Il coraggio di amare
Neve a Stars
Hollow
Già da qualche giorno la neve,
come ogni anno in quella stagione, era tornata a ricoprire le strade e le case
di Stars Hollow, infondendo nei cuori di tutti i suoi cittadini
un pizzico di quella atmosfera natalizia che via via si faceva sempre
più forte, nonostante mancasse più di qualche settimana al giorno
di festa; ma la neve, oltre a trasmettere un profondo senso di gioia, portava
con se anche un freddo particolarmente pungente, che si faceva sentire
soprattutto di primo mattino.
Gran parte della gente si prestava a
cominciare la giornata consumando una buona tazza di caffé nel miglior
locale del paese cercando, in questo modo, di scollarsi di dosso quella
sonnolenza che era decisamente micidiale.
Una di queste persone era Lorelai
Gilmore che, mentre si stava dirigendo verso la sua “seconda casa”,
tentava di scaldarsi le mani infilandole dentro le tasche del suo
“adorato” giubbotto rosso, in quanto i soli guanti sembravano non
essere molto efficaci nel difenderla dal freddo; come ogni inverno, quando
nevicava, si divertiva a indossare dei paraorecchi di
un leggero color rosato, che attiravano ulteriormente l’attenzione su di
se. Gli ultimi passi che la separavano dal suo “paradiso” li
percorse molto più velocemente, come se una qualche misteriosa
divinità la chiamasse a se, annebbiandole l’intera realtà
che la circondava.
“LUKE…CAFFÈ!!! ”
Non appena sentì il suono di
quella voce oramai così familiare, il padrone del locale, che intanto si
stava dedicando a servire al bancone uno dei tanti clienti mattutini,
alzò lo sguardo in direzione della “nuova” arrivata,
limitandosi ad uno dei suoi consueti saluti.
“BUONGIORNO!...Ma
è mai possibile che il tuo primo pensiero alla mattina sia il caffé?!”
“Non è mica il mio primo
pensiero…..per chi mi hai preso. Appena mi alzo rifletto su come uccidere mia madre senza sporcare
la moquet; poi però mi pento per i cattivi
pensieri, così cerco un modo per andare d’accordo con lei; ma
facendolo mi si forma un improvviso mal di testa, guaribile
soltanto…”
“si…si…ho capito, ti porto il caffé…”
“diciamo
che è il terzo pensiero della giornata, sogni permettendo, perché
allora diventa il quarto; ma se conto anche i muffin…”
“BASTA! Ho capito….menomale
che non ti ho ancora versato niente….mi domando
ancora come fai ad essere così di primo mattino!”
Lorelai si limitò a rispondere
all’amico alzando le spalle ed accennando uno dei suoi consueti sorrisi,
che ogni volta costringevano Luke a voltarsi dall’altra parte, per non permettere alla
donna di vedere il suo volto visibilmente più arrossato, e risparmiandosi
così una situazione difficile da gestire; e come ogni mattina Lorelai
non si accorgeva di niente, continuando a bere il suo caffé, che ad ogni
sorso le faceva prendere sempre più coscienza della realtà.
“Oggi fa davvero freddo…e
pensare che mi si è rotto il
riscaldamento….”
“a casa?!”
“no non a casa…ormai
è diventato un iglò..”
“Lorelai…”
“No davvero, pensa che questa
mattina è venuto a svegliarmi Pingu…ma
dico te lo immagini PINGU…”
“Lorelai…”
“DAVVERO...e mi ha anche portato
dei ghiaccioli…all’amarena, ma non è che mi piacciano
molto…preferisco quelli alla liquirizia, hanno un sapore più..”
“LORELAI!!!!”
Come accadeva per la maggior parte delle loro conversazioni, il tono di Luke si fece
più alto e profondo, catturando così l’attenzione di
Lorelai che, mentre raccontava le sue fantasie, si divertiva a riprodurle nella
propria mente, sapendo bene che tutto ciò infastidiva non poco il signor
Danes.
“Perché non me lo hai detto che hai il riscaldamento che non funziona?!”
“Perché l’altro ieri
sei venuto a sistemare la lavatrice, e il giorno prima la porta sul retro e il
giorno prima ancora il tavolo della cucina….”
“….e con questo?!”
