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Autore: Neamh Moonstar    21/12/2023    3 recensioni
Ad Aziraphale non piaceva il Natale.
Anzi, se proprio doveva essere sincero, a non piacergli era ciò che il Natale comportava. (...) Le parole di Gabriel gli risuonavano in testa come campanelle: «È una festa importante per noi. Anche gli umani dovrebbero osservarla in modo consono.»
E Aziraphale sarebbe stato anche d'accordo se solo non fosse stato per due minuscoli particolari. Il primo: non tutti gli Angeli del Paradiso cantavano (anzi, non lo faceva quasi più nessuno); in pochissimi erano felici (anzi, Aziraphale non vedeva sorridere quasi più nessuno se non, e solo qualche macabra volta, Sandalphon). In secondo luogo: l'unico che cercava di risollevare gli animi, di far nascere la gioia, di far scendere la neve, di portare un po' di allegria, era lui. Lui, e lui soltanto.
Genere: Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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'Cause I just want you here tonight,

holding on to me so tight.

What more can I do?

Oh, baby, all I want for Christmas

Is you.

- Mariah Carey, "All I Want For Christmas Is You"


🎄⛄🎁


Londra, 24 Dicembre 1843


Ad Aziraphale non piaceva il Natale.

Anzi, se proprio doveva essere sincero, a non piacergli era ciò che il Natale comportava.


Il fatto era il seguente: in Paradiso, gli angeli festeggiavano dal primo di dicembre ai primi giorni di gennaio. Mostravano tutto il loro rispetto e la loro riverenza nei confronti di Dio, cantavano lodi, portavano gioia, e- almeno, questo era ciò che gli arcangeli gli avevano sempre detto. Bisognava essere felici, in quel periodo. Bisognava risollevare gli animi, far cadere la neve, far risplendere l'atmosfera...

    Le parole di Gabriel gli risuonavano in testa come campanelle: «È una festa importante per noi. Anche gli umani dovrebbero osservarla in modo consono.»

E Aziraphale sarebbe stato anche d'accordo se solo non fosse stato per due minuscoli particolari. Il primo: non tutti gli angeli del Paradiso cantavano (anzi, non lo faceva quasi più nessuno); in pochissimi erano felici (anzi, Aziraphale non vedeva sorridere quasi più nessuno se non, e solo qualche macabra volta, Sandalphon). In secondo luogo: l'unico che cercava di risollevare gli animi, di far nascere la gioia, di far scendere la neve, di portare un po' di allegria, era lui. Lui, e lui soltanto.

Il perché era chiaro: il principato assegnato al pianeta Terra e a tutto ciò che lo concerneva era anche l'unico, di conseguenza, a dover portare quel gravoso compito sulle spalle. D'altronde, doveva farlo con totale obbedienza e senza lasciar trasparire il minimo briciolo di lamentela.

Ci aveva provato, sulle prime. Solo che, essendo lui contro il mondo intero, non riusciva mai a svolgere il suo compito come avrebbe voluto.

Alla fine, non si trattava davvero di ciò che gli arcangeli si aspettavano da lui. Certo, avevano sempre da ridire, ma a loro importava che ci fosse abbastanza spirito natalizio nei luoghi della Terra che - secondo la loro modestissima opinione - contavano davvero. Di tutti gli altri, semplicemente, poco importava.

Ma Aziraphale - che cercava di essere un angelo come si deve - ogni anno, dal primo di dicembre ai primi giorni di gennaio, cercava di portare quanta più luce poteva nelle tenebre del mondo. Ma, per quanti sforzi facesse, non ci riusciva mai.

Aiutava un bambino povero e la sua famiglia, ma poco dopo ne moriva un altro di stenti da qualche parte nel globo. Fermava una o più litigate, ma nel frattempo continuavano a scoppiare guerre. Faceva ritrovare il senso della vita ad una persona, solo perché un'altra a chilometri di distanza decidesse di farla finita.

Alla fine, dopo che era corso da un angolo all'altro del pianeta dando tutto sé stesso - e anche di più - ciò che rimaneva della festività della pace, dell'amore, dell'amicizia, e della speranza erano decorazioni scintillanti, canzoncine e neve appena caduta.

Ormai, per lui il Natale era diventata una prassi. Era diventato il periodo in cui si ritrovava a fare i salti mortali per poi finire a rimuginare su tutto il male che non era riuscito a risolvere. E per quanto provasse a non pensarci, a dirsi che non poteva fare tutto lui, a ripetersi che tanto a Gabriel nemmeno importava più di tanto, arrivava al giorno della vigilia distrutto sia metaforicamente che fisicamente.

Non aveva poi così tanta voglia di festeggiare. Certo, sorrideva ai bambini intenti a lanciarsi palle di neve, prendeva una cioccolata calda quando ne aveva l'occasione, e osservava sempre con interesse le ghirlande ed i festoni che gli umani appendevano alle finestre, sui loro alberi, attorno ai corrimano delle scale... Solo che, una parte di lui, si dispiaceva. Avrebbe voluto poter portare quel tipo di atmosfera anche in quei luoghi perennemente martoriati, o da quelle persone tristi, sole o abbandonate.

