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Autore: Elgas    14/01/2024    1 recensioni
[Jhin x Hwei, League of Legends/Arcane]
[Lettura da PC]
Bastò una porzione di colore a ipnotizzarlo mentre lentamente, passo dopo passo, il dipinto prendeva forma. Eccolo infine… davanti a un sogno, o a un incubo? Avvertì la Mente scoppiare, il Cuore ferito, il dolore emergere mentre le iridi si dipingevano di un rosso ammaliante, mortale. Quattro Ninfee Scarlatte.
Rosse come il sangue, dipinte col sangue, pennellate selvagge, violente, tripudio di morte e vita. Proprio come allora, come le fiamme, i corpi mutilati, loti mortali. Ogni dettaglio, ogni tratto era inconfondibile.
Genere: Angst, Erotico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Jayce, Jhin, Vi, Viktor
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo III: Intervallo



Non riusciva a muovere un muscolo, il Cuore tremante, il corpo teso e fragile.
Avrebbe voluto irrompere nella sala, pretendere spiegazioni, eppure l’intenzione
rimase lì, intrappolata in un reticolo della Mente. La risata di Jhin risuonava ancora
nella testa annebbiando ogni pensiero. Rompere un momento prezioso, così intimo,
ecco cosa temeva Hwei, e per attimo si sorprese di sé stesso; non vi era gelosia verso
l'uomo conosciuto la sera prima, né verso l’amato che con disinvoltura si muoveva
attorno alla poltrona su cui era seduto l’Ambasciatore. Indugiò ancora Jhin per
bloccarne infine ogni via di fuga, le ginocchia sopra i braccioli, di reazione Akshan
s’irrigidì un poco, celando l’imbarazzo nelle mani che, forti, scorrevano sulle gambe
dell’altro.
Ti amo Hwei, l’aveva sentito vibrare nel Cuore, nel Cuore di Jhin. Ti amo, parole non
così distanti da Akshan.
«Fa strano pensarti in un ruolo così formale…» disse Jhin strofinandosi contro il collo.
«Beh, ho deciso di far dei cambiamenti tutto qui.»
«Davvero? Raccontami bene, sono curioso.»
«Ah… beh fu poco dopo la fine della Mietitura. Tornato al Tempio, non passò molto
che la solitudine iniziò a farsi sentire. Non rinnego il sapere delle Sentinelle ovvio,
ma il breve tempo fuori da Shurima fece nascere il desiderio di esplorare il mondo.
Mi diressi alla Capitale, il Disco Solare, la città rinata… uno spettacolo che merita di
essere visto. La fama però mi aveva preceduto, una fama ristretta. Un messo di corte
si presentò una sera mentre giravo in uno dei tanti bazar. All’Imperatore bastò un’
occhiata per aver conferma di chi fossi e di cosa avessi fatto. Mi offrì il ruolo di
Ambasciatore… in fondo si adattava bene al mio desiderio e al voler continuare ad
aiutare Shurima. Studiai un anno, ebbi la mia missione ad Ixtal.»
«Oh… anche lì devi aver ammirato l’impossibile.»
«Sì. Fu un successo e poi… qualche mese dopo giunse l’invito del Consigliere Talis.
In queste acque turbolente sapevo che ti avrei rincontrato e così è stato.»
Promesse… silenti promesse… ecco il sapore di quell’amore…
Come me…
Per un attimo Hwei si sentì trascinare indietro a contemplare l’Ambasciatore, gli
occhi dell’uomo a osservare le Ninfee.
«Uhm… ti sono mancato?»
Lo sussurrò caldo all’orecchio Jhin, mentre le dita, le stesse che l’avevano sfiorato
Hwei la sera prima, accarezzavano con forza il petto di Akshan.
«Non hai idea di quanto.»
Hwei deglutì. Mai avrebbe pensato di assistere a baci così intensi, di sentire il calore
di quei corpi su di sé, corpi danzanti, armoniosi in uno spazio ristretto, calore a
saturare l’aria di un desiderio a lungo trattenuto; né di eccitarsi in quel modo e così
in fretta; li vide liberarsi dai vestiti, quel poco da permettere di godere ancor di più
l'uno dell’altro. Era un intreccio di colori da togliere il fiato, le vesti viola di Jhin
opposte al bianco, la pelle olivastra a mischiarsi col tono più scuro di Akshan. Non
pensava che Jhin potesse muoversi in maniera così seducente, né che l’Ambasciatore
riuscisse a dominarlo in quel modo, le dita infilate in bocca, la mano libera a
stringere i membri con movimenti decisi. Dalla posizione Hwei non riusciva a
vedere bene, il suono era però inequivocabile. Concentrarsi poteva sentire il calore,
il sudore scivolare in ogni angolo. Guidato da quei suoni proibito s’immaginò in
mezzo a loro, sommerso da voci e carezze, ad accoglierli dentro di sé, ancora e
ancora. Si poggiò, schiena contro il muro, le gambe leggermente piegate, le dita a
muoversi fra le natiche, i genitali, attorno alla punta vogliosa di piacere. Guidato da
quella musica sensuale raggiunse l’apice, ondate calde a riversarsi copiose sul ventre
e il pavimento. Ancora col Cuore in gola e il respiro corto si ripulì, in tempo per dire
Jhin chiamarlo dolce e premuroso.