“Quasi ogni giorno vieni a
sistemarmi qualcosa….mi sembra di approfittarne”
“Lorelai….”
“Penso proprio che per almeno il
resto della mattinata ricorderò il mio
nome…quindi…puoi smettere di ripetermelo in continuazione, stasera
quando torno ricominci ok?”
“no…verso le sei, quando
vengo a sistemarti il riscaldamento”
“Grazie…sei un
tesoro”
Ed ecco il secondo sorriso della
mattinata che procurava su Luke lo stesso effetto del primo, forse peggio, dato
che questa volta era accompagnato da un aggettivo decisamente
“interessante”. Non appena Luke si voltò per sistemare le
tazze che si trovavano sopra al bancone, o meglio, trovò la scusa
calzante per evitare nuovamente lo sguardo dell’amica, Lorelai si
alzò, sistemandosi il giubbotto e il paraorecchi,
come se si preparasse ad affrontare una terribile tempesta.
“Il Dragon
fly mi aspetta….ci vediamo stasera”
“Mh…ok…”
Mentre si stava dirigendo verso
l’uscita, Lorelai venne bloccata da un Kirk
più bizzarro del solito, sempre che bizzarro fosse un termine abbastanza
efficace da descriverlo; l’ “uomo”, infatti, indossava una
tuta da sci, di un giallo a dir poco appariscente, completo di doposci e
berretto alla David Croket. Appena lo vide, Lorelai rimase allibita; infatti,
anche se conosceva bene Kirk e le sue improvvise manie, ogni volta che usciva
con una delle sue spuntate c’era da aspettarsi che sarebbe successo
qualcosa di poco piacevole, il più delle volte dannoso
per lui.
“K…Kirk…p…perché
indossi una tuta?”
Non appena Lorelai gli fece quella
domanda, lo sguardo di Kirk si fece leggermente perplesso, come se non se non
se l’aspettasse e il fatto di mettersi una tuta in una cittadina dove la
neve non superava i sei centimetri, fosse un fatto
normalissimo.
“quando c’è la neve ci si mette la tuta…”
“sì…ma non a Star
Hollow…”
“e perché no?!”
“PERCHÉ LE PERSONE NORMALI
NON INDOSSANO UNA TUTA DA SCI IN QUESTA CITTÀ !!”
Alla strana conversazione, che si stava
sicuramente creando tra Lorelai e Kirk, si aggiunse anche Luke, che dal bancone
aveva sfortunatamente visto la nuova “idea”
di Kirk e non aveva saputo trattenersi dall’urlargli contro. Dal canto
suo, Lorelai sapeva bene come si sarebbe evoluta la situazione, quindi si stava
già pregustando una di quelle risate che non si facevano tutti i giorni,
tranne quando lei riusciva a far arrabbiare Luke grazie ai suoi
“complicati” discorsi.
Questa volta Kirk
non si limitò a fissare i due compaesani, ma fece uno dei suoi
inquietanti sorrisi, che naturalmente non avevano nulla a che fare con quelli
di Lorelai; quelli di Kirk, infatti, avevano la
capacità di angosciare anche Luke.
“Bè…si vede che non
vi siete accorti con chi state parlando!”
“Dammi retta me ne sono
accorto…ed è proprio per questo motivo che continuo a chiedermi
perché sono fermo qui ad ascoltarti…”
“semplice…perché il
tuo istinto ti dice di restare, dato che stai parlando con lo SPAZZANEVE
ufficiale di Star Hollow!!”
“No ti prego…”
Al contrario di Kirk che aveva
pronunciato l’ultima frase con un profondo orgoglio per se stesso, Luke
lo fissò con uno sguardo che tendeva più alla disperazione che
all’approvazione; anche Lorelai si incantò
a guardare il nuovo “spazzaneve” di star Hollow, ma non appena
questo si voltò a guardarla, lei azzardò un improvviso sorriso,
che sparì non appena Kirk si rivoltò verso Luke, che intanto si
era diretto verso il bancone, cercando di rimuovere dalla mente ciò che
era appena accaduto.
“bè…io
vado…auguri per il tuo nuovo lavoro Kirk! Ci vediamo dopo
Luke…”
“Ciao Lorelai…domani mattina passo davanti a casa tua per spalare la
neve..”