Ma non poteva.

Solo Dio poteva farlo, ma Lei era sempre stata incomprensibile. Ineffabile, si ricordò. Non poteva certo incolparLa dato che nemmeno sapeva cosa Le passasse per la testa.

Così, come ogni volta, anche quell'anno attraversò l'aria ghiacciata di Londra per andare a rinchiudersi al calduccio della sua libreria. L'unico modo che conosceva per mettersi l'anima in pace era accendere la stufa ed aprire un libro.

E lo avrebbe anche fatto, se solo non avesse ricevuto la più inaspettata delle sorprese.


Si richiuse la porta alle spalle e si tolse il cilindro dalla testa con uno sbuffo. Sotto i guanti, le sue dita erano congelate ed intorpidite, ma riuscì comunque a schioccarle per asciugare istantaneamente la neve che si stava sciogliendo sulla punta delle sue scarpe.

Andò ad appendere la giacca, e gli parve di udire un fruscio dietro di sé. Non fece in tempo a voltarsi che una voce molto familiare lo colse alla sprovvista.

    «È arrivato Babbo Natale» scherzò Crowley, il sorriso che riusciva a far breccia fin oltre le lenti scure dei suoi occhiali.

Se ne stava spaparanzato sul divano, le gambe incrociate e un braccio dietro la testa. Con la mano libera stava delicatamente scuotendo una scatola color mogano infiocchettata ad arte con un nastro di seta rossa.

    Aziraphale sentì un po' di peso scivolare giù dalle sue spalle tese ed infreddolite, ma stette molto attento a non darlo a vedere. «Ciao, caro. Che ci fai qui?»

    Il demone si mise a sedere con una slanciata - e quasi elegante - spinta delle gambe. «Ti ho portato un regalo e sono morto di noia. Si può sapere dov'eri?» Chiese, poggiando il suo piccolo dono sul tavolino davanti al divano.

    «A portare gioia, felicità e pace in occasione delle feste» recitò il biondo come se quelle parole fossero strofe di una preghiera imparata a memoria. «Tu non dovresti essere in giro a, cos'è che ti dicono sempre di fare?»

    «Distruggere lo spirito natalizio, polverizzare la gioia, rompere qualche pallina e sciogliere qualche pupazzo di neve» rispose Crowley, ora occupato a fissare incuriosito una scintillante decorazione a forma di angioletto che Aziraphale aveva appeso al suo personale albero di Natale. (Aveva giustamente pensato che avrebbe allietato l'atmosfera e gli animi dei "clienti", così aveva passato il pomeriggio a montarlo all'umana maniera.)

    «Le ultime due te le sei appena inventate.»

    «Vero, anche se ammetto di aver reso difficile più di qualche decorata». Il rosso gli rivolse una smorfietta divertita, poi tornò a stuzzicare con un dito quella che doveva essere diventata la sua decorazione preferita. «Ehi, sai che questo coso ti somiglia?»

    Aziraphale sospirò. «Evita di romperlo, è fatto di vetro. E comunque, ancora non mi hai spiegato perché sei qui e non là fuori a creare problemi come sempre in questo periodo - o come sempre in generale.»

Aggiunse l'ultima parte con un tono stizzito che ormai era più prassi che un suo effettivo pensiero. Dopodiché andò a cercare un paio di bicchieri intanto che Crowley tornava a buttarsi sul divano.

    «Perché mi sono stufato» spiegò quest'ultimo. «Tanto, Hastur e compagnia si lamentano sempre del fatto che non ho creato abbastanza problemi. A Natale sembrano tutti dimenticarsi dei complimenti che mi fanno lungo il resto dell'anno - e solo perché è una delle ricorrenze preferite del Paradiso» sbuffò. «Come se certe situazioni potessero essere rese peggiori.»

Quando tornò con due calici e una bottiglia di vino, Aziraphale notò che Crowley si era sfilato gli occhiali e li aveva lasciati su un angolo del tavolino con una stanghetta aperta e l'altra no. Cercò di ignorare lo sguardo aureo che adesso si sentiva puntato dritto addosso e servì entrambi.

    «Parole sante» mormorò mesto.

    «Ehi. Non dire certe cose.»

    «Scusa, hai ragione. Su, tieni.»

Il demone accettò il bicchiere di buon grado, le loro dita sfiorarono le une contro le altre per una frazione di secondo.

Aziraphale affondò nella sua poltrona, cercando si portarsi dietro anche il leggero brivido che quel piccolo contatto gli aveva fatto salire lungo la schiena.

Con lui sprofondarono anche le ultime energie che gli restavano. I miracoli erano un po' come le candele: bruciavano finché potevano, poi, lentamente ma inesorabilmente, si consumavano. A quel punto potevi solo prendere un'altra candela e ricominciare da capo.

    «E tu?» Gli chiese Crowley dopo un lungo sorso di vino.

    «Io?»

    «Te l'ho detto: stavo morendo di noia. Ti ho aspettato per ore e sei tornato più mogio di un bambino che ha appena ricevuto un sacco di carbone. Che ti è successo?»

