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Autore: S05lj    09/12/2023    0 recensioni
La storia segue le vicende della primissima linea temporale di Mortal Kombat.
Ambientata secoli prima delle vicende conosciute nel primo torneo, la Regina Sindel è costretta a sposare Shao Kahn, dopo la sconfitta di Edenia per mano dell'armata dell'Outworld. Sola, disperata, ma restia ad abbandonare la speranza, Sindel ordisce un piano per tentare di dare a sua figlia un futuro lontano dal Regno Esterno. Per farlo, però, è costretta a stringere un patto con uno straniero, uno stregone venuto da un regno sconosciuto, dalla moralità ambigua e dalle ambizioni sconosciute. Shang Tsung.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Noir | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sindel
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Prologo:

Nella sala del trono di Edenia tutto sembrava fermo, immobile, come sospeso nel tempo; le torce che ne dovevano illuminare il trono erano spente, le guardie che solitamente sorvegliavano l’entrata erano assenti, le mattonelle di pietra erano mute, così anche le mura non riecheggiavano le voci delle persone che solitamente gremivano la stanza. Tutto era spento, immobile, oscuro.

Edenia non era così. Edenia era piena di colori, di voci, di suoni.

Eppure la stanza del trono non sembrava appartenere ad Edenia, quel giorno era cupa, scura, taciturna, sembrava rassegnata, forse dolorante. Quel giorno sembrava appartenere ad un altro reame.

Un reame lontano, tetro, sanguinario, fosco, con un cielo vermiglio, le terre aride, la roccia appuntita e fredda. Un reame che portava il nome di Outworld. Un reame che aveva dichiarato guerra ad Edenia. Un reame che adesso Edenia ospitava sotto forma di un esercito imponente accampato appena fuori le mura della città.

Un assedio che durava da anni e che presto avrebbe visto la sua fine.

Re Jerrod, signore di Edenia, quella mattina non era nella sala del trono, quella mattina era immobile davanti alla culla della sua piccola principessa, nata da poco meno di 2 settimane, proprio nel bel mezzo di quell'incubo.

Accarezzò la testolina pelata della figlia, dove già stava crescendo una parvenza di capigliatura castana, la bambina dormiva, non si accorse del padre, ma al sovrano parve vederla sorridere.

-Come mai sei qui? -

Voltandosi vide la figura di sua moglie, la regina Sindel.

-Volevo salutare Kitana, prima dell'assalto di questa mattina. -

Entrambi parlavano a bassa voce, per non rischiare di svegliare la bambina.

-Perché? - Gli domandò nuovamente la donna.

-Perché guardarla mi dà forza. - Osservò sua moglie, il suo viso pallido, gli occhi castani cerchiati da occhiaie di chi ha passato la notte insonne. Jerrod sapeva che non era solo colpa della bambina se sua moglie aveva perso il sonno. Eppure non gli importava se il suo volto fosse stanco, se il suo fisico fosse leggermente spossato dalla gravidanza da poco passata, lui la trovava bellissima. Le passò una mano intorno alla vita, tirandola a se e le dette un lungo bacio sulla fronte, assaporando la freschezza della sua pelle. -Tu mi dai forza. - Aggiunse staccandosi a malapena da lei.

Sindel sospirò, accarezzando il volto del marito, quella mascella squadrata con la sua tipica barba castana che non si toglieva mai e i suoi occhi castani scuri che la guardavano come se fosse la cosa più bella del mondo.

-Sei qui perché non credi di riuscire a vincere? -

Jerrod sospirò. - Non si può mai essere sicuri della vittoria. - Le prese le mani. -Ma ti giuro, mia Regina, che farò tutto ciò che è in mio potere per vincere. Combatto per Edenia, e per voi. Non posso permettermi di perdere. - Le dette un bacio sulle labbra e quando si scostarono la donna lo guardò con preoccupazione crescente. Conosceva suo marito, sapeva cosa nascondeva dietro il suo viso di pietra, aveva imparato da tempo a cogliere le sue emozioni dietro la sua corazza da condottiero autoritario e impassibile, e questa volta, sapeva che aveva paura.

Anche lei aveva visto i combattenti dell’Outworld, la furia con cui lottavano, la forza dei loro corpi e delle loro anime. Erano terribili. Eppure Jerrod non poteva perdere, non poteva succedere a loro di venir invasi da quei mostri. Che ne sarebbe stato di Kitana? E di lei?

Strinse il suo uomo in un abbraccio che sapeva di addio, lo strinse più che poteva cercando di ignorare il dolore che sentiva crescere dentro di lei, la paura, il pensiero di non poterlo più rivedere e abbracciare in quel modo. Lui ricambiò affondando il naso tra i suoi capelli corvini, inspirandone l’odore.

