuccino. E lui l'avrebbe accontentato.
In quel momento era ben consapevole di avere gli occhi degli altri quattro tutti puntati su di sé. Sguardi attenti, respiri trattenuti, ognuno di loro pronto a scattare in qualsiasi istante. Yusaku si lasciò andare a un sospiro, prima di mettersi all'opera.
Optò di decorare la superficie della bevanda con la tecnica del pouring, ricreando perfettamente la figura di una foglia.
    «Vuoi servirglielo così anche oggi?» domandò Judai mentre puliva delle tazzine, ora che era tornato al lavoro dopo essersi dedicato interamente a Yusei per dieci minuti buoni. «E io che speravo ti sbizzarrirsi con l'etching e disegnassi qualcosa di più elaborato!» proclamò con tono enfatizzato, quasi fosse una tragedia.
Yusaku sapeva che anche quel giorno i suoi amici l'avrebbero stuzzicato. E voleva loro troppo bene per non considerarli. Preferiva di gran lunga discutere anziché rintanarsi nel mutismo più assoluto
    (in netta contrapposizione con il ragazzino che aveva conosciuto Ryoken cinque anni addietro)
nonostante la consapevolezza che, così facendo, l'avrebbero quasi portato all'esasperazione.
Sapevano cos'era accaduto tra lui e Ryoken quando era ancora tutto compromettente. Di come i loro cuori si fossero spezzati nello stesso, medesimo momento, e forse dopo tanti anni di lontananza non avevano mai smesso di piangere in silenzio, sopraffatti dal dolore e dalla malinconia.
Ma non voleva rievocare quei momenti… anche se questi, a modo loro, trovavano sempre l'occasione di intrufolarsi nei meandri della sua testa, in una sala cinematografica vuota e impolverata, e proiettare su uno schermo squarciato ciò che aveva segnato le loro vite in maniera irreversibile.