Aziraphale non avrebbe saputo come spiegarlo. Da un lato, non era nemmeno sicuro che Crowley avrebbe capito.

    Scosse la testa, sorridendo appena. «Nulla di che. Ho solo avuto tanto da fare.»

    «Tanta gioia e serenità da portare, eh?»

    Il sorriso dell'angelo si fece amaro. «Già.»

    «Scommetto che è colpa di quei pomposi dei tuoi superiori» azzardò Crowley, strisciando giù contro lo schienale. «Immagino siano sempre lì a puntare il dito su tutto quello che fai.»

    «Non in questo caso, no. O almeno, non così tanto come fanno di solito.»

    «E allora vuol dire che, come sempre, ti stai sabotando da solo.»

Adesso sì che Aziraphale aveva quegli occhi attenti ed indagatori addosso. D'altronde, il rosso si era rimesso quasi dritto, un gomito sulla coscia e il mento poggiato su un palmo. Tra le dita teneva il suo bicchiere e lo faceva dondolare senza far cadere nemmeno mezza goccia sul pavimento ligneo. Sembrava pronto a scrutargli l'aura.

    «Io non- non mi sto auto sabotando» mormorò Aziraphale, affondando le parole - e lo sguardo - in un sorso nervoso.

    «Beh, di sicuro hai qualche strano pensiero in testa: si vede lontano un miglio.»

    «No, non strano: stupido, semmai. Davvero, caro: non è niente. Non c'è bisogno di rimuginarci tanto.»

La verità era che non aveva molta voglia di parlarne, tantomeno con Crowley. Ora che erano assieme - evento raro in quel periodo - sarebbe stato più che felice di sorseggiare vino con lui fino a mezzanotte, di uscire ad ascoltare qualche canto di Natale, di chiacchierare per ore di tutto tranne che di quello. Aveva bisogno di staccare la testa dal lavoro, anche solo fino all'indomani.

    Il demone emise un poco convinto: "mh". Poi fece spallucce e spostò la scatola che aveva portato con sé al centro del tavolino. «Come ti pare. Perché non apri il tuo regalo?» Chiese, l'ombra di un sorriso sul volto scarno.

    Aziraphale diede una veloce occhiata all'orologio sulla sua scrivania. Si stava giusto facendo sera. «Ma manca ancora un po' di tempo alla mezzanotte» disse infatti.

    L'altro fece un gesto di noncuranza con la mano. «Facciamo uno strappo alla regola. Così, giusto per tirarti su il morale.»

L'angelo sentì le guance pizzicargli. Doveva essere colpa del vino, per forza.

    «Babbo Natale non si arrabbierà per un regalino scartato in anticipo» riprese Crowley, facendogli l'occhiolino.

Ora, notò Aziraphale con sconforto, gli pizzicava tutta la faccia.

    Posò il suo bicchiere sulla scrivania, imbarazzato da quella reazione che era troppo stanco per controllare. «E va bene, se proprio ci tieni» concesse, allungandosi per prendere la scatola tra le mani.

Era semplice, decorata con sottili ed eleganti ghirigori che si intravedevano solo in controluce. Il nastro rosso che la avvolgeva aveva i bordi dorati, ed era così liscio che all'angelo bastò tirarlo appena perché il fiocco si sciogliesse. Alzò appena il coperchio e venne subito investito da un odorino dolce e piacevole. Aprendo del tutto la scatola, gli venne automatico farsi scappare un sorriso.

    «Visto?» Esclamò Crowley, evidentemente soddisfatto. «Sapevo che ti avrebbe reso felice.»

Erano cioccolatini semplici, lucidi, decorati in cima da fiocchi di neve, piccoli alberelli e persino angioletti bianchi e rotondi.

    «Non avresti dovuto» fu tutto ciò che Aziraphale riuscì a dire tra la gratitudine che stava provando e tutte le emozioni che gli stavano facendo su e giù per l'ipotetico stomaco - gli sembrava pieno di farfalle che vorticavano nervose. La stanza parve illuminarsi.

    «Sì, sì. Non esagerare, angelo. Con te è fin troppo facile» commentò il rosso con un tono stizzito che ormai era più semplice prassi che un suo pensiero effettivo. «Dai, prendine uno» disse poi, indicando le piccole leccornie ben ordinate che l'altro stava ancora tenendo tra le mani come fossero una reliquia.

    Improvvisamente, l'angelo ebbe come l'impressione di poter rovinare quel bel pensiero così facendo. Si limitò ad osservarlo, ora preso da una puntina - minuscola, sia mai - di senso di colpa. «E dire che io non ti ho regalato niente» mormorò, colto dal fatto che nemmeno ci aveva pensato ad una cosa del genere.

    Crowley arricciò il naso. «Questo è un problema al quale puoi ovviare.»

    Poggiando i cioccolatini, Aziraphale si fece scappare un sussulto sollevato. «Ah, sì? E come?»

    «Semplice» sorrise il demone, riempiendo nuovamente il suo bicchiere e alzandolo un po' verso l'alto. «Aspettando il Natale con me.»