Quando si discostarono, Sindel gli disse solo una parola.

-Vinci. -

 

Capitolo 1: Lo stregone

1 anno dopo…

Sindel era ferma, immobile, seduta davanti la finestra della sua stanza. Da quella posizione poteva praticamente vedere tutto il cortile interno del castello.

Le guardie le sembravano così piccole viste da lassù.

Quanto era in alto? Forse abbastanza in alto perché il suo corpo si spappolasse in mille pezzi una volta toccato il suolo.

-Mia Regina… -

Una voce femminile la fece voltare di scatto, distraendola dai suoi pensieri.

Sulla porta c’era Sheeva, la sua guardia del corpo… o carceriera, a seconda dei punti di vista. Era stato Shao Kahn, imperatore dell’Outworld e assassino di suo marito ad affiancargliela: per la sua sicurezza, aveva detto, ma la verità era che la doveva tenere d’occhio, perché non scappasse o non facesse qualche azione irrazionale, come ad esempio, buttarsi da quella finestra.

-La piccola si è addormentata. - Sheeva era una Shokan, una razza dell’Outworld, una razza che si diceva erano incrociati con i draghi, o i felini. Gli Shokan erano famosi per la loro stazza, solitamente superavano i 2 metri di altezza e avevano 4 braccia, erano molto forti, ma chissà perché Shao Kahn non ne era molto attratto, preferiva i Centauri, forse perché la razza di guerrieri-draghi era molto longeva, si diceva che potessero vivere ben oltre i 1000 anni, e un alleato così longevo facilmente poteva avere dei dubbi sulla propria lealtà ed essere incline al tradimento. O forse era proprio perché la lealtà degli Shokan andava prima al proprio popolo e al loro sovrano e poi, in un secondo momento all’imperatore dell’Outworld.

La Shokan avanzò di qualche passo dentro la stanza, aveva la pelle del colore del legno, gli occhi gialli, con la pupilla a mezza luna, il naso piccolo e la bocca grande, eppure Sindel aveva trovato quel volto armonioso, sicuramente gradevole, se non addirittura bello. Sheeva portava una cresta nera, piuttosto lunga, con i ciuffi che le ricadevano all’indietro sul collo.

Shao Kahn glie l’aveva presentata come una nutrice, eppure aveva i muscoli talmente sviluppati da sembrare quelli di un uomo. Sindel non aveva mai visto un esemplare maschio di Shokan, ma se le femmine erano così muscolose, se li immaginava come degli armadi.

-Si addormenta sempre mentre mangia. - Il sorriso di Sheeva mostrò dei bianchissimi denti dai canini leggermente più allungati.

-Già. - Sindel staccò Kitana dal seno e fece per alzarsi, ma la Shokan allungò le braccia verso di lei.

-Se permettete… ci penso io. -

-No grazie. - Ribatté freddamente, alzandosi e posando sua figlia nella culla.

Non si curò degli occhi della Shokan che si abbassavano. Non si sarebbe fatta abbindolare dai suoi modi gentili e dalla sua finta cortesia. Lei era una spia di Shao Kahn e non voleva averci niente a che fare. Shao Kahn aveva ucciso suo marito, distrutto il suo mondo, l’aveva rapita e segregata in quel castello, il suo castello. No, piuttosto la morte.

-Cosa eri venuta a dirmi? - Domandò sempre in maniera fredda, forse anche altezzosa.

-Shao Kahn richiede la vostra presenza mia signora. -

-Digli che non posso. Sono indisposta. - Sindel tornò a sedersi davanti alla finestra, mentre Sheeva, alle sue spalle sembrava in imbarazzo.

-Scusate se mi permetto mia Regina, ma… -

-Io non sono la tua Regina! - Sbottò lei voltandosi di scatto. -Non sono la regina di nessuno! Mi sono spiegata? -

-Vi chiamerò come desiderate voi, mia signora… ma, se posso permettermi… Shao Kahn deve parlare con voi e io non vi consiglio di evitare la sua richiesta o… - Allargò le braccia in un segno di rassegnazione. -...non vorrei che venisse qui, in questa stanza, per costringervi. -

Sindel la guardò contrariata, Shao Kahn nella sua stanza, un pensiero veramente riprovevole, e notando lo sguardo fugace di Sheeva a Kitana che dormiva serena nella sua culla, una morsa di panico le attanagliò il cuore. Shao Kahn avrebbe potuto farle del male? Magari poteva ricattarla di uccidere Kitana se lei non avesse fatto quello che voleva. No, doveva essere più saggia di così.

