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Autore: pansygun    19/01/2024    1 recensioni
My first obsession is you.
My second is having sex with you.
• • •
DISCLAIMER: questa storia ha rating 🔞 per i contenuti espliciti in essa descritti (sesso).
A mio discapito, se siete sensibili vi invito a non affrontare questa storia.
• SPOILER per chi non avesse letto il fumetto o guardato l'anime! •
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{Deku x Bakugo}
Angst
Mild-spicy
• • •
Tutti i diritti riservati ©️ veciadespade | 2023
I personaggi originali di My Hero Academia sono di proprietà di Kōhei Horikoshi.
Genere: Comico, Erotico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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I don't hate that I need you ⚠️



Il girasole ha i capelli distratti,
il viso di sole, le gambe altissime
e un vestito di luce e di vento.
Fabrizio Caramagna
 
11 luglio


L’afa era insopportabile e la pioggia, caduta a sprazzi lungo la giornata, aveva solo acuito la problematica.
La gola di Izuku si strinse mentre si trovava di fronte alla porta dello spogliatoio della centrale di Polizia, il cuore che sembrava sparito dal petto, risucchiato in una voragine piena di disperazione.
Si sentiva patetico. E preoccupato, perché, per quanto desiderasse farsi una doccia e mettere qualcosa sotto i denti, temeva dover rivedere Kacchan.
Un passo alla volta.
Ma di passi ancora non ne avevano fatti: dopo l’incidente con quel villain, Kacchan s’era comportato normalmente, salvo per gli sguardi che gli lanciava più spesso e che lui non riusciva a decifrare, troppo preso dal mendicare attenzioni che non arrivavano.
Un passo alla volta un par di palle!
Kacchan aveva scombinato i turni di tutti per evitarlo in quei due giorni e Izuku non poteva fare a meno di chiedersi se Katsuki lo stesse evitando di proposito o se si trattasse solo di una serie di sfortunate coincidenze.
Mentre la sua mano tremava nell’abbassare la maniglia ed entrare, la porta gli si spalancò di colpo davanti con un cigolio stridulo e la figura di un poliziotto che si aggiustava la divisa nei pantaloni lo fece indietreggiare. «Oh! Buonasera!».
«Tenente…», mimò un inchino nel lasciarlo uscire, prima di infilarsi all’interno dello spogliatoio, chiudendo piano la porta dietro di sé, poggiando la fronte sul legno fresco.
Strinse gli occhi e le labbra, su cui poteva ancora sentire la sensazione di formicolio dovuta al loro bacio, condiviso appena un paio di giorni prima, e questo non faceva altro che aumentare il suo nervosismo e anche la sua frustrazione.
Le emozioni contrastanti lo facevano sentire stordito, come se fluttuasse nell'aria.
Voltò la testa con calma, il corpo seguì la rotazione fino a posare la schiena contro la porta e spalancare gli occhi: Kacchan se ne stava in piedi lì, in tutta la sua gloria, nell’angolo in fondo a sinistra, quello defilato e scomodo, che nessuno mai voleva prendere. Anche da quella distanza poteva ben notare come il velo di sudore facesse risaltare i suoi muscoli tonici, facendolo sembrare ancora più irresistibile.
Izuku si diede dell’idiota e deglutì, incerto su cosa fare di se stesso; aveva già tentato una volta di forzarlo a parlare e cosa aveva ottenuto? Giorni di guerra fredda. Pertanto, la cosa più giusta da fare sarebbe stata quella di girare i tacchi e andarsi a fare un giro, ma non voleva. Non si era arrovellato il cervello nel suo pomeriggio di riposo solo per desistere dal suo intento.
Fu Katsuki a notare quella figura silenziosa sulla porta, uno sguardo sfuggente che si spalancò di stupore a vederlo lì e, cazzo!, non ci voleva!
«Deku? Che ci fai qui?».
Il lampo di calore in quello sguardo di fuoco fece sussultare Izuku, perché sembrava deluso di vederlo lì, oltre che sorpreso.
C'era un silenzio imbarazzante che aleggiava tra loro mentre entrambi cercavano di comportarsi come se due giorni prima non fosse successo nulla. Come se non si fossero mai parlati a cuore aperto. Ma era chiaro che qualcosa era cambiato: l’aria sembrava carica, elettrica. Ogni sguardo che si scambiavano sembrava avere più significato di prima: faceva battere forte il cuore di Izuku e poteva sentire il suo cazzo contrarsi nei pantaloni, alla disperata ricerca di attenzioni.
«Passavo di qua.», mentì Izuku, che si costrinse ad allontanarsi dalla superficie della porta, camminando verso Katsuki con un sorriso incerto. «Volevo solo sapere che fine avevi fatto.», continuò, la voce resa stranamente dolce. «Sembra quasi che tu mi voglia evitare.», aggiunse, cercando di non fissare il culo perfettamente scolpito dell'altro o il modo in cui la sua schiena si tendeva mentre si sfilava i pantaloni.
Katsuki sorrise, l'angolo delle sue labbra si arricciò in maniera accattivante: «Sono solo stato occupato, Deku. Devo recuperare la giornata persa.», gli rispose prima di uscire del tutto dai pantaloni, mentre Izuku deglutiva e fingeva disinteresse, anche se la vista del culo perfetto di Kacchan strizzato in quei maledetti boxer attillati era difficile da dissimulare.
«Sì, lo so. È solo che... mi sei mancato, tutto qui.», gli rispose Izuku, guardando altrove per un momento.
