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Autore: AndyWin24    25/12/2023    3 recensioni
È finalmente arrivato il giorno di Natale. Merlino, però, invece di festeggiare, ripensa con nostalgia ai tempi trascorsi. Quando, ad un tratto, un amico del passato torna a fargli visita con un regalo più che speciale.
Genere: Fantasy, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Drago, Gwen, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Il Natale passato
 
   «Guarda che bello, mamma!»
   «Sì, tesoro, è bellissimo. Bravo, continua così!»
   Era mattina inoltrata e Merlino stava attraversando, come quasi ogni giorno, la via per tornare a casa. Si era soffermato un momento per strada a fissare un bambino che faceva un grazioso pupazzo di neve. Il piccolo, con i suoi occhioni gioiosi e il suo candido sorriso, mostrava orgoglioso alla madre i progressi che aveva ottenuto.
   «Anf!» sospirò Merlino, sorridendo a sua volta.
   Quella bella immagine gli aveva rallegrato almeno un poco la giornata, iniziata decisamente con il piede sbagliato. Da quando si era svegliato, provava un grande senso di malessere. Non sapeva cosa fosse, ma lo faceva sentire a disagio.
   Quello stesso malessere si intensificò non appena varcò di fretta la soglia di casa. Poggiò le chiavi su un piatto posto sopra il mobile dell’ingresso e appese il giaccone blu scuro sull’attaccapanni. Poi, si diresse subito in salotto e sprofondò nella poltrona color kaki di fianco al caminetto.
   «Bael onbryne!» pronunciò, infiammando la legna già pronta nel braciere.
   La notte precedente aveva nevicato, così come anche quella prima, portando la temperatura ben al di sotto dello zero.
   «Le undici e cinquantasette.» sussurrò Merlino, guardando l’orologio a cucù appeso al muro.
   Era quasi mezzogiorno del venticinque dicembre. Come ogni anno, puntualmente, la tristezza s’impadroniva di lui.
   Il Natale era tradizionalmente una festa dedicata alla famiglia. Merlino, però, non ne aveva una. Non più, ormai. Sua madre… suo padre… Artù… Gaius… i suoi amici… Erano passati oltre mille anni dall’ultima volta che li aveva visti, che aveva parlato con loro. Le epoche si erano susseguite le une alle altre; la storia era andata avanti. Anche lui, per un certo tempo, lo aveva fatto. Si era ricostruito una vita, una e più volte. Ma poi accadeva sempre la stessa cosa: perdeva tutto. Le persone a cui si affezionava, prima o poi, morivano. Ancora e ancora… e ancora.
   Alla fine, aveva convenuto che rimanere da soli era la cosa più facile da fare e sicuramente la meno triste. “Non perdi qualcuno se non lo hai mai conosciuto.” si ripeteva nella testa quando era tentato dal vivere più appieno la vita.
   Per un momento si mise ad osservare la casa in cui abitava da quasi cinque anni. Era piccola, ma molto bella ed accogliente. I colori chiari delle pareti illuminavano le stanze arredate con uno stile antico ma funzionale. La poltrona su cui era seduto era molto comoda e lo aveva accompagnato in gran parte del tempo che aveva passato lì dentro, mentre si dedicava a leggere un libro o magari a vedere di tanto in tanto anche la televisione. Rispetto al periodo vissuto a Camelot, gli agi erano notevolmente aumentati. La tecnologia aveva fatto passi da gigante, al punto tale da preferirla lui stesso alla magia per le faccende quotidiane. D’altro canto, nonostante le epoche fossero diverse, l’uso della magia non era visto ugualmente di buon occhio anche nei tempi moderni. Anzi, la concezione stessa delle arti magiche era stata a poco a poco dimenticata e aveva lasciato spazio solo a dicerie e a leggende che avevano alimentato ancor di più lo scetticismo verso la sua reale esistenza.
   «Anf!» sospirò, ancora, fissando la sua lunga barba bianca.
   Con un moto deciso, si alzò dalla poltrona e si incamminò verso la cucina, intento a prepararsi qualcosa da mangiare per il pranzo di Natale. D’un tratto, tuttavia, un evento inatteso lo scosse dal suo torpore.
   «Ma che…?» iniziò a dire, mettendosi una mano davanti agli occhi.
   Una luce accecante fuoriuscì dalla cappa del caminetto, invadendo l’intera stanza. Era troppo intensa per provenire dal fuoco che aveva accesso e troppo abbagliante per poter essere qualcosa di normale. Merlino non aveva alcun dubbio a riguardo. Quella era magia.