Si strinse nella vestaglia bianca che indossava, e accennò un’affermazione con la testa.

-Mi preparo e scendo. -


Mentre camminava per i lunghi corridoi del castello, sentiva i suoi passi rintoccare sulle pietre scure. Le torce sulle pareti non bastavano ad illuminare la vastità di quel corridoio, c’erano così tanti posti in ombra, dove Sindel si immaginava che ci fosse sempre qualcuno nascosto in agguato, pronto ad attaccare, o spiare.

Sheeva dietro di lei non la lasciava mai un attimo sola, ma i suoi piedi scalzi non facevano rumori su quelle fredde pietre scure.

Si fermarono davanti ad una porta, dove due guardie dall’aspetto umanoide, ma con una grande bocca piena di denti aguzzi, che aveva appreso, si chiamavano Tarkatan, sbatterono i tacchi in un saluto e aprirono la pesante porta di ferro e legno.

La sala del trono di Shao Kahn era enorme, spoglia, le pareti erano di pietra come il pavimento; degli arazzi pendevano interrompendone la monotonia. L’unico arredamento della sala era un trono in pietra, gigante, al fianco del trono c’erano altre due sedie, anche quelle in pietra.

Seduto sul trono c’era Shao Kahn.

Quando lo vide, Sindel ebbe un accenno di mancamento.

Alla mente tornarono le immagini della prima volta che lo aveva visto.

Quell’essere ripugnante le aveva gettato ai piedi il corpo senza vita di suo marito, del suo amore; e aveva decretato che Edenia era sua. Che tutto ciò che era di Re Jerrod, adesso era suo, lei e sua figlia comprese.

-Diverrai la mia regina. - Queste parole erano bastate a farle capire che la sua vita era appena finita in un vortice di sofferenza, solitudine e umiliazione.

Ma se pensava di avere la vita facile con lei, si sbagliava di grosso. C’erano molte cose che non sapeva e non avrebbe mai accettato di concederglisi senza lottare. Sarebbe morta piuttosto che giacere con lui.

-Fatevi forza. - La voce di Sheeva dietro di lei la riportò alla realtà. -Non mostratevi debole. - Le sussurrò vicino all’orecchio.

Le dispiaceva ammetterlo, ma la Shokan aveva ragione. Non doveva dimostrarsi debole, non poteva. Per Kitana.

Si drizzò sulle spalle e continuò ad avanzare verso quel mostro di Shao Kahn.

L’uomo, se così si poteva definire, era rimasto immobile, seduto sul trono, non aveva mosso un muscolo e non aveva proferito parola nel vederla varcare la soglia della sala.

Sindel tenne gli occhi fissi su di lui, studiò la sua figura nei minimi dettagli.

Shao Kahn era alto, almeno 2 metri, era alto quanto Sheeva, all’incirca, il suo corpo era muscoloso fino all’inverosimile, sia la struttura del suo corpo, che la pelle, ricordavano quelli di qualsiasi altro umano, eppure il suo volto era seminascosto da un elmo con le fattezze di un teschio, che ne celava i tratti e lasciava vedere solo il mento squadrato e gli occhi rossi. Come tutti nell’Outworld, anche Shao Kahn non indossava abiti pomposi, anzi, i loro vestiti erano molto ridotti, lui indossava solo i rudimenti di un’armatura antica, composta solo dalle spalliere, da una falda e dalla scarsella a scaglie che arrivava fino a metà coscia.

Sindel avanzò altera, ostentando sicurezza e altezzosità. Quando gli fu davanti si limitò a guardarlo di sottecchi.

-Mi avete chiamata? - Domandò.

-Si. - Shao Kahn le fece cenno di sedersi in uno dei troni più piccoli, alla sua destra, e mentre lei obbediva, con un gesto della mano impartì un ordine ad una delle guardie all’interno della sala, che uscì frettolosamente dalla stanza e rientrò poco dopo.

Sindel corrugò appena la fronte notando quello che le guardie Tarkatan stavano strattonando all’interno della stanza.

Un uomo aveva il collo legato ai polsi e alle caviglie da delle catene, per questo avanzava con passo goffo e incerto, non era dell’Outworld, era evidente, per molti aspetti assomigliava ad un edeniano, aveva la pelle chiara, forse tendente leggermente all’oro, i capelli corvini erano lunghi e tenuti legati in una coda di cavallo, ad esclusione di alcune ciocche che ricadevano in maniera disordinata sulle spalle e sul volto. L’uomo venne colpito con un calcio dietro al ginocchio da uno delle due guardie, costringendolo carponi.

