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Autore: TheSlavicShadow    12/12/2023    0 recensioni
Ivan rivede qualcuno che credeva perduto.
{partecipa al 25 Days of Christmas indetto da Non solo Sherlock https://www.facebook.com/groups/366635016782488 }
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Axis Powers Hetalia

Ship: Russia/Prussia

Prompt: X trova per caso Y: una persona scomparsa anni prima - All’ultimo istante - Sei strano - Circo - “Bella la mia vita, eh?”

 

Irgendwo im Deutschland, 199*

 

Non riusciva a credere ai propri occhi. Era appena entrato nella grande sala conferenze, frustrato come ogni volta in cui aveva qualche riunione con gli altri Stati europei. Si sentiva ogni volta a disagio. Ogni volta gli sembrava che tutti avessero gli occhi puntati solo su di lui. Si sentiva così da quando tutto il blocco orientale si era dissolto e ogni Stato era diventato indipendente. Guardate Russia che si faceva tanto grande e ha perso tutto. Era sicuro che alle sue spalle ridessero sempre di lui. Anche gli Stati che una volta erano sotto il suo dominio. Soprattutto loro. 

C’erano sempre tutti. C’erano le sue sorelle. C’erano i baltici. C’erano Ungheria e i due fratelli cecoslovacchi. C’era tutto il circo russo al completo, ma tutti ridevano solo di lui. Si sentiva sempre come un pagliaccio che non faceva ridere perché divertente. Ma solo per pietà per aver perduto tutta la propria gloria e potenza. Soprattutto perché c’erano tutti quelli che avevano goduto del suo declino.

Mancava però sempre lui. Il pezzo forte della sua collezione. Quello che aveva sempre agognato di possedere e che alla fine aveva perso. Lui che sembrava essere scomparso dalla faccia della terra quando era caduto il Muro di Berlino. 

Non lo aveva più visto da nessuna parte. Non c’era il giorno dell’unificazione della Germania. Non c’era stato a nessuna riunione ufficiale o meno. 

Ricordava nitidamente l’ultima volta in cui lo aveva visto. Aveva osservato la sua schiena uscire dalla porta di quella che era stata la loro casa per 40 anni. Non si era voltato nemmeno una volta. Non lo aveva degnato di una parola.

E non lo aveva più visto.

Da quello che sapeva nessuno lo aveva più visto. 

Tranne sicuramente suo fratello, ma non avrebbe mai potuto chiedere a lui. Non avrebbe mai avuto il coraggio di avvicinarglisi per chiedere informazioni. Il Tedesco non gliele avrebbe sicuramente date. Poteva sempre leggere odio nei suoi occhi ogni volta che si parlavano. Anche se continuavano ad avere moltissimi rapporti economici, il giovane Tedesco lo detestava. 

Poteva capirlo. Gli aveva portato via una persona molto importante. Li aveva separati per decenni non permettendogli alcun contatto. Si sarebbe comportato allo stesso modo se qualcuno lo avesse separato dalle sue sorelle. Forse anche molto peggio conoscendo il proprio carattere. In quegli anni Ludwig Beilschmidt era stato fin troppo diplomatico e cortese ogni volta in cui si erano incontrati. Avevano sempre fatto conversazione da veri professionisti.

Ma non aveva mai avuto il coraggio di chiedergli quello che davvero voleva.

“Come sta Gilbert?”

Sarabbe stato davvero molto semplice. Erano solo tre parole che però non aveva mai avuto il coraggio di pronunciare anche se aveva continuato a chiederselo in continuazione. Aveva cercato di non darlo a vedere. Aveva cercato di farsi vedere forte quando tutto era caduto a pezzi. Aveva fatto finta di nulla mentre Gilbert se ne andava. Ma in realtà anche in quel momento avrebbe solo voluto allungare il braccio e fermarlo. Tenerlo ancora con sé e non lasciarlo mai.

Ma Gilbert Beilschmidt era scomparso. Aveva seriamente temuto che fosse scomparso veramente una volta che la Germania si era unificata. Era anche per questo che non aveva mai avuto il coraggio di chiedere nulla a nessuno su quel Tedesco.

Per quello non si aspettava di vederlo lì. Non si aspettava quei occhi vermigli puntati addosso. Era rimasto come impietrito vedendolo. Fermo e immobile sulla soglia della sala conferenze, gli sembrava che i suoi piedi fossero diventati di cemento.

Era seduto accanto al fratello. Aveva accanto a lui quelli che erano stati i suoi migliori amici. Ma stava guardando lui. E non riusciva a distogliere lo sguardo. In quel momento avrebbe voluto percorrere quasi di corsa tutta la stanza solo per poter stare accanto a lui. Per poterlo stringere ancora una volta e avere conferma che era reale. Che Gilbert fosse davvero lì e non solo una allucinazione. 

Quanto a lungo aveva desiderato vederlo? Quanto erano sembrati lunghi quei anni in cui non aveva avuto alcuna notizia da parte sua? Ed ora era lì. Era lì con il solito sguardo orgoglioso, anche se gli mancava il ghigno che perennemente gli ornava le labbra. Quante volte lo aveva sfidato con quella faccia. Ma ora sapeva che non doveva più sfidarlo per nulla. Non c’era più nulla che li legava. Lo aveva reso chiaro sparendo per tutto quel tempo, no?

“La riunione sta per iniziare. Sedetevi, per favore.” 