Katsuki si sentiva un po’ uno stronzo, tanto che le parole ci misero un bel po’ prima di uscire dalla gola, tipo il tempo di controllarsi l’escoriazione ancora arrossata sullo zigomo sinistro nello specchio dell’armadietto o prendere con molta calma il doccia-shampoo dal beauty case o capire perché l’asciugamano di spugna morbida avesse quel simbolo a cerchio barrato che non aveva mai notato prima sull’etichetta grigia.
Izuku si aspettava una risposta e mugugnò, frustrato, le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni scuri. Aver confessato a Kacchan come si sentiva l’aveva reso molto più esigente, come se l’onere della consapevolezza fosse ora tutto in capo al biondino e lui stesse solo attendendo la prossima mossa. Ma conosceva abbastanza bene quel ragazzo da comprendere che, da solo, lui non avrebbe fatto nulla. Ci voleva una spinta. Ed era solo compito di Kacchan coglierla e ripartire. Ma sembrava tutto inutile.
Un passo avanti, due passi indietro.
«Ti devo aspettare a casa?».
Katsuki si voltò di scatto e lo osservò con più attenzione: i pantaloni scuri gli fasciavano le gambe, che sembravano ora più lunghe di quanto non fossero, e la maglietta grigia… non poteva prenderla di una taglia più grande? Dannazione!
«Stai uscendo?», e lo vide alzare le spalle. Un moto di fastidio gli fece incurvare le labbra in una smorfia strana; con una mano si grattò le sopracciglia, sperando che Deku non lo notasse.
Poi prese un profondo respiro e rilassò le spalle, perché, in fin dei conti, era lui il primo ad essere scappato dopo quei due giorni strani e la confessione che si erano fatti. Se confessione si poteva definire.
La sua mano ruvida passò sulla nuca, strofinando per lenire parte dell’imbarazzo che provava e che gli stava facendo scaldare in maniera innaturale le orecchie.
Spostò il peso da una gamba all’altra, mosse le dita, stringendo di più il pezzo di plastica dell’infradito, sbuffando alla ricerca del coraggio di giustificarsi.
«Izuku… Senti… Mi dispiace se ti ho evitato.», alzò debolmente lo sguardo sull’amico, abbassando la voce: «Non è perché non voglio vederti, okay? È solo... Sai com'è.».
Izuku ci mise più tempo del dovuto a capire quelle parole, dopo un interminabile silenzio.
Passò in rassegna tutte le possibilità, pure la vergogna di farsi vedere in atteggiamenti intimi col suo rivale di sempre. Ma era un pensiero stupido e, solo quando notò la punta delle sue orecchie farsi quasi scarlatta, capì. «Oh.».
Il problema di incontinenza esplosiva di Katsuki sembrava essere l’elefante nella stanza, ormai impossibile da ignorare per entrambi, un punto dolente per il biondino che sapeva bene quanto potesse essere imbarazzante, tanto da fargli prendere le distanze da Deku prima ancora che tra loro potesse svilupparsi qualcosa e far peggiorare le cose. «Eh.».
Izuku ci pensò un momento, distratto dal continuo ondeggiare di Kacchan sui piedi, dai suoi boxer neri, dagli addominali definiti, da quei capezzoli rosa che spuntavano sul candore di quella pelle morbida.
Izuku sospirò dentro: «La tua condizione…» disse senza mezzi termini, riferendosi al problema di Kacchan. «Devi solo lavorarci su…».
«Credi che non ci abbia mai provato?», berciò, infastidito dall’ovvietà delle parole di Deku, che scosse il capo con espressione tenera e rassegnata.
«Dobbiamo lavorarci insieme. Se vogliamo provare a far funzionare questo…», e indicò entrambi con le mani.
Gli occhi di Katsuki si spalancarono, e avvertì un misto di vergogna e rabbia salire dentro di lui. Non gli piaceva che gli venisse ricordata la sua debolezza, soprattutto non da qualcuno a cui teneva, come Izuku.
«Ci ho provato.», replicò con un sospiro sconsolato. «E non ci sono riuscito».
«Il problema è che ci hai provato da solo. Il problema è che provi sempre a fare troppe cose da solo e gli altri ti sono solo da contorno.», esalò, il fiato che rincorreva le parole per uscire, ma che, ogni tanto, decideva di spezzarsi, di mancare. «Io non voglio essere un contorno per te. Non voglio che mi eviti per questo!», e gli afferrò i polsi, scuotendoli, lasciando che dalla sua presa scivolassero a terra i due flaconi che stava tenendo in mano da prima. «Posso aiutarti, Kacchan.», ingentilì il tono. «Voglio aiutarti.».
Sapeva che Izuku aveva ragione: era sempre stato lui quello testardo e indipendente, ma forse era giunto il momento di ammettere che, a volte, chiedere aiuto non l’avrebbe reso meno forte, solo… più assennato. In più, avere Deku al suo fianco... non era poi così male.
«Izuku…», Katsuki scosse la testa: «Grazie. Ma non sei obbligato a farti carico anche dei miei problemi.».
L’altro, invece, spostò le dita per intrecciarle con le sue, per afferrare delicatamente le mani ruvide e sudaticce di Katsuki. «Per favore, lascia che ti aiuti.».
Katsuki era combattuto tra il voler respingere Izuku e il voler appoggiarsi al suo tocco. Alla fine, cedette, stringendo a sua volta quelle mani rovinate da troppe cicatrici, lasciandosi toccare con tenerezza.