   Mentre era arrivato a questa conclusione, la luce cominciò pian piano a ridursi fino a diventare una piccola sfera, sospesa a mezz’aria davanti all’orologio a cucù.
   «Chi sei?!» gridò Merlino, agitato. Era da parecchio tempo che non aveva a che fare con qualcosa di “magico” e quella situazione lo innervosiva oltremodo.
   “Un amico.” rispose la luce.
   A quelle parole, Merlino sussultò. Ricordava chiaramente quella voce, anche se non la udiva più da tanto tempo.
   «Kilgharrah?!»
   La luce lampeggiò per un istante, poi si spense. Al suo posto, comparve improvvisamente un uomo, anziano e dall’aspetto curato; i capelli un po’ lunghi gli accarezzavano le spalle mentre le rughe sul volto ricalcavano la sua veneranda età. Tuttavia, la sua pelle, così come la sua esistenza, appariva sbiadita, quasi traslucida.
   «È da molto che non ci vediamo, grande mago.» disse, sorridendo serenamente.
   Merlino lo fissò con lo sguardo incredulo.
   «Ma…? Kilgharrah, sei proprio tu?»
   L’uomo annuì. L’altro, invece, scosse la testa, come in disaccordo.
   «Ma sei… diverso…» riuscì a dire, incapace di esprimersi meglio. «Sei… umano.»
   «Io sono uno spirito, Merlino.» spiegò Kilgharrah, risistemandosi la cravatta del vestito. «Il mio aspetto dipende unicamente dagli occhi di chi mi osserva.»
   Merlino lo squadrò da capo a piedi con curiosità. Non sapeva capacitarsi del perché, ma in quella figura da uomo raffinato rivedeva, almeno in parte, lo stesso vecchio drago che lo aveva aiutato innumerevoli volte nel tempo trascorso a Camelot.
   «Cosa sta succedendo? Perché sei qui?»
   Kilgharrah sogghignò, divertito dallo stupore di Merlino.
   «In verità, c’è un motivo molto importante che mi ha spinto a venire qui, quest’oggi.»
   «E quale sarebbe?»
   L’uomo iniziò a camminare per la stanza, sfiorando col suo corpo immateriale il quadro di un drago appeso sul muro del salotto.
   «Come ti dicevo, è passato molto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti. Ciononostante, non ho mai smesso di vegliare su di te. Il legame che ci unisce è più forte persino della morte.»
   Merlino lo guardò sbigottito. Quelle parole, tuttavia, gli scaldarono il cuore.
   «Non so cosa significhi tutto questo, ma anch’io sono felice di rivederti. Un tempo ti promisi che non mi sarei dimenticato di te e così ho fatto. Del resto, come avrei potuto, dopo tutto quello che abbiamo passato insieme?»
   «Tu sei un uomo dal cuore puro, Merlino. Proprio per questo, ho deciso di farti visita. La vita ti ha riservato molta sofferenza. A questo, purtroppo, non posso porre rimedio. Ma spero di essere in grado, quantomeno, di allietare il tuo malessere.»
   Così dicendo, Kilgharrah si avvicinò a Merlino e gli afferrò una mano con entrambe le sue. Il suo tocco risultava freddo al tatto.
   «Oggi gran parte del mondo celebra un rito di elargizione di doni. Permettimi, dunque, di farne uno anche a te.»
   In quel momento, un oggetto luminoso apparve nel palmo della mano di Merlino. La sua essenza sembrava instabile, anche se la sua forma richiamava in tutto e per tutto una stella a cinque punte.
   «Cos’è?»
   «È una “Gewilling”.» spiegò Kilgharrah, rimettendosi a camminare per la stanza. «Anche se in molte culture viene comunemente chiamata “Stella dei desideri”.»
   «Questa è una “Stella dei desideri”? Davvero?» chiese Merlino, incredulo.
   «Sì e, come dice il nome stesso, permette a chiunque ne possegga una, di esaudire un desiderio o più precisamente un volere recondito.»
   Merlino si mise a guardare la stella, corrucciato.
   «Che intendi per “volere recondito”?»
   «Una volontà che si ha nel proprio cuore, nel proprio animo. A differenza di come si tramanda nelle leggende, la Gewilling non esprime un desiderio a scelta, bensì quello più bramato.»
   «Capisco…» replicò Merlino, spostando i suoi occhi ritmicamente dalla stella a Kilgharrah. «Quello che invece non capisco è perché l’hai voluta donare a me, specialmente in questo momento della mia vita.»