“c…certo…grazie Kirk”
Più veloce di un fulmine,
Lorelai uscì dal locale, evitando così di sentire da una parte
Kirk che, con la sua voce decisamente strana, difende
il suo onore di spazzaneve e dall’altra Luke, che non brilla certo per
pazienza nei confronti di soggetti come Kirk.
Mentre si stava dirigendo verso la locanda,
il tragitto di Lorelai venne interrotto nuovamente;
fortunatamente questa volta non si trattava di nessun individuo strampalato di
Star Hollow, ma del suo telefonino, che come sempre suonava quando lei era di
fretta. Stranamente trovò immediatamente il cellulare dentro la borsa e
il fatto insospettì anche chi si trovava dall’altro capo della
linea.
“DUE SQUILLI…SOLAMENTE DUE
SQUILLI…?!”
“Ebbene sì Rory, non ci crederai ma la tua assenza sta avendo questi effetti sul mio
organismo!”
“Non è che domani mi dirai che ti sei sposata e che la nonna al tuo matrimonio ha
pianto di felicità!?”
“…lo sapevo….hai cominciato a drogarti non è vero?!”
“Non ho cominciato, ho solamente
cambiato fornitore…Comunque, mettendo da parte
per cinque minuti i nostri discorsi così profondi…hai detto a Luke
del riscaldamento?”
“Sì mamma….lo sai che se vai avanti di questo passo assomigli sempre di
più alla tua nonnina?!”
“Guarda che quello dovrebbe
capitare a te e non a me…non lo sapevi che
inconsciamente i figli riproducono gli atteggiamenti dei genitori?!”
“Sei crudele…ti pentirai di
ciò che mi hai appena detto non appena mi troverai ibernata a casa”
“Allora non hai detto niente a
Luke…”
“Sì l’ho
fatto…ha detto che verso le sei viene a
sistemarlo…”
“A volte mi chiedo cosa faremmo
senza Luke….”
“Bè…io sarei in
crisi di astinenza da caffé, congelata e priva
di un uomo da far impazzire con i miei discorsi su Pingu!”
“Pingu?!”
“Lascia
stare…è meglio credimi!”
“Va
bene…ora vado, tra cinque minuti cominciano i corsi…”
“Ok…ciao tesoro, mi
raccomando non studiare troppo che poi inquini l’ambiente…”
“sì…ok…”
Non appena riattaccò il
telefono, sul viso di Rory si formò un leggero sorriso; infatti, come
ogni volta che sentiva la voce della madre, la giovane Gilmore si sentiva
subito meglio, come se Lorelai avesse il potere di infonderle coraggio ed
energia nei momenti in cui questi mancavano dalla “scorta”
quotidiana. Dopo aver riposto il telefono sopra al tavolino che si trovava ai
piedi del divano in salotto, Rory si diresse verso il bagno; ma non fece
nemmeno in tempo a varcare la soglia della stanza che Janet la chiamò
dalla sua camera. Janet era l’ultima inquilina venuta a dividere
l’appartamento con Rory, Paris e Tanna; se si doveva classificare la
ragazza in una determinata categoria, la sua era quella di
“sportiva”, dato che nessuno lì dentro aveva il coraggio, o
meglio, la volontà di alzarsi alle sei del mattino per fare ginnastica. Non appena Rory si sentì chiamare
si diresse verso la stanza della ragazza e la trovò
che leggeva un libro di Storia greca, distesa sul letto; ora che ci pensava
bene, erano rare le volte che vedeva Janet impegnata a studiare e questo le
sembrava a dir poco strano dato che per essere stata ammessa a Yale doveva aver
sgobbato almeno un po’.
Non appena vide Rory sullo stipite
della porta, Janet distolse lo sguardo dalla lettura e si mise seduta sopra al
letto.
“Per caso aspetti qualcuno?!”
“come scusa?!”
“deve venire a trovarti qualche
ragazzo?!”
Rory cominciò a guardare Janet
in una maniera che faceva trapelare un'unica frase: NON CAPISCO UN ACCIDENTE DI
QUELLO CHE STAI DICENDO! Ma Janet non si fece abbattere e, con
l’andamento più tranquillo che Rory le avesse
mai visto in tutto il tempo in cui abitavano insieme, si alzò dal letto
e si diresse verso quella che doveva essere stata la meta di Rory, per poi
aprire il rubinetto e rinfrescarsi un po’ il viso. Dopo averlo fatto,
continuo con il suo pseudo – interrogatorio.