    L'altro aggrottò le sopracciglia, confuso. «Ma, Crowley, tu non lo festeggi il Natale. Nessun demone lo fa.»

    «Sì, questo è vero. Ma ogni scusa è buona per passare un po' di tempo con te.»

Tutta quella sincerità e spontaneità colsero Aziraphale assolutamente impreparato. Certo, era ovvio che ad entrambi piacesse stare assieme, ma non se l'erano mai detto così apertamente. Il loro patto era passato dall'essere una comoda necessità all'essere una comoda scusa per vedersi ogni qualvolta fosse possibile.

Era esattamente quello che volevi, no? Gli sussurrò una vocina.

E, in effetti, sì. Sì, non aspettava altro.

    Così, sorrise e prese il suo bicchiere di vino ancora mezzo pieno, imitando il gesto di Crowley. «Va bene» disse, «aspettiamo la mezzanotte.»


Al di fuori, la neve aveva ripreso a scendere lentamente. Fiocchi grossi e candidi promettevano di ricoprire le strade fino agli angoli, e già iniziavano ad udirsi le voci concitate dei bambini pronti a creare nuovi, piccoli campi di battaglia.

All'interno della libreria, intanto, le bottiglie di vino erano diventate tre.

Aziraphale aveva perso il filo dei loro discorsi ore prima, e non aveva fatto niente per recuperarlo e cercare una logica alle loro parole.

Erano passati da un'opinione all'altra, da una lamentela ad un elogio, da un ricordo ad una speranza... Avevano riso, tanto e senza motivo.

Ad un tratto si era persino perso a fissare Crowley mentre gettava la testa all'indietro, divertito da un aneddoto che non gli aveva mai raccontato prima di allora. I suoi occhi dorati brillavano più dei festoni, dei nastri e dei riflessi delle candele sulle lucide palline dell'albero.

Dal nulla si erano messi ad andare avanti e indietro per l'edificio, barcollanti e sempre più costretti - e propensi - a poggiarsi l'uno all'altro. Avevano lasciato i calici vuoti chissà dove, passando da una serie di scaffali all'altra come stessero chiacchierando durante una passeggiata al parco.

    Ad un certo punto, Crowley si era fermato, bloccando quindi anche il loro scoordinato vagare. «Ehi, aspetta» aveva sussurrato, una mano leggermente sollevata.

    Aziraphale aveva inclinato la testa - e con quel movimento si era inclinata tutta la stanza, facendogli perdere lievemente l'equilibrio. «Che cosa c'è?»

    «La senti?»

    «Che devo sentire?»

    «Ssh. Cuciti la bocca e ascolta.»

E l'angelo, leggermente impettito, si mise ad ascoltare. Effettivamente, nell'aria aveva iniziato a volteggiare una melodia. Probabilmente - come spesso accadeva in quel periodo - un piccolo coro si era raccolto per la via e si era messo ad intonare un canto di Natale sotto la neve.

Adesso, quello stesso canto aleggiava tra le pareti della libreria, rimbombando lievemente tra un muro e l'altro.

    «È davvero bella questa canzone» sussurrò Aziraphale, ora conscio del fatto che avrebbe rovinato l'atmosfera alzando la voce.

    L'altro annuì lentamente, iniziando a fissarlo negli occhi. «Lo è» affermò; poi gli porse una mano, l'espressione illegibile - forse voluta, forse resa tale dall'ubriachezza - sul volto.

    Aziraphale si disse di approfittare degli effetti del vino prima che potesse pentirsene. Accolse la stretta di quelle belle dita sottili attorno alle sue, confuso e ulteriormente inebriato dalle farfalle ora in visibilio nel suo ipotetico stomaco. «Stai bene?» Chiese, pur sempre inebetito da quel gesto così strano, così poco da loro che, sì, amavano tenersi per mano, ma che non lo avevano mai fatto così apertamente.

La sua domanda non fece in tempo a concludersi che, improvvisamente, Crowley lo tirò goffamente verso di sé.

Si ritrovarono petto contro petto, le punte dei loro nasi praticamente ad un millimetro dallo strofinare l'una contro l'altra. Fu abbastanza da mozzargli il respiro e rendere il suo volto più rosso del fiocco che aveva adornato la sua scatola di cioccolatini.

    La situazione si stravolse completamente nel momento in cui il rosso andò a poggiargli una mano dietro la schiena, avvicinando lentamente le labbra al suo orecchio. «Balliamo prima che finisca.»

    «Ma- ma io non ballo» mentì Aziraphale, incapace di comporre un pensiero coerente stretto com'era tra la morsa dell'ubriachezza e le braccia del demone.

    «Beh, c'è sempre una prima volta.»

Nonostante il mondo che barcollava e si confondeva attorno a loro, riuscirono miracolosamente a non inciampare, a non pestarsi le scarpe, a non sbattere contro i tavolini e le sedie. Rimasero stretti l'uno all'altro, avvolti da quella melodia lontana e concentrati ad eseguire quel valzer lento e stranamente armonioso.

    «Sei un bugiardo» scherzò ad un tratto Crowley, intanto che li guidava attorno ad una pila di libri.