   L’uomo smise di camminare e ricambiò lo sguardo dell’altro, d’un tratto intristito.
   «Il tuo destino, Merlino, è di attendere il ritorno di Artù, per anni… secoli… millenni. A mio avviso, questa è una condanna troppo ingiusta per chi, come te, ha sacrificato tanto nella sua lunga vita. Col mio dono, volevo rendere questa tua attesa meno amara, meno dolorosa.»
   Merlino annuì, grato di quello che aveva sentito.
   «Ti ringrazio, ma dimmi, allora: come funziona? Cosa devo fare?»
   «In realtà, è molto semplice. Poggia la Gewilling sul petto e attendi che la sua magia faccia il resto.»
   Con una smorfia dubbiosa, Merlino seguì le istruzioni dell’amico, posizionando la stella sopra il maglione bianco, in direzione del cuore. A quel punto, la sua luminosità iniziò ad intensificarsi. Il bagliore si fece sempre più vasto, finché non pervase tutta la stanza, accecando per un breve istante la vista del mago.
 
***
 
   Quando la luce si spense, rivelò a Merlino uno scenario del tutto diverso da quello del salotto di casa sua.
   «Non ci posso credere…»
   Il mago si trovava improvvisamente in un ampio salone pieno zeppo di persone. Panche e tavoli erano disposti tutti intorno ed erano imbanditi con cibo da sfamare a sazietà. Tuttavia, c’era qualcosa di strano. Era sicuro di conoscere già quel luogo.
   «Kilgharrah?»
   «Sì, Merlino?» ribatté l’uomo, comparendo di fronte a lui.
   «Questo posto io lo conosco. Siamo nella sala dei banchetti di Camelot.»
   «Esatto.»
   «Ma, com’è possibile? Abbiamo viaggiato nel tempo?» chiese il mago, titubante.
   Non riusciva a credere a quello che stava vedendo. Tutto sembrava indicare che fosse vero, ma non poteva esserlo… oppure sì?
   «La Gewilling ha esaudito il tuo desiderio più profondo. Per farlo, ha influenzato il tempo e lo spazio. Quindi, sì, abbiamo viaggiato nel tempo.»
   Merlino annuì stupefatto. E lo diventò ancor di più quando vide a pochi metri da lui Galvano andargli incontro.
   «Ehi, Merlino! Come va?»
   «Ehm, bene.» rispose il mago, in difficoltà. Non capiva in che modo il cavaliere avesse potuto riconoscerlo con il suo aspetto da anziano signore. Toccandosi la faccia ed osservando le sue mani, però, scoprì che era di nuovo giovane, come se il tempo non fosse mai trascorso.
   «Ottimo!» esclamò Galvano, raccogliendo da terra una piccola spada di legno. «Questa è tua?»
   «No…»
   «Bene.» commentò il cavaliere con un sorriso malizioso.
   Poi, il ragazzo si allontanò da Merlino e si avvicinò ad un tavolo non molto distante, dove tra i tanti sedeva anche Parsifal. Con passo felpato, gli arrivò alle spalle senza che questo se ne accorgesse e, con la minuscola arma, gli assestò un colpo dritto in testa.
   «Ma che cavolo…?!» sbottò Parsifal, gettandosi addosso il vino che stava bevendo ed inzuppandosi i pantaloni.
   «Come va, Parsifal?!» domandò Galvano ironico, piegandosi in due dalle risate.
   «Brutto idiota! Ma hai due anni?!» urlò Parsifal, furibondo.
   «Non saprei, del resto sei tu quello che se l’è fatta addosso!» replicò Galvano, indicando i pantaloni dell’altro.
   «Adesso ti faccio vedere io!»
   Entrambi, poi, si misero a correre per la stanza, proprio come due bambini.
   Merlino assistette alla scena divertito e con un velo di nostalgia. Gli mancavano quei tempi.
   Voltandosi verso il tavolo in fondo alla sala, si accorse della presenza di Ginevra che sedeva di fianco al posto riservato ad Artù. A quel punto, ricordò tutto.
   «Ah, ma certo! Questa è la festa indetta da Artù per festeggiare l’incoronazione della regina. Se non sbaglio, coincise con l’arrivo della stagione invernale, così il re organizzò un banchetto in grande stile. Per l’occasione, mi permise di invitare anche mia madre… Oh! Eccola!»
