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Autore: Flappergiuly    27/01/2024    0 recensioni
Buchenwald, 27 gennaio 1945 - Tel Aviv, 27 gennaio 2024.
Per non dimenticare la Shoah perchè è di nuovo qui, ancora.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Crack Pairing
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Olocausto, Dopoguerra
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"Tel Aviv, 27 aprile 2024

Caro diario,
sono tanti anni che non ti apro e finalmente ti ho trovato. Sappi che non mi sono dimenticata assolutamente di te come dei giorni tristemente difficili in cui mi hai fatto compagnia. Grazie, non posso che non smettere di ringraziarti per essermi stato vicino e amico fedele sempre. Nei giorni di gioia prima e di dolore poi, di attaccamento alla vita anche e infine. 
Certo che fa sempre un certo effetto leggere quanto io ti abbia scritto in tutto quel tempo ormai tanto addietro eppure mai dimenticato, come posso farlo. Tuttavia, fa altrettanto effetto sfogliarti e immergermi giù nelle tue pagine ingiallite e sbiadite dal tempo andato come la mia età di quei giorni spensierata ma presto non del tutto certo, non come ora e tuttora ormai. Eppure ne riesco ancora a leggere tutto di te, riesco ancora ad assaporarne l'odore di me sempre giovane e verde come le foreste che nonostante tutto erano la sola cosa a darmi sollievo in quel che poi e anche quando non riuscivo a trovarvene più. Non so come abbia fatto a tenerti con me lo stesso e anche adesso che sembra essere tornata l'epoca della sofferenza e già da tanto, sembra a volte non essersene andata mai. 
Eh, già perchè ben 79 anni or sono da quel dì gelido di metà inverno eppure assai caldo di sguardi non più sfuggenti ma in qualche modo ugualmente struggenti, occhiate d'aiuto da parte di un continente che giammai è tramontato e tuttora vicino. Mi rivolgo agli americani, ricordo ancora quel soldato quando mi ha preso in braccio per poi portarmi in vetta al suo massiccio Abrams verde come la foresta che non mi aveva ancora lasciato, ci feci persino un giro fino a che non mi portò in paese per rigenerarmi di tutti quegli anni passati nell'oblio più assoluto, nel dolore e nell'altrettanta macabra visione e vita spesa nell'incertezza. 
Intanto, ero persino diventata donna ma senza alcun capello in testa nè un nome negli orecchi ma solo un numero tatuato al braccio che ancora non se n'è, ahimè, andato nè lo farà mai. Forse un giorno quando tornerò polvere chissà, la stessa polvere di mia madre, la medesima dispersa nell'aria all'ombra del fumo di quel forno crematorio che è altrettanto conficcato qui dentro, nella mente e qui sopra, nel cuore. Pesa, pesa più del cemento che hanno impiegato per produrlo, pesa il dolore e pesa il non sapere che fine ha fatto mio padre. 
Eravamo sette fratelli e ne eravamo tornati solo in tre, non so neppure come sia riuscita a sopravvivere a tutto quell'orrore e me ne sento un po' in colpa come me ne sono sempre sentita, anche adesso. All'età di 100 anni or sono vedo ancora guerra ma la morte continua a evitarmi. Ho perso persino mio marito, già dai tempi di Nasser ed è passato troppo tempo ormai. 
Egli, tuttavia e per fortuna non ha conosciuto quel che io ho visto in Germania dato che è sempre vissuto qui ma ha temuto il peggio poi e assai tempo dopo. Non l'ha temuto c'è rimasto.
Ricordo ancora quel campo, le voci, la neve che era la sola cosa che quasi pareva se ne infischiasse di quel che vi gravitasse sopra, tutto quel grigiore di soldati e morte, e quel rosso che risuona ancora nella mente dei mattoni delle baracche che a malapena ci ospitavano. Il verde dell'erba quando giungeva lì per lì la bella stagione visto che lì non v'era niente di bello e l'unica bellezza quando v'era non resisteva così a lungo tanto erano gli stenti e la crudeltà della razza umana. 
