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Autore: cassiana    18/12/2023    2 recensioni
È notte a Pietraforata, e la casa dei Gamgee è avvolta in una quiete apparente. Mentre il silenzio della Contea regna all'esterno, all'interno della casa di Sam e Rosie, un'atmosfera vibrante anticipa un evento che trasformerà la tranquillità della notte in un momento memorabile per la famiglia hobbit.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rosie Cotton, Sam
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Un ritorno nella Contea
Fandom: Il Signore degli Anelli
Rating: G
Relazione: Samvise Gamgee/Rosie Cotton
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa 25 Days of Ficmas @ Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom coi prompt: X è tornato; “Hai mangiato?”; lingua.
Warning: Slice of life, canon compliant, tanto tanto sdolcinato domestic fluff!
Sinossi: È notte a Pietraforata, e la casa dei Gamgee è avvolta in una quiete apparente. Mentre il silenzio della Contea regna all'esterno, all'interno della casa di Sam e Rosie, un'atmosfera vibrante anticipa un evento che trasformerà la tranquillità della notte in un momento memorabile per la famiglia hobbit.




Un ritorno nella Contea




Le stelle della sera già splendevano alte nel cielo sopra Pietraforata, le rose tardive e i fiori di narciso ondeggiavano alla brezza delicata, ma già frizzante del primo autunno, mentre i grilli si attardavano ancora a cantare le ultime canzoni estive e le rane rispondevano gracidando la loro languida sinfonia. Gli hobbit dormivano placidi nei loro letti opulenti, confortati dal crepitare dei fuochi e dalla pace che regnava nelle terre della Contea da una lunga conta di anni. Anche la casa del sindaco era avvolta dal silenzio e dalla pace, se non per una singola luce che brillava in attesa. La padrona di casa sedeva nel silenzio, rammendando i piccoli abiti che crescevano man mano in un mucchietto sempre più alto nella cesta ai suoi piedi. I suoi figli giacevano addormentati qua e là, accoccolati sul divano, raggomitolati davanti al fuoco, abbracciati ai grossi cuscini con i decori oro e verde di Rohan. Cubi di legno, bambole di pezza dalle orecchie a punta, cavallini, soldatini in armatura gondoriana e altri giocattoli erano sparsi a terra, quasi fossero caduti in un sonno fatato là dove i piccoli proprietari li avevano lasciati. Rosie scosse i riccioli biondi con un sospiro: non le era stato possibile mandare i piccoli a letto prima del ritorno del padre. Così si era rassegnata a lasciarli vegliare fino a che le membra stanche da una lunga giornata di giochi, corse e litigi presto sedati non fossero vinte dalla pesante coltre del sonno. Si portò entrambe le mani ad accarezzare il ventre ingrossato dalla nuova gravidanza e sorrise nel sentire il piccolo che si muoveva. Il suo Sam spesso le ripeteva che fosse troppo indulgente con i bambini:

“Diranno che il sindaco di Pietraforata ha cresciuto una nidiata di piccoli goblin selvaggi.”

Soleva rimproverarla, ma Rosie sollevava le spalle con un sorriso e rispondeva quieta:

“Lasciali dire, caro Sam. Lasciali dire.”

E quando invece lui continuava a rimuginare sul comportamento dei figli, lei con voce severa lo rimbrottava:

“Hanno forse i rispettabili cittadini di Hobbiton viaggiato fino a Mordor e contribuito a portare l’Anello per quelle lande orribili financo a distruggerlo? Gli onorevoli hobbit di Pietraforata che dovessero muovere un rimprovero hanno affrontato forse gli indicibili perigli a cui il loro sindaco si è esposto? È per queste gesta che ripongono così tanta fiducia in te, non per come crescono i tuoi figli.”

Rosie, con il suo amore instancabile per la famiglia, mostrava una ferocia protettiva simile a quella di una donnola e come la donnola, anche lei si ergeva con determinazione e agilità, pronta a difendere con forza e furbizia ogni membro della sua famiglia. Ora una tozza figura, paludata di uno scuro mantello pesante, borse da viaggio e bastone percorreva il vialetto di casa. Le spalle erano piegate verso terra come a sorreggere il peso dei giorni e delle strade percorse, ma il passo era allegro, per quanto la stanchezza glielo consentisse, quasi i piedi peluti stessi fossero impazienti di giungere a destinazione. Furono per prime le orecchie di Frodo, il secondogenito, a captar il rumore del saliscendi che si alzava, gli occhietti si aprirono di scatto mentre il piccolo hobbit esclamava:

“Papà! Papà è tornato!”