   Dall’altro lato della stanza, Hunith lo stava salutando con compostezza ed un filo di imbarazzo. Si vedeva che la donna non era abituata a quei ricevimenti così altolocati. Merlino ricambiò con gioia il saluto.
   «Quel giorno sono stato a letto con il raffreddore.» continuò a raccontare, rivolto a Kilgharrah. «Così, mi sono perso i festeggiamenti. Ricordo che ci rimasi molto male.»
   «Beh, ora hai la possibilità di rimediare.»
   Merlino si sentì d’un tratto arrivare una pacca sulla spalla.
   «Merlino?! Cosa ci fai qui?» chiese Artù, appena sopraggiunto nella grande sala. «Mi avevi detto che stavi talmente male da non poter fare neanche un passo.»
   «Ah, sì! Ma… m-mi sento meglio, adesso.» rispose il mago, balbettando. L’emozione di rivedere dopo tanto tempo il suo amico gli fece venire un nodo alla gola.
   «Oh, buon per te, allora.»
   «Comunque, non temete. Mi metto subito al lavoro.»
   Artù lo bloccò prima ancora che potesse muoversi.
   «Non se ne parla. Domani abbiamo una battuta di caccia con re Rodor, in visita da noi per rendere omaggio alla regina. Mi servi in forma, quindi per oggi riposati. Sono sicuro che il resto della servitù se la caverà anche senza di te.»
   «Ma… allora, che faccio?»
   «Ah, non lo so… È una festa, prova a divertirti.» disse il re mentre si allontanava verso il tavolo dove sedeva Ginevra.
   Poi, salutò la regina con un baciamano e la affiancò al centro della tavolata. Di seguito si unì a loro anche Galvano che, con aria triste e sconsolata, tentava di rimettere insieme i pezzi della piccola spada di legno, miseramente distrutta. Parsifal, invece, se la rideva poco distante, al fianco di Elyan. Intanto, con molta compostezza, sir Leon stava raggiungendo il gruppo con Hunith sottobraccio. Prima il cavaliere fece accomodare la donna accanto a Gaius e dopo prese posto vicino agli altri.
   «Forza, Merlino, vieni anche tu qui con noi!» gridò Elyan, facendogli un cenno con la mano. «Altrimenti, Galvano si mangerà tutto!»
   «Sì, Merlino.» aggiunse Ginevra, annuendo. «Vieni anche tu. Coraggio, Artù, invitalo come si deve!»
   Il re guardò prima sua moglie e poi Merlino, come se stesse soppesando la faccenda.
   «Perché no?! In fondo, è la tua festa, mia regina.» acconsentì Artù, convinto. «Dai, Merlino! Non fare tante storie! Muovi il tuo pigro deretano fino a questo tavolo!»
   «Eh?!» sobbalzò Merlino, stupito e senza parole. Tutto stava accadendo troppo in fretta, talmente tanto che non se ne rendeva conto.
   «Che fai? Non vai con i tuoi amici?» gli domandò Kilgharrah, fissandolo.
   «Non so che dire… Mi sembra tutto un sogno.»
   «Te lo garantisco, non è un sogno. È solo il mio regalo per te.»
   «Davvero?» chiese Merlino scettico. «E quanto durerà tutto questo?»
   Kilgharrah aggrottò la fronte, in parte dispiaciuto.
   «Purtroppo, la magia svanirà dopo la mezzanotte. A quel punto, ti riporterà indietro, alla tua vita nel futuro.»
   Merlino si rabbuiò.
   «Quindi, a breve finirà tutto.»
   «Sì. Ma non avere timore, la magia della Gewilling è nota per essere perpetua. Una volta attivata, non sparisce mai del tutto. Il prossimo anno, e quello dopo ancora, e così via nel corso del tempo, sempre nello stesso giorno, ti ricondurrà nuovamente qui, a Camelot.»
   Merlino spalancò gli occhi. Il suo sguardo assunse un’espressione gioiosa, simile a quella del bambino che aveva visto quella stessa mattina fare un pupazzo di neve.
   Prima di dire altro, con una mano si asciugò le lacrime che iniziavano a scorrere sul suo viso e con l’altra sfiorò la sagoma evanescente di Kilgharrah, quasi a volergli fare una carezza.
   «Grazie, amico mio.» disse, con la voce rotta dall’emozione.
   Poi, si congedò da lui e raggiunse Artù e gli altri. Kilgharrah continuò a guardarlo con il sorriso stampato in volto, finché non svanì lentamente nel nulla.
   «Buon Natale, Merlino.»

 

Buon Natale!
   
 
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