-Inginocchiati davanti all’imperatore Shao Kahn! -

L’ordine ebbe come effetto il volto dell’uomo che lanciò una rapida occhiata al Tarkatan. Aveva un volto leggermente allungato e forse un po’ spigoloso, il naso adunco e la bocca sottile si sposavano perfettamente con quei lineamenti taglienti, conferendogli un aspetto acuto, reso ancor più marcato dalle sopracciglia arcate sopra degli occhi dai tratti affilati.

Sindel si sporse, quasi senza volerlo, leggermente verso di lui; chi era quell’uomo? Un Edeniano? Cosa aveva fatto per farsi portare lì? Il corpo era quello di un guerriero, le spalle larghe, la vita stretta, i muscoli disegnati… eppure non lo aveva visto alla battaglia per Edenia, in effetti tutti i migliori lottatori di Edenia erano morti. E poi c’erano i vestiti. Indossava quella che sembrava una tonaca, anche se la parte sopra era stata strappata in più punti, i pantaloni erano larghi e neri, fasciati dal ginocchio alla caviglia da delle bende bianche. Non aveva mai visto nessuno indossare dei simili indumenti.

L’uomo alzò lo sguardo verso di lei, i loro occhi si incontrarono per un attimo, la bocca si piegò in un sorriso che mostrò dei denti bianchi, macchiati di rosso. In effetti solo adesso Sindel si era accorta che il labbro era spaccato, sulle braccia e sul corpo portava dei lividi e dei tagli. Aveva combattuto, dal modo in cui sollevò la testa e ciondolò sul busto sembrava stremato.

-Imperatore… - L’uomo chinò appena il capo. -I miei omaggi a voi e alla vostra regina. -

Shao Kahn era silenzioso, si limitava ad osservarlo intensamente come se cercasse di decidere cosa fare di lui, mentre la guardia vicino al prigioniero decise di insegnargli le buone maniere con un calcio ben assestato all’addome, che lo fece piegare su se stesso e tossire sangue.

-Non rivolgerti all’Imperatore senza essere interpellato! - Gridò o forse era meglio dire ringhiò e non dovette piacergli lo sguardo che gli lanciò il moro, perché lo colpì ancora, questa volta con un manrovescio al volto che lo fece cadere di fianco sul pavimento.

-Smettetela immediatamente! - Sindel si rese conto che quel gesto doveva averla fatta apparire molto debole agli occhi di Shao Kahn, ma non sarebbe stata ferma e zitta, mentre un uomo veniva torturato davanti ai suoi occhi.

La guardia sembrò sorpresa, ma chinò immediatamente la testa. -Perdonatemi mia Regina. -

Nella sala del trono era calato un silenzio assordante, Sindel lentamente si voltò a guardare Shao Kahn e si accorse dei suoi occhi rossi che la fissavano da dietro la maschera. Uno sguardo non molto rassicurante a dire la verità. Lei si drizzò sulla schiena, continuando a guardare l’uomo in catene, che lentamente si rimetteva in ginocchio, non volendo assolutamente incrociare lo sguardo dell’Imperatore.

Lo sentì sospirare. -Che cosa ha fatto? - Chiese infine.

-Ha ucciso 5 dei nostri fratelli! - Il Tarkatan sembrava fare un enorme sforzo di volontà per tentare di reprimere la rabbia che lo logorava.

-Perdonatemi, se non ho apprezzato il fatto che i vostri “fratelli” abbiano tentato di uccidermi. - Il prigioniero e il Tarkatan si sfidarono con lo sguardo. -Vi faccio le mie più sentite scuse. -

L’arroganza del prigioniero sembrò rallegrare Shao Kahn che si lasciò sfuggire un grugnito divertito, mentre la guardia assottigliò ancora di più lo sguardo.

-Quanta tracotanza, da parte di un essere così minuscolo. - Shao Kahn si alzò dal trono, rivelando tutta la sua stazza, perfino il prigioniero sembrò impressionato dalla sua mole. L’imperatore scese uno dei tre gradini di pietra che portavano al trono. -Non sei dell’Outworld, è evidente. - Scese un altro gradino. -E immagino tu non sia nemmeno di Edenia. -

Il prigioniero corrugò appena la fronte, assimilando le parole che l’imperatore pronunciava mentre gli si avvicinava. Probabilmente stava cominciando a temere per la propria vita. E a ragione.

Shao Kahn scese l’ultimo gradino, rimanendo immobile davanti all’uomo, guardandolo dall’alto in basso, forse beandosi della visione dell’ennesimo essere costretto in ginocchio dalla sua presenza.