«Come vorresti aiutarmi?», ma forse era una domanda stupida, dettata più dalla confusione che da una reale curiosità, tanto che il biondino se ne rese conto troppo tardi: Deku aveva condotto le sue mani verso l’orlo della maglietta grigia, oltrepassandolo e facendogli toccare la pelle accaldata dell’addome e dei fianchi, mentre si sporgeva a sfiorargli il naso col proprio.
«Secondo te?», gli sussurrò sulle labbra, provocandogli brividi lungo le braccia e la schiena.
«Deku…», Katsuki scosse la testa, cercando di tirare via le mani dalla vita del ragazzo che aveva di fronte, Izuku si limitò a rafforzare la presa dai suoi polsi, trattenendo i palmi caldi al loro posto e guardandolo con determinazione nei suoi occhi vermigli. «Per favore….», e gli sfiorò le labbra in un bacio lento, agognato da entrambi dopo due giorni in cui s’erano incrociati a malapena a casa.
Kacchan sembrò tremolare sotto quel contatto, un respiro troppo pesante rilasciato nell’abbandonarsi a un bacio morbido, senza lingua, tanto sensuale da star male, da sentire i palmi scaldarsi a dismisura e lo stomaco chiudersi, testimonianza dell'intensità della situazione in cui si trovavano.
Quando si staccarono, il cuore di Katsuki batteva forte mentre fissava il volto serio di Izuku. «Questo è un ottimo punto di partenza.», mormorò assottigliando gli occhi verdi.
«Deku… Per favore… Non posso.», grugnì infine, girando la testa dall'altra parte. Non voleva ammettere quanto avesse bisogno di aiuto, ma le parole gli rimasero in gola.
I loro respiri si mescolarono, caldi e dolci, in un altro bacio a labbra sfiorate, all’inizio gentile ed esplorativo, ma, man mano che si perdevano l’uno nell’altro divenne più profondo, le lingue che si intrecciavano, i denti che torturavano le labbra.
Le mani di Katsuki si facevano strada sotto la maglietta di Deku e lungo la schiena, pelle contro pelle, provocando formicolii a entrambi. Izuku si sporse in avanti, facendolo indietreggiare fino a d andare a sbattere con un tonfo metallico contro la fila di armadietti addossati alla parete, gemendo nel bacio.
Quando si separarono per prendere aria, Izuku sussurrò: «Dimmi, Kacchan: non ne vorresti ancora?»; i suoi occhi erano pozze verdi scurite dal desiderio, e Katsuki annuì, incapace di parlare quando lo vide staccarsi e sfilarsi dalla testa la maglietta con estrema calma. Uno spettacolino improvvisato solo per lui, che aveva il petto scosso da respiri troppo affannati.
Probabilmente stava avendo un infarto. Ma sarebbe morto felice: le luci al neon non rendevano giustizia a Deku, alla sua abbronzatura quasi perfetta, alla miriade di efelidi che, col sole, erano spuntate sulle sue spalle.
«Posso?», gli chiese, senza realmente aspettarsi una risposta: le dita di Izuku gli si posarono sul petto nudo di Kacchan, tracciando dei cerchi leggeri con i pollici attorno ai suoi capezzoli, facendo sussultare Katsuki. I suoi fianchi cedettero a quel tocco e lui si rese conto troppo tardi di quanto fosse duro mentre Deku riprendeva a baciarlo.
«Izuku…», la voce era un soffio tra un bacio e l’altro. «No-non qui…».
Izuku ridacchiò, piano e malizioso, prima di lasciargli un bacio leggero sulle labbra, lasciandolo appoggiato all’armadietto come un ebete.
Lo osservò piegare per bene la maglietta che aveva tolto e liberarsi anche di scarpe, calzini e pantaloni, prima di fronteggiarlo di nuovo.
Sembrava troppo bello, irreale, tanto da non poter credere che stesse accadendo.
Izuku non aveva premeditato la cosa. Si era lasciato trasportare. Dal proprio cazzo in primis e, in secundis, dal reale sentimento di affetto che provava per Kacchan. Solo che non avrebbe mai pensato che la cornice al loro primo approccio sessuale potesse essere lo spogliatoio della centrale di polizia, ma andava bene ugualmente. Di posti strani in cui aveva scopato ne aveva una lista ben fornita!
«Cosa vorresti fare? Riprovare dopo, a casa? Procrastinare ancora? Evitarmi ancora?».
«NO!», poi Katsuki tentennò. «Certo che no.», e si lasciò baciare ancora, aggrappandosi alle spalle nude di Deku con le mani fin troppo calde, strappandogli un gemito di fastidio più che di piacere, lasciando la presa subito dopo quel verso, alzando le mani e irrigidendo la postura, facendo staccare Deku ancora una volta.
Era frustrante, non potersi lasciar andare come avrebbe voluto.
«Posso… Posso farti una domanda indiscreta?», gli chiese Deku, con tono serio, ma indeciso, come se avesse davvero paura a porre un quesito scottante.
Katsuki alzò con un gesto nervoso il mento, in assenso, e piantò gli occhi in quelli di Izuku, che lo osservava con un misto di ansia e curiosità. Curiosità morbosa, in realtà; perché la domanda che aveva sulla punta della lingua gli era saltata al cervello nell’esatto momento in cui aveva sentito la pelle sfrigolare sotto le sue esplosioni incontrollate.
