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Autore: lolloshima    13/12/2023    4 recensioni
Per molte persone la notte della vigilia di Natale è speciale, un momento da trascorrere con le persone amate.
Le case si riempiono di luci, suoni e calore, e nessuno vuole stare da solo. Neppure un gatto randagio.
Questa storia partecipa alla challenge #25daysofchristmas #giorno14 del gruppo FB Non solo Scherlock.
Prompt: - Gatto randagio - Il tempo che passa - “Ti hanno mai detto che..” - Prima non era così
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akihiko Kaji, Haruki Nakayama, Ugetsu Murata
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’archetto del violino colpì la tazza sul ripiano della cucina, che cadde a terra rompendosi in mille pezzi.

Era l’ultima tazza pulita. Pazienza, avrebbe bevuto il the sui bicchieri. Sempre che qualcuno si decidesse a lavarli.

Con un sospiro Ugetsu ricominciò gli esercizi al violino, dando le spalle alla cucina.

Sul lavello era accatastata una pila di piatti sporchi, accanto a bicchieri e tazze usati. Alcuni canovacci erano sparsi disordinatamente sul ripiano, insieme a un calzino, uno spazzolino da denti e un tubetto di dentifricio spremuto a metà, senza tappo. Un pacchetto di sigarette giaceva aperto accanto ad un posacenere colmo di mozziconi.

Tutto intorno, vestiti sparsi sul pavimento, cocci di vetro e ceramica, accappatoi e asciugamani gettati ancora umidi sul letto, lattine vuote e fogli di spartiti disseminati ovunque.

Di solito Ugetsu non si curava del disordine. Quando suonava era talmente immerso nell’universo della sua musica, che il mondo esterno non esisteva. Quel giorno, però, non riusciva a concentrarsi come avrebbe voluto.

Tutta quella confusione lo distraeva, e lo costringeva a interrompersi continuamente.

Non era il disordine in sé ad irritarlo. Ma il fatto che gli mancasse qualcosa, o qualcuno.

Continuava a ripensare che prima, quando condivideva l’appartamento con Kaji, non era così. Quando vivevano insieme, era lui che provvedeva a tutto.

Se Akihiko fosse stato lì, avrebbe rimesso tutto in ordine, muovendosi senza fare rumore, per non disturbare i suoi studi, avrebbe capito quando gli veniva voglia di una tazza di un caffè o quando aveva fame. Gli avrebbe preparato il bagno, e gli avrebbe fatto trovare degli asciugamani puliti, che avrebbe poi messo a lavare. Avrebbero fatto del buon sesso, dolcemente o brutalmente, a seconda che gli servisse per distrarsi o per sfogarsi.

Ogni anno, il giorno prima di Natale, era Akihiko che pensava ad addobbare la casa. Lo faceva con discrezione, sapendo che per Ugetsu quella festa non aveva alcun significato, disseminando per la casa piccoli oggetti a tema, per non fargli dimenticare che era la vigilia: il giorno delle coppie innamorate.

Per quanto Ugetsu fosse del tutto indifferente allo spirito natalizio, quello era sempre stato un giorno speciale per loro due. Da quando si erano conosciuti, non era mai successo che avessero trascorso la vigilia di Natale separati.

Potevano aver discusso, potevano essersi lasciati, ma cascasse il mondo, alla fine si erano sempre ritrovati a passare quella notte insieme.

Ugetsu ripensò a quella sera di qualche anno prima, una delle tante volte in cui Kaji aveva tentato di lasciarlo. Lui si era portato a letto un violoncellista dell’orchestra sinfonica di Tokyo, e stavano dormendo quando, in piena notte, Akihiko si era presentato alla porta con un regalo.

“Ti hanno mai detto che sei un gran guastafeste?” gli aveva detto infuriato. Ma poi era stato del tutto naturale sbattere fuori il violoncellista e finire la serata con lui.

Ugetsu sospirò a quel ricordo e si guardò intorno. Quella sera, era la vigilia di Natale. Ma questa volta sarebbe stato tutto diverso.

Qualche mese prima, dopo essersi esibito per il concorso musicale insieme alla sua band, Akihiko gli aveva detto addio.

Un addio vero, sentito, diverso dagli altri, un addio che aveva tagliato come una cesoia quel filo invisibile che li aveva legati per anni, che aveva impedito loro di essere davvero liberi.

Un addio che si toccava con mano dentro quella casa, buia e piena di oggetti sparpagliati ovunque, ma allo stesso tempo spoglia, senza nessun indizio che facesse pensare alla festa di quei giorni. Una casa disordinata, una casa senza Akihiko.

Kaji aveva deciso di essere libero, di assecondare la propria natura, a metà tra l’animale selvatico e la voglia di trovare una sua collocazione nel mondo. Era come un gatto randagio, che segue il suo istinto, e per questo è imprevedibile. Ma che, proprio come un gatto, ritrovava sempre la strada di casa.

Ugetsu aveva deciso di non uscire quella sera, e di non invitare nessuno a casa, a trascorrere la notte con lui. Non voleva compagnia, non voleva vedere nessuno, non aveva bisogno di nessuno.