«Ti sei divertito Hwei? Dai entra pure.»
Sommerso dall’imbarazzo entrò, passi meccanici in istanti invisibili fin quando non
si ritrovò di fronte ai due uomini, perfettamente ripuliti dall’atto appena compiuto
(esclusi i fazzoletti presi dal contenitore sul tavolo e gettati nel contenitore affianco).
Jhin di nuovo in piedi prese a ronzargli attorno, ma fu ad Akshan che Hwei si
rivolse.
«Ambasciatore… posso spiegare!»
«Tranquillo… appena arrivato Jhin mi parlato di te.»
Lo disse con una serenità tale da annientare ogni reticenza. E Hwei riuscì a vederla,
una sfumatura calda come le sabbie del deserto. Non aveva barriere o pregiudizi
Akshan, gli bastava poco per far sentire le persone a loro agio. Lo disse con un
sorriso da togliere il fiato e in grado al tempo stesso di scaldare il Cuore.
Come ho fatto a non vederlo?!
«C-Capisco. Grazie Jhin», voltandosi lo trovò a porgergli gli abiti piegati e le scarpe.
«Akshan mi accennato al vostro incontro, proprio di fronte al mio quadro.»
«Si…», confermò mentre dando leggermente la schiena cominciava a vestirsi, a
quelle parole però una domanda sorse spontanea, «hai mosso i fili per riunirci.
Perché proprio ora? Perché qui?»
Jhin sorrise, muovendosi leggiadro come su un palcoscenico, le mani esaltate da
ampi gesti.
«Era tempo di farti uscire completamente dalla tua gabbia Hwei. Per Askan…
mantenere una promessa. Vi sono anche motivi più… pratici, ma non è questo il
momento per parlarne. Sbrigati… la compagnia ci ha raggiunto prima del previsto.»
«Compagnia?» ripeté messo in allarme.
«Le hai incrociate ieri. Lo sceriffo e la sua amata vice… e non solo… sono qui per
arrestare me. Devono averti seguito, ma tranquillo l’avevo messo in conto.»
Allora notò gli stivali metallici indossati da Jhin, l’alluce separato dalle altre quattro
dita modellato a forma d’artiglio. Con la stessa leggerezza di sempre Akshan si alzò
stiracchiandosi e prese la propria arma nascosta sotto il tavolino, una strana pistola
simile a un rampino considerando i tre grossi ganci in pietra traslucida.
«Immagino tu abbia già un piano di fuga.»
«La via d’uscita è fuori. Il mio contatto ci attende sotto il ponte sulla sponda di Zaun.
Non dovrebbe essere un problema per te trovarlo.»
«Assolutamente!
Poi il silenzio calò come un sipario violento. Lontano Hwei udì dei passi veloci
avvicinarsi di soppiatto nel corridoio. Lanciò un'occhiata a Jhin intento a scrutare
con fare annoiato sia lui che Akshan, infine sospirò.
«Uhm… dovrò trattenermi. In fondo sarebbe un peccato ferire delle donne così
promettenti. Hwei conto su di te», nel dirlo indossò il lungo guanto nero alla mano
destra, fra tutte le dita solo l'indice era coperto. Hwei notò la pistola portata al fianco,
eppure, nonostante tutto Jhin non la sfiorò nemmeno, la mano poggiate all’elsa di
due spade corte.
Conto su di te, si sentì rincuorato, una sensazione inaspettata data la situazione,
grazie a essa le parole sorsero, fiorirono come un giardino incantato.
«Si, non preoccuparti.»
I passi si bloccarono, ma la battaglia irruppe con una forza che mai si sarebbe
aspettato. La porta si ruppe in mille pezzi, schiacciata da una forza dirompente,
eppure ogni suono, rumore si ridusse a un fischio continuo. Frammenti di legno
saettarono in tutte le direzioni, dalla piccola nube di detriti emerse una massa di
metallo, circondata da iridescenti e sottili solchi luminosi, eppure Violet carico subito
un altro colpo, indifferente al peso non indifferente degli enormi guanti hextech.
Due passi e la donna superò il breve corridoio, fu allora che all’entrata apparve la
lunga canna di un fucile saldamente impugnato da Caitlyn, lo sceriffo rimasto sulla
soglia riusciva a mirare anche in uno spazio così ristretto, l’arma puntata verso Jhin.
In quell’istante Hwei si sentì sprofondare, ma fu allora che l’amato fece la sua mossa.