«Come hai fatto con Tsuyu?».
Diretta, una stilettata perfetta tra cuore e stomaco; una lama rovente che aveva fatto immediatamente salire il calore alle guance di Katsuki, costringendolo a stringere i denti e a irrigidire mascella e muscoli del collo. E, in quel momento, Izuku un po’ si pentiva di aver tralasciato la sua innata timidezza per così tanto tempo a favore di una sfacciataggine immonda verso l’amico di una vita.
«Vaffanculo, Deku!», berciò il biondo, una spallata poderosa nel passargli a fianco per andare a passo spedito verso le docce.
«Ehi! Non era una presa in giro!», ma la voce gli uscì stridula con quella giustificazione, il momento irrimediabilmente rovinato, mentre la rabbia verso se stesso e la sua lingua sfacciata l’aveva portato ad alzare il pugno e a colpire il muro accanto agli armadietti, crepandolo.
Un respiro.
Due.
Tre.
Prese fiato per calmarsi prima di camminare in direzione delle docce e provare a spiegare a Kacchan cosa in realtà voleva sapere.
«Katsuki... Devi imparare a rilassarti.» disse Izuku dolcemente quando lo raggiunse, i suoi occhi si spostarono verso il punto in cui le dita del suo amico si stavano ancora contraendo nervosamente sulla maniglia del box doccia. «Non l’ho detto con sarcasmo. La mia era solo curiosità.».
«Chiedilo a lei, allora.».
Izuku sorrise, rilasciando un piccolo sbuffo infastidito: «Ci sei tu qui, davanti a me. E sei il diretto interessato.».
Il biondo grugnì in risposta, ma non disse altro, continuando semplicemente a fissare il pavimento tra di loro.
Facendo un respiro profondo, Izuku si avvicinò, posando con fare rassicurante una mano sulla spalla di Katsuki. Il contatto sembrò spaventare per un momento l'altro, ma non si tirò indietro. «Ascolta.», ricominciò a parlare: «Sapere cosa aveva fatto Tsu-chan mi serviva solo per capire come procedere, ma se ti imbarazza, non toccherò più l’argomento, va bene?» e rimase a fissare Kacchan, alla ricerca di un segno di riavvicinamento, un cenno del capo, un grugnito. Qualsiasi cosa che gli facesse capire di non aver mandato definitivamente tutto a puttane.
«Va bene.», esalò il biondo, gli occhi che saettavano dal pavimento al volto di Deku, evitando volutamente di soffermarsi sugli addominali obliqui che sparivano oltre il bordo delle sue mutande grige. Deglutì a vedere il sorriso calmo sul viso lentigginoso di Deku, il cuore in gola come se si trovasse davanti ad un pericolo imminente. Perché Izuku era testardo e se si metteva in testa una cosa…
«Ho un’idea.».
Katsuki alzò un sopracciglio con aria scettica nel fissargli gli occhi di smeraldo. «Del tipo?».
«Inizieremo con qualcosa di semplice.», ricominciò Izuku, facendo scivolare la mano su quella di Katsuki e abbassando la maniglia del box doccia. «Entri e apri l’acqua?».
Un bambolotto. O una marionetta. Non vi era molta differenza per Katsuki, in quel momento, che, rapito dal sorriso luminoso di Deku, s’era lasciato comandare, sospingere nello spazio angusto, seguendo le sue direttive.
Forse era solo stanco. O, forse, in un angolo recondito del suo cervello voleva davvero che Deku lo aiutasse, che fosse lui a sbloccarlo, senza prese in giro, o giudizi o sguardi di compassione.
Gli rivolse la schiena, il capo chino sotto il getto di acqua fredda che pian piano si intiepidiva, un sospiro di sollievo a sentire l’acqua che iniziava a lavare via la stanchezza.
«Sapone.».
«Ah?».
«Passami il tuo sapone. Ti lavo la schiena.».
Lo guardò da sopra la spalla: «Perché?».
«Perché l’ho già fatto l’altro giorno. E mi serve per iniziare pian piano.». La sua voce era bassa e rassicurante. «È una cattiva idea, Kacchan?».
Katsuki sbatté appena le palpebre a quella richiesta, mettendo nella mano aperta di Deku il flacone di doccia-shampoo. «Credo… Credo di no.».
«Volevo…», tentennò il ragazzo dietro di lui: «Ti aiuterò a controllare le emozioni e le tue reazioni...». Esitò solo per un momento prima di spremere una dose generosa di sapone sul palmo e sporgersi in avanti, rimettendo il flacone sul minuscolo ripiano nell’angolo, premendo il petto contro la schiena umida di Kacchan, sentendo il calore della pelle di Katsuki mescolarsi con la sua. Ed era bello, inebriante quasi quanto il lieve profumo di fiori che veniva dalla sua mano. Più caldo di quanto si aspettasse. Si staccò solo per permettersi di toccarlo con i palmi, spalmare il sapone su quella schiena ampia, tocco deciso su ogni centimetro di pelle, mentre poteva percepire i muscoli di Kacchan rilassarsi al passaggio delle sue dita su di essi. «Vedi? Proprio così.», incoraggiò, annuendo col capo e cercando di mantenere le cose alla leggera.
Il cuore di Katsuki batteva forte mentre sentiva le mani di Izuku muoversi lungo il suo corpo, lavando via con acqua e carezze parte della giornata pesante, delle preoccupazioni, anche se non poteva fare a meno di sentirsi imbarazzato ed esposto, ma allo stesso tempo provava uno strano senso di sollievo nel sapere che qualcun altro si stava prendendo cura di lui, come forse lui non aveva mai fatto.
