Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: TheSlavicShadow    18/12/2023    0 recensioni
Stalingrad, gennaio 1943
Avevano da poco finito di mitragliare la piazza dove un piccolo gruppo di tedeschi si era nascosto. Quella piazza era stata così bella in passato. E non doveva nemmeno tornare con la mente ad un passato troppo lontano. Bastava solo pensare a come era anche pochi anni addietro, prima che l’ombra della guerra piombasse su tutti loro.
{Fic che partecipa al HURT/COMFORT ADVENT CALENDAR 2023 indetto da https://www.facebook.com/groups/337102974212033 ; prompt: 156. Neve}
Genere: Guerra, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Stalingrad, gennaio 1943

 

Avevano da poco finito di mitragliare la piazza dove un piccolo gruppo di tedeschi si era nascosto. Quella piazza era stata così bella in passato. E non doveva nemmeno tornare con la mente ad un passato troppo lontano. Bastava solo pensare a come era anche pochi anni addietro, prima che l’ombra della guerra piombasse su tutti loro. Ora quel luogo era solo un cumulo di macerie e cadaveri. Soldati caduti ovunque, per lo più tedeschi a quel punto dell’assedio. 

Con un fucile in braccio, aveva lasciato il proprio rifugio sicuro per avventurarsi in quel luogo distrutto. Sapeva che i suoi cecchini gli coprivano le spalle, anche se nessuno era contento della sua iniziativa. Qualcuno aveva urlato alle sue spalle di tornare immediatamente indietro, che anche i cecchini tedeschi erano sicuramente appostati da qualche parte. Era folle quello che stava facendo. Spingersi a tanto per un solo uomo era davvero stupido. Per fare un solo prigioniero anche peggio. 

Ma aveva visto dei capelli chiari che conosceva troppo bene in quell’ultimo disperato tentativo di resistenza nemica. Aveva sperato che se ne fosse andato. Aveva sperato di non doverlo vedere ancora in quella città. Perché anche se erano nemici, non voleva doverlo fare prigioniero. Non in quella circostanza, non dopo tutti quei mesi di assedio e combattimento. Farlo prigioniero avrebbe portato ad interrogatori, a torture, e per quanto c’erano momenti in cui volesse davvero fargli del male lui stesso, non era quello.

I tedeschi e i loro alleati avevano già patito troppo durante quell'assedio. Li avevano accerchiati. Li avevano braccati. L’inverno aveva fatto tutto il resto. 

“Ti prego, non spararmi ancora.”

Il Prussiano aveva le braccia in alto per quanto riuscisse, e lo guardava con il suo solito ghigno stampato sulle labbra. Peccato però che la sua bella pelle chiara fosse macchiata di sangue. E che sembrava assolutamente non in grado di mettersi in piedi. Lo aveva osservato attentamente, notando allora il suo cappotto bucato e macchiato di sangue.

“Pensavo che te ne fossi andato.” Lo aveva sperato davvero. Sapeva che diversi pezzi grossi erano stati richiamati a Berlino e alcuni se ne erano andati. Non lui. Ovviamente non lui.

Aveva abbassato il fucile che gli aveva puntato addosso fino a quel momento. Non del tutto sicuro che fosse proprio Gilbert quello a terra, aveva preferito andare cauto. Catturare uno di loro durante una battaglia non era mai una cosa buona, e lui di certo non si sarebbe fatto catturare dai tedeschi. Anche se forse non era davvero una buona idea essere lì. Cosa avrebbe fatto adesso? Non poteva portarlo al proprio accampamento. E men che meno si sarebbe avventurato in dietro le linee nemiche.

“E lasciare i miei uomini alla tua mercé? No, grazie.” Aveva tossito e altro sangue aveva sporcato la sua bella pelle. “Hai per caso visto Elizaveta?”

“No, penso si sia nascosta da qualche parte.” Ivan aveva mosso qualche passo ancora verso di lui. Doveva spostarlo da lì. Non sarebbe morto, di questo era abbastanza certo, ma era ferito piuttosto gravemente. Poteva vedere chiaramente le chiazze di sangue che continuavano ad espandersi sul suo cappotto scuro. 

“Non guardarmi così, ti prego. Lo so che mi sono fatto colpire in modo stupido. Potevo tranquillamente starmene nelle retrovie. Lo so.” Gilbert aveva alzato un braccio, come a scacciare un pensiero, e sembrava che il gesto gli costasse fatica e dolore. 

“No, dovevi proteggere Elizaveta. Per questo eri qui. Non guardarmi nemmeno tu così, mi hai chiesto di lei quindi doveva essere qui.” Si era chinato e con una mano aveva spostato il cappotto solo per poter vedere diverse ferite da arma da fuoco. Se fosse stato umano sarebbe già stato morto. Probabilmente sarebbe anche morto sul colpo. 

“Quella donna mi farà morire giovane, lo so.” Il Prussiano aveva sospirato, lasciando fare all’altro. E Ivan stava pensando a come trasportarlo e soprattutto dove nasconderlo. Non poteva portarlo al proprio accampamento. Lo avrebbero subito fatto prigioniero e torturato per avere quante più informazioni possibili. “Ma ho promesso a quel cazzo di finocchio che gliela riportavo a casa sana e salva.”

“O perché vuoi farti bello ai suoi occhi? Vuoi essere ancora un cavaliere dalla scintillante armatura?”

Gilbert aveva riso nuovamente, salvo essere poi scosso ancora da dei colpi di tosse.

“Non parlarmi di armature mentre sono sui tuoi territori e fa un freddo cane. Ti prego, risparmiami certi ricordi.”