“Questa mattina mi sono alzata
come sempre alle sei per andare ad allenarmi e quando sono tornata, davanti
alla porta, c’era un ragazzo che tentava di bussare, ma poi si bloccava, faceva
per andarsene, poi però si fermava di nuovo e tornava
sui suoi passi; ha fatto così per tre quattro volte, poi si è
guardato in giro e se ne è andato!”
“e perché pensi che
cercasse me?!”
“bè…perché
appena l’ho chiesto a Tanna è rimasta immobile a fissarmi per poi
voltarsi e accendere la tv…come se io non avessi aperto bocca; così
mi sono messa davanti al televisore e lei mi ha rivolto un sorriso a 32 denti
accompagnato da un caloroso buongiorno!”
“ah…”
“poi ho pensato che fosse un
amico di Paris, ma mi sono corretta subito….Paris non ha amici!”
Nel descrivere le persone nella maniera
più sintetica e chiara possibile, Janet era una maestra, soprattutto quando l’argomento principale era una
certa Paris. L’antipatia che la “sportiva” provava nei
confronti della signorina Gellar era del tutto
comprensibile, visto che quest’ultima sembrava trovare una profonda
soddisfazione personale nel tormentare il fidanzato della ragazza, continuando
a ripetergli che era un “ciccione”. Paris non era cattiva, ma molte
volte sembrava la copia femminile (a colte addirittura quasi umana) di Robert Patrick, il cyborg di Terminator 2, se non peggio quando le cose al
giornale non andavano come diceva lei.
“non ha importanza…sarà stato sicuramente uno che doveva farsi perdonare
dalla fidanzata e non ha avuto abbastanza coraggio così se né
andato, assicurandosi che nessuna delle sue amiche lo avesse visto nei
paraggi!”
“bè…non avrei saputo
dare una spiegazione migliore! Comunque, ora
vado…sono già in ritardo e il corso sarà già
iniziato!”
Velocemente Rory uscì
dall’appartamento e, con una camminata che la faceva assomigliare ad un
maratoneta, percorse i corridoi che la dividevano dall’aula del professor
Fleming, il “ragazzo” di Paris. Non appena pensava al professore in
quel ruolo le salivano i brividi fino alle punte dei
capelli; è vero che l’amore è cieco, ma in questo caso
doveva essere sbattuto contro qualche palo che si trovava in mezzo alla strada.
Per di più Paris sembrava, o meglio, era ansiosa di raccontarle ogni
minimo particolare delle serate che passava insieme a “Asher”, non
sapendo il disgusto che questo creava nella giovane Gilmore.
Solamente dopo essersi accorta dei
pensieri che man mano si stavano formando sulla sua mente, Rory li
scacciò concentrando tutte le sue energie per seguire i corsi che le
aspettavano quella mattina.
La ragazza entrò nell’aula
e lentamente andò a sedersi su una delle sedie libere, rendendosi conto
che il professor Fleming si era accorto del suo ritardo; ma come se non fosse
accaduto nulla, Rory aprì il libro e cominciò a prendere appunti.
Verso le tre del pomeriggio, Rory
uscì dall’ultimo corso della giornata, più sfinita del
solito, individuando come possibile causa l’aver
letto fino a mezzanotte passata “Venti mila leghe sotto i mari” di
Jules Verne; ma, dopotutto, era uno dei suoi libri preferiti e la sua forza di
volontà non era abbastanza efficace da permetterle di chiuderlo quando
mancavano appena cento pagine. Stranamente, l’aver
pensato a quel libro e al fatto che fosse uno dei suoi preferiti, le fece
tornare alla mente una persona che tentava in tutti i modi di dimenticare, una
persona che l’aveva abbandonata senza un “ciao”, una
telefonata, una lettera; l’unica persona che era riuscita a spezzarle il
cuore come nessuno aveva mai fatto; l’unica persona che lei avesse
davvero amato. A quel pensiero Rory si bloccò e chiuse gli occhi
per scacciare via quel doloroso pensiero, ma non appena lo fece la sua mente
gli fece ripensare ai momenti che lei e Jess avevano
trascorso insieme: dalla prima volta in cui lo vide a Stars
Hollow, all’ultima, quando si trovavano nello stesso autobus e lui non le
aveva detto nulla. Una lacrima si stava già preparando a percorrere il
viso della ragazza, ma fortunatamente il suono del telefono la distrasse da
quella pesante sensazione e la obbligo ad asciugarsi
gli occhi.