Izuku notò una lieve tensione in Katsuki e si fermò per un momento. «Stai bene?», chiese a bassa voce, la preoccupazione evidente.
Katsuki annuì, non rischiando di parlare. Non voleva ammettere quanto si sentisse vulnerabile in quel momento, forse ancora di più del giorno dell’incidente col villain.
Era grato per la comprensione e l'accettazione di Izuku, provando di nuovo un senso di conforto e sicurezza di cui non sapeva di aver ancora bisogno.
«Ora proveremo qualcos'altro.» disse Deku, mentre premeva sulle sue spalle insaponate per farlo voltare, un sorriso dolce a tirargli le labbra, mentre tracciava il contorno della mascella di Katsuki con le dita, sfiorando la sua barba corta e ruvida di fine giornata, mandandogli brividi lungo la schiena. Amava quella sensazione, anche se non lo avrebbe mai ammesso a voce alta.
Deku gli si appoggiò contro per un momento, solo per prendere altro sapone e versarselo direttamente sul palmo sinistro, prima di sfregare tra loro le mani, creando schiuma soffice e profumata prima di passare a lavargli il petto e le braccia, costringendolo ad alzarle per lavargli le ascelle con calma innaturale, seguendo la curva del muscolo pettorale, sia da una parte sia dall’altra.
«Cosa ne pensi di questo?»
Il respiro di Katsuki si bloccò leggermente al tocco, ma non si oppose. In effetti, vi si appoggiò, chiudendo brevemente gli occhi per la sensazione. «Questo…», esalò: «Questo non è il posto adatto, Deku…», farfugliò, poco prima di aprire di nuovo le palpebre, lasciandole a coprire per metà le iridi cremisi, fissando lo sguardo in quello del ragazzo che gli stava di fronte, troppo vicino, i fiati caldi che si mischiavano col vapore leggero dell’acqua in quello spazio ristretto.
«Non pensarci.», sussurrò Izuku, che passò a sfiorare la mascella di Kacchan con baci leggeri e lenti, facendoli scendere fino al collo, alla sporgenza pronunciata del pomo d’Adamo. Poteva sentire il battito lì, forte e rapido sotto le sue labbra. E la cosa gli fece correre un brivido lungo la schiena. «Rilassati.», e pizzicò la pelle lì, tra i denti, dolcemente. «Lo senti? Il modo in cui il tuo cuore batte forte? È solo eccitazione. Non deve essere spaventoso.».
E Katsuki era eccitato, mugolando piano ogni volta che quelle labbra gli torturavano la pelle, ogni volta che le dita di Izuku passavano in rassegna il suo corpo con una delicatezza che mai in vita sua aveva sperimentato. Strinse i pugni, i palmi che iniziavano a scaldarsi troppo man mano che lui sentiva quel nodo che gli attanagliava il ventre sciogliersi, le ginocchia reggere a malapena il suo peso. «Questo non aiuta, nerd…», ammise, mordendosi nervosamente il labbro. «Forse semplicemente non mi piacciono queste cose.».
Le mani di Izuku tornarono a percorrergli le braccia, afferrandogli con delicatezza i pugni, aprendoli uno dopo l’altro e portandoli sotto l’acqua calda, offrendo un po’ di sollievo a quei palmi arrossati, prima di chinarsi a baciarli, lasciando Katsuki interdetto e lievemente scosso.
«No.», asserì con fermezza, «Non è questo. Semplicemente non hai trovato la persona giusta, tutto qui.».
Katsuki restò per un lungo momento in silenzio, occhi negli occhi con Deku, che continuava a massaggiargli i palmi con i pollici, in una carezza decisa e rilassante.
E, per una volta, avrebbe ammesso a gran voce che quel ragazzo fastidioso aveva ragione.
Si era illuso che fosse Eijiro la persona giusta. Poi Mina. Ma solo perché erano quelli a lui più vicini e fidati. Ma non era così.
Non lo era stata neppure Tsuyu, vissuta solo come una parentesi, uno sfogo, un diversivo, quando i capelli verdi che inseguiva da una vita erano ben altri.
Gli occhi di Katsuki raccontavano di un desiderio sopito, cacciato in un luogo irraggiungibile anche per lui stesso, anche se non voleva ammetterlo.
Quando Izuku tracciò la linea della sua mascella col pollice prima di chinarsi e posargli un bacio tenero sullo zigomo destro, Katsuki trasalì il pollice. «Fidati di me.», gli sussurrò l’altro. L'aria tra loro era densa di tensione, e il cuore di Izuku batteva forte nel suo petto. «Penso di poterti aiutare in questo.» disse, con la voce bassa e roca. Le sue mani si spostarono sui suoi addominali, sui fianchi, tirandolo a sé con forza quasi a farlo sbilanciare, slittando i piedi sul piatto della doccia, un bacio lieve, morbido e dolce sulle labbra del biondo, mentre quello, titubante, alzava le braccia e gliele allacciava al collo, i talloni staccati dal fondo bianco di ceramica, i polpacci tesi per andare incontro a quel bacio, renderlo meno dolce, meno tenero. Affamato e arrendevole, con l’acqua che scorreva sulle loro palpebre chiuse, finiva a tratti nelle loro bocche, facendoli staccare un poco, ridacchiare, riprendere.