Uno schiocco di dita, un click metallico, una morsa di acciaio iridescenti seguita da
un tonfo violento. Violet imprecò trattenendo il dolore, il guanto serrato fra il
pavimento e un loto letale, provò a liberare la mano senza successo, il groviglio di
metallo già sporco di sangue, eppure mantenne i nervi saldi gridando qualcosa a
Caitlyn che subito riprese la mira. Fu allora, nell’istante di maggior pericolo che
Hwei trovò la forza. Fu come un’onda, un'immensa onda infrangersi sulla scogliera,
la stessa che aveva quasi ucciso i Maestri a Koyehn tanti anni prima, il potere, il vero
potere adesso era lì, pronto per essere plasmato, per proteggere. In un movimento
fluido il pennello s’ingrandì fino a raggiungere le dimensioni di un bastone, la punta
già pregna di colore disegnò una violenta pennellata come fosse su una tela, eppure
il colpo fu preciso, millimetrico; dalla punta un globo violaceo, al cui interno sottili
linee dorate disegnavano un occhio demoniaco, scattò in avanti, superò Violet
infettando il fucile dello sceriffo. L’arma divenne più pesante e Caitlyn dopo un
attimo di resistenza fu costretta a seguirne l'inevitabile discesa. Hwei sorrise fra sé,
felice che il tormento non avesse ferito nessuno, ma si fosse plasmato in uno scopo
più nobile. Il sollievo durò poco, la voce di Jhin lo richiamò, ma nel tono pacato
percepì una nota preoccupata.
«Usciamo da qui! In fretta Hwei!»
Veloce, Hwei mosse una pennellata in direzione del pavimento. Un torrente
cristallino prese forma sotto di loro, limpido come le sorgenti di Ionia intrise di
magia. Pattinando su esso, in un attimo tutti e tre si ritrovano a metà del balcone,
la ringhiera sempre più vicina. Attimi felici si tramutarono in angoscia. Hwei si
sentì sollevare, in tempo per stringersi alla schiena di Akshan, per vedere uno
scintillio metallico saettare sopra Jhin. Saltarono e mentre il vento accarezzava
violento il viso, Hwei la vide; una donna dal fascino artificiale, non gli venne in
mente altro modo per definirla, dati i lunghi cavi d’acciaio tesi che partivano da
due scomparti innestati nel bacino e le gambe simili a vere e proprie lame, lame
a cozzare contro le spade di Jhin.
Ansia, terrore… li senti vibrare come in Akshan, avrebbero voluto urlare il suo
nome, ma l’uomo ebbe la fermezza di riportarli all’ordine.
«Scappa Akshan! Va via!», urlò facendo perno sul peso dell’avversaria.
Invertì le posizioni in tempo per atterrare sul cavo di un palazzo, gli stivali a tenerlo
in equilibrio mentre iniziava a correre. Fra bagliori di scintille, la donna aveva già
ripreso a inseguirlo, accompagnata dal sibilo dei cavi magnetici. Poi tutto svanì.
Hwei trovò la forza di chiudere di occhi, Akshan lo strinse maggiormente a sé, il
rampino saettò agganciando un cornicione e poi altri a tracciare la via di fuga.
Non dissero nulla e nel silenzio l'angoscia si mischiò a una struggente attesa.

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Colori e suoni, tutto era confuso. I contorni apparivano sfocati, avvolti da una nebbia
eterna, i suoni talmente ovattati da apparire una matassa indistinta riversa sul fondo
di una gola. I puliti, accoglienti, luminosi colori di Piltover avevano lasciato spazio a
sfumature fredde, malsane; verdi troppo scuri per appartenere a foglie, viola e blu a
intrecciarsi in un 'aria densa e chimica; fra strade nebulose e sagome di palazzi stretti
come termitai, le persone apparivano infettate da quel luogo, il luogo dove erano
nate, dove finivano per debiti, o lavori e affari non esattamente leciti, eppure nella
massa riusciva a scorgere speranza e bontà, come lucciole nelle notti estive. Da
quando si erano separati Hwei ricordava ben poco; la sagoma del ponte aveva fatto
capolino solo per pochi istanti per poi scomparire, dimenticata. Il contatto di Jhin
anche lì ricordava poco, persino ora, tra vicoli angusti e soffocanti, Hwei riusciva a
scorgerne solo la sagoma, alta più di Jayce, fredda e imponente. Hwei l'avrebbe già
perso di vista se non fosse stato per Akshan, ogni tanto si sentiva richiamare con
affetto, stringere per mano, solo allora l’Ambasciatore riacquistava nitidezza, solo
allora il Cuore si alleggeriva un poco. Un Cuore altrimenti sommerso dal terrore;
veder tornare Jhim ferito o peggio ancora. Hwei scosse la testa mentre la cappa di
Zaun lasciava spazio a un profumo insolito… salsedine, mare. L’orizzonte si dipinse
di un blu accogliente, per poi venir inghiottito da un buio improvviso, al che, quasi
per spirito di sopravvivenza, i contorni tornano a farsi nitidi rivelando un ampio
ambiente circolare, ricolmo di ampolle, tubi e strumenti alchemici di ogni tipo,
tavolette e cerchi magici, pile di libri e pergamene; il poco spazio lasciato libero
formava un corridoio a zig-zag, superato il quale una lieve depressione accoglieva
un enorme forgia dove mille ingranaggi si muovevano a ritmo serrato. Eppure,
nonostante il complesso fosse in funzione, non vi era rumore, l’aria era fresca e
nessuna scintilla osava superare la ringhiera divisoria. Magia concluse Hwei, lo
sguardo a perdersi su inaspettate meraviglie, compreso il soppalco oltre cui una
soffusa luce azzurra illuminava il soffitto.