“pronto?!”
“Non indovinerai mai?!”
“Lane…”
“stavo servendo ai tavoli nel bar
di Luke e…”
“e…”
“un uomo seduto al bancone mi
ferma e mi chiede se il mio nome è Lane Kim…così gli ho
detto di sì…e sai cosa mi ha detto?!”
“che
è un cugino di Sherlock Holmes, ingaggiato da tua madre per conoscere
ogni tua mossa…”
“no…anche se adesso che mi
ci fai pensare potrebbe essere così…”
“sì ma Sherlock
Holmes non è coreano…”
“quindi non centra mia madre; comunque…si chiama Robert Dellord e lavora in una casa
discografica…TI RENDI CONTO?!”
“e come faceva a sapere chi eri e
che suonavi?!”
“glielo ha
detto Gil…diventeremo
famosi…”
“sono felicissima per te Lane…ma non vorrei che finisse come l’ultima
volta, ricordi: New York…locale…signora Kim furibonda?!”
“non preoccuparti…andrà
tutto bene…e poi la “signora Kim” non può buttarmi
fuori di casa per due volte…o può farlo?!...meglio
che non ci pensi…bè ora devo lasciarti...Ciao!”
“ok…ciao…”
Da quella famosa notte in cui andò a suonare di nascosto in un locale di New York
con la sua band (da precisare che alla fin fine gli organizzatori gli diedero
buca) la vita di Lene era totalmente cambiata: i rapporti con sua madre,
già difficili di per se, ora erano del tutto assenti, viveva con i due
ragazzi della sua band in un appartamento e sotto al palchè
non vi era nessun tipo di oggetto “trasgressivo”, dato che ora si
trovavano tutti sopra alla mensola. Anche se a volte tentava di nasconderlo,
Lane soffriva moltissimo per questa situazione, ma non
poteva permettere a sua madre di organizzarle la vita ora che era una ragazza
pienamente autosufficiente.
Nonostante fossero entrambe madri,
Lorelai e la signora Kim era totalmente diverse: la prima, oltre al suo ruolo
di genitore, esercitava anche quello di amica e
confidente, la seconda, invece, quello di un marine severo e duro come la
pietra.
Ogni volta che a Rory capitava di
confrontare le due donne, questa capiva quanto fosse
fortunata ad avere una madre come la sua, che le scriveva e-mail, che la faceva
ridere e le dava i migliori consigli, nonostante a volte si comportasse in una
maniera tale da far capovolgere i loro ruoli; ma forse era proprio questo suo
essere così spontanea che la rendeva una perfetta madre e una perfetta
amica.
Quando furono passati solamente pochi
secondi da quando aveva riagganciato il telefono, Rory
ricominciò a pensare a “quella” persona, chiedendosi come
mai proprio oggi doveva tornare sui suoi pensieri, rendendole tutto ancora
più difficile.
Nel frattempo, al Dragon
fly, Lorelai e Sookie erano alle prese con gli ultimi lavori di
ristrutturazione. Sookie indossava un magione di un
turchese leggermente opaco e dei pantaloni neri, al contrario di Lorelai che
aveva una camicia a righe con sopra una maglietta dello stesso rosso acceso del
suo giubbotto, con un paio di jeans abbastanza aderenti. Oramai mancava poco
tempo all’inaugurazione e le due amiche sentivano che più si
avvicinavano alla fine e più il tempo cominciava a rallentare, come se
quest’ultimo si divertisse e farle soffrire. La realizzazione
del loro sogno era alle porte e tra non molto le avrebbero spalancate
rimediando a tutti i sacrifici che avevano dovuto fare e alle umiliazioni che
avevano dovuto subire.
“Bè Lorelai…manca
poco…”
“già…non sto più nella pelle…ti rendi conto Sookie, il
Dragon fly tra poco non sarà semplicemente un’idea ma una
realtà!”