La sua mano saettò velocemente verso la gola del moro, afferrandola saldamente e sollevandolo da terra, con la sola forza del braccio destro.

Sindel si alzò di scatto preoccupata per le sorti del prigioniero. Non poteva uccidere un uomo solo perché aveva osato difendersi da quei mostri.

-Quindi dimmi… - Osservò il suo volto contratto, alla ricerca di aria, impossibilitato a qualsiasi movimento per via delle catene. -...oltre alla stupidità… cosa muove tanta spavalderia? -

D’improvviso gli occhi del prigioniero, altrimenti neri, si accesero di un fuoco innaturale. Allungò le mani verso l’imperatore e dalle mani fuoriuscì una fiammata che scaraventò Shao Kahn, di schiena, contro la poltrona del trono.

Il prigioniero cadde a terra, annaspando aria, ma non fece in tempo a riprendere un attimo di respiro che le due guardie Tarkatan gli furono addosso. Lo colpirono con una serie di calci, prima di immobilizzarlo in ginocchio, tenendogli le spalle.

-Sei morto! - Ringhiò Shao Kahn rialzandosi.

-Mio signore, aspettate! - L’uomo tentò di dimenarsi, ma inutilmente. -Sono mortificato per il malinteso… vi prego… concedetemi il tempo di spiegare… - Nelle mani di Shao Kahn si materializzò un martello da guerra. Il prigioniero strabuzzò gli occhi. -Non volevo mancarvi di rispetto… - Shao Kahn alzò il martello sopra la testa e l’uomo chiuse gli occhi in attesa del colpo di grazia, quando una voce fece fermare tutti quanti.

-Aspettate! - Sindel corse davanti a Shao Kahn. -Ha solo tentato di difendersi. -

-Nessuno osa mancarmi di rispetto e vivere tanto a lungo per raccontarlo! -

-Io non ho mai visto una cosa simile… un colpo del genere. - Ammise indicando l’uomo ancora immobilizzato. -E voi? -

Shao Kahn sembrò pensarci qualche istante, poi abbassò il martello e scostò malamente Sindel per poter guardare l’oggetto di tutta quella confusione. -Come sei arrivato qui? -

-Alchimia mio signore. Io… sono una specie di stregone. -

-Una specie? - Shao Kahn si chinò appena sulla schiena. -Che specie? -

L’uomo parve confuso. -E’ un modo di dire… Io... pratico quel tipo di magia. -

-Sei venuto qui di tua spontanea iniziativa? -

-Si, io sto cercando di accrescere i miei poteri. - A questa affermazione l’uomo guardò negli occhi Shao Kahn, e agli occhi di Sindel parvero per un istante, non più un Imperatore e un prigioniero, ma due uomini che parlavano alla pari.

-Perché? -

-Perché, mio signore, da dove vengo io, non ho eguali. -

Questa affermazione fece ridere Shao Kahn e quella fu la prima volta che Sindel sentì la sua risata. Si stupì di come anche un suono allegro come quello, nella sua gola risultasse macabro e spaventoso. Non sapeva dire se fosse un bene o un male, se da un lato mostrava un po’ di umanità, dall’altro era agghiacciante.

-Liberatelo. - Ordinò d’improvviso alle guardie che si guardarono sconcertate.

-Ma imperatore… - Fece per iniziare uno di loro.

-Ho detto: Liberatelo! -

I due non se lo fecero ripetere, era palese dal tono del loro imperatore che non ci sarebbe stato un altro condono ad una loro esitazione. Liberarono il prigioniero dalle catene, che lentamente si alzò in piedi.
-Obbligato. - Disse rivolto a Shao Kahn, e anche se lui non lo vide, a Sindel non sfuggì lo sguardo di gratitudine che rivolse a lei, quel suo piegare la testa nella sua direzione in un muto ringraziamento.

-Come ti chiami, stregone? -

-Shang Tsung, mio signore. -

-Molto bene… Sei accusato dell’omicidio di cinque Tarkatan, mie guardie imperiali, per questo passerai la notte nelle segrete del castello. - I due Tarkatan si lanciarono un rapido sguardo, forse non avevano intenzione di fargli passare una nottata tranquilla. -Se… - Shao Kahn marcò particolarmente quella congiunzione. -...domani mi convincerai con la tua magia a non decapitarti, forse avrai la conoscenza che brami. -

Shang Tsung abbassò la testa. -Grazie mio signore. -

-Portatelo via. - Shao Kahn si sedette nuovamente sul trono e attese che le guardie uscissero con il prigioniero.

Quando furono soli l’Imperatore si rivolse a lei.