Subito anche i suoi fratellini e sorelline si destarono per accogliere il tanto atteso ospite, mentre la mamma cercava di placare il loro entusiasmo:

“Piano, Frodo! Hamfast non sbattere contro i tuoi fratelli! No, Merry tuo padre non può ascoltare ora la nuova canzone che hai imparato! Pipino, non agitare così quella spada di legno o caverai l’occhio a qualche tuo fratello! Elanor, Rosa da brave aiutatemi a sollevarmi, oooh. Vieni Cioccadoro, dammi la manina.”

Quando finalmente Rosie riuscì a sollevarsi dalla sedia Sam era già circondato dalla nidiata di hobbitini che con gran fracasso cercavano le sue attenzioni. Lui sorrideva e elargiva carezze e baci e parole di elogio. Rosie si tenne allo stipite della porta osservando con occhi teneri la scena, ma nulla fu più amorevole dello sguardo che le lanciò il marito quando i loro occhi si incontrarono sopra le teste dei figlioletti.
Ci vollero ancora lunghi momenti concitati prima che gli hobbitini si convicencessero a andare a dormire, troppo eccitati dal ritorno di Sam e innervositi dal primo sonno interrotto, ma infine la casa fu benedetta da un quieto silenzio, avvolta da un’oscurità non più foriera di ignoti terrori, ma carica di pace come un manto che l’avvolgesse con il calore e la tranquillità di un rifugio sicuro. Una singola luce brillava, il fuoco scoppiettava vivace in cucina e gettava una tenue luce sui mobili e sul pavimento di legno consumato dal tempo. Sam sedeva al tavolo, i piedi ancora sporchi di fango e mille piegoline intorno agli occhi azzurri ne denunciavano la stanchezza. Con una mano si coprì la bocca spalancata in uno sbadiglio. Rosie si affaccendava intorno a lui agile e veloce nonostante fosse appesantita dalla gravidanza. Gli chiese:

“Hai mangiato?”
“Un boccone per la strada, ma non rifiuterei una scodella di quella buona zuppa di funghi di cui sentivo il profumo fin dall’inizio del vialetto.”

Rosie ridacchiò mentre appoggiava una scodella colma di liquido caldo davanti al marito, Sam avido si gettò sulla zuppa ficcandosi in bocca una grossa cucchiaiata. Rosie non fece in tempo ad avvisarlo che lui si ritrasse con un gemito premendo entrambe le mani sulle labbra. Con un sorriso indulgente Rosie gli versò una dose generosa di vino:

“Volevo dirti di soffiarci sopra o ti saresti scottato!”

Sam mugugnò qualcosa cercando il bicchiere e sorbendo una grossa sorsata di vino per dare sollievo alla lingua. Rosie si avvicinò a lui con passo leggero, uno sguardo affettuoso passò tra di loro mentre sedeva al tavolo. Gli porse una grossa fetta di pane abbrustolita da intingere nella zuppa. Parlarono delle rispettive giornate a voce bassa per non svegliare i figli, godendo quel momento di calma.

"È stato un lungo giorno."

Disse Sam, alzando lo sguardo stanco, ma soddisfatto. Rosie gli posò una mano sulla spalla:

"Hai portato il calore della tua presenza in questa fredda notte. Ci sei mancato così tanto…"

Sam sorrise, accarezzando a sua volta la mano della moglie:

"Diciamo che i piccolini me l'hanno fatto capire in modo forte e chiaro! E ora che la casa è calda, posso godermi un po' di tranquillità con la mia donna."

Si alzarono insieme e Rosie lo guidò verso la vasca, lo aiutò a spogliarsi con gesti amorevoli e con dolcezza lo cullò nell’acqua calda sciogliendo via insieme alla schiuma anche la stanchezza e la sporcizia del viaggio. Sam la ringraziò con un bacio premuroso mentre si infilavano sotto le coltri del letto matrimoniale. Il fuoco ardeva nel camino non meno caloroso di quello dei loro cuori. Sam prese la mano di Rosie nella sua e lei posò la testa sulla sua spalla, i loro sguardi intrecciati come se fosse il legame più forte in quel momento e invero era proprio così.
   
 
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