«Hwei… siamo al sicuro ora», la voce di Akshan lo accolse dolcemente.
Lo ritrovò seduto su di uno sgabello, in mano reggeva una tazza di thè fumante, ma
subito la posò, prese la caraffa e versò altro tè in un bicchiere.
«Scusa, il padrone di casa non è avvezzo ad avere molti ospiti. Tieni.»
«Grazie. Dove… dove siamo?», chiese bevendo il primo sorso, un tepore di cioccolato
e zenzero a riscaldare la gola.
«Nel laboratorio di Viktor. Tranquillo, sono stupito quanto te, chi avrebbe pensato
che il contatto fosse niente meno che il Barone di Zaun.»
Lo disse con un misto di ammirazione e timore. Hwei ne comprese il perché quando,
come fosse stato annunciato, l’uomo fece capolino al limitare opposto del corridoio.
Vi era poco di umano in Viktor, al pari della donna misteriosa che aveva aggredito
Jhin; indossava un'armatura di metallo nero, talmente liscia da sembrar pelle;
partendo dal collo, ne avvolgeva il corpo alto e slanciato, i muscoli perfettamente
delineati, dove vene e arterie pulsavano luminose, il sangue stesso era di un
inebriante viola… no… la pelle stessa, i muscoli e le ossa avevano assunto una
composizione diversa, intrisa di una strana magia. Solo il volto coperto pareva
essersi in parte salvato dalla mutazione; una maschera di acciaio puro ad esclusione
dei segmenti lungo gli occhi il cui strano materiale sembrava l’unica parvenza di
umanità rimasta nel Barone. Egli si avvicinò, un accenno disinteressato nelle
movenze, le sfumature dell'Anima, del Cuore ridotte al minimo, intrappolate sotto il
“metallo”. Agli occhi di Hwei, Viktor si figurò come una tela vuota e incolore.
«Benvenuto anche a te Lukai Hwei. Perdona il disordine, ultimamente ho avuto
molto da fare. Avrei preferito accogliere meglio i compagni di Jhin.»
«Ah… vi ringrazio. Purtroppo, ci sono stati dei problemi. Akshan se ne avrà parlato
immagino.»
«Si. Mi è bastato il nome per capire le motivazioni dietro l’attacco. Camille Ferros.»
«Camille…», ripeté tremante Hwei sedendosi accanto ad Akshan.
«I fatti risalgono a un anno fa. Su mia richiesta Jhin rubò dei prototipi del Clan. Tutto
filò liscio… fino al teatro.»
«Cosa accadde?»
«Il Clan Ferros esiste dagli albori di Piltover, un Clan così potente da possedere una
milizia privata. Quella notte trenta uomini guidati da Camille stessa lo intercettarono
nella sala centrale. Solo tre ne uscirono vivi. Il preludio allo scontro fu un requiem di
pianoforte suonato da Jhin. Alla fine, riuscì a fuggire», un sorriso invisibile si dipinse
sul Barone, «fu un affronto troppo grande per l’Ombra d’Accaio. Ha approfittato del
suo ritorno per chiudere i conti una volta per tutte, doveva pesarle se si è abbassata a
collaborare con lo sceriffo.»
Hwei si sentì vacillare, il Cuore tremare, il Corpo scuotersi fin dalla fondamenta; le
immagini donate da Viktor non lo tranquillizzavano, ma qualcosa nel tono pacato e
distaccato fu in grado di trattenere la speranza.
«Dite se la caverà? Senza conseguenze insomma…»
«Non conosco gli ultimi aggiornamenti di Camille. In ogni caso Jhin ha sempre
portato a termine i suoi incarichi in un modo o nell’altro. Non sono il tipo da elargire
fiducia, ma lui è una delle poche persone che posso definire degne in tal senso. Ora
come ora possiamo solo aspettare Lukai Hwei.»
