Oro blu



And all the roads we have to walk are winding
And all the lights that lead us there are blinding
There are many things that I would like to say to you, but I don't know how

«Perché non siete sposati? Non capisco. E la bambina?» chiedono i suoi colleghi e compagni.
Lui evita i loro sguardi indagatori, i loro occhi sbarrati, le loro espressioni attonite.
«Non è nostra» è la sua risposta pacata, sussurrata, dietro alla quale si cela un intricato mondo di significati.
«Beh ma ormai è così, questa è la tua famiglia. Sposala, no?»
Sembra facile, logico, opportuno. Eppure…
«No».
Loro sbattono le palpebre, chiaramente spiazzati.
Nella piccola cucina, Noriko lava i piatti. Sente tutto, anche quello che lui non dice. Concede a una sola, singola lacrima di mischiarsi all'acqua insaponata dove galleggiano le stoviglie.

Because maybe
You're gonna be the one that saves me

Ginza è caduta.
Corre senza sosta, in direzione opposta alla fiumana terrorizzata di facce bianche come la cera, smunte, tra le strade tra le quali fanno capolino timidamente i primi negozi a seguito dei bombardamenti.
Noriko aveva trovato lavoro proprio lì. Gli aveva detto che sì, lui le dava abbastanza, non doveva farsene un cruccio, ma lei voleva aiutare, era per Akiko, ma no, Akiko non restava mica da sola, c'era la zia a farle compagnia, tranquillo. E poi… se lei fosse rimasta lì, in casa, lui poi come se la sarebbe trovata una moglie?
Una moglie. Aveva detto proprio così.
Continua a correre, qualcuno gli dà un forte spintone, non importa.
Ginza è caduta. Ha resistito ai bombardamenti ma non alla furia del Re dei mostri.
Corre finché lo vede, maestoso, eccolo, il suo incubo, le sue enormi zampe schiacciano tutto ciò che si trova sotto di loro.
Ai suoi piedi, Noriko. È immobile, chiaramente terrorizzata, l’osserva avanzare verso di lei con occhi sbarrati. Gli aveva detto che dovevano fare di tutto pur di sopravvivere; e allora che ci faceva ancora lì, esposta come un'offerta ai piedi di un dio della distruzione?
Lui allunga la mano, l’afferra, la trascina. «Andiamo, andiamo!» le grida, cercando di scuoterla dal torpore indotto dalla paura.
Non vedeva una folla scappare via in preda al panico dallo scoppio della guerra. O forse erano ancora in guerra, sì, doveva essere così: la Seconda Guerra Mondiale non era mai terminata e adesso i morti tornavano a chiedere il conto, a chiedere perché, perché ci avete fatto massacrare in quel modo, avidi pezzenti, perché?, cosa vi costava farci continuare a vivere le nostre serene esistenze, noi non vi abbiamo mai chiesto niente e invece voi ci avete chiesto, anzi, avete preteso di succhiarci l'anima per difendervi da un nemico che avete cercato voi! E allora eccovi un vero nemico, eccovi servita la distruzione.
Lui era convinto che quelle voci ce l'avessero anche con lui, lui che non era altro che un codardo scappato all’onorevole morte, gridando come un ossesso; così com'era scappato davanti a Godzilla la prima volta che l'aveva visto. Godzilla aveva fiutato il puzzo di morte su di lui? Aveva sentito il marchio della morte? Ora non scappi più, Koichi!
Il fischiare di proiettili arresta la fuga del marasma di facce pallide. Si girano tutti, come falene attratte dalla luce, per osservare la personificazione delle loro coscienze sporche rivolgere la propria attenzione al punto preciso da dove provengono i proiettili.
Ginza è veramente caduta adesso!, pensa Koichi e improvvisamente ricorda di cos'è capace Godzilla: lo ricorda perché l’ha visto ridurre una corazzata in cenere con il suo…
Le creste disseminate lungo il corpo del drago emergono come spuntoni e si accendono di un bagliore blu, come se fossero state immerse in una pozza elettrica – no, non è elettricità. È un raggio atomico.
E mentre la sua mente formula quel pensiero, Noriko lo spinge con una forza che non si crederebbe possibile da quel corpo minuto e le mascelle della creatura si spalancano e un getto blu, di un blu accecante – Koichi è costretto a socchiudere gli occhi – si rovescia dalla sua gola rovente e tutto esplode e tutto si decompone e si polverizza, come il giorno in cui gli statunitensi Little Boy e Fat Man piombarono a picco sul Giappone, facendolo crollare in ginocchio ai piedi dell'America del Nord. Sconfitto, umiliato, ridotto in cenere, dissolto, annientato.
Per la seconda volta.
«No… Nori –… » tenta di chiamare inutilmente Koichi, ma la voce gli muore in gola davanti allo scenario apocalittico che gli si presenta. Alza appena gli occhi infiammati dalla cenere sul colpevole e lo vede stagliarsi gigantesco e indomito sui cumuli di macerie e lo vede ruggire la sua irrequietezza e la sua sfida verso una mastodontica nube a fungo. E gli occhi di Koichi non riescono più a staccarsi da quel fungo atomico e non sanno distinguere la devastazione del presente da quella del 1945, la guerra non è finita, per niente, la Natura torna a chiedere il conto per le scelleratezze che il mondo, il Giappone, ha compiuto, nefandezze, crudeltà che compie e continuerà a compiere.
Il mostro spalanca la bocca per urlare, mentre sul suo corpo scorrono gocce di pioggia – no, non è pioggia, è la ricaduta radioattiva dell'esplosione. Il mostro ruggisce, sbraita, strepita, si dispera, incurante del materiale che gli scivola sulla lingua.
Godzilla si volta solo una volta per giudicare il mostro con la coda dell'occhio.
Ginza è caduta.