Fu l'unica volta che Aziraphale rischiò veramente di inciampare. Si ritrovò a farfugliare un imbarazzato: "Non è vero" con tanto di broncio - cosa che portò il demone a ridacchiare lievemente.

Per un attimo, l'angelo si sentì lontano da tutto e da tutti. Lontano dal Paradiso, lontano dal suo lavoro, lontano dalle persone che non era riuscito ad aiutare e dalle situazioni che non era riuscito a risolvere. Avrebbe voluto rinchiudere quel momento in una bottiglia e lasciarlo lì, laddove poteva vederlo e rivederlo ogni qualvolta volesse.

Quando la musica terminò, nessuno dei due si slacciò dall'altro. Semplicemente, si fermarono davanti ad una serie si scaffali e lì rimasero.

Istintivamente, guidato dalla consapevolezza che tanto aveva sempre e comunque la scusa dell'alcool dalla sua, Aziraphale nascose il rossore sul suo viso nella spalla di Crowley. Rabbrividì un attimo quando sentì l'altro poggiare il mento sulla sua testa, una mano tra i riccioli dei suoi capelli e l'altra ancora ben premuta sulla sua schiena.

Ti prego, fa' che non finisca mai. Pensò, sciogliendosi in quella morbida stretta.

Era un pensiero così egoista, se ne rendeva conto. Magari, nemmeno se la meritava quell'inaspettata dimostrazione di affetto. Magari stava sbagliando tutto, e magari-

    «Ehi, ehi, aspetta» esclamò ad un certo punto Crowley, interrompendo i suoi pensieri.

Aziraphale sentì un moto di terrore. Ecco, si è reso conto di quello che stiamo facendo. Adesso se ne andrà, non tornerà mai più, e tu vivrai per sempre con la consapevolezza che-

    «È vischio, quello?»

Eh?

    Alzando la testa, Aziraphale seguì lo sguardo sorpreso e al contempo divertito dell'altro. Tra alcuni libri spuntava un rametto verde e rigoglioso che - stranamente - non pareva aver mai sofferto la sete o la poca luce. «Oh, beh, in effetti sì. Me n'ero dimenticato.»

    In risposta gli arrivò un sorrisetto furbo e scherzoso. «Chi stai cercando di attirare, angioletto?»

    Non fosse stato per il comfort, le emozioni e il senso di sicurezza che provava tra quelle braccia, l'espressione poco divertita che Aziraphale cercò di mettere su sarebbe stata molto più convincente. «Non è per me. È che, vedi, c'è questa coppia che viene spesso a leggere qualcosa» spiegò. «Questa è la loro sezione preferita, così ho pensato di lasciargli una piccola sorpresa. Da quando ho messo quel ramo, si sono scambiati davvero tanti baci proprio qui dove siamo noi». Sorrise, i ricordi ammorbiditi dal vino che ancora gli dava imperterrito alla testa. «Riempiono l'ambiente di amore ogni giorno.»

    Crowley fece una piccola smorfia. «Smielato» commentò; poi riabbassò lo sguardo. Aveva una riga di rossore sulle guance.

Sarà il vino, si disse Aziraphale. Per forza, non può essere nient'altro.

    «Non è smielato. È romantico» borbottò, trascinando un po' le parole.

Si erano fatti più vicini o era una sua impressione?

    «Ah, si?» sussurrò l'altro, lo sguardo serio e il volto decisamente fin troppo ad un non nulla da quello dell'angelo.

Aziraphale riuscì solo ad annuire. Aveva un groppo in gola e una marea di sensazioni che lo soffocavano. Avrebbe voluto ribattere in modo più convincente, costringere entrambi a riprendersi e farla finita prima che fosse troppo tardi.

Ma era già troppo tardi.


Si ritrovò un po' spinto e un po' perché disorientato con le spalle premute contro i dorsi ben accostati dei suoi libri. La testa gli girò per un attimo, ma l'effetto venne prontamente bloccato dalle labbra di Crowley ora ben premute sulle sue.

Il demone aveva agilmente portato le mani ad afferrargli il colletto della camicia, al quale ora si era aggrappato come se ne andasse della sua intera esistenza.

Sarà il vino, si ripeté Aziraphale con urgenza. Per forza, per forza.

Ma non poté fare a meno di sciogliersi sotto quel tocco, schiudendo le sue stesse labbra affinché quelle dell'altro potessero sentirsi accolte. Dentro di sé era scoppiata una guerra tra i sentimenti e la consapevolezza che: stiamo sbagliando tutto, non possiamo, non siamo in noi. Non te lo meriti.

Intanto che baciava quelle labbra dal sapore dolciastro, esplorandone i confini, godendo dei leggeri schiocchi provocati dal piccolo tira e molla a cui stavano giocando, la sua mente mezza ubriaca continuava a ricordargli del male che aveva lasciato dietro di sé.

Non solo sei un pessimo angelo, gli ripeteva. Ti stai pure godendo l'affetto di qualcuno al quale non dovresti nemmeno avvicinarti.

E così, durante una delle brevissime pause che si stavano prendendo per recuperare il respiro, Aziraphale si fece scappare un singhiozzo.