Senza aggiungere altro l’uomo tornò alle proprie faccende. In bilico Hwei finì il tè
ormai tiepido. L’Ambasciatore non aggiunse altro, poggiando una mano sopra il suo
ginocchio. Hwei la strinse come un’ancora di salvezza, sorrise, grato del gesto e
insieme osservarono il Barone intento in qualche strano esperimento, unica
distrazione in un posto pieno di stranezze e testi complicati. A Viktor la cosa non
turbò, anzi pareva muoversi con un certo orgoglio fra le varie strumentazioni.
Tramite piccoli cerchi alchemici, un liquido passò fra varie ampolle e almanacchi,
quando finì il percorso aveva assunto una trasparenza perfetta, il Barone lo lasciò
riposare mentre con un piccolo mortaio macinava foglie e bacche rosse fino a
ottenere una pastella densa, a quel punto trasferì i due componenti in una piccola
pentola posta sopra un fornello e prese a mischiarli lentamente, regolando il fuoco e
aggiungendo polveri al momento giusto. Dopo un tempo indefinito, lo inserì in una
siringa, adesso il liquido era di una tonalità vermiglia, simile al sangue.
Immersi nel rituale, il tempo passò senza che se ne accorgessero, Hwei aveva frenato
ogni emozione, ma la tempesta tornò quando udì dei passi avvicinarsi dal fuori,
passi affrettati e in sottofondo un respiro corto e affannato. Jhin apparve oltre
l’ingresso, chiudendo con violenza la porta dietro di sé, come uno spettro fuggito
dalla purificazione. La vide piegato su stesso, pallido, i capelli sudati scendevano
confusi sulla fronte, aveva lasciato cadere una grossa e lunga valigia, la mano a
reggere la pistola poggiava al contempo sul braccio destro, dove un copioso rivolo
di sangue scendeva dalla spalla. Si tese Hwei, le dita tremanti verso di lui, Akshan
disse qualcosa ma fu il padrone di casa a farsi avanti, per nulla impressionato dalla
ferita. Sigillò la porta, un semplice giro di maniglia fece scattare un complesso
sistema di ingranaggi e blocchi; veloce lo fece sedere sopra uno dei tavoli posti nel
piccolo ingresso e posò la valigia accanto a lui. Jhin volse lo sguardo ai due amati,
sorrise senza aggiungere altro, ancora provato dalla lunga fuga. Hwei sentì il Cuore
alleggerirsi al pari di Akshan. Commosso osservò Viktor medicarlo, disinfettare il
taglio, estrarre frammenti di metallo, applicando infine una garza e una stretta
fasciatura.
«Accidenti… quella stronza non mi lasciava più andare…», disse Jhin nel mentre.
«Immagino… forse dovremo cambiare nascondiglio per il tuo equipaggiamento…»,
commentò laconico il Barone mentre siringa alla mano conficcava l’ago nel braccio.
Jhin tirò un sospiro di sollievo, il siero fece subito affetto, il colorito più vivo, i
muscoli rilassati.
«Sì, aggiornami appena trovi qualcosa. Ah… grazie mille Vik. Lo hai migliorato
dall'ultima volta?»
«Ci sono sempre margini di miglioramento», rispose senza mezzo termini posando
la siringa, «il tuo fucile ad esempio… la spalla comincia a risentire del contraccolpo
nonostante la protezione del caricatore. Ti ripeto, dovresti considerare seriamente la
mia offerta.»
Jhin ritrasse il capo in una leggera smorfia.
«Non intendo farti da cavia. Finché posso preferisco tenere i miei arti interi. Perché
non migliori Sussurro scusa?»
«Non sarebbe altrettanto divertente, ma bando alla ciance ora… dov’è quel che ti ho
richiesto?»
«Dentro la valigia.»
Viktor sollevò il coperchio, Hwei intravvedere la canna di un fucile da cecchino, gli
intagli del metallo elaborati nella più splendida fattura di Ionia, parti di un oggetto
più grande che non riuscì a identificare, poi Viktor chiuse tutto, in mano un
sacchetto, la luce del contenuto così intensa da superare le maglie del tessuto. Senza
aggiungere altro lo mise dentro un cassetto e chiuse a chiave. Hwei ne percepì il
Cuore perso nelle nebbie di ricordi lontani.
«Era esattamente dove avevi detto. Dentro il candelabro nella prima sala della
mostra», continuò Jhin a quel punto, «ricordati Hwei i migliori nascondigli sono
quelli più impensabili.»
«Uno dei pochi acumi rimasti a Jayce… come facevo ad esserne certo? Beh, anch'io
l’avrei nascosto lì.»
«Ah! Questa mi piace! Solo ti prego di star attento Vik, giocare con la magia non è
salutare in questi tempi.»
Il Barone scosse il capo infastidito.