La voce di Ludwig che richiamava tutti all’ordine era arrivata alle sue orecchie, ma i suoi piedi stavano facendo davvero fatica a muoversi mentre Gilbert non smetteva di guardarlo. Gli ci era voluta davvero molta fatica a distogliere lo sguardo per arrivare al proprio posto, convinto che se avesse smesso di guardarlo l’altro sarebbe scomparso nuovamente.

 

***

 

Aveva atteso la fine della riunione prima di fare qualsiasi mossa. Aveva messo velocemente a posto tutti i documenti, recuperando la propria ventiquattr’ore mentre notava Gilbert uscire con i suoi due amici. Sapeva che sarebbe stata una mossa azzardata. Che quei due sicuramente gli avrebbero sbarrato la strada se avesse provato ad avvicinarsi. Non sapeva nemmeno cosa avesse davvero raccontato Gilbert degli anni che avevano passato insieme, se avesse solo confermato la propaganda anti-comunista dell’Occidente o se avesse raccontato la verità. Perché anche se non era stato tutto rosa e fiori - ma quando è tutto così perfetto del resto? - avevano passato insieme anche dei bei momenti. Gli anni insieme avevano significato tantissimo per lui, ed era abbastanza sicuro che anche per Gilbert e gli altri era stato così. Non era stato tutto nero come poi avevano raccontato. 

“Gilbert!” Aveva cercato di richiamare la sua attenzione appena gli era abbastanza vicino. 

Il Prussiano si era voltato verso di lui, non sembrava per nulla stupito dal suo gesto. Lo aveva guardato intensamente, o forse era solo lui che si stava facendo dei film in quel momento, e poi si era voltato verso il gruppo di persone con cui si stava allontanando. Aveva notato Ludwig guardarlo come se avesse potuto incenerirlo con lo sguardo, mentre il Francese lo guardava con uno sguardo malizioso. Non sapeva quale dei due lo mettesse più a disagio in quel momento.

“Andate intanto. Vi raggiungo tra un attimo.” Gilbert aveva aspettato che si fossero allontanati tutti, anche se suo fratello continuava a voltarsi, guardandolo male tutto il tempo. Gli faceva quasi più paura il Tedesco che sua sorella minore. E ce ne voleva. Quando aveva guardato il Prussiano era appoggiato contro il muro a braccia conserte. “Dunque?”

“Non pensavo di vederti qui. Non pensavo di vederti mai più in realtà.”

“E’ stata una decisione presa all’ultimo istante in effetti. Non ho alcun motivo di stare qui ormai, Ludwig si può occupare di tutto da solo. Lo sta facendo anche piuttosto bene.”

Gilbert parlava e lo guardava negli occhi. Lo guardava così intensamente che gli faceva quasi timore, gli faceva quasi venire voglia di distogliere lo sguardo. Gilbert era sempre diretto. Gilbert era sempre puro in ciò che doveva dire o fare. Ti guardava negli occhi e non lasciava trapelare nulla se non voleva. Proprio come in quel momento.

“Temevo… Temevo che non ti avrei più rivisto. Dove sei finito? Ho provato a cercarti, ma non c’eri da nessuna parte.”

“In Baviera.” Gilbert aveva risposto con una alzata di spalle. “Mio fratello ha una bella casetta in mezzo alla campagna bavarese e mi sono rifugiato lì. Non aveva senso restare a Berlino. Non c’era più la DDR e non c’era più bisogno di me, quindi passo le mie giornate a guardare la tv e a badare ai cani di Ludwig. Bella la mia vita, eh?”

Il Prussiano aveva inarcato le labbra nel suo solito ghigno. Ora lo riconosceva. Ora riconosceva il Gilbert con cui aveva sempre combattuto, con cui aveva vissuto momenti belli e brutti. Ora riconosceva quell’uomo orgoglioso che non si faceva mai spezzare da nulla.

E non era riuscito a trattenersi dall’abbracciarlo. Lo aveva stretto forte tra le proprie braccia, come se l’altro potesse scomparire da un momento all’altro. Era quello che avrebbe voluto fare l’ultima volta che lo aveva visto. Avrebbe voluto stringerlo a sé e non permettergli mai di andarsene.

“Sei strano, ragazzone. Sono solo un tuo vecchio prigioniero, no?” Gilbert gli aveva accarezzato i capelli, mentre lui affondava il viso nell’incavo del suo collo. Dio, se gli era mancato il suo odore.

“Non scherzare. Avevo il terrore di non vederti mai più, Gilbert. Nessuno parlava più di te e non avevo nessuno a cui chiedere.” Si sentiva davvero stupido in quel momento ad abbracciarlo così in un luogo dove chiunque potesse vederli. Ma vederlo dopo tutto quel tempo e vederlo stare bene gli aveva fatto perdere il senso del tempo e dello spazio. Non gli importava davvero di niente e di nessuno in quel momento. Gli importava solo dell’uomo che stringeva con forza tra le proprie braccia, e che per qualche assurdo caso del destino stava ricambiando il suo abbraccio. 

“Se ti vede mio fratello ti ammazza. Anche se io ho più paura di tua sorella in questo momento.”

Ivan aveva sorriso staccandosi solo un po’ per poterlo guardare. Gilbert sorrideva e non lo stava allontanando. Non gli aveva nemmeno risposto male. Non lo aveva insultato.

“Ti proteggerò io. Adesso che so dove trovarti, ti proteggerò io.” Era così melenso, se ne rendeva perfettamente conto, ma il sollievo che provava in quel momento faceva passare tutto il resto in secondo piano. Era pronto a rendersi ridicolo davanti a tutti, se questo avesse significato non perdere l’altro uomo nuovamente.

 
   
 
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