-Non tollero che mi si manchi di rispetto. -

-Quando vi avrei mancato di rispetto? -

Vide la mascella serrarsi. -Come mai hai protetto quell’uomo?! -

-Non meritava di morire solo per essersi difeso. -

-Non è solo questo. - Ringhiò avvicinandosi a lei. -Che cosa provi? -

Non poteva credere alle proprie orecchie. -Come? -

-Ho visto come lo guardavi! -

-Come lo guardavo? - Era schifata da quell’essere. -Voi avete ucciso mio marito. - Gli puntò il dito contro rendendo ancor più efficace l’accusa. -Soltanto un anno fa, avete gettato il suo corpo privo di vita ai miei piedi e adesso… - Si bloccò non riuscendo a reprimere il disgusto. -Ma voi lo sapete che cosa siano i sentimenti? -

Shao Kahn si drizzò sulla schiena. -Certo… sono quello per cui voi Edeniani avete perso, mentre noi dell’Outworld abbiamo vinto. - Le si avvicinò, chinandosi appena verso di lei. -I sentimenti sono la causa della morte di tuo marito. -

Sindel partì con uno schiaffo, ma la sua mano venne bloccata da quella enorme dell’Imperatore.

-E se insisti su questa condotta, presumo che saranno il motivo anche della tua morte. -

-Meglio la morte che essere la regina di un mostro come voi. -

Uno schiaffo violentissimo la gettò a terra. Sindel non lo aveva nemmeno visto arrivare. Si portò una mano al volto, fece appena in tempo a vedere Sheeva che faceva un passo verso di lei, prima che la figura di Shao Kahn le si parasse davanti.
-Prova nuovamente a mancarmi di rispetto e la prossima volta farò sfregiare tua figlia! -

Quella minaccia bastò ad ammutolirla. Non aveva veramente capito con che razza di mostro avesse a che fare. Sentiva il suo corpo fremere per la paura e la rabbia. Era tanta la voglia di ribellarsi e combattere. Ma come poteva? Una mossa falsa, e a farne le spese sarebbe stata Kitana.

-Adesso vattene. - Quelle parole erano uscite come un ringhio e Sindel non se lo fece ripetere, si alzò e se ne andò il più velocemente possibile.

Mentre camminava frettolosamente, verso la sua stanza, cominciò a piangere di rabbia, vergogna e impotenza.

Notò gli occhi curiosi, quasi sconvolti di alcune guardie Tarkatan che incrociò lungo il tragitto, ma non le importava.

Shao Kahn non sapeva chi lei fosse. Non ne aveva la minima idea. Era la regina di Edenia, certo, moglie di re Jerrod; ma quello che lui ignorava era che fosse anche una delle guerriere più forte e temute del suo regno. La nascita di Kitana le aveva impedito di combattere durante la guerra, e ancora non riusciva a perdonarsi, a pensare che se avesse partecipato, forse, le cose sarebbero potute andare diversamente. Lei e Jerrod avevano voluto tenacemente Kitana, ma se solo avessero aspettato...

Entrò nella stanza, Kitana era sveglia e stava piangendo, forse si era svegliata perché lei aveva sbattuto la porta. Non si diresse alla culla, ma alla finestra.

Era inutile raccontarsi frottole. Shao Kahn non aveva preteso ancora niente, ma presto sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe reclamato il suo diritto di giacere con lei.

Sindel spalancò la finestra e osservò il cortile, gli occhi sbarrati nel vuoto.

Quel giorno cosa avrebbe fatto?

-Mia signora! - La voce di Sheeva la fece voltare di scatto.

-Vattene! - Le urlò.

-Mia signora vi prego... - La Shokan avanzò lentamente. -Io capisco la vostra disperazione… -

-Tu capisci?! - Si lasciò sfuggire una risata isterica. -Ne dubito fortemente. -

-Non risolverete niente con un gesto del genere. Pensate a Kitana. -

D’improvvisò guardò la culla, la sua bambina stava piangendo con quanto fiato avesse in corpo. Sheeva aveva ragione, non poteva lasciarla da sola con quel mostro. Chissà che cosa le avrebbe fatto se non ci fosse stata lei a proteggerla.

Si diresse alla culla, senza proferire parola prese la bambina in braccio e cominciò a cullarla. Nella mente si affollavano milioni di pensieri, e nessuno dei quali era positivo.