«Non ho bisogno dei tuoi consigli in materia. Frasi del genere mi ricordano
Heimerdinger. Non sarei qui se non avessi “giocato” con la magia. Vi lascio qualche
minuto per prepararvi, poi vi scorterò fuori da Zaun. Se vi trovano faranno una
retata come ai vecchi tempi e nemmeno Jayce riuscirà a fermarla stavolta.»
Il tempo di radunare i pochi averi e i tre seguirono il Barone. Akshan prese la valigia
di Jhin mentre Hwei lo aiutò a sorreggersi. Una botola, l'oscurità intervallata da
cristalli verdi infusi di magia tracciava un corridoio appena oltre la piccola scala.
Mentre scendevano Hwei comprese quanto profondi dovessero essere i legami fra
Viktor e Consigliere Talis, così come le fratture a renderli l'opposto l'uno dell’altro.
Un pensiero passeggero, sostituto in fretta dal calore di Jhin.
«Sono felice che tu sia qui Hwei.»
«Anch’io… anch'io…»
Parole a sorgere dal Cuore in una felicità nuova e genuina.
Una luce a brillare nelle inaspettate tenebre del futuro.

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Il Barone li aveva guidati attraverso passaggi segreti e labirintici, perfino per la già
intricata Zaun. Superati le condotte fognarie, i grossi tubi di scarico e odori
decisamente poco gradevoli, come lo scorrere di un velo magico arrivò il profumo
del mare, ecco aprirsi infine un’ampia grotta; a decorarla un molo arroccato sulla
nuda roccia e sull’acqua resa ancora più limpida dalla luce dei cristalli, una barca
finemente decorata di intarsi metallici, senza vele ma provvista di un poderoso
motore a poppa.
Una creazione di Viktor…
Salirono. L’imbarcazione era abbastanza ampia da farci stare comodamente quattro
persone. Viktor spiegò i semplici comandi della console posta davanti ai motori
parlando ancora con Jhin, mentre Akshan infilava la valigia sotto una delle assi e
prendeva posto sopra. Anche Hwei ascoltò, giusto per esser certo di riuscire a fronte
a ogni evenienza. Appoggiato sul parapetto, si perse infine a compilare la grotta
soffermandosi sui punti in ombra ove la luce non osava filtrare. Un movimento nel
buio, un’ombra dentro altre ombre, occhi rossi, occhi di una belva. No, doveva
essersi sbagliato, eppure un brivido freddo rimase a tormentarlo nonostante la
risolutezza, facendolo ricredere in fretta. Qualsiasi cosa si nascondesse lì, era una
strana fusione tra alchimia e magia della peggior specie, una bestia dentro cui si
mischiavano tristezza e abbandono.
«L’hai notato anche tu?», chiese Akshan portandosi accanto a lui, lo sguardo fisso
sullo stesso punto.
«Non credo voglia farci del male, altrimenti ci avrebbe già attaccato o messo in
guardia. Di solito gli animali fanno così…»
«Sempre che di un animale si tratti.»
«Non avete da temere. Vi scorrerà fino al mare, nel caso qualche pattuglia stia
ispezionando il canale», la voce, la presenza di Viktor invase lo spazio, solo allora
Hwei si rese conto di quanto fosse alto, più di Jhin e del Consigliere Talis.
Una nota amara costrinse il Barone a continuare il discorso.
«Una storia triste quella di Vander. Ormai è solo un lupo tormento da un passato che
non riesce a ricordare.»
«Vander? Era un uomo prima di…?», chiese Akshan con stupito dispiacere.
«Fu il mio Maestro a salvarlo, all’epoca non ero ancora così… influente da impedire
quel folle esperimento. Di certo… avrei apportato un altro tipo di modifiche. Ora
posso solo guidare Warwick per quanto possibile», poi, certo che il lupo si fosse
ritirato fra le ombre, cambiò argomento, «nella stiva troverete un po' di scorte, non è
molto ma potrete rifocillarvi stasera.»
«Grazie Vik», lo salutò Jhin con un cenno della mano.
«Jhin. È stato un piacere conoscere anche voi. Vi auguro buona fortuna, ne abbiamo
tutti bisogno in questi tempi turbolenti.»
Conclusi i saluti, la piccola imbarcazione partì, il Barone indugiò ancora per infine
sparire alla vista quando raggiunsero la prima curva. Jhin guidava in silenzio,
l’unico suono ad accompagnare lo scorrere della barca erano pesanti passi felpati, il
ringhio sottile di un lupo invisibile. Dopo poco l’odore del sale si fece intenso unito
all'eco delle onde, infine il mare apparve come il più bello dei quadri; la baia delle
città gemelle alle spalle, il tramonto a occidente, oltre le montagne che circondavano
Piltover, donava all’acqua scura gli ultimi baci del sole, spicchi di luce a incresparsi
sulla superficie. L’aria era tiepida, i leggeri fumi della Città del Progresso e quelli
infetti di Zaun erano già un ricordo. Hwei sorrise appoggiandosi alla spalla di
Akshan, e per un attimo si sentì lontano da tutto, dai pericoli e dalle ombre di
Runeterra. Circondato da amore e tanto bastava. Istanti fugaci; eccole le imponenti
navi Noxiane ormeggiate al porto di Piltover, persino da quella distanza le vele e gli
alberi maestri svettavano come picche insanguinate contro il cielo, simili a quelle che
anni prima avevano invaso Ionia, un periodo sfumato nella memoria di Hwei,
giacché era giovane e la guerra non era mai giunta nella regione del Tempio.
