Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Non Molto    14/12/2023    1 recensioni
Freya Ackerman, chirurgo d'urgenza a servizio del Corpo di Ricerca e moglie del Capitano Levi, vi porta con lei in un viaggio colmo di avventura, amore, dedizione al proprio lavoro e legami fraterni.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VI

Erwin Smith

 

844, Città Sotterranea.

“Allora, fatemi vedere quanto sono in gamba quelli della Legione Esplorativa. Vediamo se avevi ragione, Freya” pensò Levi non appena, nel bel mezzo di un colpo, lui, Isabel e Farlan si ritrovarono inseguiti non dai soliti imbranati della polizia militare, bensì da veri e propri soldati, appartenenti al Corpo di Ricerca. Il Corpo di Ricerca. La branca delle forze armate a cui, in un modo o nell’altro, Freya apparteneva. La branca delle forze armate di cui lei gli aveva parlato così tanto. Al contempo, il corvino era alquanto perplesso: perché i cacciatori di giganti stavano perdendo il loro tempo a rincorrere dei banali delinquenti?

I componenti dell’Armata Ricognitiva erano di formazione più elevata in confronto agli altri, era noto. Eppure i tre ragazzi erano in grado di mantenere un certo vantaggio su di loro, mentre fendevano agilmente l’aria con i loro congegni di manovra 3D. 

Freya aveva riferito a Levi e a Farlan che la velocità di crociera di un soldato nella norma era sui quarantacinque chilometri orari; si era dunque stupita parecchio quando aveva appurato che suo marito poteva raggiungere gli ottanta, se non gli ottantacinque. Il giovane non si spiegava il perché di quella velocità, lui si limitava a utilizzare quel congegno così come Freya gli aveva insegnato. Quella velocità… veniva da sé, avrebbe detto Levi. 

La strada del corvino si era appena divisa da quella dei suoi amici. Facendo leva con le gambe il ragazzo si prodigò in una serie di agili piroette, giungendo fino al proprio obiettivo: un vecchio palazzo abbandonato, il cui interno era in rovina. Vi si infilò dentro, come una lucertola tra le crepe di un muro, per poi sbucare fuori dall’altro lato dell’abitazione, che si affacciava su un vicolo poco frequentato. 

Confidando nell’aver seminato i propri inseguitori, il giovane Ackerman si lanciò dall’edificio. Dovette però ricredersi quando ancora si trovava a mezz’aria: un uomo dai capelli color del grano gli fu addosso, e tentava di fermarlo con fendenti secchi e ponderati della lama che brandiva, quella lama che loro utilizzavano per uccidere i giganti. Quel soldato era senza paura, Levi glielo leggeva negli occhi. Il corvino fece saltar fuori agilmente il coltello da uno dei passanti della cintura e lo utilizzò per tentare di cavarglieli, quegli occhi. Ma un altro uomo glielo impedì.

Piombò su di lui dall’alto, come il giudizio divino. Il ragazzo non poté fare a meno di notare le sue movenze: differenti da quelle di un comune militare, più aggraziate, quasi eleganti.  

Intravide il volto di lui celato dal cappuccio del mantello, ma non fu in grado di coglierne bene i tratti. A folgorarlo furono però gli occhi: penetranti e color del cielo, che gli fecero attraversare le membra da un brivido di paura. Naturalmente Levi si stranì perché, fino a quel momento, gli unici occhi in grado di spaventarlo erano stati quelli di Freya. 

Il giovane uomo brandì la lama e il corvino indietreggiò repentinamente, tentando comunque di ferirlo col pugnale. Era veloce, quel combattente. Troppo veloce. Tanto che Levi non lo intercettò nemmeno quando gli si gettò contro, prendendolo per l’avambraccio con cui reggeva il coltello e avvicinandogli la lama alla gola. Il ragazzo lo afferrò a sua volta, provando ad allontanarlo.

Mentre s’impegnava a divincolarsi dalla sua stretta, Levi notò quei dettagli su cui poco prima non aveva avuto il tempo di concentrarsi: lineamenti del volto ben definiti, capelli color del Sole, ben in ordine e arrangiati in un taglio militare. Occhi color del cielo, folte sopracciglia corrucciate, che riprendevano il colore dei capelli. Pulito. Quel giovane uomo gli dava l’idea di pulito. 

Levi si divincolò con più vigore, ringhiando come un cane randagio intrappolato in una rete. 

«Smettila. Guardati intorno» gl’intimò allora il biondo, con voce profonda e tono fermo. Il corvino valicò dunque con gli occhi l’imponente figura di colui che l’aveva immobilizzato: anche Farlan e Isabel erano stati catturati. La ragazzina si dimenava, tirando calci e urlando, ma quegli sforzi erano vani contro la presa ferrea della soldatessa che la bloccava.

«Levi!» gridò Farlan. A quel punto, il giovane Ackerman non poté far altro che arrendersi: piantò lo sguardo nelle iridi color del cielo dell’uomo che aveva di fronte e fece cadere a terra il pugnale.

Quel segno di resa fu sufficiente al soldato per liberare Levi. Finalmente il biondo si alzò, erigendosi in tutta la propria altezza. Pareva un’apparizione divina.