E poi, non voleva farsi trovare con qualcuno nel caso lui…

Diede un’occhiata al telefono, per vedere se per caso Akihiko gli avesse mandato un messaggio di auguri. Niente. In fin dei conti erano solo le nove, la serata era ancora lunga. E poi lo sapeva, i messaggi non erano il suo forte. Molto più facile che si presentasse con una bottiglia sulla porta di casa.

Decise di terminare gli esercizi di musica, non riusciva a concentrarsi, la testa era altrove. Ripose con cura il violino e aprì il frigorifero, alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Prese un Kuramane, senza toccare le due porzioni di pollo fritto confezionato che aveva comprato nel pomeriggio, pronte da scaldare.

Liberò alla meno peggio il ripiano della cucina, e vi appoggiò con noncuranza due piatti e due bicchieri. Guardò per l’ennesima volta il telefono. Nessun messaggio. Erano le 10 di sera, mancava ancora molto a mezzanotte.

Dopo mezz’ora stava ancora girovagando per casa, con il telefono in mano. Diede un calcio ad una giacca che giaceva per terra, e poi a tutto quello che si trovò davanti ai piedi.

Nessun messaggio, nessuna chiamata, nessun suono alla porta.

Forse Akihiko aveva conservato un paio di chiavi, forse lo avrebbe sorpreso a mezzanotte… Non poteva non passare, non poteva dimenticare quel giorno così speciale.

Si fece largo tra i vestiti ammucchiati sul letto e si coricò, con il telefono accanto al cuscino.

Mancava poco alla mezzanotte. Doveva solo aspettare.

*

I gyoza erano pronti da mettere nella vaporiera.

Akihiko era diventato bravissimo a confezionarli. Ci si era dedicato gran parte del pomeriggio ed era molto soddisfatto del suo lavoro. Erano perfetti, e sarebbero stati anche buonissimi.

Haruki lo aveva guardato mentre era chino sulla tavola, concentrato a confezionare i ravioli uno ad uno, e aveva sentito il cuore esplodergli di tenerezza e amore.

Era la prima vigilia di Natale che trascorrevano insieme. Tutta la giornata era stata a dir poco meravigliosa.

Si erano svegliati insieme alle prime luci dell’alba e da allora Akihiko lo aveva riempito di premure, a partire dalla colazione a letto.

Erano andati insieme a scegliere l’albero di Natale e una volta a casa non erano riusciti neppure a sistemarlo, perché appena avevano varcato la porta, Akihiko gli era saltato addosso ed erano finiti a fare l’amore sul pavimento del salotto, prima di rituffarsi a letto.

Nel pomeriggio avevano fatto la spesa, concedendosi anche il lusso di acquistare una bottiglia di champagne, per festeggiare. Per tutto il tempo avevano scherzato e riso, parlando di vecchie tradizioni di famiglia e di aneddoti divertenti.

Ci aveva pensato Haruki ad addobbare l’albero di Natale con luci e festoni, mentre Akihiko si occupava della cena. Un profumo delizioso si era diffuso in tutto l’appartamento, e la play list che avevano scelto riempiva l’aria di canzoncine natalizie che di tanto in tanto si mettevano a canticchiare.

Il tavolo al centro della stanza era apparecchiato per due. Haruki aveva riesumato una tovaglia bianca che sua madre gli aveva regalato “per le occasioni speciali”, e aveva recuperato anche due calici di cristallo per lo champagne, spaiati ma molto eleganti, rubati in qualche locale molti anni prima.

Haruki completò la tavola con due candele rosse e dopo averle accese con l’accendino, si soffermò ad ammirare l’effetto generale.

Akihiko lo raggiunse e lo abbracciò da dietro, avvolgendolo con un festone argentato.

“Ti hanno mai detto che il Natale ti rende particolarmente sexy?”

“Veramente n-” non riuscì a completare la frase, perché Kaji lo fece voltare e gli chiuse la bocca con un bacio.

“E’ quasi pronto” riprese Akihiko staccandosi da lui. “Ma prima di metterci a tavola, devo fare una cosa importante.”

“In che senso?” Haruki non capiva perché Akihiko si stesse dirigendo verso l’entrata e si infilasse la sciarpa e il giubbotto.

“Non te la prendere, Haru. Devo fare una cosa importante, se non la facessi non me lo perdonerei mai.”

“E non la puoi fare domani?”

“No, oggi è la vigilia. E’ una cosa che devo assolutamente fare adesso.”

“Ma è ora di cena e avevamo promesso di aspettare mezzanotte!”

“Sarò di ritorno in tempo, non ti preoccupare.”

“Ma...” Akihiko non sentì la sua risposta. Era già uscito di casa, e poco dopo Haruki riconobbe il rumore della moto che partiva in velocità.

Rimase senza parole a guardare il proprio riflesso sul vetro della finestra, incredulo. Avevano trascorso una meravigliosa giornata insieme, come una vera coppia, e adesso, a metà della serata, Akihiko se n’era andato chissà dove. Lasciandolo lì, con la tavola apparecchiata di tutto punto, e le pentole sui fornelli.

