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Autore: GingerGin    26/01/2024    0 recensioni
Bianca Romano, brillante neolaureata in Legge alla UCLA, si appresta a dare inizio al suo periodo di praticantato. E non in un posto qualsiasi, bensì presso il Pubblico Ministero della città di Los Angeles! Il mondo dei procuratori e della polizia, tuttavia, non è rose e fiori. Anzi, sembra la scenografia di un dozzinale legal drama: sul tutor di Bianca, il celebre procuratore Miles Edgeworth, girano strane voci e i tirocinanti, anziché lavorare, sono più impegnati a spettegolare su di lui e la strana amicizia che lega il commissario Gant al capo procuratore Skye. Tra colleghi indisponenti, avvocati difensori bizzarri e sedute spiritiche, riuscirà Bianca ad arrivare sana e salva all'esame finale?
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miles Edgeworth, Nuovo Personaggio, Phoenix Wright
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Dopo l’iniziale esitazione, il procuratore ricambiò la stretta. Sembrava aver perso delicatezza e la sua severità tradiva diffidenza.
- Miles Edgeworth. Dubito, tuttavia, che non abbia già sentito parlare di me. - osservò, alzando un sopracciglio.
Ecco che iniziava l'interrogatorio. Per precauzione, Bianca negò scuotendo la testa, fingendo assoluta ignoranza.
- In realtà… - intervenne, schiarendosi la voce. - Vorrei cogliere l'occasione per ringraziarla ancora per aver avvisato il capo procuratore del mio ritardo. Non mi sarei mai perdonata di aver fatto attendere una personalità così importante.
Edgeworth si limitò ad annuire.
- Ha fatto parola con qualcuno di esterno al ministero del nostro primo incontro? - insistette.
Bianca inspirò a fondo, impaziente di mettere a tacere ogni suo sospetto.
- Labbra sigillate. - lo rassicurò. - Eccezione fatta per la squadra venuta a soccorrerci, ovviamente.
All'apparenza soddisfatto della sua risposta, il procuratore aprì la porta del suo ufficio, facendole segno di entrare.
Una grande finestra, racchiusa ai lati da un’elegante tenda rossa ornata in oro, illuminava la stanza. Al centro stava una scrivania all’antica in legno, occupata da un computer, un calamaio, un telefono e alcuni documenti perfettamente impilati. Accanto a essa, un’altra scrivania, vuota, dallo stile moderno e dalle dimensioni più modeste.
- Questa sarà la sua postazione di lavoro per i prossimi mesi. È libera di personalizzarla come più le aggrada.
Bianca annuì, posandovi la borsa, per poi guardarsi intorno. Era piuttosto grande come ufficio ed era chiara l’impronta stilistica del suo proprietario; Edgeworth doveva amare molto lo stile barocco e rococò. Alle spalle della ragazza, una grande libreria, mentre sulla parete di fronte spiccava un divanetto dalle curve sinuose, all'apparenza un po’ scomodo. Ciò che però attrasse immediatamente l’attenzione di Bianca fu la teca in vetro che custodiva un soprabito. E non un soprabito qualunque, ma lo stesso che l'uomo indossava quando si erano incontrati.
- Un regalo del mio mentore, il procuratore Manfred von Karma. - intervenne Edgeworth, con una punta di orgoglio. - Mi ha accompagnato durante i miei primi processi.
Bianca rimirò i dettagli in oro e le decorazioni che lo adornavano. Confrontandolo con il nuovo completo indossato dall'uomo, appariva fin troppo opulento. Chissà cosa aveva spinto Edgeworth a sostituirlo: il desiderio di non attirare più l'attenzione altrui? Indipendentemente da ciò, il fatto che conservasse quell’oggetto con tanta cura, la intenerì, aiutandola a rilassarsi un poco.
- Il programma di oggi? - gli chiese, prendendosi il tempo di sistemare i propri averi.