Osservandole notò delle differenze, una recava uno stemma simile a un rombo
d’argento mentre le restanti tre avevo le vele più scure e un simbolo fiammeggiante a
decorare la prua. Ebbe un brivido, più forte quando percepì lo stesso turbamento
negli altri.»
«Abbiamo compagnia… state attenti», sussurrò Jhin abbastanza forte da farsi sentire.
«Complimenti, siete più sensibili del previsto.»
A quella voce sconosciuta, il velo dell’invisibile si ruppe, frammenti di realtà a
dissolversi nel tramonto, rivelando a circa decina una piccola barca a vela noxiana.
Seduto al centro stava un uomo reso ancora più imponente dal giaccone scuro chiuso
da una doppia fila di bottoni, le braccia conserte e il viso celato dal cappuccio e una
maschera d’argento che lasciava scoperta la pelle scura di bocca e mento, contornato
da un lieve cenno di barba. A parlare però era stata la donna e fu lei a canalizzazione
l’attenzione di tutti. In piedi, una mano stretta a una corda, li osservava con
attenzione; il fisico alto e snello, le forme accennate ma piene contornate da una
muscolatura sottile e nervosa, eppure tutto in lei emanava autorità, rispetto, una
sensualità pericolosa; uno strano abito l'avvolgeva partendo dal collo, fasce di
metallo sovrapposte così morbide da sembrare seta, coprivano spalle, braccia,
continuando lungo fianchi e gambe, andando a formare lì dei pantaloni, un secondo
tessuto più chiaro copriva petto, ventre scendendo fino all'inguine, il tutto contornato
da bracciali e anelli di mille sfumature. Ma era il viso, di un'età indefinita, a colpire
più del resto; nella pelle diafana, i sottoli occhi rossi ardevano come un fuoco scuro,
la luce delle iridi simile al sangue, i capelli, raccolti in sottilissime e lunghe trecce,
erano bianchi alla radice sfumando lentamente nello stesso colore degli occhi. Più
d'ogni altra cosa, a impressionare Hwei fu la magia a pulsare in ogni fibra del corpo,
a corromperlo, in alcuni punti il metallo stesso si era sostituito a carne e ossa. Tutto
era fermo in lei, in quell’impenetrabile rete nulla si muoveva, vi era silenzio, un
terribile, maledetto silenzio.
«Ambasciatore Itrit… Simon…», fu Akshan a farsi avanti accompagnando le parole
da un inchino.
«Akshan… avevo appena ricevuto il Consigliere Talis, quando è scoppiato il
putiferio all’Hotel Pastis. Non mi aspettavo foste coinvolto a tal punto.»
«Questioni personali», tagliò corto Akshan.
«Immagino…», commentò la donna squadrando i presenti, Hwei rabbrividì anche se
la sensazione fu più simile a un ferro rovente premuto sulla gola, «in ogni caso non
intendo fermarvi. Il vostro coinvolgimento Ambasciatore non influirà sull’accordo
firmato, avete le spalle coperte e tutti a partire dal Consigliere fingeranno di non
avervi visto. Questioni più urgenti mi attendono, arrestare fuggitivi non rientra fra
queste. Del resto, Piltover e Zaun devono restare indipendenti, su questo convenite.»
«Ma sarà Noxus a occuparsi della loro protezione », si intromise Jhin con una punta
amara.
«È la direzione a cui auspico. Jayce Talis è un uomo intelligente, saprà prendere la
decisione più… conveniente.»
«Ah! Non mi aspettavo nulla di diverso da voi, Itrit Lansburg, Voce dell’Imperatore.
Vista la situazione, al momento è la soluzione migliore.»
«Oh… siete un uomo acuto quanto affascinante Khada Jhin. Si narra che molti
ufficiali noxiani morirono sotto i colpi del vostro fucile durante l’Invasione di Ionia.
È un onore conoscervi di persona.»
«L’onore è anche mio.»
«Bene signori… è stata una piacevole chiacchierata. Spero che il nostro prossimo
incontro, se mai ci sarà, avvenga in acque più calme. Ovunque andrete che la fortuna
vi assista, ne avrete bisogno.»