"Schnell!" ricordo ancora quest'espressione incalzante dell'alto ufficiale quando ci venne a prendere, sfondò la porta della mia abitazione. Io abitavo in Italia all'epoca, a Roma per l'esattezza ed ero ospite presso un'amica che ahimè pure quella non tornò. Mi dissero che solo una fece ritorno al quartiere ebraico e poi altri quindici uomini insieme a lei. Io non ero di lì quindi non mi reputo abitante di quel posto anche se ho resistito anch'io. Persino gli occhi di quell'uomo erano grigi, pensare che mi aveva persino augurato buon viaggio e buona destinazione quel farabutto, mi aveva persino spiegato che dovevamo andare in un bel posto ricco e ben accogliente, una sorta di villeggiatura il pazzo. Quell'espressione la ricordo ancora bene, mi sembrava volesse dire "Presto!" secondo l'italiano visto che mi piombò all'improvviso con quell'accento germanico che prima di quel momento non mi era mai capitato di ascoltare, quando mai avrei dovuto mai farlo prima di allora? 
Egle, l'amica di famiglia si chiamava, era una donna sulla trentina e io di appena di diciannove. Ci ospitò tutti e nove con la sua massima cordialità, oso ancora ricordarlo bene. Noi non finimmo neppure nel ghetto, grazie a papà Giuseppe la facemmo franca. Mamma, Maddalena, era proprio sgomenta nel vederli e papà non se l'aspettava proprio. Pensava che lui, come noi, rimaneva risparmiato nonostante quei l'armistizio dell'8 settembre corrente anno non lo tolleravano proprio. 
Così, ancora ricordo, era il 16 ottobre di quello stesso anno, così chiamato da noi ebrei "sabato nero" quando ci presero, con la massima ira lo fecero. E meno male che doveva essere un giorno di festa quello nonostante la nostra poi non fosse vera religiosità. Ricordo ancora l'odore del vagone per bestiame che ci ospitò, come osai credere alle parole di quell'uomo? Da ragazzina che ero non mi davo per vinta e, nonostante tutto, ero sempre curiosa di scoprire incontro a cosa stessimo andando. 
Certo, non posso dimenticare tutto l'amore che provai per Friedrich Strauss, il primo e già appena vi arrivai. Non so perchè, questi mi sembrava assolutamente diverso dagli altri. Era ariano anche lui eppure non a tutti gli effetti visti si gli occhi azzurri ma i suoi capelli erano castani. Era anche chiaro di pelle e piuttosto alto, un fisico portentoso da vero soldato. Non è che era un angelo eppure mi ispirava una certa simpatia, a dire il vero.
Certo, se solo oggi paragonassi quei giorni infernali a questo, non è che ci sia poi tanta differenza. L'indifferenza è stata tuttavia la sola puntuale nel parlare, poi, quando tornammo a casa non ti dico cosa ci successe anche se te ne parlai un po' o no? Dovevi fare i conti anche coi prossimi che storcevano il naso quando ti vedevano comparire col fazzoletto sul capo perchè non si volevano tuttavia mostrare ancora i segni di una guerra vissuta, c'erano ancora quei capelli che tardavano a crescere. Ecco, la medesima indifferenza la vedo comparire di nuovo e improvvisamente adesso, dinanzi ai "mai più". 
Sono solo parole al vento e a che cosa è mai servito? Continuo a chiedermi puntualmente e invano. Domande senza risposta, sollevo il sopracciglio e non so neppure io adesso il vero perchè, dinanzi a tutto questo. Non lo so. Tuttavia, neppure io, mai più. Adesso lo ripeto, mai più. Mai più. A mai più.
Invece a te si che ti dico a presto, mio caro diario.Te lo dico con tanto affetto, a te lo darò sicuramente. 
Con infinita gioia,

                                                                                                                                                                         la tua Maria."

 

Note dell'Autrice:
In memoriam.

 

   
 
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