- Prettamente teorico. Deve prima entrare in confidenza con il suo ruolo e i suoi compiti, motivo per cui ho chiesto di portarmi alcuni atti di processi già conclusi per poterli visionare insieme.
La ragazza annuì ancora, mentre con la mano svuotava la borsa per preparare la sua postazione. Su un angolo della scrivania, pose una piccola cornice in legno: conteneva la copia di una vecchia fotografia di lei e Giovanni, ancora piccoli, tra le braccia dei genitori; l’originale era custodito gelosamente sul comodino in camera da letto.
- A tal proposito, dovrebbe essere qui a momenti il detective Gumshoe. Sempre che non sia in ritardo. - concluse il procuratore, incrociando le braccia impaziente.
- È lunedì per tutti, un po’ di lentezza è normale. - intervenne Bianca, sorridendo.
Nel vedere l’espressione corrucciata di Edgeworth, si morse la lingua. Era solita sdrammatizzare per alleggerire la tensione, ma il suo buon senso le suggerì di perdere quella abitudine in fretta se teneva alla propria pelle: a Miles Edgeworth non piaceva ridere. Poco dopo qualcuno bussò, rubando l'attenzione del procuratore.
- Forse oggi riuscirà a tenersi caro il suo stipendio. Avanti.
Bianca fece finta di non aver udito quelle dure parole e si preparò per salutare l’ospite in arrivo.
- Detective Dick Gumshoe a rapporto, signore!
L’uomo che entrò era il perfetto stereotipo del detective alla Robert Forster: capelli brizzolati, un vecchio impermeabile e una penna dietro l’orecchio a portata di mano; tuttavia, senza cappello e dall’aspetto più trasandato e malconcio.
- Buongiorno, detective. I rapporti che le avevo chiesto? - lo salutò sbrigativamente Edgeworth.
- Eccoli qui! - e dopo aver rovistato all’interno della propria giacca, il detective estrasse una busta leggermente stropicciata.
Il procuratore la afferrò, senza esimersi dal guardarla deluso.
- Sono copie, signore, non si preoccupi a riguardo. - si giustificò prontamente Gumshoe, rivolgendo poi lo sguardo verso Bianca. - E chi abbiamo qui?
- Bianca Romano. - si presentò la ragazza.
Gumshoe le rivolse un sorriso, per poi venirle incontro e stringerle calorosamente la mano. Era così piacevole quel detective in confronto al suo tutor, i cui modi altezzosi non facevano che aumentare lo sdegno della ragazza. Proprio non si impegnava per non dare adito alle voci che giravano sul suo conto.
- Suppongo di dovervi presentare come di dovere. Lei è la dottoressa Bianca Romano, la mia stagista. La vedrà spesso all’interno del mio ufficio. - concluse il procuratore, rivolgendosi poi a Bianca. - Questo signore è Dick Gumshoe e come avrà potuto intuire, collaboriamo spesso nella risoluzione di casi. Lavora presso il dipartimento investigativo per crimini violenti.
Oh! Tutto ha senso allora. Per un momento ho creduto fosse la sua fidanzata, non si è mai vista una donna qui dentro. - asserì Gumshoe, divertito.
Sia Bianca, sia Edgeworth sussultarono. Lei guardò il detective sconvolta, mentre lui come se fosse sul punto di ucciderlo seduta stante.
- Innanzitutto. - intervenne quest’ultimo, rosso in viso. - La mia vita sentimentale non dovrebbe essere di suo interesse.
- I-io sono già fidanzata. - mentì Bianca nel tentativo di uscirne pulita.
Gumshoe stava sudando freddo. Imbarazzato, arrancò una scusa.
- Spero non mi abbia frainteso, dottoressa Romano, non intendevo dire che le donne non possono ambire a determinate professioni. E signore, lo sa che parlo sempre a sproposito. Sa anche, però, che lo faccio con le migliori intenzioni.
- Esca. - tagliò corto Edgeworth. - Prima che diminuisca ancora il suo stipendio.