 

Sheeva si diresse velocemente a chiudere la finestra, dopodiché rimase qualche attimo in silenzio ad osservare la Regina cullare la Principessa. Sapeva della guerra di conquista di Edenia e del destino di quella dimensione, annessa ormai all’Outworld, conosceva anche la triste vicenda della morte di Re Jerrod, marito della Regina; ma se dentro di se provava pena per quella donna, dall’altra parte non comprendeva il suo comportamento verso l’Imperatore. Shao Kahn aveva vinto la guerra, si era dimostrato il più forte, aveva tutto il diritto di rivendicare quello che gli spettava. E non era forse questo lo scopo di una regina? Governare su di un reame? Come mai gli era così ostile? Shao Kahn le stava offrendo ricchezze e potere. Le guerre ci sono sempre state, che colpa ne aveva lui?

Tuttavia, la sua maestra le ripeteva sempre che ogni razza era differente, molti non avevano le stesse priorità degli Shokan, addirittura c’erano razze inferiori che pretendevano la pace senza imporla. A lei era sempre sembrata una utopia.

Comunque aveva capito che il disprezzo della Regina non era solo per Shao Kahn, ma anche per lei. Forse odiava l’intero Outworld. E chissà… forse per lei era giusto così.

Sapendo di non essere ben voluta fece per andarsene, ma la voce della donna la richiamò.

-Aspetta… -

-Si, mia signora? -

-Non mi va di rimanere sola. Siedi un po’ qui con me. -

Sheeva la guardò sorpresa. Era felice di quella richiesta, voleva dire che stava svolgendo bene il suo lavoro, ma era strana. Comunque fosse le si avvicinò.

 

Sindel doveva ammettere che forse si era sbagliata sul conto della Shokan. L’aveva vista preoccupata quando Shao Kahn l’aveva picchiata, forse, se riusciva a farla affezionare a lei, sarebbe stata un’ottima alleata contro quel mostro. Di certo sembrava aver preso sul serio il compito che le era stato assegnato.

-Vorrei che tu mi parlassi dell’Outworld, delle razze che lo abitano, della vostra cultura… -

Sheeva sorrise e cominciò ad esporle tutto quello che sapeva. Cominciò parlando della sua razza, gli Shokan, le raccontò che vivevano in un regno sotterraneo, anche loro avevano una monarchia, le raccontò di alcuni usi e costumi, poi le parlò dei Tarkatan, della loro tribù marziale, del modo in cui gestivano i villaggi, poi passò ai Centauri, agli Osh-Tekk, fino agli uomini rettili di Zaterra. Sembrava che nei secoli l’Outworld avesse annesso talmente tanti reami, da essere popolato da una miriade di razze.

-E Shao Kahn? - Le domandò a brucia pelo. -Di che razza è l’imperatore dell’Outworld? -

Sheeva si grattò la guancia pensierosa. -In verità, mia signora, non saprei… non ho mai visto l’Imperatore senza il suo elmo e poi… bé…. Lui è come se ci fosse sempre stato. -

Sindel corrugò lo sguardo. -Ah… e non hai idea da dove possa venire lo straniero? -

- Quello strano essere? No mia signora, mi dispiace, non ne ho idea. Deve essere un luogo che ancora noi non conosciamo. -

Sindel sorrise appena, mentre cullava la figlia in grembo. -Per te è strano… eppure è così simile a noi di Edenia… - Sindel la guardò dritta negli occhi. -Credi sia possibile andare a parlare con lui? -

Sheeva storse il naso. -Come mai? -

-Curiosità… insomma… se Shao Kahn domani dovesse ucciderlo, io non potrei mai sapere niente di questo sconosciuto, con esseri così simili al mio popolo… Credi che sia possibile? -

Il sospiro della Shokan le fece capire che aveva vinto.

-Mia signora, credo che nessuno vi impedirà di fare ciò che volete, ma se posso permettermi… un uomo che viaggia tra i regni in cerca di potere, non può portare niente di buono. -

Sindel si alzò di scatto. -Voglio solo parlare. - Decretò avviandosi alla porta con Kitana in braccio.

 

Sheeva sapeva che se ne sarebbe pentita, se lo sentiva sin nelle ossa. Le era bastato uno sguardo per capire che quel tipo portava guai, e di fatti, già a poche ore dal suo arrivo, loro si stavano già cacciando in un mare di guai. Inutile negare l’evidenza, se Shao Kahn fosse venuto a conoscenza di quello che stavano facendo si sarebbe infuriato. Non si era bevuta la balla delle informazioni, che cosa aveva in mente la regina Sindel? Che stesse tramando qualcosa? No, non sembrava una stupida, non avrebbe mai osato fare niente contro Shao Kahn. Ma allora… che l’Imperatore avesse ragione sul modo in cui aveva guardato il prigioniero? Lei non aveva notato niente di tutto ciò, ma se non era quello, che cosa poteva essere?