E una singola lacrima ruppe la magia.


Sulle prime si era lasciato scivolare lungo gli scaffali, finendo a terra. Il pianto nervoso lo stava scuotendo, mozzandogli il fiato e costringendolo a soccombere al suo uragano interiore.

Non si lasciava mai andare, mai. Nascondeva sempre il pianto: ormai era diventato bravo a ricacciare indietro le lacrime. Stavolta, invece, parevano non voler smettere di rigargli le guance e inzuppargli i vestiti.

    Crowley lo aveva seguito a ruota, gli occhi ridotti a due pozze dorate - segno evidente di nervosismo. «Angelo? Cazzo, scusa, mi dispiace! Non avrei dovuto» esclamava, incespicando nella lingua, non sapendo bene dove mettere le mani. Poi, sussurrando una lunga serie di imprecazioni, schioccò le dita.

La sensazione che seguì parve ad Aziraphale come un velo che si sollevava, lasciando la sua mente un po' più sgombra e il suo corpo un po' più calmo.

Si concesse alcuni respiri profondi, intanto che Crowley si spendeva in una litania di: "Ha funzionato? Stai meglio?" E poi: "Spero di aver rimesso tutto il vino nelle bottiglie e di non averti imbrattato il parquet."

    L'angelo si passò le mani sul viso, scostando il pianto il più possibile. Scosse la testa, grato del fatto che adesso la stanza non scuotesse a sua volta. «Non sei tu, è che- è che io-»

    L'altro lo bloccò mettendogli le mani sulle spalle e stringendo bene la presa. «Andiamo sul divano, così mi racconti esattamente cosa ti succede, va bene?»

E Aziraphale annuì, lasciandosi afferrare per un braccio. Si rimise in piedi, guidato dalla decisa ma rassicurante stretta del demone - il quale si faceva ogni secondo più preoccupato, a giudicare dalla profondità crescente delle rughe sulla sua fronte.

Non si prospettava una conversazione facile.


🎄⛄🎁


Crowley non aveva la più pallida idea di cosa gli fosse preso.

Tra tutte le idee stupide che potevano venirgli in mente, quella era in tutto e per tutto la peggiore in assoluto.

Non solo erano ubriachi fradici; l'angelo aveva evidentemente passato un brutto periodo e lui, invece di aiutarlo come faceva sempre, si era lasciato prendere dalle emozioni del momento.

La prima cosa che farò, si disse intanto che riscaldava del tè, sarà farci dimenticare quello stupido bacio.

Intanto, però, aveva un'altra gatta da pelare.

Portò la tazza bella fumante ad Aziraphale, il quale la accolse con un sorriso dolce ma rotto da un'ombra che non accennava a scomparire dalla sua faccia. Si era messo sul divano, una morbida coperta sulle spalle, i cerulei occhi arrossati e gonfi. Qualsiasi fosse il problema, a Crowley sarebbe piaciuto estirparlo come fosse un'erbaccia.

    Si sedette accanto all'angelo, attendendo che bevesse qualche sorso. Poi, cauto, chiese: «Stai meglio?»

L'altro annuì.

    «Ti va di dirmi tutto, adesso?»


Fu una conversazione più breve di ciò che si sarebbe aspettato.

Aziraphale si faceva sempre tanti problemi su tutto: era un luminoso fascio di ansia e nervi che cercava di apparire tutt'altro. Non si stupì nello scoprire che, anche in quel caso, a torturarlo non fossero altro che i suoi pensieri.

    «Non capisco» disse infatti a resoconto concluso. «Tu aiuti sempre tutti per tutto l'anno, e ti prendi carico dell'umanità da solo ogni singolo giorno. Mai una volta, mai ti sei maledetto così tanto per non essere riuscito ad aiutare tutti» ricapitolò. «Perchè mai a Natale dovrebbe essere diverso?»

    L'angelo fece spallucce, posando la tazza ormai vuota. «Non lo so, in effetti. Sarà per via dell'importanza che il Paradiso gli dà.»

    «O dell'importanza che gli dai tu.»

Venne investito da quegli occhi azzurri e lucidi che ora, alla luce delle candele, parevano pieni di stelle. Stelle in pieno giorno, si disse.

    «Senti, angelo» riprese poi, «se c'è una cosa che ho imparato in tutti questi secoli, è che torturarsi così non ha il benché minimo senso. Qualsiasi cosa fai, gli umani la esagerano in un verso o nell'altro». Avrebbe potuto farne una marea di esempi, tutti vissuti sulla sua pelle. «E poi, hai ragione: a Gabriel e compagnia non gliene frega niente. A loro basta sapere che possono metterti in riga, e lo fanno fin troppo bene.» 

    Aziraphale si mise a torturare nervosamente la stoffa del plaid, attorcigliandosela alle dita. «Sì, ma-»

    «Niente "ma". Per quel che mi riguarda: hai passato gli ultimi giorni a dannarti pur di fare ciò che il resto del Paradiso dovrebbe fare ogni stramaledetto giorno. Non stare a pensare a quello che non sei riuscito a fare» lo riprese. «Sentiti fiero di quello che hai fatto, delle persone che hai aiutato e dei problemi che hai risolto.»