- Sì, signore.
Pallido in volto, il detective sparì dietro la porta dell’ufficio, lasciandola aperta per la fretta. Bianca lo seguì con lo sguardo, affranta. Il suo primo giorno di lavoro non era iniziato, né stava proseguendo nel migliore dei modi.

Poteva un uomo qualunque essere così perfetto?
Più osservava Edgeworth, più Bianca si convinse di avere di fronte a sé una macchina, perfettamente oliata e dai movimenti precisi. La voce atona con la quale leggeva il testo. Le istruzioni chiare e concise. La sua espressione fredda, che non tradiva alcun tentennamento. E lei non poteva che ascoltare in religioso silenzio, principalmente per il timore di risultare fastidiosa con domande inopportune. Dapprima, avevano parlato del suo ruolo di tirocinante e dei suoi compiti, consistenti perlopiù nell'assistere il proprio superiore. Poi, Edgeworth le aveva mostrato gli atti che il detective gli aveva consegnato, approfittando del momento per una prima lezione di vita da procuratore.
- Chiaramente non è compito nostro redigere i documenti, ma è importante che lei comprenda il valore dietro di essi. Tutto ciò che viene messo su carta è la prova della sua bravura e professionalità in tribunale. Io, di fatto, vanto una lunga esperienza di successi.
Di certo non peccava di modestia, pensò la ragazza, sarcastica.
- Il lavoro di un procuratore non è completo senza la collaborazione del corpo di polizia. Insieme, gestiamo indagini, interrogatori e prepariamo le prove da presentare al giudice durante il processo. A tal proposito, durante i suoi studi ha affrontato le regole alla base di questo procedimento?
- Certamente. La regola numero uno stabilisce che non possono essere utilizzate prove non autorizzate dal dipartimento di polizia. La regola numero due, invece, pone un’eccezione, cioè che le prove mancanti di registrazione possono essere utilizzate solo se utili ai fini del processo. - recitò a memoria Bianca.
Edgeworth annuì.
- È grazie alle prove se possiamo individuare il sospettato e infine accusarlo del crimine. Mi aspetto in questa fase delicata del nostro lavoro che lei sia una persona profondamente meticolosa e attenta. Un solo errore, sia nella conservazione delle prove che nella loro messa in esame, può compromettere l'intero processo.
Una raccomandazione che ben si sposava con il perfezionismo della ragazza. A costo di bere tante tazze di caffè, avrebbe tenuto gli occhi aperti per non deludere il procuratore, specie per non incorrere nel medesimo destino del detective Gumshoe; non aveva bisogno di abbassare ulteriormente il suo rimborso spese.
- È ora di pranzo. - osservò il procuratore, controllando l’orologio al polso. - Ci rivedremo qui in ufficio per riprendere il discorso.
Inaspettatamente il tempo era volato. Bianca si alzò, afferrò la borsa e si diresse verso la porta. Edgeworth, invece, si sedette alla propria scrivania.
- Signore, lei non viene? - gli chiese, stranita.
- Perché dovrei?
Che fosse davvero un robot e si nutrisse grazie a una coppia di batterie? Un’immagine piuttosto inquietante.
- Dovrà pur mangiare qualcosa.
- Ho del lavoro arretrato di cui avrei dovuto occuparmi questa mattina, che invece ho dedicato interamente a lei. - concluse severamente, digitando sul computer.
Bianca inspirò a fondo per tenere a freno la lingua. Implicitamente, le aveva appena detto che la colpa era sua se non aveva potuto dedicarsi alle sue faccende.
- Vuole che le porti qualcosa? - si offrì, a denti stretti.
- E quando avrei il tempo per mangiarlo? - ribatté l'uomo, avvicinando al volto un foglio.
- Va bene. A più tardi. - concluse Bianca, arresasi.
La ragazza chiuse la porta e si lasciò andare a un lungo sospiro frustrato. Ecco un'altra cosa da imparare: lasciarsi scivolare qualsiasi frecciatina di dosso; il vocabolario di Edgeworth non contemplava né complimenti, né elogi.