«Con calma…», esalò Deku sulle sue labbra gonfie di baci, infilando gli indici tra il tessuto fradicio dei suoi boxer neri e la pelle liscia del fondo della sua schiena, le fronti premute assieme e gli occhi incatenati in quelle iridi verde cupo. «Se va bene a te.».
Katsuki strinse le labbra e mosse appena i fianchi, assecondando il movimento delle mani di Izuku, che gli sfilavano l’intimo con lentezza, umido e incollato alla pelle del culo e delle cosce, chinandosi solo per aiutarlo nel toglierli dalle caviglie e gettarli in un angolo, un bacio lieve posato sulla cicatrice del fianco lo fece sussultare.
Izuku non poteva credere che ciò stesse accadendo; aveva fantasticato su Katsuki innumerevoli volte, ma non avrebbe mai pensato che le cose si sarebbero evolute tanto in fretta. O che succedesse davvero.
Era contento, sia chiaro.
Contento e oltremodo eccitato, perché Katsuki gli stava provando a togliere le mutande fradice, l’imbarazzo visibile sul suo volto, che cercava in tutti i modi di non lasciar cadere lo sguardo sul suo inguine. «Lascia. Faccio io…» e l’intimo di Izuku fece la stessa fine di quello di Kacchan, appallottolato in un angolo del fondo della doccia, rivelando la propria erezione pulsante. Il calore dei loro corpi sembrava intensificare l'atmosfera già piena di vapore della doccia.
Senza una parola, Izuku lo avvicinò, finché i loro fianchi non furono a livello l'uno contro l'altro, le loro intimità che si toccavano, tese, le mani di Kacchan che lo tenevano per la vita come lui stava facendo col biondo, entrambi col volto rivolto verso il basso a osservarsi i membri, vicini.
Izuku si mosse, ondeggiando dolcemente, uno sguardo veloce al volto arrossato di Katsuki. «Ti va bene così? Toccarsi un po’?».
Lo notò annuire, il labbro inferiore torturati dai denti, i palmi sulla sua vita che scaldavano troppo. «Respira, Kacchan.», e se lo portò di più contro. «Metti le mani sotto l’acqua.» e il biondo obbedì, staccando i palmi arrossati dalla sua pelle per trovare sollievo sotto il getto della doccia.
Alzò appena il volto, l’espressione imbronciata di Kacchan aveva un che di adorabile: «Cristo, Deku. Come ti sta tutta quella roba nella tuta?».
Izuku lo osservò, sbattendo le palpebre e rilasciando una risata nasale, le guance che si gonfiavano, arrossandosi lievemente. «Spandex!», rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Dovresti provare.».
«Tch!».
Spostò le mani ad afferrargli saldamente le natiche: «Questo bel culetto ci starebbe bene in una tutina di spandex, lo sai?», pronunciò all’orecchio arrossato del biondo, con voce bassa, seducente, mentre le dita sprimacciavano il sedere di Kacchan con una certa soddisfazione, mantenendolo sbilanciato contro di sé.
Il piacere attraversò il corpo di Katsuki mentre i loro membri si sfregavano l'uno con l'altro e contro i loro ventri, bagnati dall'acqua e dal sapone della doccia. I gemiti sfuggirono da entrambe le labbra mentre Izuku se lo dondolava addosso, le mani del biondino che gli tenevano saldamente gli avambracci, il fiato corto, le guance arrossate nello sforzo di scollarselo di dosso. «Izuku… Ti prego…», disse, riuscendo ad allontanarlo, l’acqua della doccia a dividerli per un momento.
Un breve momento di calma, prima che fosse Izuku ad afferrargli il membro, scoprendone la cappella arrossata. «Allora? Vuoi che ti aiuti, Kacchan?»
Katsuki gemette forte a quella sensazione; i suoi fianchi si piegarono in avanti, spingendo nella mano di Deku. Quel suono fece venire i brividi lungo la schiena di Izuku: non aveva mai sentito niente di così erotico prima. Mai, neppure nelle sue fantasie.
E fu quello il pretesto, l’assenso sperato per poter afferrare anche il proprio membro, stringerlo tra le mani assieme a quello di Kacchan, cominciando ad accarezzarli insieme.
Katsuki non ne poteva più.
Sentiva caldo, caldo ovunque.
Un caldo diverso rispetto a quello che aveva provato con Tsuyu. E non era per l’acqua fastidiosamente calda o per l’imbarazzo che i gesti del nerd gli provocavano.
Aveva un caldo terribile, le orecchie ovattate dal rimbombo del proprio cuore nella giugulare e voleva qualcosa di più di una semplice sega da Deku. Con il respiro tremante, allungò dietro di sé un braccio e prese la bottiglia di bagnoschiuma, spremendone un po’ sulla mano, lasciandola cadere con un tonfo sul piatto doccia. Iniziò a passare le mani bollenti sulle spalle di quel ragazzo che lo torturava con lentezza, provando a ripagarlo con lo stesso trattamento; le mani insaponate passarono sui pettorali gonfi di Deku, strappandogli un gemito gutturale al passaggio sui suoi capezzoli inturgiditi dal piacere, mille brividi che alzavano pure a lui la peluria chiara sulle braccia. Procedette verso il basso, addominale dopo addominale, l’attenzione calamitata a quei due cazzi stretti tra le mani grandi di Izuku, che, con movimenti lenti, cadenzati, gli facevano roteare gli occhi di tanto in tanto.
