All’ingresso da Diva, con martini in mano e un ritardo da vaffanculo pure sulla bocca da prete di Rogers, Tony preferisce la sorpresa (o un attacco di cuore, che, dopotutto, anche così la prenotazione della chiesa non andrà persa).

Non è il primo a presentarsi – è quasi certo che Steve abbia un posto letto direttamente sotto l’altare e la mattina si lavi la faccia con le lacrime di Gesù Cristo, mentre gli angeli cantano in coro “O say can you see, by the dawn’s early light, what so proudly we hail’d at the twilight’s last gleaming”^[1].

Non è nemmeno stato il secondo; attaccato a Culo d’oro, non può mancare Braccio di Ferro e la sua aria da rockstar decaduta degli anni ottanta.

Ma un discreto terzo posto non gli dispiace. Non quando incrocia lo sguardo con quello del Capitano e, lungo la navata, per un mistico momento, perfino la lingua di San Rogers traballa sul filo della bestemmia.

Santo Dio, lo sente bisbigliare, portandosi una mano al petto – e… nah! Falso allarme, niente funerale, a parte quello del buon senso.

Stark sorride.

«Chiamami Tony, Rogers, sarò vestito come la notte degli Oscar, ma non c’è bisogno di tanta formalità.»

A stare coi piedi per terra, Clint non è mai stato granché – un’infanzia da funambolo^[2] e una carriera da Falco ti abituano al cielo, più che a tenere il culo piantato su una panca. Sarà anche per questo che la pensione non ha mai funzionato per lui.

Un’ora del suo tempo, però, la concede volentieri; fosse solo perché ha notato il ghigno sardonico di Tony e lo sguardo concentrato di una Pepper pronta al placcaggio, quando il prete gli darà finalmente carta bianca per fare lo stronzo.

Se qualcuno ha qualcosa da dire parli ora o taccia per sempre.

Non che possa biasimarlo. Esistono poche cose al mondo che Stark ami più del suono della sua voce, ma quello con Barnes è un problema che nemmeno uno schiocco di dita può cancellare.

«Venti dollari che Tony vuole solo spaventarli, ma non farà niente.» Natasha gli sussurra all’orecchio.

«No grazie, ho già avuto abbastanza emozioni quest’oggi, senza aggiungerci il gioco d’azzardo.»

Lei ride piano, nel modo intimo e sensuale che ha di fare quando vuole stuzzicarlo. Come non bastasse l’impronta di rossetto che gli macchia la guancia a confermarle che sia debole alla carne – alle sue cosce bianche, che ha assaggiato prima della cerimonia, nascosti nel confessionale come due adolescenti.

Clint le prende la mano, le dita accarezzano la falange nuda dell’anulare. Nessun anello per loro, ma insieme nella buona e nella cattiva sorte è un voto che per lui vale dal primo momento in cui si sono incontrati.

Steve e Bucky sono gli ultimi di una generazione d’eroi che ha guardato in faccia al male quando era solo un uomo con baffetti a spazzolino e un capriccio pazzo che puzzava di gas e genocidio.

A quei tempi, DumDum lo sgomitava per un fianco e lo chiamava il Sinatra della guerra – perché anche infilato nel fango fino collo e in braccio un fucile, Barnes aveva l’eleganza del ballerino.

Eppure ora, un secolo dopo e due morti scampate, Bucky attraversa la navata della chiesa con il cuore che barcolla e la paura d’inciampare.

All’altare, Steve sembra una statua d’oro e alabastro che abbia appena preso vita. Gli sorride con lo stesso timido rossore che s’era accoccolato sugli zigomi quando gli ha chiesto di sposarlo.

Ci puoi scommettere, pal; perché credi che mi sia preso la tua verginità, se non per incastrarti? Gli ha risposto scherzando, mentre dentro invece tremava come mille foglie al vento – ogni foglia un motivo per cui non lo merita. E gli basterebbe spostare lo sguardo un po’ più a sinistra, su Tony Stark, che quei motivi li cova negli occhi; ma quando lo guarda, l’uomo storce il naso e scrolla le spalle. Non ha accettato di essere il testimone di Rogers per mandare tutto a puttane, avrà anche il sarcasmo da villain e un conto in sospeso, ma non ha mai negato di essergli amico.

Con un sospiro leggero, Bucky prende posto di fronte a Steve.

«Ripensamenti dell’ultimo secondo?» gli chiede sottovoce.

Steve scuote il capo, intreccia le dita alle sue. «Mi hai incastrato per bene, ricordi? E poi sono sempre stato tuo, fin dal primo momento in cui mi hai promesso ‘Till the end of the line.»

Bucky sorride; non c’è futuro migliore che possa sognare come quello che stringe tra le mani.

[ 750w ]

Dopo la giornata angst, mi sembrava giusto bilanciare con un po' di fluff e cazzate (soprattutto cazzate), perché gli stucky che si sposano fanno sempre bene all'anima. In your face Disney!

E già che c'ero ne ho approfittato anche per infilarci un po' di clintasha, che male non fa mai.

 ---

Scritta per la challenge Corsa di Natale - Edizione I @Torre di Carta

prompt:

33. Morte

16. Rinfacciare qualcosa.

52. A e B (Childhood Friends To Lovers)