4

Yusaku non si aspettava che il suo progetto avrebbe suscitato qualcosa nei dirigenti della SOL Technologies una volta preso in esame. A dirla tutta, lui non si aspettava mai chissà quanto dalla vita, solo di essere lasciato in pace e di non trovarsi mai al centro dell'attenzione, ma durante il suo secondo anno delle superiori qualcosa mutò per un breve periodo di tempo il placido e monotono scorrere delle sue giornate.
Uno spaccato di esistenza che non avrebbe mai dimenticato neanche se avesse espresso con fermezza il desiderio di cancellarne tutti i ricordi dopo aver sfregato una vecchia lampada magica.
C'era da fare una precisazione importante riguardo il progetto di Yusaku: era scettico sull'essere preso in considerazione non perché sicuro di aver presentato qualcosa di tremendo e inguardabile, anzi, andava alquanto fiero del suo operato; il problema era però che, laddove la SOL Technologies aveva esplicitamente chiesto un lavoro di gruppo, lui aveva fatto tutto da solo, violando così il regolamento. E un individuo che si pone nei confronti di una grossa azienda compiendo già un passo falso ancor prima di presentarsi di persona non era certo il massimo.
Alla fine, però, il suo progetto fu accolto positivamente e lui fu scelto insieme ad altri studenti di altre scuole superiori per partecipare all'iniziativa organizzata dalla SOL Technologies che prevedeva un mese di formazione all'interno dell'azienda da alternare con le ore scolastiche. Una faticaccia, ma per uno come Yusaku che desiderava lavorare nel mondo dei videogiochi e della realtà virtuale era sicuramente un'occasione da non perdere. Certo, il cruccio di essere partito col piede sbagliato a causa del suo progetto in solitaria non l'aveva abbandonato completamente, non fino a quando era arrivato il gran giorno, l'inizio di tutto quanto — e non solo della sua formazione all'interno dell'azienda.
La SOL Technologies era un edificio imponente, che spiccava per l'armonia dei colori del logo e per le grandi vetrate che infondevano un senso di libertà perfino dall'interno. Bastava solo una fuggevole occhiata da una parte all'altra per rendersi conto di quanto quel luogo fosse all'avanguardia; inoltre, le persone che lavoravano per la SOL Technologies erano quasi tutte molto giovani e tra queste vi era proprio colui che avrebbe presto messo radici nel cuore di Yusaku con il serio intento di non andarsene mai più.
Ryoken Kogami aveva trentadue anni, una mente brillante e un carisma travolgente. E non solo, era anche di bell'aspetto, tanto che risultava irresistibile alla vista di chiunque. Nessuno rimaneva impassibile dinanzi a lui, ma per Yusaku fu diverso e lo fu in maniera impetuosa e sconvolgente: aveva davanti a sé colui che era rimasto talmente tanto impressionato dal suo progetto da volerlo a tutti i costi conoscere di persona per tesserne le lodi.
Un giovane uomo inarrivabile come Ryoken che si congratulava con un diciassettenne qualunque come lui. Cielo, il mondo doveva aver iniziato a girare al contrario.
    «Il tuo progetto è quello che più mi ha colpito» gli disse il primo giorno, subito dopo essersi presentati. «L'idea di questo mondo chiamato VRAINS in cui ogni giocatore può sfidarsi a duello durante le missioni è davvero interessante, senza contare che hai già delineato un numero considerevole di carte da utilizzare! Come hai fatto? Anche se si tratta solo di qualche spunto, ci vuole del genio per pensare a tutto questo».
E non lo diceva tanto per dire: Ryoken pareva essere rimasto completamente folgorato da quel progetto, tanto che per il primo giorno aveva ben pensato di mostrare a Yusaku le sue idee prendere in parte vita. E questo fu uno tra i segnali di svolta più importanti nell'esistenza di Yusaku, riassumibili in tre punti cardine.
Primo: quel giorno avrebbe dovuto trascorrerlo insieme a uno dei game designer dell'azienda per approfondire il suo progetto, ma Ryoken gli aveva scombinato completamente l'intero orario pur di averlo con sé fin dall'inizio.
Secondo: Ryoken era uno tra i programmatori più importanti e rispettati della SOL Technologies e, in quanto tale, aveva sicuramente la sua bella fetta di azienda da portare avanti, ma aveva comunque trovato tutto il tempo del mondo da dedicare al progetto di Yusaku.
Terzo: Ryoken fu il primo essere umano che fece capire a Yusaku quanto fosse bello essere considerati dagli altri. Non lo trattava come un ragazzino, bensì come un suo pari. Aveva visto del talento in lui, qualcosa di incredibile e inestimabile di cui forse persino Yusaku ignorava l'esistenza.
E Yusaku non poté che sentirsi così bene fin dall'inizio in compagnia di Ryoken proprio per questo: perché poteva essere se stesso senza doversi per forza rintanare nel suo guscio di silenzi e smorfie annoiate.
Quel giorno, Yusaku vide una piccola parte del suo progetto prendere vita e crescere davanti ai suoi occhi. Ryoken aveva svolto un lavoro eccelso coi codici di programmazione e Yusaku si sentì come catapultato nello stesso mondo che fino a quel momento era vissuto solo nella sua fantasia. Per un attimo, solo e soltanto per un attimo, provò l'impulso quasi irrefrenabile di abbracciare forte Ryoken e ringraziarlo per ciò che aveva fatto.
Si trattenne, però, conscio che sarebbe stato fuori luogo e imbarazzante. Ma dentro di sé… oh, dentro di sé un calore ustionante si stava già diramando in ogni cellula del corpo con un'intensità inenarrabile.