Durante il pranzo, Bianca si sedette al tavolo dei tirocinanti per presentarsi e fare quattro chiacchiere. Aveva già conosciuto Cosby, ma non poteva dire lo stesso per gli altri colleghi, all’apparenza più gentili e meno altezzosi: Bill Meyers, Dolores Martín García, Huo Shao e Nasha Signaté. C’era chi veniva da diverse città della California e chi dall’estero grazie a borse di studio e ricerca. Nel vedere un gruppo così eterogeneo e vario, Bianca si rassicurò al pensiero di non essere l’unica straniera nel gruppo. Pur essendo nata e cresciuta a Los Angeles, le sue origini italiane avevano sempre attratto l’attenzione indesiderata di curiosi invadenti, che anziché mostrare reale interesse per la sua cultura, finivano per trattarla al pari di un fenomeno da baraccone; come se la comunità italiana in America non esistesse dal diciannovesimo secolo.
- E tu? Per quale procuratore lavori, Bianca? - le chiese Nasha.
Conscia che non avrebbe potuto nasconderlo in eterno, Bianca poggiò la forchetta sul piatto e rispose senza girarci troppo attorno.
- Edgeworth.
- Il signor perfettino? - intervenne Cosby, sorpreso.
- Prego?
Guardò Nasha, seduta al suo fianco, in cerca di spiegazioni. Tuttavia, ottenne solo un’alzata di spalle.
- Chiunque qui dentro lo conosce con quel nomignolo. - e Cosby sghignazzò. - Da quel che so, sta antipatico a molti colleghi.
- Sei appena arrivato e già sparli dei tuoi superiori? Chi è la tua fonte? - chiese curiosamente Bill, divertito.
- Amico mio, conosco un sacco di gente qui. Tutti nella mia famiglia, mio padre, mio nonno, suo padre e via dicendo, hanno lavorato al pubblico ministero e sono sempre stati buoni amici con i von Karma. Una famiglia a dir poco rigorosa, che vanta una lunga tradizione di procuratori eccellenti.
- D’accordo, ma perché Edgeworth sarebbe un signor perfettino? - insistette Bill.
- Diciamo che se non fai le cose come ti dice lui, o meglio, allo stesso modo in cui lui le fa, sei un uomo morto, o una donna morta. È così importante qui dentro che basta un suo schiocco di dita per vederti dimezzato lo stipendio.
Bianca ripensò al detective Gumshoe e al terrore dipinto sul suo volto.
- Per questo motivo, Bianca, se posso darti un consiglio da amico… - continuò Cosby, abbassando la voce.
Ignorando l’urgenza di dirgli che non erano amici e che non aveva bisogno di un suo consiglio, la ragazza rimase in silenzio, in attesa.
- Fa’ come ti dice e non contraddirlo. Ha imparato molto bene dal suo maestro.
- Scusami, io non ho mai sentito parlare di questo… von Karma. - intervenne timidamente Shao.
E Cosby, incapace di non restare al centro dell’attenzione, prese a narrare le gesta sia della sua famiglia, sia di quella dei von Karma. Bianca, per nulla interessata a nuovi pettegolezzi, colse l’occasione per ritirarsi e tornare nel proprio ufficio. Era solo gossip, si ripeté, memore delle parole del professor Brown, e non doveva lasciarsi influenzare da esso.

Quando entrò, Bianca vide il procuratore Edgeworth al centro della stanza, intento a sistemarsi il jabot. Sulle spalle portava, aperto, il cappotto nero.
- Era ora, dottoressa Romano. Temevo di dover venire io personalmente a prenderla. - la salutò, rimproverandola.
- Ma sono le due precise. - osservò la ragazza, contrariata.
- Io arrivo sempre in anticipo. Almeno dieci minuti prima.
O forse viveva direttamente in ufficio, convenne Bianca tra sé e sé.