Io lo sono, fu ciò che non disse. Io sono fiero di te.

    Dopo alcuni minuti di silenzio che parvero un'eternità, l'angelo iniziò lentamente a cedere. «Forse hai ragione.»

    «Togli il "forse", e togliti quell'espressione mogia dalla faccia». Con un unico movimento fluido, Crowley si alzò e andò a recuperare la scatola sulla scrivania. «Ti va un cioccolatino, adesso?»

Gli andava eccome. Con gioia, osservò Aziraphale intanto che ne sceglieva uno e lo assaporava con il sorriso estasiato che faceva ogni volta che assaggiava qualcosa di particolarmente delizioso.

    «Grazie, Crowley» gli disse questi ad un certo punto, quasi illuminando il piccolo spazio vuoto di divano tra loro.

    Lo zittì con uno sbuffo e un'espressione contrariata che era più un modo di nascondere l'imbarazzo che altro. «Piantala. Hai già assaggiato quelli lì?» Chiese poi, indicando una fila casuale di leccornie.

    Aziraphale gliela tolse dal davanti, costringendolo ad alzare lo sguardo. «Stavo per dire: grazie e scusami per prima» mormorò, le dita ora libere di stuzzicarsi l'un l'altra.

    Crowley rimase inebetito, tanto da ritrovarsi a fare a botte con la sua lingua prima di riuscire a mettere due parole in fila. «Tu ti stai scusando con me? Sono io quello che-» ti ha praticamente sbattuto contro lo scaffale. «Insomma, no. È colpa mia.»

Il silenzio che cadde tra loro pareva avere un peso. Il demone osservò l'altro aprire e richiudere la bocca più volte, indeciso su cosa dire e come dirlo.

    Alla fine, Aziraphale cercò di sfoggiare un sorriso rassicurante - ma che lasciava trasparire insicurezza da angolo ad angolo. «Va bene lo stesso» disse infine. «Davvero. Tanto non lo faremo più, no?»

    «No, infatti» gli diede corda Crowley. «Avevo intenzione di farcelo dimenticare, perciò-»

    «Davvero?»

    «Sì, certo, insomma: è l'idea migliore, no? Così sarà come aver passato una normale vigilia a chiacchierare, bere e mangiare cioccolata. Nessuna romanticheria di sorta.»

    L'angelo annuì energicamente. «Sì, decisamente sì: ottima idea, caro. Sarebbe pericoloso, altrimenti. Pericoloso e sbagliato.»

Non ci crede davvero, di questo il rosso era fermamente convinto. Forse era per quel motivo che, sotto sotto, gli dispiaceva doverlo fare. Anzi, volerlo fare.

Gli tornò in mente il modo in cui Aziraphale si era prontamente lasciato andare, ricambiando il suo bacio più e più volte. Lo voleva esattamente quanto lo volevi tu, realizzò.

E realizzò anche un'altra cosa; una cosa che che gli fece risalire un brivido lungo l'ipotetica spina dorsale.

    «Ti va se ti leggo qualcosa?» Aveva iniziato a dire l'angelo, ora in cerca di un modo per riprendere a godersi la serata assieme. «Scommetto che ho qualche storia che potrebbe piacerti.»

    Ma Crowley non lo stava ascoltando. Si allungò verso di lui con un piccolo scatto, costringendolo ad indietreggiare fino al bracciolo del divano. In un attimo gli aveva praticamente bloccato i fianchi con le gambe, sovrastandolo. «Sarà come se non fosse mai successo, no?» Ripeté con una strana urgenza. «Sai cosa significa?»

E lo sguardo che gli arrivò in risposta gli suggerì che sì, Aziraphale capiva eccome.

Potevano concederselo, per adesso. Potevano realizzare quel desiderio che, ora sapevano, bruciava imperterrito nell'aura di entrambi da praticamente sempre. Potevano, fintanto che non si sarebbero sentiti costretti a togliersi quei momenti dalla testa.

L'amore era un sentimento pericoloso nelle loro condizioni. Si sarebbero messi in pericolo se avessero lasciato che diventasse un'abitudine.

Non avevano scelta.


Crowley accolse con sollievo la mano che Aziraphale gli poggiò sulla guancia, praticamente sciogliendosi contro quel palmo morbido. Le implicazioni di quella cosa erano enormi, tanto da mandarlo in visbilio.

Gli piaccio. Forse mi ama quanto io amo lui.

    «Posso?» Chiese, saggiando il terreno, preparandosi ad un eventuale rifiuto.

Ma l'altro, lo sguardo che più lo osservava e più si inteneriva, annuì e accorciò la distanza tra i loro volti.

Si baciarono a lungo, godendo di quella minuscola finestra di libertà circondata da canti lontani, neve copiosa e festoni. Il rosso tenne Aziraphale ben premuto contro i cuscini del divano, come se avesse paura che potesse sfuggirgli. Gli accarezzò le guance, gli baciò la punta del naso e si staccò appena solo per rivolgergli un sorriso e godere di quello sguardo languido che, silenzioso, gli chiedeva sempre di più, sempre di più.