5

La prima settimana alla SOL Technologies quasi volò e Yusaku riuscì perfino a scambiare quattro chiacchiere con alcuni studenti frequentanti altre scuole superiori della città. Per lui era sicuramente un record, ma non era nulla in confronto a come si trasformava ogniqualvolta si trovava in compagnia di Ryoken.
In alcune occasioni avevano anche pranzato insieme nella zona adibita ad area di ristoro e trascorso parte del tempo libero a conoscersi un po' meglio. E fu proprio durante una delle pause pranzo che Yusaku si rese conto di come Ryoken volesse domandargli, con quanto più tatto possibile, come mai avesse deciso di offrirsi da solo e non in gruppo per il progetto. Una domanda che faticava a emergere tra discorsi frivoli e altri un po' più seri per timore di affossargli il morale più del dovuto.
Più i giorni passavano, e più Yusaku si rendeva conto di quanto apparisse un granellino di sabbia isolato dal mucchio se messo a confronto con gli altri studenti ammessi a quell'iniziativa. Ragazzi che erano lì insieme, perché il loro progetto era stato considerato valido; amici che si sostenevano da una vita pronti ad affrontare quell'esperienza come una squadra.
E poi c'era lui. Che aveva proposto la sua idea nonostante nelle indicazioni fosse scritto che doveva essere un progetto condiviso da almeno due persone. Che se non fosse stato per Ryoken, che aveva deciso di andare oltre le indicazioni imposte dalla sua stessa azienda — e forse discutendo animatamente coi suoi colleghi di lavoro —, con ogni probabilità sarebbe stato scartato senza remora alcuna.
Non avrebbe perso nulla, naturalmente. Essere ammessi a quell'iniziativa da parte dell'azienda non portava certo gli studenti scelti a diventare dei programmatori, game designer, grafici 3D, sound designer o tester di successo nel giro di un mese scarso. E ovviamente tutti i progetti sarebbero rimasti delle semplici bozze e non sarebbero mai stati lanciati sul mercato, almeno per il momento.
La SOL Technologies aveva solo offerto una possibilità a tutti gli studenti del secondo e terzo anno delle superiori interessati a un possibile proseguimento universitario in tale ambito di avere un assaggio di ciò che le loro scelte avrebbero comportato; qualcuno, ad esempio, aveva capito che un lavoro simile non era adatto alla sua persona e dopo pochi giorni aveva preferito non partecipare più.
Yusaku invece era assolutamente certo di ciò che avrebbe voluto fare da grande, una volta cresciuto. Ma la consapevolezza di essersi comportato nella maniera sbagliata lo faceva sentire sempre più inadatto e di non star vivendo l'esperienza nel pieno delle energie.
Ryoken era l'unico in grado di farlo stare meglio a riguardo, anche se forse lo faceva solo per gentilezza, proprio perché aveva compreso che le relazioni umane non fossero il suo punto forte.
    (Ryoken. Ryoken, Ryoken, Ryoken, sempre e solo Ryoken).
    (Forse pensava a lui un po' troppo spesso…)


6

Quando Yusaku si rese conto che Ryoken non solo si era accomodato nel suo cuore, ma non se ne sarebbe mai andato via da lì, era una giornata di metà novembre cupa e plumbea. Il cielo non faceva altro che brontolare e dei nuvoloni neri e grigio scuro simili a enormi ammassi di polvere raccolti su un pavimento infinito annunciavano un vero e proprio acquazzone.
C'era solo una nota negativa nel doversi recare alla SOL Technologies quasi tutti i giorni: l'ubicazione dell'azienda. Difatti, Yusaku doveva affidarsi all'autobus, solo che la fermata distava qualche isolato dall'azienda e doveva farsela a piedi ogni volta. Non era mai stato un problema, in realtà. Ma quel giorno il tempo era così avverso che alla sola vista del cielo incrostato dalle nuvole scure avvertì un brivido maligno percorrergli la spina dorsale.

Si trovava a pochi passi dall'entrata della SOL Technologies, nell'ampia hall. Ed era in procinto di uscire e di affrontare le intemperie con un macigno di sconsolatezza pronto a gravare sulle sue ossa quando Ryoken lo chiamò.
    «Posso offrirti un passaggio?» gli chiese, poggiandogli garbatamente una mano sulla spalla.
Yusaku avvertì il calore che fin dal primo giorno si era diramato in ogni cellula del corpo pizzicare e sfrigolare di un'emozione
        (eccitazione)
che non aveva mai provato prima.
Sorrise candidamente.
    «Certo… ti ringrazio».


