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Autore: Sia_    06/12/2023    4 recensioni
[storia partecipante al Calendario dell'avvento 2023 indetto da Sia e Cora sul forum Ferisce la penna]
“Se hai voglia di fare qualcosa, dimmelo.”
Gojo riprende a respirare dopo due secondi. “Ti va di fare una passeggiata?”
Suguru solleva un sopracciglio, poi sorride. “Copriti bene che fuori fa freddo.”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Geto Suguru, Gojo Satoru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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rosso, poi verde, giallo, rosa, blu – a ogni respiro

6 dicembre | 22:34

 

Sarà un compleanno diverso, questo. Satoru se lo ripete ogni anno e ogni anno i suoi piani vanno miseramente a farsi benedire.

“Come?” Geto lo sta guardando confuso, ma almeno ha chiuso il giornalino che stava leggendo. Sono seduti in salotto, nell’appartamento che hanno appena affittato con Shoko. 

Le gambe di Suguru, sotto al Kotatsu, sono incastrate a quelle di Satoru in una matassa ben salda e a tratti scomoda; nessuno dei due ha pensato di spostarsi – il primo col naso perso in un articolo di giornale fino a poco prima, il secondo guarda ancora la neve cadere dalla finestra con il capo appoggiato al tavolo. “Dov’è Shoko?” 

“Fuori con Utahime.” 

Sul vetro del salotto si è formata una leggera condensa. “Fanno sempre un sacco di cose.” 

Suguru finalmente appoggia il giornale al tavolo, i polpastrelli si scontrano contro il legno solido. Pensa che nelle parole di Satoru ci sia una velata accusa: fanno sempre un sacco di cose, loro. Noi non facciamo mai niente. Però Utahime e Shoko, vorrebbe dire lui, stanno insieme da più di un anno mentre noi… scuote il capo: no, non dirà niente. “Davvero.” 

Sul viso di Gojo si fa spazio una smorfia accigliata, ma essendo sciolto sul tavolo l’altro non la nota. Non che serva, perché Geto sa di aver usato le parole sbagliate. Da quando si sono trasferiti nel nuovo appartamento, sono sempre più spesso da soli: la loro terza coinquilina o è di turno in ospedale o fuori con Utahime. Le occasioni per dire qualcosa di sbagliato si sono moltiplicate a dismisura e il coraggio per dire quelle giuste, a quanto pare, è incastrato sotto le maledizioni che esorcizza per lavoro. 

In quel silenzio, Satoru sta pensando che adesso Suguru è in salotto con lui, che tra qualche ora è il suo compleanno, che vivono insieme, che le loro gambe sono una matassa informe e che quando pensa a tutte queste cose il cuore gli fa male nel petto. Non è la prima volta che gli capita, ultimamente ha delle fitte incredibili. La diagnosi ricevuta il mese prima da Shoko – visto che sta per diventare medico e che di lei si fida – è che si è ammalato d’amore.

Beh, Gojo, credevo lo sapessi. No, per la miseria: Ieiri ha il tatto di un tirannosauro per certe cose. Quindi adesso è da un mese che sa di amare Suguru, un mese intero che lotta ogni minuto della sua giornata per sopravvivere e che è sempre un po’ più felice quando Yaga lo manda dall’altra parte del Giappone in missione.

Un mese, oltretutto, che le parole sbagliate di Geto gli devastano l’anima. Si tira su, la guancia sinistra è tutta arrossata. “Vado in camera” dice, ma le gambe dell’altro lo tengono ben saldo. “Suguruu.” 

“Mi dai i nervi quando fai il depresso.” È giovedì sera e hanno già deciso che festeggeranno il compleanno di Satoru tutti insieme domani all’istituto; eppure Suguru non può fare a meno di pensare che ci sia un modo per rendere speciale quella notte. 

Goj alza gli occhi al cielo, prova a scappare, ma fallisce – gli costerebbe poco spedire Geto dall’altra parte del palazzo sfondando il muro di tre appartamenti. “Non sto facendo il depresso.” 

“Se hai voglia di fare qualcosa, dimmelo.” 

Gojo riprende a respirare dopo due secondi. “Ti va di fare una passeggiata?” 

Suguru solleva un sopracciglio, poi sorride. “Copriti bene che fuori fa freddo.” 

Sciolgono la matassa: ci mettono appena cinque minuti. 

 

6 dicembre | 23:16

 

Ha smesso di nevicare. 

Geto si è sfortunatamente innamorato di Gojo. La sfortuna è iniziata il giorno in cui se l’è ritrovato in classe: fastidioso e narcisista, Satoru si è fatto spazio nella sua anima senza troppi complimenti – è come se Suguru a un certo punto lo abbia mandato giù in gola insieme alle maledizioni, fa irrimediabilmente parte di lui. 

Si volta a guardarlo: il naso è arrossato, gli occhiali gli calano sul volto e il capo è inclinato verso l’alto. Non ha aperto bocca da quando hanno imboccato la strada con le villette addobbate a festa, piene di luci.

“Satoru.” Geto si è fermato, il suo volto sta cambiando sfumatura a ogni respiro: si tinge di rosso, poi verde, giallo, rosa, blu e ricomincia. 

Gojo si stringe nel parka nero fino a far sparire le labbra dietro alla cerniera, i ciuffi del cappuccio gli solleticano le guance. Immerso nelle luci di Natale, Suguru è ancora più bello di quanto non lo sia di solito – dovrebbe essere illegale. Sono a qualche centimetro di distanza. “Che c’è?” 