Così la barca prese il vento dirigendosi verso il porto, come un cucciolo che fa
ritorno alla tana. Hwei si tese, fu come tornare a respirare, come se l’aria fino a quel
momento fosse rimasta cristallizzata nel caldo. Itrit, una donna bellissima quanto
misteriosa e letale, Hwei non aveva mai percepito un simile potere, al confronto il
suo sembrava una piccolezza. Il pensiero andò a Jayce, augurandosi con tutto il
Cuore che riuscisse a tener testa a un individuo simile. No… non era solo questo.
Tutta Runeterra tremava, sinistri venti di guerra soffiavano in tutte le direzioni, solo
ora riusciva a percepirli, ma ora assieme a Jhin e Akshan persino quello scenario non
gli apparve così cupo. Mentre l’imbarcazione virava a sud, dove in lontananza si
intravedevano le fitte giungle di Ixtal, Jhin riprese a parlare lasciando da parte la
solita leggerezza.
«Le Città Gemelle hanno attirato l’attenzione su di sé. Per anni il Progresso di
Piltover e Zaun è stato conveniente, ora però tutti si sono ridestati, ricordando quali
fossero lo idee in materia. La magia a portata di tutti, professano Jayce e Viktor
eppure… questo concetto è inconcepibile per il resto del Mondo. Così ecco levarsi
sguardi di preoccupazione e odio. L’unico che potrebbe trarne vantaggio è Noxus,
dilaniato ancora da faide interne, complice la Casata Medarda e i tanti alleati, che
negli anni ha allungato i tentacoli su Piltover sfruttando Meg. L’unica con cui la
figlia di Ambessa manteneva rapporti epistolari era Itrit. L’Ambasciatrice è più
coinvolta di quanto sembri. In ogni caso Hwei, persino la nostra pacifica Ionia
guarda con disgusto Piltover e Zaun…»
«Sì… ma non credo possa intraprendere un’azione militare su larga scala…», fece
notare Hwei quasi con distacco.
«No, ma potremo aspettarci sabotaggi e assassini più avanti. Demacia non ne
parliamo…»
«Per loro dovrebbero essere rase al suolo», disse Akshan a malincuore.
«È solo questione di tempo prima che la Guerra scoppi. E anche chi non è coinvolto
direttamente verrà comunque trascinato dentro.»
«Una Guerra totale …», mormorò Hwei faticando a immaginare un simile scenario.
«Qualunque sia la direzione… altri pericoli ben più temibili si nascondono nell'ombra.
Sarà nostro compito abbatterli, ma ve ne parlerò domani con calma.»
«Sí… oggi è stata una giornata decisamente piena!»
Ancora una volta la leggerezza di Akshan spazzò via ogni affanno. Hwei sorrise,
sentendo il Cuore leggero, l’aria della sera accarezzargli il viso. Akshan diede il
cambio a Jhin e fu allora, seduto accanto a lui, che l'amato lasciò andare tutta la
stanchezza e la tensione accumulate. Lo vide sospirare, dolcemente poggiare il capo
sopra la sua spalla. In breve, si addormentò e dolcemente un pensiero sorse, una
consapevolezza più grande di qualunque altra.
Una volta dipinsi il mare, quello fu l'inizio della mia prigione.
Ora in questo mare, con te, con Akshan, so di essere libero.




(0) Non è stato ancora confermato se Jhin possieda a meno il braccio sinistro, visto che le fonti fra fumetti, skin e lore tendono a contrastare (Grazie Riot!). Nel dubbio io preferisco tenerli entrambi.





Angolo autrice;

Potremo definire questo capitolo un omaggio a molte cose; Viktor e alla prossima Season 2 di Arcane in primis (se avete visto l’ultimo teaser capirete di cosa sto parlando).

Qui Viktor è nella sua versione finale, la stessa che avete avuto modo di vedere anche nella mia OS Kaleidoscope; più alto di Jayce e messo pari a livello fisico. Per chi ha visto Arcane, ho messo molti rimandi a momenti chiave del personaggio; vari oggetti del laboratorio, la barca, il fatto che il covo si trovi vicino al mare eccetera (per i profani basta vedere qualche OVA sul tubo coi momenti salienti).

Non pensavo ma alla fine è stato bello poter inserire il mio caro OC, l'Ambasciatrice Itrit menzionata nel Capitolo 1, accompagnata da un altro personaggio di mia invenzione.

Tutto il discorso che avviene nell'ultima parte è per gli appassionati di LoL, ma per come si sono messe le cose in Arcane potrebbe essere uno scenario verosimile, con lo sviluppo di uno schema geopolitico più ampio.

Inoltre, lo scontro fra Camille e Jhin e quanto spiegato da Viktor si collega alla cinematic ufficiale Awaken. Diamo una timeline a quel momento!

Ps. Per capire meglio i retroscena fra Jhin e Akshan consiglio la lettura di Along the Death, non è obbligatoria se volete un quadro più completo e godere una bella lettura è lì.

   
 
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