A quelle parole aveva sorriso anche il Russo. Il loro primo incontro ufficiale era stato proprio così. Sulla neve, con un’aria gelida che li avvolgeva. Proprio come in quel momento. Ed erano passati praticamente 700 anni esatti da quell’incontro che aveva poi cambiato le vite di entrambi. Erano 700 anni che tra alti e bassi - più bassi che alti - erano ancora lì uno con l’altro. 

“Devo spostarti da qui, Gilbert. La piazza è ancora sotto tiro e i tuoi non riusciranno a portarti via.” 

“Pensavo mi volessi fare prigioniero.”

“Al massimo pensavo di legarti al mio letto e lasciarti lì fino alla fine della guerra.”

Il Prussiano aveva ridacchiato ancora e almeno questo riusciva a tirarlo su di morale in quel preciso momento. Non era una situazione ottimale per nessuno dei due. Le truppe tedesche erano allo sbando e non potevano ritirarsi in alcun modo senza perdere gran parte degli armamenti. I suoi erano messi altrettanto male, ma perché era da tempo che erano messi male. Li salvavano solo i numeri e il fatto di essere a casa loro. Non era una guerra di conquista, ma di difesa la loro. E non avrebbero mai permesso a qualcuno di prenderli. 

“Non metterti nei guai, ragazzone. Tanto non muoio per un po’ di freddo o qualche ferita. Sono coriaceo io.”

“Ma se in questo momento sei così pallido che sembri un cadavere.”

“Ti prego non farmi ridere ancora perché mi fa male tutto.”

Ivan aveva notato che la neve su cui era seduto Gilbert, già sporca per tutti i soldati che ci avevano camminato sopra e lo scontro appena avvenuto, si stava macchiando del suo sangue. Non sarebbe morto, ma perdere tutto quel sangue non gli stava di certo facendo bene. In quelle condizioni non sarebbe davvero mai potuto tornare dai propri uomini.

“Finirò in qualche gulag per colpa tua. Me lo sento.” Ivan aveva sospirato, mentre la neve riprendeva a scendere, come a voler coprire tutta quella morte su una città che una volta era grandiosa e che ora era solo l’ombra di sé stessa. Continuava a guardare l’uomo che aveva di fronte e lo vedeva stanco. Aveva l’espressione di uno che voleva finirla lì, tornare a casa, starsene chiuso nelle sue biblioteche. Quell’uomo era un guerrafondaio. Lo aveva visto più e più volte scendere in battaglia come se fosse solo un gioco, con la stessa gioia negli occhi di un bambino che vedeva un giocattolo nuovo. E adesso era stanco e triste. Glielo leggeva negli occhi e nel sorriso così diverso in quel momento.

“Ci finiremo insieme. Mica ti liberi così facilmente di me.” Gilbert si era fatto aiutare, cercando di mettersi in piedi in qualche modo. Il Russo lo sorreggeva e poteva accorgersi di quanto fosse diventato magro in quei mesi. Era sicuro che quello stupido aveva diviso le proprie razioni di cibo con gli altri soldati. Era una cosa che aveva sempre fatto, anche in passato, figuriamoci se non lo avrebbe fatto in una situazione che sembrava così disperata come quella in cui si trovavano. 

“Sembra una terribile minaccia questa, non so se sono pronto a vedere la tua faccia ogni giorno.” Ivan aveva sorriso. Era da molto tempo che avrebbe voluto vedere il suo viso ogni giorno, in ogni momento della giornata. I loro incontri fugaci e spesso rubati non gli bastavano più. “Mi hanno assegnato un appartamento poco lontano da qui, ma dovremmo fare una strada più lunga per arrivarci. Quindi cerca di resistere e non morirmi addosso.”

“Oh, sarò il tuo fantasma personale, Vanja. Non sei contento?” 

“Affatto.” Ivan aveva voltato la testa verso il Prussiano. Gli sorrideva, mentre trascinava i piedi per terra. Amava quel sorriso. Amava quei occhi vermigli che lo guardavano. Amava tutto di quell’uomo. E non avrebbe permesso che altri mettessero le mani su di lui. A costo di essere punito lui per insubordinazione o tradimento. “Ti rimetto in piedi e ti spedisco da tuo fratello. Ma ti prego di andartene davvero.”

“Non sarà facile. Non abbiamo abbastanza mezzi per tutti gli uomini.” Gilbert aveva sospirato e forse per la prima volta in quella guerra riusciva a vedere quanto il Reich stesse cadendo a pezzi. Erano orgogliosi. Non si sarebbero mai ritirati o arresi. Era nel loro orgoglio di nazione non arretrare mai. Quell’uomo che ora non stava in piedi da solo ne era l’esempio più lampante. E sapeva che molti dei suoi soldati lo seguivano proprio perché era così. “Sarà una ritirata pessima e vergognosa. Non mi farò vedere in giro per molto tempo, credimi.”

“Allora penso davvero che ti chiuderò in camera mia e non ne uscirai più. Così magari eviti anche di far iniziare una nuova guerra che poi non sai combattere.”

Gilbert aveva ridacchiato ancora, stranamente senza arrabbiarsi od inveire contro di lui. Una volta lo avrebbe sicuramente fatto. Aveva già la sua voce gracchiante nelle orecchie che urlava quanto fosse magnifico e forte e tutte le altre cose di cui amava vantarsi. Aveva solo ridacchiato, e quel suono gli bastava mentre si allontanava dalla piazza martoriata assieme al Prussiano. Sentiva i suoi uomini, i suoi comandanti e capitani che urlavano il suo nome intimandogli di rientrare tra le fila. Ma li aveva ignorati tutti, stringendo di più a sé l’altro uomo. Non gli importava delle conseguenze del suo gesto. Le avrebbe affrontate tutte a testa alta e tempo debito. In quel momento voleva solo aiutare il suo compagno di una vita e nessuno glielo avrebbe impedito.

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: TheSlavicShadow