Suguru è innamorato: ci ha messo sei mesi a rendersene conto, per i tre anni successivi non ha detto niente. Cosa si può dire, poi, al miracolo che ha sconvolto il mondo? Saprebbe dire al mondo come Satoru gli sconvolge il cuore ogni minuto che sono insieme, questo sì. “Mi dai i nervi quando non parli.” 

Sorride, la ciocca di capelli neri si sposta di qualche centimetro verso sinistra. “Volevo ricordarmi il momento.” Volevo solo guardarti, non lo dice. Avrebbe più coraggio a eliminare la distanza e a baciarlo; il pensiero gli provoca un brivido lungo la schiena: in tre anni è riuscito a silenziare il suo desiderio, ma ultimamente è difficile mettere a freno l’urgenza di spingersi in avanti. 

Chissà come sarebbe far scorrere il lato dell’indice sulla guancia fredda di Gojo, adesso. Come sarebbe avvicinarsi piano e appoggiare la fronte sulla sua spalla, sentire la lana della sciarpa sul viso e perdersi nel suo profumo costoso. 

“Uh?” Satoru ha alzato un sopracciglio, sembra divertito. In risposta, lascia scivolare la mano destra dalla tasca del giubbotto, stringe nel palmo il telefono. “Anche a me va di ricordarmelo, quindi stai fermo che ti faccio una foto.” 

Un compleanno diverso, un compleanno che così avrà per sempre. 

 

6 dicembre | 23:57

 

Satoru è seduto sulla panchina del parco, da lì si vede la casa più illuminata di tutto il quartiere. Suguru è piegato sulle ginocchia, sta recuperando due bevande calde al distributore: il rumore del resto spezza la calma della notte. 

“Non pensavo ti piacesse tanto.” Gli appoggia la lattina alla guancia e la lascia lì finché Gojo non la recupera, poi gli si accomoda accanto. Le mani di Satoru provano una strana sensazione contro l’alluminio bollente, stringe le dita più che può – i suoi palmi si fanno tutti rossi per lo sbalzo termico. “Ti pare normale? Devo scoprire che ami il Natale dopo tre anni che ci conosciamo.” 

La neve sotto di loro si sta piano piano mescolando alla terra, è già diventata di un colore indefinibile. “È che in questo periodo è troppo presto per festeggiare e poi torno a casa…” È vero che sotto Natale è meno energico del solito: è il periodo dell’anno in cui sente di più la gabbia della sua infanzia e la pressione sulle spalle. A lui il Natale piace come idea, piace per la prospettiva di viverlo come fanno tutte le persone che gli camminano a fianco per strada. 

“Ti ho mai detto che mi dai sui nervi quando accampi scuse?” Geto tamburella le dita contro la lattina, ha lo sguardo perso nel cielo violaceo. 

Satoru sorride. “No, questa è nuova.” 

Le luci della casa davanti a loro cambiano ritmo, ora sono più lente – sono comunque rosse, poi verdi, gialle, rosa e blu. “Avrei festeggiato con te ogni anno.” Suguru si slancia in avanti per guardarlo in volto. “Lo festeggeremo bene da adesso, d’accordo?” 

Gojo arrossisce, sente una fitta al petto. “D’accordo.” 

Voglio toccarlo. Pensa. Voglio toccarlo, voglio… il dorso della mano di Geto si scontra al suo: le nocche ci mettono qualche secondo per aggiustarsi e combaciare alla perfezione. 

“Ah, Satoru.” 

“Sì?” Gojo rimane a fissare lo spazio vuoto tra i suoi avambracci: la neve che hanno calpestato se n'è andata del tutto, è candida solo a qualche centimetro di distanza. 

“Buon compleanno.” 

Satoru trova finalmente il coraggio per girarsi verso Suguru. Nello stesso istante, due fiocchi passano tra di loro e cadono sulla panchina – ha ripreso a nevicare. Il terzo gli si appoggia sulla guancia, in una frazione di secondo l’indice di Geto lo porta via. Suguru decide che non gli basta, così il dito si trasforma in una mano – la pelle di Satoru è morbida e congelata contro il suo palmo. Lo tira a sé. Le labbra di Gojo sanno di caffè, sono ancora calde e stanno sorridendo. 

Avrebbe dovuto farlo molto prima, adesso hanno tre anni interi da recuperare. Con calma, però, perché sente che il cuore gli sta per scoppiare nel petto: si concede ancora un altro bacio, prima di scivolare via e far cadere lo sguardo sulla lattina. 

Satoru rimane fermo lì, le labbra arrossate e le guance color pervinca. “Suguru… tu…” 

Annuisce e basta. 

“No perché anche io…” 

Geto non lo lascia finire, manda giù in un sorso il resto della bevanda, poi si alza e la butta nel cassonetto lì vicino. “Andiamo a casa?” Chiede e, se non fosse che ha il naso arrossato e la mano allungata verso Gojo, sembrerebbe molto maleducato. 

Satoru sbuffa divertito, ma non si fa pregare poi tanto: in un attimo le loro mani sono intrecciate insieme. 

Sarà un compleanno diverso, questo.

 

Panic at the disco. 
Avevo un sacco di piani per questa storia, ma sono irremidiabilmente naufragati. Ahimé, mi accontento: approcciarmi a Satoru e Suguru è ancora difficile per me, va benissimo andarci piano! 
Questa storia partecipa al Calendario dell'avvento 2023 indetto da me e Cora sul Forum della Penna! (venite a farci un salto, ci sono un sacco di prompt bellissimi!)

Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui e aspettiamo tutti la mezzanotte per fare gli auguri al nosto principe azzurro [per gli occhi, si intente]. 
Un abbraccio, 
Sia 

 
   
 
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