Arrivate alle lunghe e strette scalinate che portavano nelle segrete, Sheeva fu costretta a percorrerle di traverso o avrebbe sfregato le spalle contro la roccia.

Arrivate nei sotterranei, la guardia Tarkatan alla porta le salutò con un reverenziale inchino e le fece entrare senza fare domande.

Sheeva stava ringraziando la sua buona sorte, quando Sindel le fece la domanda che temeva da quando avevano lasciato le sue stanze.

-Potresti lasciarmi da sola con lui? -

In che guaio si stavano mettendo maledizione?

 

Sheeva annuì e rimase indietro, lasciandola libera di avanzare.

Le segrete, se possibile, erano addirittura più spoglie del resto del castello. Tra pareti e pavimento non c’era differenza, tutto della stessa pietra. Un corridoio si estendeva dalla stanza di guardia, dove erano entrate al termine delle scale, fino in fondo, dove svoltava a destra e proseguiva verso altri cunicoli. Ai lati c’erano numerose celle, sbarre di metallo chiudevano un perimento quadrato dove un uomo poteva a malapena sdraiarsi, erano tutte vuote, tranne una.

Si fermò ad osservare l’uomo che seduto in fondo alla sua cella, sembrava stesse scrivendo qualcosa sulla pietra vicino ai suoi piedi.

Shang Tsung alzò lo sguardo e quando i suoi occhi neri incontrarono quelli marroni della Regina, sorrise in un modo che Sindel non aveva mai visto. Quell’uomo aveva un sorriso strano, era come se sorridesse solo con la bocca e non con gli occhi.

-Mia regina… - Si alzò da terra e si avvicinò alle sbarre, aveva ancora i polsi legati fra loro. -...che piacevole sorpresa. - Sporse la testa per guardare se ci fosse qualcun altro. -Scusate se mi permetto… non c’è il vostro signore con voi? -

Sindel si avvicinò di qualche passo. -Non è il mio signore. -

-Ah… - Il sollevarsi delle sue sopracciglia in quel modo quasi canzonatorio e quel tono pacato le fecero per un attimo tremare le gambe. Aveva degli occhi veramente tenebrosi, sembravano quasi delle palle nere senza vita. D’improvviso le parole di monito di Sheeva le tornarono alla mente.

Forse la sua guardia del corpo aveva ragione. Forse era più pericoloso di quanto pensasse… e forse per lei era un bene.

-Il reame da cui provieni… come si chiama? Parlamene. -

Shang Tsung stirò nuovamente le labbra in una parvenza di sorriso. -Perché? -

-Perché te lo chiedo io. Sono tutti come te? -

-Oh no… io sono un esemplare unico. - Sembrava sinceramente divertirsi, poi i suoi occhi si soffermarono sul fagottino che Sindel teneva in braccio. -E’ vostra figlia? -

-Si. - Per un attimo le parve che i suoi occhi fossero attraversati da un lampo di umanità.

-E’ molta graziosa… - Chinò la testa nell’osservarla, salvo poi riportare il suo sguardo su di lei.

-Sarei imperdonabilmente sfacciato se vi dicessi che è un bene che abbia ripreso da voi e non dall’Imperatore? -

Sindel buttò giù il magone alla gola. -Shao Kahn non è il padre di mia figlia. - Lanciò una rapida occhiata all’inizio del corridoio, dove Sheeva stava parlando con le guardie Tarkatan, poi si avvicinò ancor di più alla cella. -Io non sono la regina dell’Outworld, la mia patria si chiama Edenia. Sono stata rapita da Shao Kahn, dopo che lui ha conquistato il mio reame e ucciso mio marito. - Ormai era talmente vicina che, se avesse allungato una mano, avrebbe potuto toccarlo al di là delle sbarre. -Come avrai notato anche tu, le razze dell’Outworld sono estremamente differenti da noi due… quindi ti chiedo… da dove vieni... sono tutti come te, o me? -

-Il mio reame si chiama Terra... e si, niente energumeni con 4 braccia o uomini-squalo. -

Sindel fece un profondo sospiro di sollievo, i suoi muscoli si rilassarono, non sapeva cosa fossero gli squali, ma l’importante era sapere che da dove veniva quell’individuo, qualsiasi posto fosse e ovunque si trovasse, non c’erano quei mostri.

-Grazie. - Fece per voltarsi, ma la voce dell’uomo la richiamò.

-Mia signora, posso chiedervi il perché di queste domande? -

Gli sorrise, senza nascondere l’apprensione. -Vinci… e lo saprai. -

  
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