Il cuore cominciò a fargli male, e cercò di ricacciare le lacrime che gli stavano salendo agli occhi.

In cuor suo Haruki sapeva dov’era andato Aki. Da chi. E temeva di avere ragione. Certi legami sono difficili da spezzare, e nel caso di Akihiko forse era addirittura impossibile farlo.

Del resto, cosa poteva pretendere? Lo sapeva fin dall’inizio, lo aveva sempre saputo che non avrebbe potuto incatenare Akihiko. Lui era come un gatto randagio, non era mai stato veramente suo, e non lo sarebbe mai stato. L’unica cosa che poteva fare era rispettare la sua libertà. E accettare il suo passato.

Soffiò sulle candele e si lasciò andare sul divano, guardando il fumo grigio della cera diffondersi nella penombra della stanza.

Doveva solo aspettare.

*

Akihiko fermò la moto davanti all’edificio dove aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita.

Nessuna luce filtrava dalle finestre.

Probabilmente Ugetsu era uscito, oppure si era addormentato tra le braccia dell’ennesimo amante.

Per un attimo, ripensò a com’era la sua vita fino a qualche mese prima. Un legame tossico, la difficoltà di dire basta, una catena che, qualunque cosa succedesse, lo riportava sempre lì, all’origine del suo dolore.

Si sentiva come un gatto randagio: senza un luogo che potesse chiamare “casa”, ma con l’istinto di tornare sempre in quello che considerava il suo rifugio, anche se vi era stato scacciato molte volte, e anche se lì trovava solo freddezza e ostilità.

Ma adesso non era più così. Il tempo era passato, e la sua vita era completamente diversa.

Doveva fare un’ultima cosa per rendere perfetta quella serata, e non aveva nessuna intenzione di rinunciare.

Spense la moto, scese, e si sfilò il casco. Tutto intorno era buio, ma sapeva esattamente dove andare.

*

Ugetsu aprì gli occhi. Era certo di aver sentito il rumore di una moto oltre la finestra. La moto si era fermata. Non poteva sbagliarsi, l’avrebbe riconosciuta tra mille. Era la moto di Akihiko. Adesso gli avrebbe fatto una bella scenata, per aver osato disturbare il suo sonno.

*

Akihiko aprì piano la porta. Per fortuna uscendo si era ricordato di prendere le chiavi. Non voleva farsi sentire, doveva essere una sorpresa. Aveva fatto appena in tempo, mancavano solo 10 minuti alla mezzanotte.

La stanza era buia, rischiarata solo dalle lucine dell’albero di Natale, rimaste accese. Si avvicinò piano alla persona addormentata, e accostò la bocca al suo orecchio.

“Buon Natale amore mio. Questo è per te” sussurrò, porgendogli un mazzo di qualche strana pianta.

Haruki si svegliò di scatto.

“Aki, sei tornato!” esclamò portandosi le mani al viso.

“E perché non avrei dovuto tornare?” rispose corrugando le sopracciglia. “pensavi che me ne fossi andato?”

“No, io penavo che… non importa, lascia stare. Ma… che cos’è questa cosa?” gli chiese, osservando incuriosito le ramaglie che Akihiko aveva in mano.

“Questo è vischio!”

“E dove diavolo lo hai trovato, a quest’ora?”

“Cresce tra gli alberi del giardino accanto alla casa dove vivevo prima. Sono dovuto andare a quest’ora per non farmi vedere, altrimenti mi avrebbero beccato. Ci ho messo un po’ perché sono caduto tre volte dall’albero e…”

“Ma quindi lo hai rubato?”

“Beh, insomma, tecnicamente sì, ma sono anni che lo vedo in quel giardino, nessuno lo prende, e ho pensato che invece a te poteva piacere. Sai cosa si dice del vischio, no?”

Akihiko sollevò i rametti sopra la testa di Haruki e con l’altra mano lo attirò a sé, unendo le loro labbra baciandolo con passione.

“Va bene, va bene” cercò di riprendersi Haruki, sconvolto da quel bacio appassionato. “Resta il fatto che ti sei intrufolato nel giardino di qualcuno e hai rubato il loro vischio!”

“Dimentichi che mi sono anche arrampicato sull’albero” continuò Akihiko con orgoglio.

Haruki scoppiò a ridere. Gli avvolse il viso tra le mani e lo baciò dolcemente sulle labbra.

“Del resto, cosa potrei aspettarmi da…”

“Da un ragazzo innamorato?”

“No, da un gatto randagio!”

“Ho fame! Che ne dici di mangiare qualcosa?”

Allo scoccare della mezzanotte, due ragazzi festeggiavano, facendo tintinnare i bicchieri di cristallo prima di darsi un bacio.

Poco lontano, nell’appartamento al piano interrato di un elegante edificio grigio, un violinista geniale non riusciva a dormire, e si rigirava nel letto da solo, con il telefono stretto in una mano.

   
 
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