“sì…anche il
lavorare con Michel Gerard non sarà più un’idea ma una dura
realtà!”
“ma
senza un francese scorbutico non sarebbe stata la nostra locanda
perfetta…e poi è ancora eccitato perché ha visto Celine
Dion perciò, quando comincerà ad essere troppo puntiglioso, basterà
che Taylor si metta un mantello con un cappuccio nero e Michel lo
scambierà per Darth Sidious di Star Wars…”
“o per
Pingu…”
“basta parlare di
lui…questo pinguino sta diventando troppo presente
oggi…finirò per convincermi che esiste”
“a Davey piace tanto, ogni volta
che lo vede smette subito di piangere…e poi mi sto abituando a guardarlo
alle tre di notte, cioè quando l’orologio
biologico di Davey gli dice che è ora di interrompere il sonno della sua
mamma…”
“già…in questo
periodo ti vedo particolarmente stanca…se vai avanti così finirai
per riempirti di occhiaie; mica male
però… così al posto di una locanda, apriremo un negozio di
borse!”
“hai ragione…ma tra la
locanda e Davey non ho mai un po’ di tempo per rilassarmi un po’.
Anche Jackson, nonostante non voglia ammetterlo, ne comincia a risentire, infondo,
però, non possiamo farci
nulla…””
“e perché non lo lasci a
qualcuno per una sera?!”
“l’ho chiesto a Michel…ma non appena l’ho fatto a cominciato a
balbettare qualcosa come:letto, sotto, bambino, dorme… così ho
lasciato stare, sembrava davvero spaventato…”
Lorelai capì subito a cosa
corrispondevano i balbettamenti di Michel e molto probabilmente era stato meglio
che Sookie non li avesse decifrati, altrimenti chissà come avrebbe
reagito se avesse scoperto che spingendo su e giù il bambino, Michel lo
aveva buttato sotto al letto; una vera e propria
catastrofe. Era, perciò, evidente che Michel non avrebbe più
osato toccare il piccolo Davey, almeno per una decina di anni,
in altre parole quando era abbastanza grande da uscire da sotto al letto senza
alcun aiuto.
“quindi
non ho nessun altro…”
“perché non lo lasci a me?!”
Le ultime parole Lorelai le aveva pronunciate con un tale entusiasmo e convinzione da
far fare un leggero scatto a Sookie; la cuoca non sembrava troppo convinta
dall’idea della Gilmore e ciò lo faceva trapelare
dall’espressione dei suoi occhi. Dal canto suo, Lorelai, non capiva la
reazione dell’amica, infondo lei se la cavava bene con i bambini, il solo
fatto che ne aveva allevato uno da sola era una prova inconfutabile.
“perché quella faccia?!”
“niente…è che tu hai
una tua vita e non mi sembrava giusto che passassi la serata a casa con Davey mentre io vado a divertirmi con Jackson…”
“ma non ti preoccupare…a me
fa piacere, mi piacciono un sacco i bambini, per due
motivi:posso parlare di tutto e non mi contraddicono quasi mai”
“e Jason?!
Non credo la pensi come te nel passare un’intera
serata a badare ad un bambino che non è neanche suo!”
“e chi ha detto
che stasera esco con Jason?!”
“me lo hai detto tu questa mattina quando sei arrivata alla locanda!”
“dettagli…gli dirò che ho preso la malaria e che perciò mi
hanno messo in quarantena!”
Sookie osservò Lorelai e le
porse un sincero sorriso; conosceva bene l’amica e sapeva che sicuramente
avrebbe preferito uscire invece che rimanere a casa, ma sapeva anche che era
pressoché impossibile farle cambiare idea, perciò se aveva deciso
di farle quel favore così sarebbe stato, anche a costo di rapire Davey e
riportarglielo il giorno dopo.
“perfetto Sookie…è
deciso! A che ora passo a prenderlo?”
“oh…non c’è
bisogno che vieni tu, passo io da te…per le sette, va
bene?”
“nessun problema….ti aspetto per quell’ora!...ci vediamo dopo ciao
Sookie!”