«Sei intuitivo» mormorò, e Levi fu folgorato da una realizzazione. Movenze aggraziate ed eleganti, da nobile. Occhi color del cielo, capelli color del Sole. Perfetto come una scultura, bello quanto una creatura divina. Le parole di Freya cominciarono a martellargli nel cervello: «Per gli Chastonay Erwin era il figlio modello. Certo, aveva qualche difetto: dava retta a me e mi voleva bene, ma almeno non era “indemoniato”. Da Lord Nikolaj avrebbe ottenuto un’eredità enorme, Erwin non avrebbe mai dovuto lavorare o affaticarsi, per tutta la vita. Eppure, mio fratello era determinato a rinunciare ai propri titoli nobiliari per entrare nel Corpo di Ricerca. È il suo sogno, sai? Valicare le Mura per vedere ciò che c’è oltre i giganti».

Levi non poté far altro che guardarlo e contemplarlo, mentre si rendeva conto che, quasi sicuramente, l’uomo che si trovava davanti altri non era che Erwin Chastonay, la figura più importante della vita di Freya. Un individuo che il corvino aveva invidiato, ammirato, idealizzato. Ma no, idealizzato magari no. Perché quell’uomo corrispondeva precisamente all’idea che Levi aveva sempre avuto di Erwin Chastonay.

 

I tre amici vennero ammanettati e fatti inginocchiare a terra. 

«Vi farò un paio di domande» cominciò colui che Levi aveva identificato come Erwin. «Dove li avete presi?» domandò, riferendosi all’attrezzatura per la manovra 3D.

«Siete bravi con questo congegno, ragazzi» continuò l’uomo, dato che né Levi, né Isabel, né Farlan accennavano a voler dare spiegazioni. «Da chi avete imparato a utilizzarlo?».

A Levi si mozzò il fiato in gola. Fare il nome di Freya avrebbe voluto dire denunciarla per divulgazione d’informazioni militari, e quindi farla probabilmente finire in cella o ghigliottinata. Perciò il ragazzo non avrebbe fiatato, per nessun motivo. Neanche Farlan avrebbe parlato: era fin troppo intelligente per non aver elaborato anch’egli il ragionamento che aveva appena fatto Levi.

Erwin gli si avvicinò. «Sei il loro capo?» gli domandò. «Sei stato addestrato nell’esercito?».

Levi alzò il volto per incontrare i suoi occhi. “Da parte mia non otterrai alcuna informazione” gli comunicò con lo sguardo, e il biondo parve intenderlo chiaramente.

Il giovane Ackerman non fece però in tempo a vedere la reazione sul volto di Erwin, in quanto un’energica mano lo afferrò per la collottola e gli affondò la faccia in una pozza di fango. Con un ringhio, Levi divincolò appena il capo per vedere in volto la persona che l’aveva aggredito. Il soldato senza paura

«Te lo chiederò ancora una volta» proseguì il biondo, mantenendo un tono di voce pacato. «Dove avete imparato a utilizzare l’attrezzatura per il movimento 3D?».

«Abbiamo imparato da soli!» latrò Farlan, tentando di andare in aiuto dell’amico. 

«Da autodidatti, dici? Non me la bevo» ribatté Erwin.

«È l’unico modo che abbiamo per elevarci un minimo da questa realtà orribile! La gente come te, abituata a vivere alla luce del Sole, non può capire!» lo attaccò di rimando Farlan.

«Smettetela, liberatelo! State abusando del vostro potere di sbirri!» diede man forte Isabel. 

In quel momento, il soldato senza paura alzò il volto di Levi dal fango. Il ragazzo strabuzzò gli occhi incredulo quando vide Erwin Chastonay inginocchiarsi davanti a lui. 

«Mi chiamo Erwin Smith» fece. «Tu sei?».

Levi temette di strozzarsi. Era davvero lui. Però era “Smith”, non “Chastonay”; d’altra parte però, anche Freya ora era “Ackerman” e non “Chastonay”. E poi… «Levi», gli svelò il proprio nome. E poi… lui, con una posizione di rilievo nel Corpo di Ricerca, lui, così pulito, aggraziato e di una bellezza divina, si era inginocchiato davanti a Levi nel fango, davanti a Levi ch’era un niente, una nullità, un delinquente, un criminale. E, il corvino ne era certo, unicamente Erwin Chastonay avrebbe potuto compiere un’azione del genere. 

Il motivo per cui il giovane Ackerman non aveva ancora inalato dell’aria era che recentemente un certo Lord Lobov l’aveva ingaggiato per un omicidio: in cambio della vita di un membro dell’Armata Ricognitiva, tale Erwin Smith, gli avrebbe garantito la cittadinanza per sé e per i suoi amici. E, se Erwin Chastonay era Erwin Smith, il ragazzo avrebbe dovuto prendere una decisione: o uccidere qualcuno di speciale, un vero pezzo da collezione, che ammirava e che, per di più, era l’amato fratello della propria moglie, o rinunciare all’opportunità di cambiare vita e rimanere nella Città Sotterranea, obbligando anche Farlan e Isabel a quell’esistenza, fino alla morte e alla putrefazione.

   
 
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