Non poté fare a meno di sporgersi in avanti, uno slancio con i polpacci e le punte dei piedi a catturare le labbra di Deku in un bacio profondo.
Le loro lingue si intrecciavano mentre continuavano a muoversi l'uno contro l'altro, i loro corpi lucidi di sudore e sapone. Mentre lo costringeva a indietreggiare con la schiena sulla parete del box doccia, una mano di Izuku cercò quella di Katsuki, intrecciando le loro dita e riportandole ad avvolgere le loro intimità, aumentando il ritmo con la stessa fame con cui si divoravano le bocche.
La presa di Izuku sui loro cazzi si fece più forte mentre si sentiva avvicinarsi al limite. Interruppe il bacio e con un grugnito seppellì il viso nel collo del biondo, mordicchiandone e succhiandone la pelle.
«De-ku...» ansimò, «Aspetta... aspetta, sono vicino…»
Izuku si tirò indietro, guardandolo con gli occhi socchiusi. «Lasciami continuare…». La sua voce era roca per il bisogno e gli mordicchiò il lobo sinistro per irretirlo.
«S-sì.» riuscì a gracchiare Katsuki, chiudendo gli occhi, arreso a quella sensazione di completo benessere, gemendo forte, mentre una mano rimaneva saldamente ancorata al braccio di Deku per non perdere stabilità, perché le ginocchia stavano cedendo e sentiva un fuoco propagarsi dal suo inguine, avvolgerlo come una coperta, portandolo in una specie di dimensione parallela in cui non sentiva altro che bene, onde calde di piacere e il fiato bollente di Deku sulla pelle sottile sotto il suo orecchio a procurargli mille maledetti brividi.
Izuku aumentò di poco il ritmo e Katsuki si perse in una spirale di calore e vapore, la testa reclinata contro le piastrelle umide. Le sue ginocchia tremarono, e inarcò la schiena contro la parete, venendo nella mano di Izuku, sul proprio stomaco, sui pettorali di quel demonio. Perché sì, non vi era nessun’altra spiegazione: Izuku doveva essere un demonio, o non avrebbe continuato a stimolarlo, entrambi i membri stretti tra quelle mani forti, mentre lui doveva ancora riprendersi da forse una delle seghe più belle di tutta la sua fottuta vita.
«Cazzo, Kacchan!», ansimò il ragazzo, spingendo i fianchi contro la mano di Katsuki, calda, caldissima come non l’aveva mai sentita prima. «Io-».
Prima che potesse finire la frase, raggiunse l'apice, riversandosi sulle proprie mani e sullo stomaco, schizzi traslucidi raggiunsero i loro petti, prima di essere trascinati via dall’acqua intiepidita della doccia.
Katsuki mosse il capo e posò la tempia tra i capelli umidi di Izuku, strofinandola a simulare una carezza, una coccola, mentre sentiva entrambe le loro intimità che pulsavano ancora tra le dita, ancora duri, ancora terribilmente bollenti.
Rimasero lì per un momento, ansimando pesantemente dopo aver raggiunto l'orgasmo, con Katsuki che però fu il primo ad allontanarsi da quell’abbraccio, obbligando Izuku a fare lo stesso, di malavoglia.
Il biondo prese il flacone di doccia-shampoo e cominciò ad insaponarsi i capelli e il corpo, dando le spalle a Izuku. Visto ciò che era appena successo, forse il nerd lo avrebbe aiutato o almeno avrebbe cercato di parlare di più, ma sembrava perso nei suoi pensieri, la sua mente vorticava con le sensazioni che avevano appena condiviso.
Rilasciò un lungo sospiro e rilassò le spalle, mentre lavava via le ultime tracce di sperma dal ventre, giocandoci un po’ con i polpastrelli prima di pulirsi del tutto.
«Deku?», esalò, senza preavviso, voltando la testa e osservandolo da sopra la spalla. Anche lui era voltato e gli rivolgeva la schiena ampia. La lunga cicatrice sulla parte bassa risaltava contro la pelle arrossata dall’acqua calda. Si sporse un poco a sfiorargli la scapola con la propria, facendolo sussultare a quel contatto: «Cosa c'è che non va?» chiese, con voce bassa e preoccupata.
«Nie-niente!» balbettò Izuku, colto di sorpresa dall'improvvisa intimità di quel tono e il cuore di Izuku perse un battito a sentirsi avvolgere il torso dalle braccia forti di Kacchan, sentire la sua guancia ruvida che premeva sulla schiena, le dita delle mani intrecciate appena sopra l’ombelico; non era sicuro esattamente dove stesse andando a parare la conversazione.
«Sicuro?» lo incitò nervosamente, stringendoselo contro, incurante del fatto che quella posizione fosse equivoca per entrambi.
Forse aveva annuito solo con la testa, le mani rovinate a premersi sulle sue, per evitare che lo lasciasse, perché quella pelle bagnata sulla sua l’aveva attesa da tutta la vita. «E tu?».
«Volevo solo dirti… Grazie.», cominciò Katsuki, sembrando quasi timido mentre gli si stringeva contro, le membra che tremolavano, le parole che faticavano ad uscirgli di gola.
«Grazie?», ripeté Izuku, confuso.
«Per essere stato paziente con me...». chiarì Katsuki.
Izuku chiuse con forza le palpebre, sentendo le lacrime pizzicargli gli angoli degli occhi. Si sarebbe girato e l’avrebbe abbracciato. Probabilmente l’avrebbe baciato fino allo sfinimento, perché lo strano sentimento caloroso di gioia che aveva nel petto gli stava ordinando di compiere quei gesti. Ma sapeva bene anche che a Kacchan serviva tempo.