Al locale, Luke era indaffarato a
servire un sacco di persone; infatti, nonostante fuori si congelasse, gli unici
che erano usciti di casa o che avevano appena
terminato il lavoro, si diressero lì, sperando che un buon caffé
servisse ad alzare la temperatura. Dopo aver servito un cliente seduto ad un
tavolo vicino all’ingresso, la giovane Lane si
avvicinò al bancone, aspettando che Sisar
preparasse l’ordinazione fatta da due fidanzatini, circa quindici muniti
fa. Mentre aspettava, senza rendersene conto, la ragazza si ritrovò a
fissare i due ragazzi che stavano in fondo alla sala, che
mentre aspettavano il loro cibo, trascorrevano il tempo guardandosi
intensamente negli occhi e scambiandosi dei baci a dir poco affettuosi. Nonostante
non volesse ammetterlo, tutto ciò faceva scatenare in Lane una forte
rabbia che poteva essere tradotta solamente con la parola GELOSIA.
Luke, che in quel momento si trovava di
fronte a lei dall’altra parte del bancone, si accorse della sua
espressione, sospettando quale fosse la causa.
“tutto bene?”
“oh
sì…certo…”
“ti vedo abbastanza
pensierosa…c’è qualcosa che non va?!”
“no…tutto…tutto
bene…”
“sarà, ma la tua faccia
sembra ben lontana dal “tutto bene”…o sbaglio?!...non dirmi che quello era il tuo ragazzo!”
“no…no…figurati, il
mio ex ragazzo è in California, si è trasferito lì per
andare al collage...pensavamo che la lontananza non potesse scalfire la nostra
storia e invece eccomi qua…sola come un cane che passo
il tempo tra una portata e l’altra fissando due fidanzatini!
Anzi…ora che ci penso non sono sola come un cane, Lilli dopotutto aveva
il Vagabondo…perciò non era sola, sono
più sola di un cane…”
L’ultima frase Lane l’aveva pronunciata con un profondo tono di disperazione e ,
naturalmente, Luke se ne era accorto; non era un granché con le
chiacchiere, ma se persino Lorelai qualche volta lo stava a sentire,
significava che tanto male non era.
“sbaglio o hai una band?!”
“sì è vero…ma uno è sposato ed ha una figlia, uno ha
usato lo spazio del suo mobiletto per metterci dei pupazzetti e l’altro
ancora…lasciamo perdere…”
“ma non sei comunque
sola…pensa se non avresti nemmeno loro. C’è sempre tempo per
un ragazzo…ma i veri amici arrivati sono sempre
più difficili da trovare!”
Dopo quell’ultimo consiglio,
l’umore di Lane, che fino a poco fa era arrivato a toccare il centro
della terra, cominciava a toccare i livelli della normalità, infondendo
nella ragazza un forte senso di sicurezza, capace di abbattere quel profondo
abbattimento che in quei giorni la stava massacrando.
Dopotutto Luke aveva ragione, le aveva degli amici fantastici, cominciando da
Rory che si era sempre dimostrata sincera e disponibile nei suoi confronti.
“hai ragione…Grazie
Luke”
“porta questi hamburger a quel
tavolo….ai fidanzati ci penso io…”
Lane lanciò
a Luke un sincero sorriso che, come ogni volta, metteva in risalto i suoi
lineamenti coreani, conferendole un aspetto dolce e insicuro, un aspetto che
rispecchiava notevolmente il suo modo di essere. Dopo aver
preso i piatti da sopra al bancone, la ragazza si diresse verso i clienti, i
cui occhi non appena la videro arrivare si fecero carichi di una strana luce,
che metteva a disagio la giovane ragazza.
Proprio in
quel momento, mentre Luke stava prendendo in mano i piatti dei due fidanzati,
con sopra un pezzo di torta alle pesche e una al cioccolato, la porta del
locale si aprì, stuzzicando la curiosità del proprietario del
locale, che d’istinto alzò lo sguardo. Davanti a
lui, si presentò un ragazzo: capelli neri, occhi scuri, fisico ben
curato, berretto nero, giubbotto dello stesso colore e un paio di jeans. Luke,
che non appena lo riconobbe il suo cuore mancò di un battito,
lasciò cadere sopra al bancone uno dei piatti, lasciando fortunatamente
integro sia l’oggetto che il contenuto.
“J…Jess…”
“hai
un minuto?!”