7

Fu strano e bellissimo al tempo stesso. Dopo aver preso posto sul sedile del passeggero, per qualche breve — ma al contempo intenso — attimo, Yusaku non avvertì altro se non il corpo sprofondare in una leggerezza inquantificabile e, al contempo, quasi non percepì più la sensibilità sulla punta delle dita. La testa era poggiata su una soffice nuvola e la deglutizione si era fatta un po' difficile, ma la cosa più assurda fu che questo strano stato psicofisico durò meno di dieci secondi, il tempo che anche Ryoken prendesse posto in auto — e che auto —, e accendesse il motore. Poi uscì dal parcheggio sotterraneo dell'azienda e si inoltrò nel fitto traffico di Den City.
Dopo che Yusaku gli ebbe dato le indicazioni stradali necessarie per raggiungere casa sua, rimasero in silenzio per un po'. Il suono delle gocce di pioggia che tamburellavano sui vetri delle macchina creava un'atmosfera quasi soffusa e il ragazzo si godette ogni più piccolo istante. Si perse a osservare
        (ammirare)
Ryoken con la coda dell'occhio e avvertì le gote scaldarsi un poco.
Ryoken era davvero un bell'uomo, dai lineamenti definiti e delicati al tempo stesso. Yusaku aveva ormai realizzato da un po' — fin dal primo giorno — di amare i suoi occhi azzurri. Sì, li amava davvero.
        (E forse, di Ryoken, amava anche tutto il resto).
    «Yusaku, posso chiederti una cosa?»
Nell'udire quella domanda, si ridestò dal suo sogno a occhi aperti come se qualcuno gli avesse schioccato le dita vicino all'orecchio.
    «Dimmi pure».
Si erano da poco fermati a un semaforo rosso, quando Ryoken parlò: «Come mai hai deciso di candidarti da solo?»
Nonostante fosse conscio che prima o poi avrebbe dovuto rispondere a una domanda simile, Yusaku realizzò che forse non sarebbe mai stato pronto per farlo. Perché dare una forma alla verità significava mettere in luce la sua vera essenza, un tipo di persona che con ogni probabilità Ryoken non avrebbe mai apprezzato.
E Yusaku voleva essere apprezzato da Ryoken. Non voleva perderlo. Voleva che Ryoken continuasse a guardarlo con gentilezza, a parlargli con affabilità e a farlo sentire bene come solo lui sapeva fare. Desiderava, con ogni briciola del suo essere, che le cose tra loro non cambiassero mai perché così erano quanto di più bello e prezioso avesse mai ricevuto in tutta la vita.
Si morse forte il labbro inferiore e inspirò col naso, prima di replicare: «Avevo un'idea in mente e ho iniziato a lavorarci su. Solo che, a differenza degli altri miei compagni che si sono riuniti in gruppetti, io ero solo. Tutto qui».
Ryoken non rispose, in un tacito invito a proseguire, cosa che Yusaku fece poco dopo: «Ci ho provato. Sul serio, mi sono fatto coraggio e ho tentato di chiedere anche ad alcuni studenti di altre classi, ma… le parole mi morivano in gola e non sono mai riuscito a parlarne con nessuno».
Strinse forte i pugni sulle cosce e puntò lo sguardo sulle nocche sbiancate.
    «Due miei compagni di classe si erano messi d'accordo per presentare un progetto» si sentì poi in dovere di raccontare, perché Ryoken doveva a tutti i costi capire fino in fondo il suo punto di vista, non voleva che si facesse un'idea sbagliata sul suo conto. «Era molto interessante, non lo nego, e per un po' le cose tra loro sono andate bene, tanto che non facevano altro che parlarne in classe durante l'intervallo e vantarsi con chiunque chiedesse loro informazioni a riguardo. Però poi uno di loro ha iniziato a proporre cose che all'altro non andavano a genio, sono nate le prime discussioni e in men che non si dica hanno finito per lavorare a due progetti diversi che non c'entravano niente l'uno con l'altro e non sono riusciti a presentare nulla di concreto entro la data di scadenza. Ecco… una situazione del genere non credo che sarei riuscito a gestirla e sopportarla. Mi avrebbe appesantito così tanto che avrei sprecato tutte le mie energie a rimuginare sulle cose sbagliate e non avrei dato il meglio di me. So che ho sbagliato, ne sono consapevole, ma… sono riuscito a dare il massimo, anche se da solo. E di questo non me ne pentirò mai».
Glissò sul fatto che, dopo aver scoperto che lui fosse stato preso al posto loro, i suoi due compagni di classe fossero tornati improvvisamente amici, coalizzandosi contro di lui e colpendolo ogni giorno a scuola con parole poco garbate e risatine strafottenti. Non gliene importava proprio un bel niente.
Ora era pronto a pagare il prezzo della sua onestà. Sperò solo che Ryoken non lo giudicasse troppo pesantemente…