- Ha con sé il badge? Dobbiamo recarci in commissariato. La Fortuna ha voluto riservarle un assaggio del lavoro in procura.
Il malumore lasciò presto spazio all’eccitazione.
- Di cosa si tratta? Omicidio? Rapina a mano armata? Sequestro di persona finito male?
- Non so se essere spaventato dal suo tono allegro o se essere compiaciuto del suo zelante interesse. - ammise Edgeworth, alzando un sopracciglio. - Per rispondere alla sua domanda, omicidio.
- Faccia strada!
Dopo aver chiuso a chiave l’ufficio, i due si diressero verso gli ascensori per scendere nei sotterranei del Pubblico Ministero, adibiti a parcheggio.
- Deve presenziare alla scena del crimine? - chiese curiosamente Bianca.
- Il detective Gumshoe ha già provveduto alla raccolta del materiale utile ai fini dell’indagine, così come dei potenziali testimoni per avvalorare la tesi dell’accusa. Quello che dovrò fare sarà ascoltare l’interrogatorio dell’imputato e, per l’appunto, le testimonianze dei presenti.
Ed ecco come Bianca e le sue doti di osservazione avrebbero potuto rendersi utili! Dopo un breve tratto a piedi, Edgeworth si fermò nei pressi di una macchina rossa dall’aspetto sportivo; la carrozzeria era audace, aggressiva e tagliente. Bianca la osservò curiosamente, ammirando il metallo lucente della scocca. Non si intendeva d’automobili, ma persino uno stupido avrebbe compreso quanto potesse essere moderno, e quindi costoso, un modello simile. Chi l’avrebbe mai detto, al procuratore Edgeworth piacevano le macchine da corsa.
- Riesce ad arrivare al commissariato tra una ventina di minuti massimo? - le chiese.
- Non andiamo in macchina? - rispose con un’altra domanda, sorpresa.
- Si ricordi, dottoressa Romano, che io sono il suo tutor, non un suo amico. - la ammonì, corrugando la fronte.
Bianca distolse lo sguardo per l’imbarazzo. Effettivamente non avrebbe dovuto dare per scontato che volesse offrirle un passaggio. Aveva ragione: non erano amici; nemmeno colleghi, o almeno, non allo stesso livello. Tuttavia, perché si era fatto accompagnare fino al parcheggio se poi doveva costringerla a prendere l’autobus?
- Mi scusi. - disse, preferendo non insistere sull’argomento. - Credo di sì.
- Ottimo, la aspetterò presso l'ingresso così da evitarle eventuali controlli perditempo. - concluse.
Salì in macchina, accese il motore, accelerò di colpo, facendo stridere le gomme, e lasciò il parcheggio sotto lo sguardo spiazzato di Bianca. Certo che Miles Edgeworth era proprio un tipo imprevedibile. Più cercava di comprenderlo, più lui sfuggiva a ogni sua ipotesi e osservazione. La ragazza scosse la testa, indispettita. Proprio non sopportava l'idea di non essere in grado di leggere, né di anticipare le mosse del procuratore.

Bianca arrivò al commissariato con i pantaloni fradici. Nonostante avesse con sé l'ombrello, non era bastato per proteggerla dal vento e dalla pioggia che l'avevano accolta una volta scesa dall’autobus. Piccoli brividi le percorsero le gambe, portandola a sfregarvi le mani nel tentativo di scaldarle. Poi si guardò intorno, alla ricerca di Edgeworth, incontrando invece lo sguardo preoccupato del detective Gumshoe.
- Accidenti, speravo fosse riuscita a salvarsi dalla tempesta! Come sta? - le chiese, venendole incontro.
- Ho trascorso mattinate più piacevoli. - ammise stancamente Bianca. - Dov’è il procuratore Edgeworth?
- È stato lui a mandarmi, è già dentro la stanza dell'interrogatorio, sta parlando con il commissario.