«Grazie per avermi compreso.».
Erano parole che non avrebbe mai pensato di sentire da Katsuki. Era sempre stato chiuso ed esitante nel condividere i suoi stessi sentimenti e le sue vulnerabilità. Ma eccoli qui adesso, uno di fronte all'altro a conversare onestamente sui loro sentimenti.
«Pensavo…».
«Mh?».
«Pensavo di aver forzato la mano.».
«Non hai forzato la mano, Izuku
Un brivido caldo s’insinuò nel peto di Izuku a quel tono calmo, una nota amorevole nel sentire il proprio nome. Rilasciò un sospiro sollevato.
«Se l’avessi fatto ti avrei fatto saltare in aria molto prima!». C’era ilarità nella voce. E calore. E Izuku sentì il cuore più leggero, perché per quanto sapesse essere cocciuto e persuasivo, per quanto volesse bene a Kacchan e lui gliene volesse di rimando, in certe cose non era mai un bene affrettare i tempi come aveva fatto lui.
Poi il calore cessò, come l’acqua e percepì Kacchan chinarsi a raccogliere le loro mutande e scostarlo per uscire dal box doccia. «Muoviti, Deku. Ho fame.».
Ci fu un momento, in cui Deku l’aveva seguito con un sorriso ebete stampato in faccia, prima di vederlo frugare nel proprio armadietto alla ricerca di un asciugamano.
Aveva la stessa espressione giocosa di quando era piccolo, di quando lo ricordava saltellargli attorno, di quando lo venerava perché era “fortissimo”.
Che strane strade prende la vita.
Si rivestì lentamente, forse troppo, tanto che lo stupido nerd era già pronto, vestito così com’era arrivato, le mutande strizzate per bene nel lavandino, il culo perfetto strizzato in quei pantaloni scuri. Arrossì fino alla punta delle orecchie nel realizzare che, sotto, non indossava intimo.
Intimo che gli venne lanciato, umido, nel borsone: «Io sono pronto. Prendiamo da asporto? Ti va? Offro io!», sparò a raffica Deku, esaltato probabilmente dall’orgasmo appena avuto, facendolo sorridere, sciogliendo il velo d’imbarazzo che si era creato.
«Vai avanti tu. Ordina quello che vuoi.», gli propose. «Ho due scartoffie da sistemare. Mezz’ora e ti raggiungo, mh?».
Quando Izuku uscì dallo spogliatoio, Katsuki si appoggiò con la schiena contro gli armadietti, una mano passata sul volto stanco.
Odiava mentire. E odiava sentirsi un ipocrita e un incongruente.
Ma erano due giorni che ci stava pensando, che si stava arrovellando il cervello per provare a trovare un nuovo punto di partenza con Izuku, cercare di funzionare nonostante quello che avevano passato, nonostante i caratteri e le loro visioni divergenti.
Dopo quello che era successo, per cui aveva ancora la testa ovattata e non si capacitava ancora di ciò che aveva sperimentato, il suo proposito divenne chiaro.
Tracciare una nuova strada.
Partire da dove tutto era andato a puttane, iniziare a rimediare per davvero ad anni di torti, stupidi allontanamenti, occasioni mancate.
S’infilò le scarpe uscendo dallo spogliatoio, il cellulare in una mano a cercare in rubrica un numero da chiamare.
Provò un paio di volte, ma la linea continuava a cadere.
Quando fu davanti alle porte scorrevoli della centrale e vide che stava ricominciando a piovere, imprecò. Poi il telefono squillò forte, ridestandolo dallo stato catatonico in cui s’era ritrovato, investito dal vento tiepido che portava la pioggia a cadere obliqua, bagnando le gradinate d’ingresso e la punta delle sue scarpe di tela nere.
«Alla buon’ora, Takai!».
La voce concitata dell’interlocutore era stridula e affannata. “Mi perdoni, signor Dynamight, ma oggi sembra che tutti vogliano venire da noi a scaldarsi la pancia!”.
Katsuki ridacchiò: «Ti ho chiamato giusto per questo. Fra… Uhm…», e contò con le dita della mano sinistra: «Cinque giorni? Hai posto?».
“Tutta la sala?”.
«Mmh…», Katsuki tentennò, passandosi una mano sul collo. «Solo un posto tranquillo. Orario di cena.».
Ci fu un attimo di silenzio dall’altra parte e poi un piccolo tonfo: “Allora le confermo per il 16 luglio, ore 20!”.
«Perfetto!».
“Buona serata, signore!” e gli staccò il telefono in faccia, strappandogli mezzo sorriso.
Fece un lungo passo in avanti e venne investito dalla pioggerellina leggera.
16 luglio.
Forse quella sarebbe stata l’occasione giusta per rimediare a vent’anni di errori, di silenzi, di regali non dati, di auguri non fatti.
Non sarebbe stato molto, lo sapeva, perché era come mettere un cerotto su uno squarcio putrescente. Ma era pur sempre un inizio.
Si avviò allora verso la pasticceria più vicina, sorridendo come un ebete.
 
I've waited so long for someone like you to come along
Oh, what I would give, give for one kiss on your open mouth
Green, your eyes are so green
So emerald green, Siena dream
So I'll hold it all down
I hang around 'til you come around, you come around
⁓ Nothing but thieves ⁓
   
 
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