Questi si lasciò andare a un sospiro leggero che Yusaku non riuscì a interpretare poiché intriso di tante sfumature diverse. Ryoken pareva comprensivo, quasi come se si aspettasse una risposta simile e, al contempo, anche un poco divertito. Ma più di qualsiasi altra cosa, sembrava quasi che Ryoken lo stesse ringraziando per essere stato così esaustivo nella sua risposta.
Frattanto, il semaforo era tornato verde e l'auto ripartì.
    «Dovresti parlare più spesso, Yusaku. Non ti sembrerà vero, ma possiedi un'ottima capacità di esposizione, sai? Saresti perfetto come game designer, anche perché le idee di certo non ti mancano».
Quella raffica di complimenti attizzò il fuoco dentro di lui, risvegliando ogni cellula intorpidita. Una scia intensa gli scaldò il cuore, facendolo arrossire.
    «Grazie. Ma il game designer deve possedere una capacità di comunicazione importante e non credo di essere all'altezza. Non nego che all'inizio fosse quello il mio sogno, ma ciò che ho realizzato in queste due settimane lavorando al tuo fianco è che… che mi piacerebbe fare il programmatore… proprio come te…»
Era sincero. E non lo diceva tanto per dire. Vedere ogni giorno il suo piccolo progetto prendere forma e crescere sempre più era uno spettacolo incredibile e meraviglioso.
Certo, il game designer progettava le idee e ci infondeva tutta la sua creatività per renderle uniche e sensazionali, ma era poi il programmatore a trasformarle in realtà. Ed era la magia che Ryoken gli aveva fatto scoprire grazie a una lunga serie di codici ad averlo impressionato maggiormente.
La bellezza di come sequenze di codici tanto oggettive e prive di emozioni fossero in grado di creare qualcosa di strabiliante avevano catturato tutta la sua attenzione e voglia di mettersi in gioco. Stare con Ryoken gli aveva cambiato la vita, aveva segnato la svolta. E voleva ringraziarlo seguendo proprio le sue orme in un futuro non poi così tanto lontano.
    «Davvero?» gli chiese Ryoken, sorpreso e al contempo entusiasta di quella rivelazione.
    «Davvero» confermò Yusaku, ora più tranquillo e rilassato.
Era bello poter parlare liberamente con Ryoken di tutto questo, mentre fuori il cielo piangeva. Almeno lì, seduto sul sedile del passeggero, Yusaku si trovava al caldo, confortato dalle parole di una persona che per lui era diventata importante
        (e più di quanto potesse immaginare).
    «Ne sono felice. È questo ciò che mi rende orgoglioso del mio lavoro. Rimboccati le maniche allora, perché dovrai avere una solida preparazione in informatica, matematica e fisica, oltre che una buona padronanza dei principali linguaggi di programmazione e dei motori di sviluppo. Se tutto questo non ti spaventa, allora puoi stare tranquillo e concentrarti sul tuo obiettivo».
Yusaku annuì, un sorriso genuino e spontaneo impresso sulle labbra sottili. Un sorriso che sfumò appena quando realizzò che mancasse ormai poco al suo ritorno a casa. Avrebbe voluto prolungare quel viaggio anche solo di qualche minuto, giusto il tempo di crogiolarsi un altro po' in quel tepore dato dalla presenza di Ryoken.
    «Tornando a ciò di cui stavamo parlando prima» proseguì questi mentre svoltava a destra dopo aver messo la freccia, «è vero che la SOL Technologies fa sempre di tutto per incentivare il lavoro di squadra, in fondo è il motto dell'azienda e avrai avuto modo di notare anche tu come ogni ruolo sia importante se affiancato anche da tutti gli altri; un videogioco non può diventare tale se rimane solo un'idea, bisogna svilupparlo sotto tanti punti di vista, per questo cerchiamo sempre di creare un clima accogliente e stimolante tra i dipendenti. Però è anche vero che il singolo può fare la differenza, come nel tuo caso. E il motivo per il quale ho insistito fino allo sfinimento per farti ammettere a questa iniziativa è proprio perché ho trovato incredibile come una sola persona sia riuscita a fare tanto col suo progetto. Avevi un'idea e l'hai esposta con chiarezza e semplicità, eppure il tuo progetto non è semplice per niente. È elaborato, c'è una cura dei dettagli minuziosa e si vede quanto questo sia il tuo campo. Pensa solo a quanto potrai fare dopo aver studiato informatica all'università. Cielo, Yusaku, se ti farai assumere da un'altra azienda — tipo la Kaiba Corporation —, giuro che darò di matto».
Yusaku non seppe cosa replicare dopo un'esternazione tanto esplicita. O meglio, lo fece, ma non nel modo in cui si sarebbe aspettato.
Una lacrima. Poi un'altra e poi un'altra ancora. Iniziò a piangere e non riuscì più a fermarsi e questo in un primo momento lo portò a vergognarsi poiché non voleva farsi vedere da Ryoken in quello stato.
    «Yusaku, va tutto bene?» gli domandò Ryoken, preoccupato. Aveva fermato l'auto davanti al cancelletto della casa del ragazzo, ma nessuno dei due pareva essersene reso conto appieno.