- Oh no, non mi dica che sono arrivata in ritardo… - lo pregò Bianca.
- Si figuri, è persino in anticipo! Il commissario Gant voleva solo parlare di come condurre l’interrogatorio. Mi permetta di accompagnarla al caldo, poi le porterò del tè, che ne dice? - si offrì gentilmente il detective. - Così potrò scusarmi per la brutta figura di questa mattina.
Bianca si sciolse a quelle parole, senza poter fare a meno di chiedersi in che modo un’anima così gentile e affabile fosse in grado di lavorare con uno scorbutico come Edgeworth.
- Non ci stavo proprio pensando. Ma grazie, davvero, lo apprezzerei molto.
Seguì il detective dentro il commissariato, un luogo grigio e piuttosto caotico. Gli agenti chiacchieravano da un cubicolo all'altro, vari telefoni squillavano e carrelli carichi di cartelle e documenti strisciavano cigolando sul pavimento.
- È sempre così qui o è dovuto al nuovo caso?
- Noi poliziotti e detective siamo sempre a lavoro!
Per ironia della sorte, mentre il detective pronunciava con orgoglio quelle parole, l’occhio della ragazza cadde sullo schermo di un computer: un poliziotto stava giocando a campo minato. Arrivati a destinazione, facendosi strada nel via vai di agenti, Gumshoe aprì la porta per Bianca, promettendole di tornare presto con un bicchiere di tè caldo. La ragazza entrò nella stanza, trovandovi il procuratore Edgeworth e il commissario Gant intenti a parlare. La sedia riservata al sospettato era vuota. Dall’altro lato del tavolo era stato posto un treppiedi, su cui svettava una piccola videocamera.
- Dottoressa Romano, che bello rivederla due volte nello stesso giorno! - la accolse Gant.
Edgeworth invece si soffermò fin da subito sui pantaloni bagnati.
- Cosa le è successo?
- Se non se ne fosse accorto, fuori piove. - gli rispose Bianca, senza trattenere una punta di acidità.
- Ecco perché non vi ho visti venire qui insieme! Worthy, perché mai l'hai lasciata venire qui da sola con questo tempaccio?
Il procuratore fece per rispondere, ma Bianca lo interruppe per non portare avanti la discussione e risparmiargli la ramanzina.
- La cosa più importante è essere arrivata in tempo per l'interrogatorio.
- Sono andati a prelevare il nostro uomo poco fa, dovrebbe arrivare a momenti. - la rassicurò il commissario.
- Ottimo! Accidenti, mi sembra di stare in un film poliziesco. - scherzò ingenuamente la ragazza, emozionata.
Per un momento, Bianca si maledì di essersi lasciata nuovamente andare a una delle sue battute, per poi ricordarsi di essere di fronte al commissario, anch’egli un uomo affabile e burlone. Forse un po’ troppo.
- Ci farà presto l’abitudine. - concluse bonariamente quest’ultimo.
Gumshoe arrivò con il tè proprio in quel momento, con una mano a coprire il bicchiere per non farlo raffreddare. A quella vista, Edgeworth perse un’altra volta la pazienza.
- Detective, le sembra il momento per bere qualcosa? Fra poco dovrà interrogare l'imputato!
- Grazie, detective. - intervenne prontamente Bianca, frapponendosi tra i due uomini.
Gumshoe si limitò a sorriderle, ringraziandola implicitamente per averlo difeso. E di nuovo, Edgeworth dovette incassare il colpo in silenzio, alzando gli occhi al cielo.
- Il sospettato è qui. Passo. - parlò una voce attraverso la ricetrasmittente del detective.
- Ottimo, fallo entrare. Passo.
- Direi che è ora di accomodarci al di là del vetro. - concluse Gant, sfregandosi le mani. - Interverrò quando necessario, detective, intesi?
Dopodiché il commissario scortò Edgeworth e Bianca nella sala d’aspetto per poter visionare l’interrogatorio in sicurezza.

   
 
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