    «Non sai da quanto volevo farlo» sussurrò ad un certo punto, prima di tornare ad affondare le labbra in quelle morbide del suo angelo - che d'altronde sapevano di vino e cioccolatini.

Erano così occupati ad avvolgersi l'un l'altro che lo scoccare della mezzanotte li fece trasalire. Si voltarono entrambi verso il vecchio orologio addossato alla parete in fondo alla stanza che, imperioso, annunciava l'arrivo di un nuovo giorno.

    Aziraphale rise appena, poi gli scoccò un leggero e dolce bacio sulla guancia. «Buon Natale, caro. Alla fine, ho esaudito il tuo desiderio.»

    E Crowley, che ci sarebbe volentieri morto davanti a quello sguardo, lo ricambiò rubandogli le labbra per l'ennesima volta. «No, angelo. Hai fatto molto, molto di più.»


🎄⛄🎁


Attesero il mattino consumandosi a suon di baci e carezze.

Ad un certo punto, una volta che erano rimasti senza fiato, Crowley aveva poggiato la testa sulle gambe di Aziraphale e lo aveva ascoltato intanto che gli leggeva una storia. Per il resto, bevvero ancora, sgranocchiarono qualcosa - o meglio, l'angelo lo fece - e tornarono ad avvinghiarsi sul divano.

Quando arrivò il momento di separarsi, il rosso sentì un vuoto di nostalgia. La prima volta che aveva avuto l'ardire di dimostrare ciò che provava, era destinato a lasciar andare il tutto affinché non diventasse un problema.

Un giorno, si ripromise, un bel giorno non avremo bisogno di dimenticare niente.


Si infilò giacca e cappello alle sette del mattino. Aziraphale lo osservava con una dolcezza e un amore che Crowley avrebbe voluto chiudere in una scatola per poterne conservare ogni sfaccettatura nei secoli a venire.

    «Beh, angelo. È stato un piacere passare la notte con te» gli disse, rimettendosi gli occhiali sul viso.

    L'altro gli fece cenno di attendere. «Solo un'ultima cosa, caro.»

Il demone lo osservò incuriosito intanto che andava a togliere qualcosa dall'albero. Quando tornò da lui, Aziraphale gli prese delicatamente una mano e vi poggiò sopra la decorazione di vetro a forma di angioletto che tanto aveva catturato la sua attenzione sulle prime.

    «Tieni, te lo regalo. Hai detto che mi somiglia, no? Ora mi avrai sempre con te, anche quando non ci sono.»

    A Crowley scappò una risata affettuosa. «Pensavo che me lo avessi già fatto il regalo di Natale.»

    «Beh, ora te ne ho fatti due.»

    «Ehi, così sono in svantaggio.»


Risero ancora per un po', poi, come nulla fosse accaduto, il rosso uscì dalla libreria e si incamminò nella fredda e festosa aria londinese con una molla nel passo.

Si sentiva bene: lui e l'angelo avevano passato davvero una bella nottata. Certo, non avevano che chiacchierato, mangiato, letto e bevuto come fossero due qualsiasi umani durante la vigilia di Natale.

Eppure, stringendo delicatamente tra le mani la bella decorazione che Aziraphale gli aveva donato, non poteva fare a meno di sentire una sensazione come di farfalle nello stomaco.

Un giorno, si disse, intascandosi l'angelo di vetro, un giorno ti dimostrerò quanto ti amo.

Prima di allora, si sarebbero rivisti ancora, e ancora, e ancora.

Era emozionato al solo pensiero.


~ Fine


🎄⛄🎁


ANGOLINO AUTRICE:

1) Il titolo di questa storiella è ispirato ad una filastrocca che mia cugina, anni fa, recitò durante la cena di Natale in famiglia. Ricordo vivamente che ci fece molto ridere dal momento che la poveretta si era beccata la febbre proprio durante le festività; pertanto, la parte del: "a chi sta bene e a chi sta male" ci parve alquanto azzeccata.

2) La decorazione di vetro a forma di angelo che Aziraphale regala a Crowley è ispirata ad una decorazione che io stessa ho appeso al mio personale albero di Natale.

3) Voglio dedicare questa storia a tuttə coloro che hanno letto e/o recensito le mie storie. In particolare, un grazie immenso a chi è passato attraverso quella montagna russa che è Alpha Centauri (anche chiamata: "la fanfic sfogo" dalla sottoscritta).

Un grazie speciale va al gruppo Ineffable Nightingales, con il quale ho avuto il piacere e l'onore di lavorare ad un delizioso progetto (e che tanto voleva che avvisassi una volta terminata questa one-shot). Sappiate che vi adoro❤️

Un altro grazie va alla mia querida Cate che è stata una delle cose migliori che mi sia capitata quest'anno come nella vita. Non vedo l'ora di solcare i sette mari con te ❤️


Al resto del fandom, auguro un Buon Natale e un felicissimo anno nuovo. Vi abbraccio forte.

Detto ciò, alla prossima storia!

- Neamh

   
 
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