        (Erano troppo coinvolti emotivamente per badare al mondo esterno al di fuori della bolla nella quale erano rintanati).
    «Sì, è solo che… ciò che mi hai detto…»
    «Ti ha turbato? Ti ha infastidito o messo a disagio?»
    «No! È l'esatto opposto! Io sono un disastro nelle relazioni umane, non ho amici che possa considerare tali e non so cosa significhi essere gratificato da qualcuno che prova rispetto nei miei confronti e… e quello che mi hai detto mi ha fatto sentire così bene, proprio come il primo giorno che ci siamo incontrati, quando mi hai fatto capire di credere nel mio progetto…»
Fu in quel momento che realizzò di amarlo per davvero. Non prima e non dopo: proprio in quell'istante, mentre versava tutte le sue lacrime e tra un singulto e l'altro gli faceva capire quanto il suo supporto fosse stato di vitale importanza nel breve periodo che avevano condiviso insieme. E tremò al pensiero di essere già arrivato a metà percorso, che alla fine del mese avrebbe salutato i dipendenti della SOL Technologies per tornare alla normale routine scolastica.
Come avrebbe fatto a separarsi da Ryoken, che stava diventando sempre più una meravigliosa costante nella sua vita?
Ryoken si slacciò la cintura di sicurezza e fece altrettanto con quella di Yusaku. Si sporse verso di lui e gli poggiò garbatamente le mani sul volto, asciugandogli con pazienza tutte le lacrime che gli rigavano le gote.
    «Non sei un disastro. Sei un ragazzo intelligente e sensibile, magari introverso, ma questo non ti rende una brutta persona. Sai quante amicizie ho conservato delle scuole medie e superiori? Quasi nessuna. Le vere amicizie ho iniziato a coltivarle all'università e alcuni di questi amici li vedo tutti i giorni al lavoro. Non è mai troppo tardi, Yusaku. Sei giovane e hai ancora tante esperienze da vivere, vedrai che col tempo avrai modo di conoscere persone che sapranno volerti bene e apprezzarti per ciò che sei».
A un tratto, Yusaku avvertì il suo respiro frammisto ai singulti diventare una cosa sola con quello di Ryoken. Il tempo si cristallizzò in quell'attimo perfetto in cui le gocce di pioggia parevano cantare un'indefinita canzone d'amore e non esistevano altro se non loro due e quel sentimento nascente e crescente che li stringeva in un legame impossibile da sciogliere.
Cielo, Ryoken lo stava baciando con una delicatezza inenarrabile e quando Yusaku chiuse gli occhi sentì qualcosa esplodere dentro di sé, una ipernova immensa pronta ad accecare l'universo intero.
Erano così belli, in quell'auto ferma sotto la pioggia, mentre si scambiavano il loro primo bacio, che per un attimo Yusaku credette di aver compreso cosa fosse la felicità assoluta.
Poi però gli strascichi della ipernova si ammassarono gli uni sugli altri e della sua scia incandescente non rimase più nulla. Solo un buco nero senza fine, profondo e freddo come un abisso di cristalli di ghiaccio.
E quando Ryoken si staccò e Yusaku riaprì gli occhi, comprese in un attimo, e con immenso dolore, che tutto era finito ancor prima di iniziare. Gli era bastato perdersi nel suo sguardo colmo di mortificazione per realizzare che Ryoken si fosse già pentito di ciò che erano stati per pochi secondi delle loro vite. E fece male. Fece male da morire.
    «Devo andare…» sussurrò a fatica mentre abbassava lo sguardo. Nuove lacrime gli pizzicarono gli occhi verdi e lui non ebbe la forza di trattenerle.
    «Yusaku, aspetta, possiamo parlarne» tentò di fermarlo Ryoken, anche se con poca convinzione. E non perché in realtà non volesse, bensì perché temeva che Yusaku interpretasse male il suo gesto e pensasse che volesse trattenerlo con la forza lì, su quel sedile ora tanto scomodo. Non se lo sarebbe mai perdonato.
    «Non credo abbiamo nulla da dirci» replicò Yusaku mentre si voltava per aprire la portiera dell'auto. «Il tuo sguardo parla chiaro… e va bene così. È stato un errore, nient'altro».
        (Ed è stato il mio primo bacio).
    (Il mio primo bacio è stato un errore).
Aprì la portiera e in un attimo tutto il gelo di quel primo pomeriggio scuro gli sferzò l'epidermide, facendolo rabbrividire. Avrebbe potuto finirla lì. Uscire dall'auto, chiudere la portiera ed entrare in casa propria senza mai voltarsi, dicendo così addio a Ryoken.
Ma non ci riuscì. Non si voltò quando glielo disse, ma si trattenne comunque un momento in più che fece comprendere a Ryoken quali fossero i suoi veri sentimenti.
        «Quel bacio… io l'ho voluto. L'ho voluto con tutto me stesso. Anche se è stato un errore».
E uscì dalla sua vita con migliaia di cocci di vetro al posto del cuore che la pioggia non avrebbe mai potuto incollare nuovamente tra loro.

Ci siamo persi insieme…



N.d.A.

Ebbene sì, si tratta di una age gap alquanto importante quella che intercorre tra Ryoken e Yusaku.
Ve lo giuro, ho avuto timore fino alla fine se pubblicare o meno questa storia, vi basti pensare che per scrivere la scena del bacio mi sono fatta mille complessi e spero con tutta me stessa di non aver violato alcun punto del regolamento — che ho letto e riletto e riletto un'infinità di volte, ma non sono mai tranquilla a riguardo.
Quando all'inizio ho scritto che in un altro caso avevo affrontato questa tematica in maniera canonica, mi riferisco ovviamente ai quattro anni di differenza che intercorrono tra Kaito e Ryoga di Yu-Gi-Oh! ZEXAL.
Ne Il nostro tempo quei quattro anni sono compromettenti poiché Ryoga (14) frequenta ancora le scuole medie mentre Kaito (18) è in procinto di affacciarsi al mondo dell'università, quindi diciamo che, appunto, non era ancora il loro tempo.

Ryoken (18) e Yusaku (16) nel canon hanno solo due anni di differenza, mentre in questa storia sono invece ben quindici e non solo, Yusaku è ancora minorenne mentre Ryoken è già un uomo e quindi diciamo la situazione non è delle migliori, anche se in quelle due settimane trascorse insieme qualcosa tra di loro è irrimediabilmente sbocciato e non è mai veramente appassito.
Secondo voi cosa succederà nella seconda parte?
Fatemi sapere se avete idee in mente, sempre se volete.

• Dato che ho già scritto fin troppo, vi lascio tutti i riferimenti al canon e le spiegazioni di alcuni termini tecnici nella seconda parte, quando avrete un quadro completo della situazione.
Se però preferite sapere qualcosa ora, non esitate a chiedere.
Grazie di cuore per essere arrivati fino a qui.

M a k o
   
 
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